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Venerdì 9 Dicembre 2016
PRIMO PIANO
I parenti delle vittime: basta rito abbreviato, attenuanti del raptus, spese processuali
Femicidio, la giustizia arranca
Uccisa una donna ogni tre giorni. L’ultima nel milanese
DI
CARLO VALENTINI
L’
eco della giornata
contro la violenza
sulle donne, coi consueti riti mediatici
e le esternazioni dell’immancabile Laura Boldrini, si è
quasi assopita e a Cernusco
sul Naviglio (Milano) la cronaca registra un nuovo, efferato omicidio. A cadere sotto i
colpi di un coltello è stata Gabriella Fabbiano, 43 anni, il
cui corpo è stato poi portato
nella cava Merlini, nei pressi
della cittadina. Nel registro
degli indagati è stato iscritto Mario Marcone, operaio
ecologico, ex-compagno della
vittima. A suo carico un pesante precedente: cercò di
regolare i conti con la sua ex
moglie tentando di investirla
in auto.
Gabriella Fabbiano è
stata trovata in pigiama e a
piedi nudi, avvolta in un telo
di plastica. È probabile che
non sia stata una sola persona a trasportarla nella cava,
qualche amico connivente
avrebbe aiutato l’assassino a
disfarsi del corpo.
L’ I s t a t r e g i s t r a che
quest’anno, fino a novembre,
le donne uccise sono state
116, una media di una donna
ogni tre giorni, e 73 i figli rimasti, per questo, senza madre. Telefono Rosa riceve circa novemila richieste d’aiuto
l’anno. Da nove anni il codice
penale contempla il reato di
stalking e da tre esiste una
legge sulla violenza di genere. Ma sottrarsi a stalking e
violenza è ancora un percorso
difficile.
Una giornalista, Natascia Ronchetti, per oltre un
anno ha rintracciato e parlato coi familiari delle vittime
della violenza e ha raccontato questi drammi nel libro Il
rituale del femicidio (David
and Mathaus). Dice: «C’è un
fil rouge che lega queste terribili vicende: è fatto di sensi di
colpa, quasi sempre del tutto
ingiustificati ma capaci di ribaltare i ruoli, trasformando
le vittime in colpevoli e viceversa i colpevoli in vittime.
I familiari si colpevolizzano
anche per fatti irrilevanti,
per non aver colto segnali
premonitori.
Poi c’è il senso dell’abbandono, da parte delle istituzioni, dello Stato. Si sentono e
sono soli mentre affrontano,
a loro spese, processi penali
per ottenere la condanna di
chi ha ucciso una madre, una
figlia, una sorella, una nipote.
Una solitudine che insieme
alla reazione della comunità
in cui vivono diventa violenza
che si aggiunge a violenza.
A volte questa reazione è
un insieme di morbosità o
maldicenze frutto di una cultura patriarcale che addossa
colpe alla donna uccisa e ai
suoi familiari. Una realla fine l’uccisione.
D. C’è differenza di apazione classica è quel
D. Però la ritualità do- proccio tra il Nord e il Sud
«però se l’è cercata» che
vrebbe favorire la preven- del Paese?
diventa una sciabola per
zione….
R. Assolutamente no. Il feuccidere ancora.
R. Non è facile quando il micidio è presente in tutti gli
Domanda. Cosa
contesto sociale non aiuta strati sociali e in tutte le aree
chiedono i familiari
rendersi conto della spirale del Paese.
segnati dal dramma
in cui si sta cadendo. In ogni
Non ci sono grandi distinziodel femicidio?
caso l’educazione è la prima ni da fare nemmeno nell’apRisposta. Chiedoforma di prevenzione.
proccio del sistema giudiziano giustizia piena, non
Ma non va confusa con la rio. Spesso viene applicato,
vendetta. Chiedono che i
cultura intesa come livello di al Nord come al Sud, il rito
processi non infanghino
istruzione, perché chi uccide abbreviato che consente un
il ricordo della familiaappartiene ad ogni fascia so- sensibile sconto di pena. Ora
re uccisa. Chiedono senciale. Quando le famiglie par- molti considerano necessario
tenze che non ricalchino
lano di cultura patriarcale si negare i procedimenti abbrevecchi stereotipi. Molti
riferiscono a un insieme di viati di fronte a un crimine
Natascia Ronchetti, autrice
di loro si rendono conto
valori e credenze introiettati così odioso. Buone intenzioni
de «Il rituale del femicidio»
di quanto sia ancora fornel tempo che impediscono di alle quali non sono fino ad ora
te una certa cultura patriar- senza giustizia piena. Tutti i assumere consapevolezza sul- seguiti fatti concreti.
cale solo quando la tragedia familiari combattono strenua- la violenza di genere. In queD. A volte i media venè compiuta. E non accettano mente contro una mentalità sto ambito sono utili iniziati- gono criticati per il modo
che il femicidio venga liquida- che chiede di
in cui affronto come un raptus, un attimo perdonare, tout
tano questi
Natascia Ronchetti che ha indagato per un anno
di follia.
court. Una madelitti. I paD. Quindi la giustizia dre mi ha detrenti delle
su questo tema dice: ”C’è un filo rossa che unisce
non è attrezzata per af- to: «I familiari
vittime come
questi fatti e che è costituito di sensi di colpa, quasi
frontare queste situazio- delle vittime
si pongono
sempre del tutto ingiustificati ma capaci di ribaltare
ni…
hanno solo dodi fronte alla
i ruoli, trasformando le vittime in colpevoli e, viceR. Le famiglie lamenta- veri, prima di
narrazione
versa, i colpevoli in vittime. I familiari si colpevolizche ne fanno
no l’assenza dello Stato che tutto quello di
zano per non aver colto segnali premonitori. Poi c’è
giornali e tesi palesa per esempio nella perdonare, allevisione?
mancanza di un fondo di so- trimenti sono
il senso dell’abbandono, da parte delle istituzioni,
R. Purtropstegno economico per affron- cattivi, mentre
dello Stato. Si sentono soli mentre affrontano, a
po i media
tare le spese del processo. Chi a l c o l p e v o l e
loro spese, processi penali per ottenere la condanna
continuano
è indigente come fa? Poi quasi non viene chiedi chi ha ucciso una madre, una figlia, una sorella,
spesso a martutti gli assassini cercano di sto nemmeno
una nipote. Una solitudine che, insieme alla reaziochiare il femifar passare la linea dell’inca- il pentimento».
ne della comunità in cui vivono, diventa violenza
cidio come un
pacità di intendere e volere. Il perdono, in
raptus di folUna strategia difensiva che le queste condiche si aggiunge a violenza. A volte questa reazione è
lia. Ma nella
famiglie vivono come l’estre- zioni, diventa
un insieme di morbosità o maldicenze frutto di una
impossibile se
larga maggiomo oltraggio.
cultura
patriarcale
che
addossa
colpe
alla
donna
ranza dei casi
Purtroppo non sempre il non è preceuccisa
e
ai
suoi
familiari.
Una
reazione
classica
è
non è così. È
sistema giudiziario e inve- duto da una
quel
’però
se
l’è
cercata’
che
diventa
una
sciabola
aumentata la
stigativo è attrezzato, anche giustizia vera.
per uccidere ancora”
sensibilità ma
culturalmente, per affrontare Così l’elaborail lessico utiun dramma di questa porta- zione del lutto
lizzato è anta. Non esistono strutture è quasi sempre
ve come la giornata contro la cora un cliché che si ripete.
di indagine specializzate. E un miraggio.
D. Perché la definizione violenza sulle donne perché Inoltre è deprecabile la spetspesso nelle aule giudiziarie
rimbombano ancora parole, «rituale» rispetto al femi- richiamano l’attenzione su tacolarizzazione che spesso
una tragedia che per l’ex se- avviene di tali tragedie.
come provocazione e gelosia, cidio?
R. Perché ciò che precede il gretario generale dell’Onu,
D. Tra questi cliché c’è
che diventano appigli per le
attenuanti, ennesima vio- femicidio è paurosamente si- Kofi Annan, dev’essere con- anche quello del «maschio
lenza verso chi non solo deve mile in quasi tutti i casi. Sem- siderata un crimine contro da educare», uno slogan
sopravvivere ma chiede di bra quasi un copione che si l’umanità. Ma non bastano e spesso urlato a sproposiauto replica, si incomincia con quindi non vanno sopravalu- to. Ma al di là del ruolo più
ottenere giustizia.
D. È possibile perdonare le ossessioni, poi lo stalking, tate. Perché spenti i riflettori attivo che potrebbe avere
quindi le violenze fisiche, l’ac- si pensa ad altro, senza matu- la scuola (sia rispetto agli
un evento così terribile?
uomini che alle donne) e
R. Non ci può essere perdono cerchiamento della vittima e rare una coscienza critica.
dell’importanza di parlare di queste problematiche, c’è una solidarietà e
una vasta comprensione
femminile su queste vigio di lì, avanti e indietro dal cesso ma le
Ci sono cose che mai avresti pensato
cende o esse sono ancoarie le sa tutte e le anticipa ed è tutto un
potessero capitarti. Come guardare la
ra relegate nei ristretti
«ma perché rallenti? Entra ora dai!».
Butterfly alla Scala in tv nella saletta di
ambiti del politicamente
Lui, infine, 75 anni, che non smette mai
un reparto d’ospedale.
impegnato?
di parlare. La borsa del piscio appresAccanto a te la bionda signora che lascia
R. Purtroppo non è sempre
so ma portata con eleganza sul pigiama
intravedere tra le rughe un po’ della belvero che una donna, in quanquadrettato. Lui che ne ha conosciute
lezza d’un tempo. Lo sguardo perso intorto donna, sappia dimostrare
tante, di interpreti della Butterfly, «ma
no ad altre prime magari vissute fianco a
piena solidarietà e comprenla Tebaldi come lei non c’è nessuna», e a
fianco con l’uomo amato che ora non c’è
sione. La cultura patriarcale
ognuna ha chiesto come fa Cio Cio San
o ha smesso di esserci. Il cinquantenne
è ancora molto radicata, ha
a cacciare un urlo senza spaventare il
che ha vissuto sempre con la mamma e
avuto secoli a disposizione per
figlio che tiene in braccio. Lui che mi sache comunque il pensiero fisso lo ha lì,
essere introiettata. Sono però
luta con un mezzo sorriso: «Piango ogni
su quella donna che ora magari lo sta cersempre di più le donne che ne
volta che ascolto la Butterfly, sai. Tanti
cando e lui è qui per curarsi, ma ascoltare
prendono piena coscienza. E
ricordi, troppi ricordi. E poi la Tebaldi
l’opera è quasi un divertimento e lui non
mi sembra che siano in auche conobbi a Riccione... domani ti racpensa di meritare questo divertimento
mento anche gli uomini che
conto». Sono tutt’orecchie. Ma per la
lontano dalla sua mamma. Il paradossale
acquisiscono consapevolezza
tua storia, fuggevole amico di una notte
senso di colpa dell’ammalarsi.
su queste tragedie.
d’opera, non quella della Tebaldi.
E poi l’anziana, rabberciata, col pigiamiTwitter: @cavalent
Gianni Macheda
no rosa, una benda di qui, un monitorag-
La mia prima della Scala in ospedale
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