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Venerdì 9 Dicembre 2016
11
Il leghista Salvini le invoca, invece l’ex portavoce di Napolitano Cascella le usa sul serio
Rom, ora le ruspe sono di sinistra
A Barletta il sindaco del Pd rade al suolo l’accampamento
DI
CONSIDERANO DISCRIMINATORIA LA VIGNETTA DI UNA LOCANDINA DELL’ATENEO DI TORINO
GIOVANNI BUCCHI
R
adere al suolo i campi rom è (anche) di
sinistra. Lo dimostra
quanto accaduto negli
ultimi giorni a Barletta, in Puglia, dove il sindaco Pasquale
Cascella ha fatto sgomberare
un campo rom nel quartiere
ribattezzato «zona 167», così
da lasciare libertà di azione a
ruspe, escavatori e camion per
abbattere le costruzioni abusive
che deturpavano l’area. Il tutto
ripreso dal telefonino dello stesso primo cittadino, che poi ha
postato il filmato su Facebook
dichiarando come sia «stata
scritta una nuova pagina di
civiltà, integrazione e legalità
nella nostra città».
Insomma, le ruspe coniugate alla necessità di fare
pulizia degli accampamenti di
popolazioni nomadi, che siano
rom o sinti fa poca differenza,
non sono solo appannaggio della destra. Matteo Salvini ha
avuto buon gioco nel cavalcare
l’ondata di indignazione popolare contro questo abusivismo tollerato dalle istituzioni in tutta
Italia; come dimenticare le sue
magliette con tanto di ruspa,
i suoi blitz nei campi rom con
centri sociali imbestialiti e reparti celere al seguito, le foto
che lo immortalano a bordo di
un escavatore, pronto ad azionare la benna? Tutte piazzate
che il leader leghista è pronto
a ripetere, dopo averle momentaneamente accantonate
per la campagna referendaria.
D’altronde, tra i simboli della nuova Lega nazionalista
c’è anche l’ormai famigerata
ruspa, assurta a emblema
I tassisti contro l’Università
Con i sindacati dei taxi si sono mobilitate 1550 imprese
DI
GAETANO COSTA
L
o stile è quello dei fumetti. Rappresenta due situazioni simili,
una ambientata in Italia e l’altra
in Tunisia. I protagonisti sono un
tassista e una donna col velo. «Ma perché
porti il velo? Mica stai al tuo paese che lo
devi portare per forza», dice il tassista italiano. Nella striscia successiva è il tassista
tunisino a parlare alla stessa passeggera:
«Ah, ma quindi vivi in Europa? Mi aspettavo una senza velo, dicono che chi va da
quelle parti si occidentalizzi». Alla fine, la
ragazza, rimasta sola, sbotta: «Sono occidentalizzata col velo!».
La vignetta si trova sulla locandina di un convegno che s’è tenuto lo scorso
lunedì a Torino e che è stato organizzato
dalla fondazione Ricerca e Talenti presieduta dal rettore dell’Università, Gianmaria Ajani. Subito dopo la pubblicazione, il
disegno ha scatenato la reazione dei tassisti, che considerano la striscia razzista e
discriminatoria nei loro confronti. «Siamo
rimasti allibiti nel vedere l’immagine dei
del salvinismo che vuole fare
piazza pulita di rom, profughi,
ladri e delinquenti.
Salvini lo ripete da mesi
davanti alle telecamere, Cascella invece lo mette in pratica. L’ex portavoce di Giorgio
Napolitano al Quirinale, dal
2013 alla guida di un’amministrazione comunale di centrosinistra sostenuta (non senza
problemi) anche dal Pd; ha
preso il toro per le corna con
tassisti associata a comportamenti discriminatori e palesemente delatori nei confronti di cittadini stranieri», hanno scritto
in una nota i sindacati dei taxi torinesi
Usb, Unsiic, Federtaxi e Cna. «Troviamo
gravissimo che ciò sia comparso sul frontespizio della locandina di un convegno
pubblico, sotto l’egida dell’Università».
Il tono della vignetta appare ironico. I tassisti, però, non hanno voglia di
ridere. Anzi. «Siamo indignati e offesi da
tanta cattiveria nei nostri confronti», hanno proseguito. «La nostra è sempre stata
una categoria aperta e inclusiva che, per
sua natura, si rivolge ed è al servizio dei
cittadini, senza alcuna distinzione». Le
imprese di taxi torinesi che si sono mobilitate dopo la pubblicazione della striscia,
in tutto 1550, «esigono chiarimenti e scuse
immediate per questa vergognosa e infelice iniziativa».
Le scuse sono prontamente arrivate. «Ci spiace moltissimo se la categoria
dei tassisti s’è sentita offesa dalla vignetta
pubblicata sul volantino del convegno», ha
detto a Repubblica Torino Gaia Testore,
il fermo obiettivo di risolvere
i gravi problemi causati dal
campo rom. «È una pagina
nuova che viene riscritta dopo
venti anni di degrado sotto gli
occhi di tutti – ha dichiarato
l’assessore alle Politiche sociali
di Barletta,Marcello Lanotte
-. Con l’amministrazione abbiamo cercato di coniugare il
principio di legalità a quello di
inclusione sociale, contenendo
le spese previste, per il ripristi-
rappresentante della fondazione che, insieme con l’Università, ha organizzato
l’incontro pubblicizzato dal disegno incriminato. «Ci scusiamo, perché non era
nostra intenzione».
«Il disegno è stato realizzato da una
fumettista che avrebbe dovuto partecipare come ospite a una delle tavole rotonde in programma, ma che, all’ultimo, ha
dovuto rinunciare per un imprevisto», ha
aggiunto. «Noi abbiamo approvato quel
disegno perché non avevamo intenzione
di criticare una categoria. Il taxi è stato
scelto solo perché è un luogo neutro, come
potrebbe essere una stazione, ed esiste in
diversi paesi».
La fondazione Ricerca e Talenti,
come confermato dalla sua rappresentante, è pronta a incontrare i tassisti per
ulteriori chiarimenti. «Se vorranno confrontarsi con noi», ha spiegato Testore,
«siamo comunque disponibili a parlare
direttamente coi sindacati dei taxi». Per
chiudere definitivamente la polemica scatenata dalla vignetta.
© Riproduzione riservata
no del decoro urbano».
Le famiglie rom fatte
sgomberare sono state per il
momento trasferite in un terreno sottratto alla criminalità
organizzata e che l’Agenzia
nazionale incaricata di gestirlo ha assegnato al Comune di
Barletta per finalità sociali. Lì
sono stati installati moduli abitativi per ospitare le famiglie
rom, alle quali viene chiesto
di pagare una cifra simbolica
di 30 euro al mese (1 euro al
giorno) «così da poter avere il
riconoscimento dei diritti e dei
doveri e che nessuno possa dire
che stanno lì a spese nostre»
puntualizza l’assessore Lanotte. «Pagando», conclude, «loro
iniziano a capire che l’inclusione sociale comincia anche nel
riconoscimento delle responsabilità reciproche e l’equilibrio
del diritto e del dovere».
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AD ESEMPIO LA SOMMA DEL DEBITO PUBBLICO CON QUELLO PRIVATO PRODURREBBE UN RATING MIGLIORE
I metodi adottati dalle principali agenzie da rating
non riescono a fotografare la situazione economica italiana
DI
I
CARLO PELANDA
l metodo adottato dalle agenzie
di rating per definire il grado di
affidabilità delle nazioni desta
perplessità sul piano della corretta rappresentazione della realtà. La
critica ai marchi più importanti del
settore (S&P, Moody’s e Fitch) rileva la
mancanza di una valutazione sistemica che poi permetta di meglio calibrare/
ponderare il «voto» su un caso specifico
e le inferenze di outlook . In sintesi: la
fotografia di una nazione tende a essere
rappresentata senza un panorama di
riferimento e il film mostra immagini
sbiadite. Il Fmi, luogo più blasonato al
mondo per i metodi di analisi e previsione, ha risolto con pragmatismo tale
problema di gap cognitivo prevedendo
frequenti aggiornamenti periodici degli
scenari che ne indicano con chiarezza
lo status metodologico: stime di contingenza suscettibili di variazione.
Le agenzie di rating, che per
altro importano dal Fmi e da altre
organizzazioni internazionali
la modellistica e buona parte delle basi dati, adottano lo
stesso schema. Ma l’impatto
della loro valutazione, poiché
privata e non regolata da protocolli di prudenza diplomatica, tende a essere maggiore.
Per esempio, molti investitori
globali hanno regole che vietano l’ingaggio in aree con un
rating sotto una certa soglia.
L’Italia, più di altre nazioni,
è vittima di una sovra-valutazione del «rischio paese»,
che poi induce gli investitori
a richiedere un premio di rischio esagerato, tanto per difetti propri, ma anche molto
per il gap metodologico degli
strumenti di osservazione.
Per esempio, una rappresentazione corretta della somma tra debito pubblico e privato darebbe all’Italia
un rating più elevato, sul piano macro.
Su quello micro, la comprensione che
Vignetta di Claudio Cadei
le piccole imprese mettono in conto
economico e non in capex, le spese di
ricerca svelerebbe molta più futurizzazione in atto e farebbe prevedere
più competitività del sistema. Lo scostamento dalla realtà della foto e del
film italiani dipende molto
dall’anomalia di questa nazione che non rientra nei
modelli standard.
Ma le agenzie di rating
dovrebbero elaborare
una rappresentazione specifica e non valutare l’Italia
in modo conformista. Qui
il punto: per risparmiare
soldi e non complicare la
comparabilità si evitano
variazioni nei parametri
di rappresentazione e ricerche più approfondite.
Non credo che un appello
a spendere di più in metodologia possa servire. Ma
penso che sollecitare Fmi,
Commissione Ue, Ocse,
ecc., a migliorare la loro metodologia
(i soldi li hanno) per aumentare la
qualità e la consistenza valutativa
di chi la importa o la prende a riferimento possa produrre effetti.
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