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PRIMO PIANO
Venerdì 9 Dicembre 2016
Prigioniero di vecchie idee, non è all’altezza dei problemi che sono posti dalla modernità
Il socialismo in crisi in Europa
Francia: perderà l’Eliseo. Germania: dipende dalla Merkel
DI
GIANFRANCO MORRA
L
a decisione del premier
francese Manuel Valls
di presentarsi come candidato alla presidenza
è stata accompagnata da giudizi autorevoli su François
Hollande, che erano soprattutto dei necrologi. Ovvio: la
sua popolarità era scesa sino
ad attestarsi poco
sopra 10 %, tutti
sapevano che era
una boccia persa.
Ha avuto il merito di capirlo e di
ritirarsi in buon
ordine. Poco capace di governare, nel
suo quinquennio la
Francia è andata
indietro economicamente e socialmente. Anni duri,
certo, molto tormentati dalla immigrazione e della
piaga terroristica,
alle quali François
non è stato capace
di reagire come
avrebbe dovuto.
E anche un politico antipatico, presuntuoso e sprezzante, che si è suicidato alla
grande con un libro, da poco
uscito, redatto da due giornalisti de «Le monde»: Un président
ne devrait pas dire ça … (editore Stock, ben 680 pagine!). Raccoglie 60 sue interviste, incaute
e sfrontate: i poveri «senzadenti», i calciatori «senza cervello»,
i giudici «vigliacchi», gli intellettuali «menefreghisti».
Troppe chiacchiere anche
sulla vita privata. Allergico al
matrimonio e farfallone amoroso, mentre era «compagno» di
Ségolène (4 figli) si legò con
Valérie, ma presto le preferì
Julie, dalla quale si recava travestito, in motoretta. I francesi
non sapevano più quale fosse la
vera «première Dame». Per non
dire del barbiere presidenziale:
10mila euro al mese. Hollande
non possiede né «le physique du
rôle» autoritario di Chirac, né
quello fantasioso di Sarkozy,
sembra un funzionario d’archivio prestato alla politica.
Ma il suo accantonamento e la probabile sostituzione
con Valls, certo dotato di maggiori qualità, è solo l’aspetto
superficiale del problema di
fondo: la crisi non è di Hollande, ma del socialismo, non solo
di quello francese. In Francia
le previsioni per la elezione
del Presidente prevedono un
ballottaggio fra il Fronte Nazionale della Le Pen e il centro-destra di Fillon. Valls lo sa
bene, ma sa anche che è sempre
meglio, se si deve perdere, farlo
con dignità.
Il socialismo è stato un
movimento importante per
l’innalzamento materiale e
morale delle classi povere. Ed
è riuscito a superare le tentazioni massimaliste e i rischi
bolscevichi divenendo una socialdemocrazia, col progetto di
far convergere eguaglianza e
libertà, economia di mercato e
stato assistenziale. Lo sfascio
del comunismo sovietico, che
provocò la fine dei partiti comunisti occidentali, avrebbe
dovuto favorirlo. Invece, già a
partire dagli anni Ottanta, con
Thatcher e Reagan, vinse un
Vignetta di Claudio Cadei
diverso modello, pienamente
democratico, ma anche nella
tradizione della destra moderata e riformista.
Oggi il socialismo è in
crisi in tutto l’Occidente. In
Inghilterra il Labour non se la
passa bene, in Germania governa come una appendice dei
cristiano-sociali, nei paesi scan-
dinavi, che per primi in Europa
hanno creato il Welfare, la Norvegia è governata dalla destra,
la Finlandia dal centro-destra,
in Danimarca i socialisti hanno l’aiuto dei cristiano-sociali
e in Svezia quello dei verdi. In
Austria, il socialista non è più
uno dei due partiti principali,
è stato scavalcato dalla destra.
Negli Stati Uniti il partito democratico, nel
quale soprattutto con Obama
erano presenti
molte tendenze
del socialismo, è
stato battuto da
Trump.
Le ragioni
sono comprensibili. Un’Europa ricca, ancora
dominatrice di
gran parte del
globo, o direttamente o economicamente,
disponeva di un
surplus di reddito da utilizzare
per il Welfare
State, ossia per
dare a tutti i cittadini servizi
sociali sempre crescenti. Uno
Stato-Provvidenza non solo
costoso ma anche sciupone,
che si è mostrato insostenibile
di fronte alla perdita del predominio economico europeo, alla
denatalità occidentale, alla
crescita dell’età media di vita,
ai costosi progressi delle tera-
GIANNI MACHEDA’S TURNAROUND
Il premio di Time come personaggio dell'anno a Donald
Trump. Io lo darei al presidente del Cnel.
***
7 dicembre 2016. Mentre a Milano si intonavano delle
arie, qualcuno a Roma smetteva di darsele.
***
Prima alla Scala: politici assenti e 14 minuti di applausi.
Forse proprio per quello.
***
Ikea da ai suoi dipendenti un bonus di 899 euro. Ci
sono anche le istruzioni per spenderli.
pie, alle richieste senza limiti
dei sindacati, alle spese per i
migranti.
Provocando anche una diminuzione della iniziativa e
della produttività del lavoro. Il
progetto socialista di una assistenza «dall’utero al sepolcro»
non appare più gestibile, come
aveva mostrato già nel 1981
il sociologo socialista Pierre
Rosenvallon, che proponeva
uno «spazio post-social-democratico» (La crise de l’Etat-providence, Ediz. Seuil).
Non è un caso che i leader socialisti più intelligenti lo abbiano capito: Craxi in
Italia, Blair in Inghilterra,
Schröder in Germania. Da
noi il partito socialista è miseramente scomparso per motivi
non troppo degni. Il Pci, uscito
quasi indenne da Mani Pulite,
cambiò più volte nome, ma non
riuscì ad assumere pienamente
il ruolo di una socialdemocrazia europea. Come non pochi
dei suoi leader vorrebbero. Ma
la vecchia sinistra utopista e
massimalista continua ad esistere, dentro e fuori del Pd. E si
oppone al progetto renziano di
farne un partito di sinistra europeo, assumendo elementi del
liberalismo e del popolarismo.
In Francia nessuno, dopo
il periodo aureo di Mitterand,
ha saputo gestire il partito
socialista, che ha perduto la
presidenza della Repubblica
dal 1995 al 2012, quando ce la
fece Hollande: la cui autorità
si è però trasformata in una
débâcle. Tanto che il ballottaggio del 7 maggio sarà tra la destra estrema e il centro-destra
moderato di Fillon. I socialisti
staranno a guardare.
© Riproduzione riservata
BATTAGLIA POLITICA SULLA CASA DA GIOCO DI SAINT-VINCENT, CHE HA PERSO INTROITI E CLIENTELA
Valle d’Aosta, Casinò in crisi
La Regione potrebbe privatizzarlo: spunta l’Hard Rock
DI
I
FILIPPO MERLI
manager di Hard Rock sono arrivati di nascosto. E si sono seduti
ai tavoli verdi del Casinò di SaintVincent con gli esponenti della
giunta autonomista della Valle d’Aosta.
Il Casinò, tra i più in voga negli anni
’90, ha un buco di bilancio che s’aggira attorno ai 15-20 milioni di euro. La
società che lo gestisce, la Casinò de la
Vallee, è una partecipata della Regione,
che sarebbe intenzionata a intervenire
per ripianare i conti.
Per rilanciare il Casinò e l’annesso
Grand Hotel Billia, la giunta valdostana presieduta da Augusto Rollandin,
in particolare l’assessore alle Finanze,
Ego Perron, vaglia tutte le ipotesi,
compresa quella della privatizzazione.
Il primo potenziale acquirente sarebbe
proprio il colosso americano dell’Hard
Rock, che ha già incontrato più volte,
in segreto, l’assessore Perron.
L’articolo 19 della Finanziaria
varata dalla Regione prevede un investimento di 28,8 milioni di euro per
la Casinò de la Vallee. Ed è sulla possibile erogazione di tale somma che il
dibattito, nel Consiglio regionale della
Valle d’Aosta, è sfociato nella richiesta di dimissioni di Perron presentata
dalla minoranza all’inizio di novembre.
Alla fine, la risoluzione è stata bocciata
e l’assessore è rimasto al suo posto. Il
voto favorevole di otto franchi tiratori,
però, ha scosso la maggioranza.
«Il casinò non è manco più il Titanic, ma è la nave di Schettino, è già
parzialmente affondato», ha detto il
consigliere di M5s, Roberto Cognetta, uno dei firmatari del provvedimento
contro Perron. «La questione non si risolve riempiendo le sue casse di soldi
pubblici. Il problema è che la gente non
ci va, è sempre vuoto, mancano i clienti,
e questo per colpa del management».
Che la casa da gioco valdostana sia in grave difficoltà è certificato
dai numeri. Secondo l’edizione locale
della Stampa, i clienti non sono più di
400mila l’anno e l’azienda, col prossimo
abbattimento del capitale sociale, perderà 75 dei 123 milioni di euro attuali.
«Non ritengo utile impantanarci nella
ricerca dei responsabili per scelte sbagliate che riguardano il passato», ha
spiegato Perron. «Se qualcuno dovrà
pagare, pagherà. Tuttavia, le energie,
oggi, devono essere spese per guardare
al futuro».
«Nell’immediato occorre un
nuovo management, ma anche una
nuova politica aziendale e sindacale.
In prospettiva serve, invece, un ragionamento più robusto», ha proseguito
l’assessore. «Penso che il rilancio del
Casinò sia un traguardo molto più
raggiungibile con l’arrivo di un gruppo
di dimensioni internazionali che possa
garantire a Saint-Vincent e alla Regione di essere valorizzate attraverso il
suo inserimento».
Il primo gruppo che ha contattato
Perron è stato Hard Rock. Che, oltre
ai noti Cafe e agli alberghi, gestisce
sei Casinò in tutto il mondo. Cinque
rappresentanti della catena americana
hanno già visitato la casa da gioco e
hanno visto più volte l’assessore, che
ha confermato l’interessamento ma, al
tempo stesso, ha smentito l’esistenza di
una trattativa.
Nel frattempo, la partecipata
della Regione perde pezzi. Lo scorso
mercoledì, il direttore generale del
Casinò, Gianfranco Scordato, s’è
dimesso. Scordato, insieme con l’amministratore unico, Lorenzo Sommo,
era la figura più importante della Casinò de la Vallee. La sua decisione apre
un giro di poltrone che coinvolge sia la
società, sia la politica. I giochi, per il
Casinò di Saint-Vincent, sono tutt’altro che fatti.
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