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I COMMENTI
Giovedì 8 Dicembre 2016
L’ANALISI
IMPROVE YOUR ENGLISH
Come usare il capitale
di 14 milioni di voti
How to manage
a 14 millions votes’ capital
P
untuale
di stabilità che, però,
c o m ’ e r a n o DI DOMENICO CACOPARDO pone il Pd nella grapuntuali le
ticola di un anno,
rivolte di palazzo nella De- circa, di difficoltà e contorsioni, che
mocrazia Cristiana, è scattata la renderebbe necessaria una capacità
trappola, da tempo in preparazione negoziale che, per il momento, Matal Quirinale e dintorni. Il giro dei teo Renzi non mostra né intende
consiglieri democristiani del presi- mostrare. La stessa immediatezza
dente Mattarella (n. 1 Castagnetti, delle sue dimissioni viene frustrata
onusto di una storia politica di peso, in una serie di rinvii che le fanno
n. 2 Franceschini) ci stava lavoran- perdere impatto comunicazionale e
do da tempo e, di fatto, aveva preso valore politico. Giacché non c’è chi
le distanze dal giovanotto fiorentino, non si domanda: «Ma domenica sera,
non appena questo era caduto nella quando sei andato in televisione a
spirale delle manie di grandezza, del- dichiararti dimissionario, non sapele decisioni affrettate e della corsa vi, non avevi valutato le questioni
legislativa. Sembrava che il gover- in ballo che, comunque, dovevano
essere risolte?».
no del paese fosse una
Rimane sul tavospecie di gara simile a
lo, tuttavia, un fatto
quelle che organizzava
Tutti impediranno
incontestabile:
perso
il segretario del Pnf,
a Renzi di
il referendum, Renzi
Starace, negli anni
poterli utilizzare
vince una mai vista
30 del secolo scorso.
prova personale, porMancava solo una prova ginnica (magari la partecipazione tando intorno a sé, a votargli Sì circa
alla Maratona di New York insieme a 14 milioni di italiani. Un successo
Obama) per completare una narra- costruito e atteso attraverso una
zione giovanilistica e affluente come campagna divisiva (e non poteva
quella che Renzi dispensava al Paese essere diversa) centrata tutta sul
costruendosi la rete di antipatie che nome del premier e sulla sua proposta. Certo, sarebbe bello monetizl’ha affossato.
Ora, giustamente, Mattarella zare subito il successo. Non glielo fafa sapere che non intende concedere ranno fare. Renzi non ha chiuso, ma
elezioni anticipate, prima che non sia è stato chiuso dalla stessa camicia
definita una legge elettorale omoge- di forza nella quale l’Italia si dibatte
nea tra camera e senato e che tutti da anni.
www.cacopardo.it
gli impegni internazionali dell’Italia
non siano affrontati. Un messaggio
© Riproduzione riservata
T
he trap organized for Pd into a one year grating of diffithe Quirinal has been culties and contortions that could
released,just on time as make necessary a contractual cathe revolts in the Cristian pability, that Renzi now doesn’t
Democracy. Mattarella’s demo- show and doesn’t want to show.
crats counselors (Castagnetti Even his immediate resignation
and Franceschini) have been has been frustrated by a series of
working on it for a long time and, deferments that make it lost all
infact, they kept their distances its communicational impact and
from the Florentine man as soon political value. Deferments that
as he felt in the vortex of main of push people to ask themselves:
grandeur, of hasty decisions and «when you gave your resignalegislative run. It seemed that the tion on Sunday, didn’t you know?
Government of the country was Haven’t you estimated all the exa sort of competition similiar the isting problems that should have
ones organized from the Pnf sec- been fixed anyways?»
retary Starace, during the thirties. A gymnastic
The incontencompetition (such as
stable fact is: lost
They will
the participation to
the referendum,
the New York MarRenzi won a never
all prevent Renzi
athon together with
seen personal trial,
from using it
Obama) was the
bringing almost
only missing thing
14 millions peoto complete the youthful tale that ple in voting «Yes». A developed
Renzi has been dispensed to the and expected success obtained
country and that led him to the thruogh a splitted campain (and
enemies that dropped him.
it couldn’t be different) centralized on the name of the premier
Mattarella wants now to be and on his proposal. It would be
clear that he has no intention to nice to monetize immediately the
anticipate the elections, before success. But they won’t let him
that a uniform elector law be- do it. Renzi hasn’t shutted his
tween Parliament and Senate will career. He ended up in the same
be defined and before that all the straitjacket in which Italy has
international engagements will been living for a long time.
be faced. A message of stability
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that at the same time puts the
Traduzione di Grazia Cetrangolo
IL PUNTO
LA NOTA POLITICA
Perché Bersani e Berlusconi
non vogliono le elezioni anticipate
Col ballottaggio Renzi
sarebbe fracassato
DI
GOFFREDO PISTELLI
D
opo essersi goduti la
vittoria per un giorno, il lunedì post referendario, il fronte
del No è piombato martedì in
uno stato di profonda agitazione. Colpa di Matteo Renzi, lo
sconfitto, che ha fatto capire
di voler andare al voto rapidamente, anche senza necessariamente cambiare la legge
elettorale. Improvvisamente
quelli del No hanno cominciato a vedere la prospettiva
delle urne anticipate come un
attentato alla stabilità nazionale. Singolare, visto che molti avevano appena registrato
con soddisfazione l’andamento piatto della borse europee e,
addirittura al rialzo di quella
italiana, sottolineando come
fossero fosche le previsioni
della vigilia. In un fulmineo
cambiamento di scenari, un
voto post legge di bilancio, a
febbraio, è improvvisamente
diventato un colpo al cuore
del paese, tanto da far invocare a Pier Luigi Bersani
l’immagine delle macerie. Renato Brunetta, capogruppo
di Forza Italia alla camera,
invece l’aveva detto subito,
commentando gli exit poll: «Il
governo ha una maggioranza,
se ne vada Renzi e l’esecutivo
prosegua».
Gli interessi dell’ex segretario dem e del falco forzista convergono plasticamente:
Temono che Renzi
tragga vantaggio
dalla sua sconfitta
entrambi temono infatti che
Renzi sconti rapidamente,
tutto o in parte, il suo 40%
referendario nelle urne politiche, che vorrebbe dire maggioranza netta alla camera,
con l’italicum, ammesso che
la Consulta non lo emendi,
e molto probabile al senato,
dove si voterebbe proprio col
consultellum, ossia il vecchio
porcellum modificato in senso proporzionalistico. Bersani
invece vorrebbe arrivare a un
congresso, con tutto il tempo
necessario, per spodestare
il segretario, confidando in
un ripensamento di Dario
Franceschini, che lo appog-
gia. Non solo una questione di
bandiera: si tratta di sfilare
a Renzi la scelta delle candidature.
Forza Italia punta all’approdo a una nuova legge
elettorale proporzionalista,
che consenta a Silvio Berlusconi di vestirsi dei panni di
Ghino di Tacco che furono già
di Bettino Craxi, giocando
abilmente sulla politica dei
due forni. Gli uni e gli altri
hanno in mente uno scenario
chiaro: quello del novembre
1994, quando il Berlusconi I
cadde sulla riforma delle pensioni, ribaltonato dalla Lega
di Umberto Bossi e, anziché
andare al voto, Oscar Luigi
Scalfaro, capo dello Stato,
riuscì a convincere Lamberto Dini, già ministro di
quell’esecutivo, ad assumere
la guida di un nuovo governo.
E nel 1996, infatti, rosolato
nel fuoco lento della politica
politicata, Berlusconi fu sconfitto dall’Ulivo.
Resta da vedere se Sergio Mattarella e Pier Carlo
Padoan, attesi al remake di
quel film, siano però disponibili.
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DI
MARCO BERTONCINI
Matteo Renzi sembra
agire più allo sbando che
secondo un procedere razionale, fin dal momento
in cui ha annunciato le
dimissioni a pochi minuti
dall’avvio degli scrutini. La
stessa improvvisa apparizione, a risultati ancora
non definitivi, è parsa una
reazione più da indispettito, da caratteriale, da
bambino cui hanno rotto il
giocattolo, che non da politico di qualità. Dimettersi
subito, senza ragionarvi
prima sopra, è stato un errore. Pur ammettendo che
egli sarebbe arrivato alla
stessa conclusione riflettendovi, magari perché costretto dal coro delle opposizioni
oppure per distinguersi da
chi non è solito lasciare l’incarico, avrebbe in ogni caso
potuto evitare quella fregola di voto ad horas francamente inaccettabile.
Avrebbe dovuto ricordarsi che non spetta
a palazzo Chigi sciogliere
le camere; e se anche al
Colle non c’è più un Na-
politano, è un fuor d’opera pensare che si potesse
chiudere la legislatura in
pochi giorni. Perfino indisponente, e sgradita agli
stessi ministri, è parsa la
voglia di troncare l’esame
della legge di bilancio al
senato. Addirittura, fosse
stato per Renzi, le dimissioni sarebbero giunte prima del formale avvio della
discussione sul bilancio a
palazzo Madama.
Ritenere che si potesse
arrivare a elezioni senza
curarsi né dell’intervento
della Corte costituzionale,
né della duplicità disorganica delle leggi elettorali,
ha dell’incredibile. Quanto
al sentirsi così sicuro di sé
da poter battere il M5s nel
ballottaggio (che tuttora è
vigente per la camera), è
materia da patologi. C’è
chi propende per interpretare queste sortite come
altrettante manovre, tutte
concertate da Renzi, per
restare in sella. Se così
fosse, non si può affermare
che abbia scelto una strada
agevole.
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