6/12/2016 - studio ducoli

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Martedì, 06 dicembre 2016
IL CASO DEL GIORNO
FISCO
Per i patti parasociali
l’imposta di registro
non è sempre fissa
ACE a effetto variabile per le società che hanno
assegnato beni ai soci
/ Anita MAURO
I patti parasociali sono accordi che i
soci, in sede di costituzione della società o nel corso della vita di essa,
stipulano tra loro al fine di disciplinare determinati rapporti o diritti nascenti dal contratto sociale, o allo
scopo di istituire particolari obblighi
in capo ad alcuna o alla totalità delle
parti.
I patti parasociali possono, talvolta,
coinvolgere anche soggetti terzi alla
società.
Potrebbe essere interessante valutare il trattamento impositivo indiretto da applicare a tali patti.
In primo luogo, va rilevato che i patti
parasociali che siano stipulati con
scrittura privata non autenticata e
contengano pattuizioni non aventi
ad oggetto prestazioni a contenuto
patrimoniale, sono soggetti a registrazione solo in caso d’uso (con applicazione dell’imposta fissa nel caso in cui la registrazione venga realizzata) a norma dell’art. 4 della Tariffa, parte II, allegata al DPR 131/86.
Ad esempio, sono soggette a registrazione in caso d’ [...]
Avvantaggiate le società che hanno effettuato l’operazione a valori contabili,
senza emersione in bilancio di plusvalenze
/ Gianluca ODETTO
Con le modifiche contenute nel disegno di legge di bilancio alla disciplina dell’ACE, dal 2016 la base di
calcolo dell’agevolazione per le società di persone e per gli imprenditori individuali in contabilità ordinaria sarà determinata dalla somma
algebrica di due componenti:
- uno “zoccolo duro”, che rimarrà invariato per tutte le annualità dal
2016 in avanti, rappresentato dalla
differenza tra il patrimonio netto
contabile della società al 31 dicembre 2015 e il patrimonio netto rilevato al 31 dicembre 2010;
- una componente variabile determinata, come per le società di capitali, in base all’incremento netto del
patrimonio registrato anno per anno.
Questa componente variabile è, a
sua volta, calcolata assumendo in
positivo i conferimenti in denaro dei
soci e gli accantonamenti di utili a
riserva e in negativo le distribuzioni
di riserve pregresse ai soci. Prescindendo da questioni sulle quali si do-
vrà necessariamente formare un
orientamento condiviso ( in primis
quella per cui nelle società di persone
non esiste, tecnicamente, un accantonamento di utili a riserva, essendo –
salve disposizioni diverse dei patti sociali – gli utili di immediata disposizione dei soci dopo l’approvazione del
bilancio), le conseguenze della nuova
norma – sempre che, naturalmente,
essa sia approvata nella sua formulazione attuale – devono essere attentamente valutate da parte delle società che hanno provveduto ad atti di assegnazione nel corso del 2016.
Premesso che la questione ha una sua
rilevanza per le società che, dopo l’attribuzione ai soci, continuano ad
esercitare l’attività con redditi imponibili, l’assegnazione ha comportato,
sotto il profilo contabile, l’annullamento di riserve di patrimonio netto,
suscettibili quindi di ridurre la base
ACE (questo era, almeno, l’orientamento in vigenza della Dual Income
Tax, laddove si prevedeva che anche
le riduzioni per [...]
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IN EVIDENZA
PROFESSIONI
Non si deve rimuovere Entratel prima di installare “Desktop
telematico”
Per il canone RAI, meglio anticipare la dichiarazione di non
detenzione
Crediti professionali per l’ammissione al concordato preventivo
prededucibili
ALTRE NOTIZIE
/ DA PAGINA 8
In Gazzetta Ufficiale i
compensi dei
commissari liquidatori
/ Roberta VITALE
È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 284 di ieri il DM 3 novembre
2016, con il quale il Ministero dello
Sviluppo economico ha previsto i criteri per la det [...]
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ancora
IL CASO DEL GIORNO
STUDIO DUCOLI
Per i patti parasociali l’imposta di registro non è
sempre fissa
A seconda del contenuto dell’atto muta l’imposta di registro dovuta
/ Anita MAURO
I patti parasociali sono accordi che i soci, in sede di costituzione della società o nel corso della vita di essa,
stipulano tra loro al fine di disciplinare determinati
rapporti o diritti nascenti dal contratto sociale, o allo
scopo di istituire particolari obblighi in capo ad alcuna
o alla totalità delle parti.
I patti parasociali possono, talvolta, coinvolgere anche
soggetti terzi alla società.
Potrebbe essere interessante valutare il trattamento
impositivo indiretto da applicare a tali patti.
In primo luogo, va rilevato che i patti parasociali che
siano stipulati con scrittura privata non autenticata e
contengano pattuizioni non aventi ad oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale, sono soggetti a registrazione solo in caso d’uso (con applicazione dell’imposta fissa nel caso in cui la registrazione venga realizzata) a norma dell’art. 4 della Tariffa, parte II, allegata al DPR 131/86.
Ad esempio, sono soggette a registrazione in caso
d’uso le scritture private non autenticate contenenti
pattuizioni relative alla nomina delle cariche sociali o
alla disciplina del voto in assemblea.
Ove le medesime pattuizioni, aventi ad oggetto prestazioni prive di contenuto patrimoniale, fossero incluse
in atti pubblici o scritture private non autenticate, invece, la registrazione sarebbe da effettuare in termine
fisso e sarebbe dovuta l’imposta di registro fissa (200
euro) a norma dell’art. 11 comma 1 della Tariffa, parte I,
allegata al DPR 131/86.
Può capitare, poi, che il patto parasociale contenga una
clausola penale, ovvero la pattuizione di una somma
da corrispondere nel caso in cui il patto non venga rispettato. Tale clausola, in linea di principio, andrebbe
soggetta all’imposta di registro del 3% e la registrazione sarebbe da operare in termine fisso (anche ove il
patto fosse stipulato con scrittura non autenticata) ex
art. 9 della Tariffa, parte I, allegata al DPR 131/86. Tutta-
Eutekne.Info / Martedì, 06 dicembre 2016
via, poiché la clausola penale prevede che il pagamento della somma venga operato solo in caso di inadempimento, la dottrina e la prassi (DRE Lazio 16 maggio
2016 n. 37916) ritengono che, in tal caso, trovi applicazione la disciplina della condizione sospensiva (art. 27
del DPR 131/86), secondo la quale, al momento dell’atto
deve essere corrisposta solo l’imposta di registro fissa
e, poi, solo al verificarsi della condizione, sarà dovuta
la restante parte di imposta proporzionale.
L’opzione potrebbe essere onerosa o gratuita
Ancora, il patto parasociale potrebbe concedere un’opzione che consenta al socio di vendere o comprare
partecipazioni.
Ove il patto contenga una clausola di opzione:
- se è previsto un corrispettivo (atto oneroso), l’opzione è da registrare in termine fisso e sconta l’imposta di
registro con l’aliquota residuale del 3% a norma dell’art.
9 della Tariffa, parte I, allegata al DPR 131/86, a meno
che sia stipulata per scrittura privata non autenticata e
l’imposta dovuta risulti inferiore a 200 euro, nel qual
caso la registrazione è dovuta in caso d’uso ex art. 2
comma 1 della Tariffa, parte II, allegata al DPR 131/86.
La registrazione dell’opzione onerosa va effettuata in
caso d’uso anche ove essa sia redatta per corrispondenza (purché il codice civile non ne richieda la forma
scritta);
- se l’opzione viene attribuita senza prevedere un corrispettivo (opzione gratuita), va registrata in termine
fisso con imposta fissa (200 euro) se stipulata per atto
pubblico o scrittura privata autenticata (art. 11 comma
1 della Tariffa, parte I, allegata al DPR 131/86); mentre va
registrata solo in caso d’uso se stipulata per scrittura
privata non autenticata (art. 4 comma 1 della Tariffa,
parte II, allegata al DPR 131/86).
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FISCO
STUDIO DUCOLI
ACE a effetto variabile per le società che hanno
assegnato beni ai soci
Avvantaggiate le società che hanno effettuato l’operazione a valori contabili, senza emersione in
bilancio di plusvalenze
/ Gianluca ODETTO
Con le modifiche contenute nel disegno di legge di bilancio alla disciplina dell’ACE, dal 2016 la base di calcolo dell’agevolazione per le società di persone e per
gli imprenditori individuali in contabilità ordinaria sarà determinata dalla somma algebrica di due componenti:
- uno “zoccolo duro”, che rimarrà invariato per tutte le
annualità dal 2016 in avanti, rappresentato dalla differenza tra il patrimonio netto contabile della società al
31 dicembre 2015 e il patrimonio netto rilevato al 31 dicembre 2010;
- una componente variabile determinata, come per le
società di capitali, in base all’incremento netto del patrimonio registrato anno per anno.
Questa componente variabile è, a sua volta, calcolata
assumendo in positivo i conferimenti in denaro dei soci e gli accantonamenti di utili a riserva e in negativo
le distribuzioni di riserve pregresse ai soci. Prescindendo da questioni sulle quali si dovrà necessariamente formare un orientamento condiviso (in primis quella per cui nelle società di persone non esiste, tecnicamente, un accantonamento di utili a riserva, essendo –
salve disposizioni diverse dei patti sociali – gli utili di
immediata disposizione dei soci dopo l’approvazione
del bilancio), le conseguenze della nuova norma –
sempre che, naturalmente, essa sia approvata nella
sua formulazione attuale – devono essere attentamente valutate da parte delle società che hanno provveduto ad atti di assegnazione nel corso del 2016.
Premesso che la questione ha una sua rilevanza per le
società che, dopo l’attribuzione ai soci, continuano ad
esercitare l’attività con redditi imponibili, l’assegnazione ha comportato, sotto il profilo contabile, l’annullamento di riserve di patrimonio netto, suscettibili quindi di ridurre la base ACE (questo era, almeno, l’orientamento in vigenza della Dual Income Tax, laddove si
prevedeva che anche le riduzioni per attribuzioni di
beni in natura, e non solo le distribuzioni in denaro,
fossero suscettibili di rilevare in negativo). La circolare n. 37/2016 dell’Agenzia delle Entrate ha lasciato gli
operatori sostanzialmente liberi di scegliere quale
strada contabile adottare, con il vincolo per cui le riserve di patrimonio netto da annullare devono essere pari al valore attribuito al bene in sede di assegnazione,
valore del tutto indipendente da quello iscritto in contabilità.
In estrema sintesi, se è stato assegnato ai soci da una
società di persone un immobile iscritto in contabilità a
400.000 euro, il cui valore di mercato è pari a 650.000
Eutekne.Info / Martedì, 06 dicembre 2016
euro, la società poteva assumere quale valore di assegnazione 400.000 euro, stornare riserve per un analogo importo e non rilevare alcuna plusvalenza in bilancio (soluzione A); la società poteva, alternativamente,
assumere quale valore di assegnazione 650.000 euro,
stornare riserve per analogo importo e rilevare in contabilità una plusvalenza di 250.000 euro (soluzione B).
Ovviamente, questi importi prescindono totalmente da
quelli utilizzati per il calcolo delle imposte sostitutive,
le quali possono essere determinate con il valore catastale.
Cambia dal 2016 il calcolo dell’agevolazione
Ipotizzando che la differenza tra il patrimonio netto
2015 e il patrimonio netto 2010 della società di persone
sia pari a 850.000 euro e che non vi siano altri movimenti patrimoniali per il 2016, se la società ha scelto la
soluzione A la base ACE sarebbe pari a 450.000 euro
(850.000 - 400.000). Qualora, invece, sia stata adottata
la soluzione B, la base ACE sarebbe pari a 200.000 euro
(850.000 - 650.000): sempre adottando analogicamente
i criteri previsti per le società di capitali, in questo secondo caso la plusvalenza realizzata concorrerebbe a
formare l’utile di esercizio del 2016 e, solo quando “accantonata a riserva” (ovvero, nel 2017), potrebbe andare a formare la base ACE.
Sempre accettando tale linea interpretativa, la scelta
non è neutrale, in quanto il coefficiente di remunerazione da adottare per il 2016 è pari al 4,75%, mentre
scende al ben più magro 2,3% per il 2017. Emergerebbe,
quindi, un vantaggio per le società che hanno deciso di
effettuare l’assegnazione ai puri valori contabili, senza
emersione di plusvalenze, per le quali la riduzione del
capitale proprio per distribuzione di riserve ai soci sarebbe minore, rispetto alle società che hanno preso
quale valore di assegnazione un valore più elevato. Ritornando all’esempio precedente, l’effetto positivo per
le prime in termine di ACE sarebbe pari a 6.125 euro,
pari alla differenza tra 21.375 (ACE 2016 delle società
che hanno scelto la soluzione A) e 15.250 (ACE 2016 e
2017 delle società che hanno scelto la soluzione B).
Considerazioni di segno analogo valgono, naturalmente, anche per le società di capitali, al di là della circostanza per cui lo “zoccolo duro” è rappresentato dalla
base ACE al 31 dicembre 2015, determinata ricostruendo analiticamente le movimentazioni degli esercizi
precedenti.
/ 03
ancora
FISCO
STUDIO DUCOLI
Non si deve rimuovere Entratel prima di installare
“Desktop telematico”
Il programma è aggiornato automaticamente, senza bisogno di procedervi manualmente
/ Alessandro BORGOGLIO
In questi giorni molti sono alle prese con il passaggio
dallo storico software Entratel, utilizzato dagli intermediari abilitati per la trasmissione delle dichiarazioni fiscali e delle altre comunicazioni, al nuovo strumento informatico denominato “Desktop telematico”.
In un precedente intervento (si veda “Applicativo Entratel «in pensione» dal 1° dicembre 2016” del 30 novembre 2016), è già stato sostanzialmente spiegato come procedere all’installazione del nuovo software e
avviare il primo suo utilizzo.
Può essere utile, allora, fornire qualche ulteriore indicazione operativa soprattutto per le piccole realtà dove magari non c’è un addetto informatico.
È opportuno precisare, innanzitutto, che Entratel e desktop telematico possono convivere sullo stesso pc,
quindi non è necessario rimuovere preventivamente
Entratel per procedere all’installazione del nuovo programma, anzi è consigliabile mantenere il vecchio
programma.
Una volta scaricato dal sito dell’Agenzia delle Entrate il
file del desktop telematico, la sua installazione è totalmente automatica, basta confermare i vari passaggi
premendo “Avanti” e alla fine “Installa”.
Si ricorda che, al primo avvio, viene richiesto l’inserimento delle credenziali di accesso: non si tratta di
quelle che servono per accedere al sito dell’Agenzia
delle Entrate, ma di credenziali nuove che deve “inventare” l’utente per creare una sorta di sua area personale nel programma; di fatto, questo passaggio si sarebbe
potuto evitare per i soggetti – forse la maggior parte
delle piccole realtà – che utilizzano il software in monoutenza, mentre è utile per coloro che operano in
multiutenza (quindi, sostanzialmente con più addetti o
operatori che utilizzano questo stesso programma).
Dopo aver eseguito l’accesso, il desktop telematico
controlla automaticamente la presenza di aggiornamenti, procedura che esegue ad ogni accesso, il che
eviterà di dover aggiornare manualmente il programma, come succedeva invece con il vecchio Entratel.
Eutekne.Info / Martedì, 06 dicembre 2016
A questo punto è necessario installare i moduli del desktop utili all’utente, attraverso la funzione “Applicazioni - Installa software” che si vede immediatamente
dopo l’accesso al desktop telematico, nella schermata
di benvenuto, selezionando, ad esempio, Entratel e File internet. La procedura eseguirà automaticamente
l’installazione.
Al termine, sarà disponibile tra i programmi, appunto,
il nuovo Entratel, che presenterà lo stesso identico menu del vecchio Entratel e, quindi, potrà essere utilizzato come il precedente software a cui molti sono stati
abituati sino ad oggi.
Necessario importare l’ambiente di sicurezza dal
“vecchio” Entratel
L’ultima cosa da fare prima di utilizzare il nuovo Entratel è la “sistemazione” dell’ambiente di sicurezza.
A questo proposito è importante evidenziare che non è
necessario generare un nuovo ambiente di sicurezza
per l’applicativo, eseguendo la solita procedura un po’
articolata necessaria per il rinnovo triennale a seguito
di scadenza (si veda “Intermediari alla «prova» del rinnovo dell’ambiente di sicurezza Entratel” del 21 novembre 2014): infatti, può essere importato l’ambiente
di sicurezza dal vecchio Entratel, ad esempio, agendo
sul menu del nuovo Entratel, attraverso il percorso “File - Impostazioni - Applicazioni - Entratel - Percorso
del supporto di memorizzazione dell’ambiente di sicurezza” e andando a selezionare la cartella dell’ambiente di sicurezza del vecchio Entratel (generalmente su
supporto esterno di memorizzazione USB o all’interno
di una cartella del PC come C:\Entratel).
Oppure, è possibile utilizzare, nel nuovo Entratel, la
funzione “Importa certificati” presente nel menù “Sicurezza” e indicando la predetta cartella dell’ambiente di
sicurezza del vecchio Entratel.
A questo punto, il nuovo software è pronto all’uso.
/ 04
ancora
FISCO
STUDIO DUCOLI
Per il canone RAI, meglio anticipare la dichiarazione
di non detenzione
Il termine è il 31 gennaio, ma onde evitare addebiti in bolletta l’Agenzia delle Entrate consiglia di
presentarla entro il mese di dicembre
/ REDAZIONE
Il termine per comunicare la non detenzione di apparecchio televisivo ed evitare così l’addebito del canone
RAI per il 2017 è il prossimo 31 gennaio.
Con un comunicato stampa di ieri, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che è però preferibile presentare la dichiarazione sostitutiva prima, considerando che la prima rata del canone scatta già da gennaio.
Per non doversi ritrovare eventuali addebiti in bolletta,
che implicherebbero un’istanza di rimborso successiva, sarebbe quindi meglio, per i contribuenti, presentare la dichiarazione di non detenzione entro fine mese,
in caso di invio telematico, ed entro il 20 dicembre con
la spedizione via posta.
L’art. 1 comma 153 della L. 208/2015 (legge di stabilità
2016), modificando il regime di riscossione del canone
dal 2016, ha previsto che l’esistenza di un’utenza per la
fornitura di energia elettrica nel luogo in cui un soggetto ha la sua residenza anagrafica faccia presumere
la detenzione di un apparecchio atto o adattabile a ricevere le radioaudizioni.
La presunzione può essere superata solo con una dichiarazione resa ai sensi del DPR 445/2000, che, se non
veritiera, ha effetti penali, secondo le modalità ed entro i termini definiti dai provvedimenti dell’Agenzia
delle Entrate nn. 45059 e 58258 del 2016.
I titolari di utenza elettrica possono presentare la dichiarazione per segnalare la non detenzione di apparecchio TV da parte dei componenti della stessa famiglia anagrafica (con validità annuale) o, in alternativa,
per segnalare che il canone non dev’essere addebitato
perché dovuto in relazione all’utenza elettrica intestata ad altro componente della stessa famiglia.
Come ricorda anche il comunicato di ieri, la dichiarazione sostitutiva dev’essere presentata:
- direttamente dal contribuente o dall’erede tramite
una specifica applicazione web disponibile sul sito,
utilizzando le credenziali rilasciate dall’Agenzia;
Eutekne.Info / Martedì, 06 dicembre 2016
- oppure avvalendosi di un intermediario abilitato.
La dichiarazione si considera presentata nella data risultante dalla ricevuta rilasciata in via telematica
dall’Agenzia delle Entrate.
Se non è possibile l’invio telematico, la dichiarazione
sostitutiva, unitamente a copia di un documento di riconoscimento, può anche essere spedita a mezzo del
servizio postale in plico raccomandato senza busta
all’indirizzo: Agenzia delle entrate - Ufficio Torino 1 Sportello abbonamenti TV - Casella postale 22 - 10121
Torino. In questo caso, la dichiarazione si considera
presentata nella data di spedizione risultante dal timbro postale.
Ancora, il modello può essere firmato digitalmente e
presentato via PEC all’indirizzo [email protected].
Fine mese in via telematica, 20 dicembre tramite
posta
La dichiarazione di non detenzione ha validità annuale e va quindi inviata ogni anno se ne ricorrono i presupposti.
A regime, per avere effetto a partire dal 1° gennaio di
un dato anno di riferimento, dev’essere presentata a
partire dal 1° luglio dell’anno precedente ed entro il 31
gennaio dell’anno di riferimento stesso. La dichiarazione ha dunque effetto per l’intero canone dovuto per
il 2017 se presentata dal 1° luglio 2016 ed entro il 31
gennaio 2017.
Come anticipato, però, poiché l’addebito in bolletta della prima rata di canone partirà già da gennaio, l’Agenzia consiglia di anticipare la presentazione al 31 dicembre in caso di presentazione telematica e al 20 dicembre per l’invio via posta per essere sicuri di evitare
eventuali addebiti e non dover presentare, poi,
un’istanza di rimborso.
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ancora
IMPRESA
STUDIO DUCOLI
Crediti professionali per l’ammissione al concordato
preventivo prededucibili
Occorre la funzionalità della prestazione resa dal professionista
/ Roberta VITALE
La Cassazione, con la sentenza n. 24791 depositata ieri,
ha fornito alcuni chiarimenti in merito al regime di
prededuzione, nell’ambito del fallimento, dei crediti
inerenti la prestazione professionale resa in occasione e in funzione della presentazione del ricorso per il
concordato preventivo.
Nel caso di specie, un professionista proponeva reclamo avverso il decreto del giudice delegato del fallimento di una srl, che aveva ammesso nel solo grado
privilegiato, e non in prededuzione, il proprio credito
per la redazione della relazione aggiornata sulla situazione patrimoniale di cui all’art. 161 del RD 267/42 (L.
fall.), depositata in occasione della domanda di concordato preventivo. La srl era stata ammessa prima alla
procedura di concordato preventivo e, poi, era stata dichiarata fallita per la mancata approvazione da parte
dei creditori.
Rigettato il reclamo, il professionista impugnava il decreto emesso dal Tribunale con ricorso in Cassazione,
sostenendo la violazione dell’art. 111 L. fall., in quanto si
trattava di un’attività professionale comunque utile, a
sua volta, alla redazione, da parte di un altro professionista, dell’attestazione di cui all’art. 161 L. fall.
La Suprema Corte, con la sentenza in commento, accoglie il ricorso del professionista, riprendendo l’orientamento già espresso dalla giurisprudenza di legittimità.
In particolare, la Cassazione ribadisce che l’art. 111,
comma 2 L. fall., sancendo la prededucibilità dei crediti sorti “in occasione o in funzione delle procedure
concorsuali”, fa riferimento a due criteri alternativi,
quello cronologico e quello teleologico. Viene, così, a
configurarsi un meccanismo satisfattorio volto a soddisfacimento, in primo luogo, delle obbligazioni della
massa sorte all’interno della procedura (dunque, sorte
già durante tale procedura), e, in secondo luogo, anche
di quelle che “interferiscono con l’amministrazione fallimentare e, conseguentemente, sugli interessi del ceto creditorio”. Non basta, però, ai fini della prededucibilità, un qualsiasi collegamento con la procedura concorsuale, occorrendo un accertamento sul vantaggio
arrecato alla massa dei creditori ( cfr . Cass. n.
25589/2015).
Tali crediti, inoltre, devono essere funzionali e strumentali alla procedura concorsuale ( cfr . Cass. n.
5098/2014).
Aggiungono i giudici di legittimità, nella sentenza in
commento, che la valutazione del suddetto elemento
deve essere effettuata ex ante, “non potendo l’evoluzione fallimentare della vicenda concorsuale, di per sé sola e pena la frustrazione dell’obiettivo della norma,
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escludere il ricorso all’istituto”.
Ebbene – così ancora come precisato dalla Cassazione – rientrano nel criterio di funzionalità tutte quelle
operazioni che, come nel caso in questione, si collocano nell’ambito della domanda di apertura della procedura di concordato preventivo, “competendo all’organo concorsuale che ne invochi l’eccedentarietà rispetto a tale scopo dimostrarne (anche solo per una eventuale parte) superfluità ovvero casualità di assunzione
quanto al profilo debitorio che ne sia scaturito”.
La prova contraria spetta all’organo concorsuale
Premesso quanto sopra, la Suprema Corte osserva che,
nel caso di specie, il Tribunale, e ancora prima il giudice delegato e il curatore, non hanno contestato la debenza del credito del professionista né l’effettività della prestazione negli estremi prospettati dallo stesso,
negando solo la prededucibilità sulla base del mero criterio temporale e, cioè, per il fatto che il credito non
fosse sorto durante la procedura.
Inoltre, contestando tale impostazione e richiamando
di nuovo giurisprudenza precedente, la Cassazione afferma che rientra “de plano” tra i crediti sorti “in funzione” della procedura di concordato preventivo, quello del professionista per l’attività di assistenza e di
consulenza avente ad oggetto la predisposizione della
domanda di concordato preventivo. Pertanto, il credito
del professionista va soddisfatto ex art. 111, comma 2 L.
fall. in prededuzione nel successivo fallimento, senza
che sia necessaria la valutazione ex post dell’utilità
concreta della prestazione per la massa in funzione
dei risultati raggiunti (cfr. Cass. n. 22450/2015 e Cass. n.
19013/2014).
In conclusione, qualora sia stato ammesso il debitore
alla procedura di concordato e se sia stata riconosciuta nel successivo fallimento – in quanto, nel caso di
specie, non contestata neanche in sede di domanda di
ammissione al passivo da parte dell’organo concorsuale – l’effettività della pregressa prestazione professionale circa gli estremi della sua attività e il collegamento “materiale e preparatorio” con la domanda di concordato preventivo, tale credito va ammesso in prededuzione ex art. 111, comma 2 L. fall.
È, dunque, la relazione di funzionalità della prestazione resa all’instaurazione della procedura concorsuale
– nei fatti non contestata – a garantire lo statuto della
prededuzione del corrispondente credito, ove richiesto
dall’interessato.
/ 06
ancora
PROFESSIONI
STUDIO DUCOLI
In Gazzetta Ufficiale i compensi dei commissari
liquidatori
Determinati i criteri nell’ambito delle procedure di liquidazione coatta amministrativa delle società
cooperative
/ Roberta VITALE
È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 284 di ieri
il DM 3 novembre 2016, con il quale il Ministero dello
Sviluppo economico ha previsto i criteri per la determinazione e la liquidazione dei compensi spettanti ai
commissari liquidatori e ai membri dei Comitati di sorveglianza delle procedure di liquidazione coatta amministrativa delle società cooperative ex art. 2545terdecies c.c. e di scioglimento per atto dell’autorità ex
art. 2545septiesdecies c.c. (si veda l’art. 12, comma 77
del DL 95/2012, conv. L. 135/2012).
Più nello specifico, ai sensi dell’art. 3 del DM 3 novembre 2016, il compenso del commissario liquidatore si
compone di due parti:
- una quota remunerativa delle attività di natura concorsuale;
- una quota remunerativa dell’attività gestionale, nel
caso di autorizzazione alla continuazione dell’esercizio dell’impresa.
Ai sensi dell’art. 4 del DM 3 novembre 2016, il compenso del commissario liquidatore per le attività di natura
concorsuale viene fissato sulla base di una percentuale sull’ammontare dell’attivo realizzato.
Per “attivo realizzato” si intendono gli importi complessivamente realizzati dalla procedura mediante, la
vendita dei beni, compresa la vendita di aziende e rami d’azienda, il recupero e la riscossione di crediti non
pertinenti all’esercizio dell’impresa, le azioni giudiziali
e le transazioni e le somme comunque acquisite alla
procedura, comprese le somme disponibili all’apertura
della procedura, gli interessi attivi sui depositi bancari
al netto delle ritenute fiscali di legge ed in generale i
proventi della gestione finanziaria e patrimoniale (art.
2, comma 1, lett. f) del DM 3 novembre 2016).
Le aliquote percentuali di riferimento – salvo alcune
eccezioni di incremento o di riduzione rispetto all’anno in cui è stato realizzato l’attivo in relazione
all’emissione del decreto di liquidazione coatta amministrativa - sono le seguenti:
- 12,71%, qualora l’attivo non superi 51.000 euro;
- 8,47% sulle somme eccedenti 51.000 fino a 258.000
euro;
- 4,23% sulle somme eccedenti 258.000 fino a 516.000
euro;
- 1,69% sulle somme eccedenti 516.000 euro fino a
Eutekne.Info / Martedì, 06 dicembre 2016
1.549.000 di euro;
- 0.84% sulle somme eccedenti 1.549.000 fino a
5.165.000 di euro;
- 0,70% sulle somme eccedenti 5.165.000 di euro.
Per la determinazione del compenso finale, poi, si tiene conto anche di un compenso supplementare, calcolato sull’ammontare dello stato passivo accertato e
ammesso.
Per “passivo accertato”, si intende l’insieme dei crediti
anteriori alla liquidazione della società cooperativa,
ammessi al concorso sul patrimonio dell’ente ex artt.
92 e ss. del RD 267/42 (art. 2, comma 1, lett. g) del DM 3
novembre 2016).
Stabilito anche un compenso supplementare
Nel caso di continuazione dell’esercizio dell’impresa,
viene corrisposto un ulteriore compenso pari allo 0,10%
sull’ammontare dei ricavi lordi e al 5% degli utili netti
conseguiti a chiusura di ogni esercizio.
Si precisa che il compenso viene posto a totale carico
della liquidazione ed è imputato in prededuzione alle
spese di procedura. Il compenso, in ogni caso, non può
essere inferiore a 2.500 euro.
Al commissario liquidatore spetta ancora un rimborso
forfetario delle spese generali, pari al 4% sull’importo
del compenso finale, oltre al rimborso delle spese vive
e documentate sostenute per l’espletamento dell’incarico. Viene escluso qualsiasi altro compenso o indennità e qualsiasi altro onere diretto o indiretto a carico
della procedura.
Specifiche disposizioni sono previste, poi, nei casi di
avvicendamento nelle funzioni di commissario (art. 5)
e di chiusura della procedura mediante concordato
(art. 6).
Infine, l’art. 7 del DM 3 novembre 2016 prevede che ai
componenti dei Comitati di sorveglianza venga corrisposta, sempre a carico della liquidazione, una indennità annua in prededuzione, imputata alle spese di
procedura, da calcolarsi sulla base dell’effettiva partecipazione alle riunioni del Comitato, determinata
sull’attivo realizzato secondo determinate aliquote
percentuali di riferimento.
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LAVORO & PREVIDENZA
STUDIO DUCOLI
Il lavoratore deve provare il danno da contestazione
non tempestiva
L’arco di tempo tra la contestazione e la sanzione non ha autonomo rilievo, ma si valuta se ci sia
davvero un ostacolo alla difesa del lavoratore
/ Elisa TOMBARI
La violazione del principio di tempestività della contestazione disciplinare, espresso dall’art. 7 della L.
300/70 (c.d. Statuto dei lavoratori), deve essere escluso
laddove il lavoratore non dimostri che l’intervallo temporale intercorrente tra la contestazione disciplinare e
l’irrogazione della sanzione disciplinare leda il proprio
diritto di difesa. È questo il principio espresso dalla
Cassazione nella sentenza n. 24796 depositata ieri, 5
dicembre 2016, in relazione al caso di un lavoratore, dipendente di un noto istituto universitario, licenziato
per giusta causa al termine di un procedimento disciplinare a suo carico, dal quale era emersa la sua responsabilità in alcuni reati, tra cui l’abusivo accesso alla posta elettronica dei colleghi a scopo diffamatorio e
ritorsivo.
L’istituto, venuto a conoscenza dei reati commessi dal
dipendente solo dopo l’esercizio dell’azione penale, lo
aveva immediatamente informato dell’apertura del
procedimento disciplinare a suo carico in relazione ai
fatti commessi e, contestualmente, aveva sospeso il
procedimento in attesa degli esiti del parallelo procedimento penale.
Il lavoratore, dal canto suo, sosteneva che detta sospensione avesse comportato un’illegittima dilatazione dei tempi e che il licenziamento disciplinare dovesse, pertanto, essere giudicato illegittimo in quanto tardivo.
Nel dichiarare la legittimità del licenziamento disciplinare irrogato al lavoratore, la Cassazione sottolinea come, nell’ambito di un procedimento disciplinare ex art.
7 dello Statuto dei lavoratori, il decorso del tempo tra la
contestazione e l’eventuale sanzione non assuma autonomo rilievo, ma debba essere valutato con riferimento al pregiudizio arrecato al diritto di difesa del lavoratore.
Il principio di immediatezza della contestazione di cui
al citato articolo, infatti, risponde alla duplice finalità
di assicurare un effettivo diritto di difesa del lavoratore incolpato e, in caso di ritardo della contestazione, di
tutelarne il legittimo affidamento circa un’eventuale
acquiescenza da parte del datore di lavoro.
Secondo la Corte, l’immediatezza può dirsi violata solo
quando il lavoratore dimostri che il decorso del tempo
abbia causato un effettivo ostacolo al suo diritto di difesa, non essendo sufficiente che il lavoratore lamenti,
Eutekne.Info / Martedì, 06 dicembre 2016
come nel caso di specie, un mero ritardo nella formulazione degli addebiti disciplinari, peraltro rimandata
ad un momento preciso, cioè la definizione degli sviluppi del procedimento penale.
La comunicazione di inizio del procedimento disciplinare con l’enunciazione dei relativi addebiti, sebbene
accompagnata dalla contestuale sospensione del medesimo, secondo la Suprema Corte “non solo esclude
un qualche ipotetico affidamento del lavoratore circa
una eventuale acquiescenza di parte datoriale al riguardo, ma finisce per tutelare ancor di più il medesimo lavoratore interessato nella possibilità di una miglior difesa in ordine agli anzidetti addebiti”.
Per valutare la tempestività rileva la condotta del
datore di lavoro
Ai fini della valutazione circa la tempestività della
contestazione disciplinare, inoltre, assume rilievo anche la condotta del datore di lavoro che, nella specie,
ha agito secondo i principi di correttezza e buona fede
informando tempestivamente il lavoratore del procedimento a suo carico e riservandosi di valutare gli addebiti in un secondo momento, per scongiurare iniziative frettolose.
I sovraesposti principi in materia di tempestività della
contestazione disciplinare, osserva la Cassazione, finiscono per influenzare anche la lettura dell’art. 2119 c.c.,
che definisce come “giusta causa” ciò che non consenta la prosecuzione, nemmeno provvisoria, del rapporto
di lavoro. Le due norme devono infatti essere lette in
relazione tra loro, posto che l’esigenza di recedere “in
tronco” dal rapporto di lavoro non è necessariamente
incompatibile con la circostanza che il procedimento
disciplinare ex art. 7 della L. 300/70 possa richiedere
tempistiche più lunghe.
Secondo la Corte, infatti, una volta esclusa la violazione dell’art. 7 della L. 300/70 circa “i tempi della indispensabile preventiva contestazione, anche la giusta
causa di cui all’art. 2119 c.c. non può ritenersi insussistente sulla scorta del mero dato fattuale dello scorrere del tempo, dovendosi necessariamente pure avere
riguardo delle ragioni, valide o meno, in virtù delle
quali la formale contestazione venga posticipata”.
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ancora
FISCO
STUDIO DUCOLI
Pronte le causali contributo per versare alla CNPR
con modello F24
L’accordo tra Cassa Ragionieri e Agenzia delle Entrate prevede che la modalità possa essere utilizzata
dal 2017
/ REDAZIONE
Tutto pronto per il versamento dei contributi previdenziali e assistenziali con modello F24 da parte degli
iscritti alla CNPR. Dopo il via libera del 16 novembre
scorso al pagamento unificato e alla compensazione a
partire dal 2017, ieri con la risoluzione n. 111 l’Agenzia
delle Entrate ha istituito otto causali contributo dedicate a contributi, sanzioni, interessi e spese legali per
l’anno corrente, contributi, sanzioni, interessi e spese
legali per gli anni precedenti, contributi da rincogiunzione, da riscatto e volontari e alla rateazione.
Si ricorda che il decreto del 10 gennaio 2014 del MEF di
concerto con il Ministro del Lavoro ha stabilito che il
sistema dei versamenti unitari e la compensazione ex
art. 17 del DLgs. 241/1997 si applichino, tra gli altri, anche all’Associazione Cassa nazionale di Previdenza e
assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali.
Infatti, il decreto ha riconosciuto agli enti previdenziali di categoria dei professionisti che ne fanno richiesta la possibilità di riscuotere i contributi tramite F24.
Il 16 novembre scorso è stata poi stipulata la convenzione del 16 novembre 2016 tra l’Agenzia delle Entrate
e la CNPR, con la quale è stato regolato il servizio di riscossione dei contributi previdenziali e assistenziali
dovuti dagli iscritti alla Cassa Ragionieri. La convenzione è stata annunciata con un comunicato stampa
congiunto dei due enti, il quale ha spiegato che a partire dal 2017 anche i ragionieri commercialisti e gli
esperti contabili che esercitano attività libero professionale con continuità potranno utilizzare il modello
F24 per pagare i contributi previdenziali e assistenziali.
L’accordo è valido per un triennio (sempre dal 2017) e
consentirà, quindi, anche gli iscritti alla CNPR di effettuare, con un’unica operazione, il pagamento delle
somme dovute utilizzando eventuali crediti tributari in
compensazione.
L’intesa, inoltre, prevede che l’Agenzia fornisca alla
CNPR i dati relativi alle operazioni di riscossione e ri-
Eutekne.Info / Martedì, 06 dicembre 2016
versamento dei contributi. Da una parte, dunque, i ragionieri commercialisti e gli esperti contabili iscritti
alla Cassa Ragionieri potranno utilizzare l’agevole sistema dei versamenti unitari, dall’altra la CNPR potrà
ottenere informazioni con maggiore tempestività e
adottare, quindi, misure di controllo più immediate ed
efficienti.
Controlli più immediati ed efficienti
Infine, ieri, per consentire il versamento dei contributi
citati con modello F24, secondo le indicazioni fornite
dalla CNPR, l’Agenzia delle Entrate ha istituito le causali contributo:
- “E075” denominato “CNPR - Contributi anno corrente”;
- “E076” denominato “CNPR - Contributi anni precedenti”;
- “E077” denominato “CNPR - Sanzioni, interessi e spese legali anno corrente”;
- “E078” denominato “CNPR - Sanzioni, interessi e spese legali anni precedenti”;
- “E079” denominato “CNPR - Contributi da ricongiunzione”;
- “E080” denominato “CNPR - Contributi da riscatto” ;
- “E081” denominato “CNPR - Contributi volontari”;
- “E082” denominato “CNPR - Rateazione”.
L’Amministrazione finanziaria fornisce anche le consuete istruzioni per la compilazione. Le causali vanno
infatti indicate nella sezione “Altri enti previdenziali e
assicurativi” (secondo riquadro) in corrispondenza,
esclusivamente, delle somme indicate nella colonna
“importi a debito versati”. Sono da indicare:
- nel campo “codice ente”, il codice “0010”;
- nel campo “codice sede”, nessun valore;
- nel campo “codice posizione”, nessun valore;
- nel campo “periodo di riferimento da mm/aaaa a
mm/aaaa”, il periodo di competenza del contributo da
versare, nel formato “MM/AAAA”.
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ancora
ECONOMIA & SOCIETÀ
STUDIO DUCOLI
Mercati prudenti dopo la vittoria del “no” al
referendum
Per ora trova riscontro la sensazione che il netto rialzo dello spread fosse legato all’approvazione
della legge di bilancio più che ai timori sul voto
/ Stefano PIGNATELLI
Dopo l’ampia vittoria del “no” al referendum italiano e
le dimissioni annunciate dal Premier, è decisamente
contenuta la reazione dei mercati sull’euro e sui governativi. L’eurousd, dopo qualche sussulto che lo ha portato a un minimo appena sopra 1,05, si attesta a 1,074,
cioè sui massimi dal 17 novembre.
I rendimenti Btp 10 anni sono appena sopra il 2% e lo
spread a 168 bps, ben lontano dai picchi di 194 bps della scorsa settimana. Può essere l’ombrello protettivo
della Bce, può essere che i mercati si fossero già posizionati sulla vittoria del “no”, sta di fatto che le variazioni sono modeste. Qualche tensione è presente sul
settore bancario.
In ogni caso la guardia non deve essere abbassata. È
possibile che una consistente fetta degli operatori non
sia voluta uscire allo scoperto con il bazooka della Bce
schierato contro, ma nei prossimi giorni potrebbe essere tentata qualche sortita per testare la capacità di
reazione della banca centrale e in generale dei titoli
governativi italiani. Il settore bancario, con le pesanti
ricapitalizzazioni in programma, resta il bersaglio preferito di chi vuole scommettere contro l’Italia.
Le decisioni politiche italiane saranno monitorate con
attenzione, specie in chiave “approvazione della legge
di bilancio”. La sensazione, più volte espressa, che la
risalita dello spread dell’ultimo mese e mezzo fosse legata a doppio filo all’iter di approvazione della legge e
alle tensioni con la Commissione europea più che ai
sondaggi sul referendum sembra trovare riscontro nella seduta di ieri.
I Btp hanno ampiamente recuperato durante la scorsa
settimana, nonostante l’incognita del voto (il rendimento decennale passa da picchi del 2,14% al 2,03%
circa) e i pesanti collocamenti (5-10 anni). Tecnicamente, un certo sollievo è giunto dalla decisione del
Tesoro di alleggerire il calendario di aste di dicembre
(annullate le aste a medio termine di metà mese, mentre quella di fine anno sarà regolata nel 2017) con la
scadenza di un titolo per 15,5 mld che quindi contribuirà a mantenere liquidità in un fine anno con offerta limitata.
Complessivamente, nell’ultima settimana i rendimenti “core” sono saliti (Bund, Bond Usa e Irs rispettivamente a 0,35% - 2,44% e 0,76%) con i Btp che invece
scendono dal 2,12% al 2,03%. Anche gli indicatori del
Eutekne.Info / Martedì, 06 dicembre 2016
costo del funding delle banche italiane (rendimenti
delle obbligazioni bancarie al netto dei tassi Irs, Credit
default swap...) registrano un miglioramento (segui i
tassi su www.aritma.eu).
Ora tutte le attenzioni si concentreranno sulla riunione Bce di giovedì, da cui potrebbero emergere novità
positive a sostegno dei Btp (proroga della scadenza del
QE, revisione dei requisiti della capital key).
Al di là degli eventi politici, la scorsa settimana è stata
caratterizzata da dati favorevoli a un rialzo dei tassi. Si
è infatti chiuso con un accordo per tagliare la produzione di greggio il meeting dei Paesi OPEC. Si tratta del
primo taglio del genere dal 2008. Le quotazioni del
greggio sono balzate e potrebbero aiutare l’inflazione a
riprendersi dai bassi livelli attuali. Il prezzo del petrolio e le parole della nuova amministrazione Usa, che
ha detto di voler provare a emettere oltre i 30 anni per
tamponare l’effetto del rialzo dei tassi, hanno portato
pressione sul tratto a medio lungo delle curve.
Serie di dati favorevoli a un rialzo dei tassi
A ciò si aggiungano i dati Usa migliori delle attese
dell’indice Pmi Chicago, ai massimi da gennaio 2015,
quelli dell’indice Pmi manifatturiero e i dati occupazionali migliori delle attese, con la creazione di 178 mila nuove buste paga e con il tasso di disoccupazione
sceso al 4,6%, minimo da agosto 2007 (minimi storici di
aprile 2000 al 3,8%).
I dati europei sono risultati leggermente superiori alle
attese (Economic sentiment, fiducia delle imprese,
vendite al dettaglio e inflazione flash che a perimetro
annuale sale allo 0,6% tendenziale). Quest’ultimo dato
significa che a livello mensile il rialzo potrebbe essere
dello 0,3% e se, per ipotesi, i prossimi mesi avessimo
variazioni mensili in linea con quelle medie degli ultimi anni, l’inflazione tendenziale salirebbe tra l’1% e
l’1,5%. La forward inflation 5y5y (inflazione attesa a 5
anni tra 5 anni, parametro seguitissimo dalla Bce) è salita da 1,55% a 1,66% nell’ultima settimana (era a 1,34% a
inizio ottobre).
Le evidenze macro (riviste al rialzo le previsione OCSE
su Ue e Usa) stanno sostenendo il rialzo dei tassi, che
quindi dovrebbe continuare tra alti e bassi e al netto di
imprevedibili turbolenze sulle borse.
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LETTERE
STUDIO DUCOLI
Sull’IMU anche informazioni fuorvianti dai Comuni
solo per creare incertezza
Gentilissimo Direttore,
mi permetto di scrivere quanto accade qui a Genova in
relazione alla delibera IMU per il 2016 e alla collegata
modifica del regolamento comunale IMU.
Sul sito del MEF risulta la delibera del Comune di Genova del 12 aprile 2016, pubblicata il 15 giugno 2016,
nonché la modifica al regolamento.
Sul sito del Comune di Genova, all’indirizzo
http://www.comune.genova.it/content/imu-2016-acconto-0, sono riportate informazioni chiaramente
fuorvianti e che dovrebbero essere corrette con tanto
di lettera di scuse del Comune per l’evidente intento di
creare una situazione di incertezza tra i proprietari di
immobili.
Mi riferisco nello specifico alla parte del paragrafo:
“Immobili locati a canone concordato”.
Nell’opuscolo il Comune di Genova limita chiaramente
e in modo tassativo la possibilità di fruire sia dello
sconto al 75% previsto dalla L. 208/2015, sia della propria aliquota ridotta del 7,8 per mille, condizionandola
a un reiterato invio massivo di copia dei contratti –
ancorché già validamente presentati – pena il non riconoscimento degli sconti sopra riportati.
Il riferimento, poi, allo Statuto del contribuente rende
quasi comico lo scritto; evidentemente si sono anche
permessi di “interpretare” ad hoc il tenore letterale
dell’art. 3 comma 2 della L. 212/2000 (per intenderci, la
stessa legge che sinora è stata utilizzata da tutti i “legislatori” per asciugare i pavimenti o per pulirsi le suole
sporche, ma in pochi l’hanno considerata come una
vera e propria legge!).
A fronte di questo opuscolo ho riscontrato – io adesso,
ma altri già a giugno 2016 – ben diversi comportamenti tra i colleghi commercialisti.
Alcuni hanno presentato/spedito “massivamente” e
nuovamente al Comune le copie dei contratti entro il
15 giugno 2016, altri entro il 30 giugno 2016, altri non
hanno fatto nulla di ciò ritenendo questo adempimento come fasullo e falsato dai burocrati.
Trovo interessante come agli sportelli IMU del Comune di Genova in Via Cantore 3 sia stato negato alcun riferimento all’esistenza di quanto sopra e che – anzi –
una funzionaria si sia seccata al punto da ritenere il
collega come un sobillatore di questioni inesistenti.
Ora credo sia giusto dare risalto a questa vicenda e
credo che il Comune dovrebbe riconoscere un proprio
così evidente errore.
Credo anche che il Comune dovrebbe fare pubblica
ammenda, sia sul proprio sito, oscurando l’opuscolo
(fra l’altro privo di un qualsivoglia valore legale in
quanto non allegato ad alcuna delibera pubblicata per
tempo sul sito del MEF), sia su un quotidiano a tiratura
almeno locale con pagina dedicata alla presa di distanza dagli scellerati che hanno pensato di scrivere tali
falsità, salvo le sanzioni disciplinari/economiche da
prendere per gli autori dell’opuscolo.
Paolo Bertamino
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Genova
Direttore Editoriale: Michela DAMASCO
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