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PRIMO PIANO
Giovedì 8 Dicembre 2016
Adam J. Parker, 44 anni, della diocesi di Baltimora è il più giovane vescovo degli Usa
Il Papa nomina un conservatore
E riceve in Vaticano lo scrittore teocon George Weigel
DI
ANTONINO D’ANNA
U
n colpo al cerchio ed
uno alla botte. Papa
Francesco riequilibra il rapporto con
i conservatori americani (e
specialmente con i teocon,
ultimamente molto perplessi
nei suoi confronti sulle sue
presunte aperture) ricevendo
il 5 dicembre uno dei principali intellettuali e scrittori
teocon americani, George
Weigel, peraltro biografo di
Giovanni Paolo II. Weigel il
30 novembre scorso ha scritto un pesante articolo su First
Things, rivista yankee molto
influente in tema di religione
e vita pubblica, contro il neocardinale Kevin Farrell, da
poco chiamato alla guida del
Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita
Farrell stava festosamente notando, in un’intervista,
che mai prima d’ora con Francesco la gente cerchi il Papa
ed egli si rivolga alle masse,
qualcosa di «impensabile e
inaudito vent’anni fa». Weigel
non ci sta e sbotta: «Riscrivere la storia spesso va mano
nella mano coi tentativi di
festeggiare l’accento posto da
Francesco sulla misericordia
divina – un altro tema chiave
della predicazione di Giovanni
Paolo II – rafforzando sottilmente lo stereotipo dei Papi
prima di Jorge Mario Bergoglio tutti quanti reazionari e
fissati con le regole». Una bella randellata: chissà se il pontefice sapeva tutto questo nel
ricevere il puntuto Weigel.
Andiamo avanti. La necessità di riequilibrare i
rapporti col mondo conservatore americano (ricordiamo
che gli Usa sono il primo Paese al mondo per offerte alla
Chiesa cattolica) pesa anche
sulle nomine. Dove però Bergoglio cerca di mantenere
certi equilibri. È di qualche
giorno fa la nomina di due
nuovi vescovi ausiliari per
l’Arcidiocesi di Baltimora, la
prima circoscrizione ecclesiastica degli Usa eretta nel 1784
(come prefettura: come diocesi ha un vescovo dal fatidico
1789): si tratta di monsignor
Adam J. Parker, 44 anni al
momento vicario generale e
Moderatore della locale curia;
e Mark Brennan, 68 anni,
sacerdote di Washington fino
ad oggi parroco nella parrocchia di San Martino di Tours
a Gaithersburg, 60 mila abitanti circa.
Con la nomina di Parker arriva il primo vescovo più giovane d’America
in tre anni, scrive Whispers
in the Loggia del vaticanista
americano Rocco Palmo: è
il primo nato negli anni ‘70
ed è un protetto del cardinale
Edwin O’Brien, 77 anni, già
arcivescovo in quel di Baltimora voluto da Benedetto
XVI ed esponente del mondo
conservatore. Uno che davanti
ai «chi sono io per giudicare»
papali rabbrividisce, visto
che è stato cappellano a West
Point e ordinario militare (ma
contrario al nucleare), ex so-
LETTERA
Padre Spadaro ritiene di avere
l’esclusiva per prendere in giro
isto che ItaliaOggi ne ha scritto, suscitando anche i commenti dei lettori, segnalo che ieri, il direttore della
Civiltà cattolica, padre Antonio
Spadaro, intervenendo sul suo blog, Cyberteologia, ha confermato che era suo l’account
Twitter @HablaFrancisco, quello che ironizzava sui quattro cardinali dubbiosi sull’Amoris
Laetitia. Scrive, il padre gesuita: «L’account
era semplicemente uno dei miei 3, anche se
sottoutilizzato e lasciato parcheggiare». Poi
spiega che, a seguito delle polemiche, «parte
nuovamente la macchina del fango per dire
che sotto c’ero io che volevo mimetizzarmi sotto un account fasullo e anonimo. Da qui parte
un’altra macchina del fango e altri simpatici
epiteti esornativi. E si ripete la stessa tattica
passo dopo passo. Si genera un’altra storia:
quella dell’account fasullo e anonimo. Mentre
era semplicemente il… mio!».
Ora, a parte tenere tre profili Twitter,
oltre il proprio, è un po’ singolare, ma saranno appunto questioni cyberteologiche, perché
V
stenitore della pena di morte,
difensore degli immigrati e
critico nei confronti dell’allora governatore del Maryland
Martin O’Malley che era a
favore del matrimonio gay. Poi
nell’agosto 2011 Joseph Ratzinger lo ha promosso Gran
Maestro dell’Ordine equestre
del Santo Sepolcro di Gerusalemme, 30 mila sceltissimi e
prestigiosissimi cavalieri che
lavorano in Medio Oriente e si
occupano di molti dei siti sacri
non spiegare subito che era suo? E, invece di
«allucchettarlo» come ha fatto, proprio dopo
che ItaliaOggi ne aveva scritto? Spadaro segue una logica tutta sua: «Se avessi voluto
davvero nascondermi non l’avrei re-twittato.
Ovvio. E poi nascondermi per cosa? Quella
citata, era una battuta di una mia amica
americana: non capisco bene la mancanza di
rispetto. Commentava, non l’agire dei cardinali, ma l’espressione ’4 Cardinali’ così
come veniva riportata da tanti blogs come
una specie di tic».
E dunque, quello di padre Spadaro, era
un moto di spirito e, come tale, innocente.
Dimenticavo: tutto l’articolo spiega come le
critiche al suo tweet allegro, fatto dal profilo
parcheggiato, sarebbero nientemeno che un
«cyber-attacco contro il Papa». Ma come? Lui
scherza, gigioneggia, usa i suoi tanti profili
per rendere un po’ allegro Twitter e, come
uno lo fa notare, tutto prende subito la piega
della guerra di religione?
Livio Piroddi
di Gerusalemme.
Per bilanciare quest’ordinazione di segno conservatore, Francesco ha scelto
in Brennan l’uomo attento ai
latinos, alla sempre crescente
minoranza ispanica nell’arcidiocesi baltimorese. Negli
anni ‘80 ha partecipato ad un
programma di studi su lingua e cultura spagnola nella
Repubblica Dominicana e la
Colombia, occupandosi dei fedeli latinos della sua parroc-
chia (dove si celebrano anche
Messe in francese). Esperto
della storia dell’immigrazione negli Usa, è convinto che
gli immigrati portino vitalità
alle parrocchie con una gran
fede, l’impegno in famiglia e
la devozione a Cristo ed alla
Madonna: «Sono buona gente venuta qui per le stesse
ragioni dei nostri antenati».
Proprio quello che l’America
che ha votato Donald Trump
si aspetta.
IN CONTROLUCE
Alberto Arbasino dimostra che tutto passa e tutto va: l’età
corregge e sbanchetta ogni cosa. Non c’è fenomeno che resista
DI
T
DIEGO GABUTTI
utto passa e tutto va; l’età
corregge e sbianchetta ogni
cosa, compresi gli svarioni
ideologici, gli entusiasmi
critici, i ruzzoloni nello Zeitgeist
(lo spirito del tempo, sempre in agguato dietro una siepe, come Papi
quando fa «bu») di quand’«eravamo
bambini» e a teatro (come capitava
al giovane Alberto Arbasino) si
tifava per il Marat-Sade di Peter
Weiss, «il nuovo superbo spettacolo di Richard Brook prodotto con
tutti i crismi dal Royal Shakespeare
Theatre» senza trovare strano che il
dramma e la sua rappresentazione
s’avventurassero su «uno spaventevole terreno di terrorismo teatrale» (cito da Grazie per le magnifiche
rose, Feltrinelli 1965, grande libro
di recensioni teatrali, anzi grande
libro e basta).
Oggi, una o due ere geologiche più tardi, ma in fondo anche
allora, «l’idea drammaturgica di
Weiss sembra molto superiore al
suo testo; e lo spettacolo, anche.
Un intuito vertiginoso: anni prima
del Sessantotto, recuperare le recite (storicamente esatte) organizzate nel manicomio di Charenton
dall’autore di Justine, internato a
causa di pamphlets scurrili. Vi assisteva un eletto pubblico «Impero»
radical-chic: come già a Venezia nel
Settecento, quando la migliore società accorreva all’Ospizio della Pietà per ascoltare le orfane al violino
sotto il maestro Vivaldi». Per citare,
dopo Arbasino, anche Vita Sackville-West, coniugata Nichols, della
quale l’autore di questo magnifico
Ritratti e immagini racconta qui le
avventure matrimoniali ed extra:
col tempo ogni passione è spenta.
Succede con i vecchi spettacoli
teatrali, sui quali il sipario s’abbatte definitivamente («Una difficoltà
anche per chi si è occupato semplicemente di teatro: come ristampare
tout court un volume dove si tratta
di Luigi Cimara, Lola Braccini,
Piero Carnabuci, Sergio Tofano,
Evi Maltagliati, Mercedes Brignone?») Ma succede anche con i piani
alti e altissimi della filosofia. Per
esempio con Theodor W. Adorno,
che Arbasino incontra a Francoforte negli anni della contestazione (e
sistema subito, senza aspettare che
ogni passione si spenga): «Quelle
Salomè moderne che sono Adorno
e Horkheimer, adamantine nel ritenere compromesso da una fruizione
troppo facile ogni godimento artistico». Oppure: «La Scuola di Francoforte s’intitola “Istituto di Ricerca
Sociologica”. Però è un santuario
della repugnanza per la Realtà e
per i Fatti».
Ben altrimenti attento ai Fatti, e di gran più orientato nello spaziotempo della Realtà, è da una vita
che Arbasino pratica un vertiginoso
e barocco slalom tra l’Alto e il Basso,
tra il Grand Hotel dell’Abisso e la
Pensione Miramare – qui la caduta di Truman Capote dai fasti di
Park Avenue dopo aver mascariato
il jet set newyorchese, là Lawrence d’Arabia che chiama il proprio
sedere «la cittadella della mia integrità»...».
E poi, oltre il gossip, anche
perfette e quasi geometriche ri-
flessioni sulla storia: «Certo, come
doveva sembrare tutto antico, ingiallito, superato, in quegli anni
Quaranta: il surrealismo, il trotzkismo, la guerra di Spagna, le
polemiche sullo stalinismo e le lacerazioni per il patto russo-tedesco
del ’39, l’anticomunismo di Silone
e di Gide, la mondanità di sinistra
intorno ad Aragon e a Auden. Chi
avrebbe potuto prevedere la riapparizione spaventevole di tutto quel
Rimosso, quando Camus trattava
il terrorismo russo degli attentati
ai granduchi come una congiura
di Lorenzino de’ Medici gestita per
la parte congiurati da Dostoevskij,
e per la parte granduchessa dal
Cocteau dell’Aquila a due teste?
Chi osservava allora che la Storia,
fra le sue maligne arguzie, qualche
volta si diverte a venire incontro
alle fantasie segrete di un popolo
instaurando – tramite regime –
tutto D’Annunzio in Italia e tutto
Kafka a Praga».
Alberto Arbasino, Ritratti e immagini, Adelphi 2016, pp. 368,
23,00 euro, eBook 10,99 euro.