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n.145 / 16
29 NOVEMBRE 2016
In Italia è Black
Friday tutto l’anno.
Cioè non è
Black Friday mai
Il Black Friday – si dice – è stato un gran
successo. Ed effettivamente i numeri
confermano questa tesi, almeno per quello
che riguarda l’e-commerce. Amazon Italia
ha piazzato nella sola giornata di venerdì
25 novembre 2016 ben 1,1 milioni di
prodotti, 12 al secondo. Anche ePrice, pur
non rivelando dati assoluti di vendita, ha
confermato che il Black Friday 2016 è stato
il suo giorno record di vendite e di visite
al sito, con un incremento del fatturato
dell’81% rispetto allo stesso evento
dello scorso anno. Al di là dei proclami
e degli innegabili risultati numerici, la
percezione comune è che il Black Friday
sia “sbocciato” anche in Italia, dopo anni
in cui l’abitudine era penetrata dalle
nostre parti solo nelle fasce più “nerd”.
Negli ultimi giorni, infatti, il Black Friday è
entrato nel lessico di fasce di popolazione
sempre più ampie ed è stato utilizzato in
campagne pubblicitarie e promozionali di
tutti i settori, non solo quello tecnologico. I
negozi di elettronica in particolare si sono
impegnati in promozioni ad hoc, in alcuni
casi anche con sconti “orizzontali” su tutti
i prodotti in negozio: chi ha scontato l’IVA,
chi è addirittura arrivato al 25% su tutto
(o quasi).
La sensazione generale, però, è che il
Black Friday (trasformatosi poi in un Black
Weekend lungo) non abbia propriamente
lasciato il segno in termini di promozioni
irresistibili. Certo, il successo commerciale
resta, ma pare più guidato dalla forte pressione pubblicitaria (ovunque si sono visti
messaggi sul Black Friday) che da offerte di
grandissimo richiamo. Alcuni consumatori
hanno anche adombrato qualche comportamento non propriamente ortodosso, come
l’innalzamento dei prezzi (o quantomeno dei
prezzi di riferimento) per far figurare come
più importanti sconti che di fatto erano
esigui rispetto al prezzo corrente. Negli Stati
Uniti, nei negozi fisici (è lì che nasce il Black
Friday) gli sconti sono sempre stati importanti e soprattutto reali; la sensazione di
fare affari è netta e l’impressione suggestiva
è che i negozianti siano disposti per quel
giorno anche a perdere qualche cosa. L’impressione che invece resta ai reduci italiani
del Black Friday 2016 è di aver assistito a un
normale momento promozionale, come tanti
altri durante l’anno, caratterizzato solo da
un grande numero di offerte contemporanee, ma senza effetti straordinari sulla
scontistica.
Il problema principale dell’applicazione del
modello americano alla nostra realtà, almeno
per quello che riguarda l’hi-tech, è che
oramai l’elettronica è sempre in promozione;
così spesso che se non lo è, la gente non
compra, perché sarebbe “da fessi”. Un regime promozionale costante ovviamente non
lascia margini per un Black Friday veramente
d’impatto: non ci sono spazi per scendere
significativamente di prezzo e non ci sono
neppure i soldi accantonati per permettersi
il “botto” promozionale in vero sottocosto.
In Italia è Black Friday tutti i giorni. Il che è
equivale a dire che non è Black Friday mai.
Gianfranco Giardina
MAGAZINE
Alitalia: finalmente
Panasonic ha scoperto La bibbia della CAM
dal 2017 i film a bordo come fare TV LCD
Tutto quello che c’è
saranno in 16:9 08 dal contrasto super 12 da sapere
14
Milan-Inter in 4K: che qualità!
Ma ci vuole un TV almeno da 65”
Milan-Inter è stata la prima partita di campionato in 4K
Immagini di altissima qualità, ma serve un TV grande
06
24
Nella fabbrica Ford dove
la tecnologia aiuta l’uomo
Siamo stati nella fabbrica Ford di Valencia
La tecnologia abbonda ma non sostituisce
l’uomo, lo aiuta a raggiungere l’eccellenza
Android 7 Nougat non è niente male
L’abbiamo provato trasformando in Pixel un
OnePlus 3 con Nougat 7.1. Risultati inaspettati
30
PS4 Pro alle strette: ne vale la pena?
Abbiamo messo alla prova la nuova PS4 Pro
con i giochi Full HD e 4K: ecco come è andata
38
33
Huawei Mate 9, foto
e autonomia al top
41
TCL CityLine S79
55” e 4K a 700 euro
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29 NOVEMBRE 2016
MAGAZINE
MERCATO Il M5S attacca il bando Sillumina, finanziato con i soldi provenienti dalla copia privata
Interrogazione del Movimento 5 Stelle
“SIAE finanzia Sillumina con fondi illegittimi”
M5S critico anche nei confronti dei criteri di scelta della commissione selezionatrice
di Gianfranco GIARDINA
N
uove polemiche sul bando Sillumina con il quale SIAE distribuirà
poco più di 6 milioni di euro prelevati dalla copia privata per finanziare
progetti innovativi e artisti under 35.
Dopo alcune perplessità sollevate da
DDAY.it sulla implicita “appropriazione”
da parte di SIAE dei meriti dell’attività
(finanziata con soldi non suoi) e diverse
critiche sulla tenuta anche normativa dei
bandi (come per esempio l’obbligo di
avere partita IVA per poter sottoporre i
propri progetti culturali), ora arriva un attacco più “istituzionale” dal Movimento 5
Stelle che sta presentando in queste ore
un’interrogazione a firma del portavoce
pentastellato Sergio Battelli.
“Per finanziare il concorso ‘Sillumina’
per giovani e cultura, la Siae, in base a
quanto proposto da un emendamento
alla scorsa legge di Stabilità, userà le
risorse economiche derivanti dall’equo
compenso per copia
privata, sborsate dai
consumatori, dichiarato illegittimo dalla
Corte di Giustizia Ue.
Inoltre i componenti
della
commissione
che dovranno selezionare i progetti sono
nominati dalla stessa Siae e in qualche
modo legati ad essa.
Come farà il Governo
a tutelare gli interessi dei consumatori e a garantire che questa discutibile
selezione risulti davvero a norma?”. Il
portavoce del M5S ricorda anche come
il movimento abbia predisposto una proposta di legge finalizzata all’abolizione
del monopolio SIAE, questione ancora
irrisolta rispetto alle indicazioni europee
che l’Italia sta ancora disattendendo:
“Questo bando, visto che poggia su dei
presupposti così discutibili, è fragile, non
offre alcuna possibilità ai giovani e alla
cultura, che invece meriterebbero più
trasparenza e garanzie, e rappresenta
l’ennesimo strumento di Siae per lavarsi
la faccia dopo essersi accaparrata, illegittimamente i soldi dei consumatori. Insomma, perfettamente in linea con il modus operandi della Siae. Un carrozzone
che il M5S intende fermare fermare grazie ad una propria proposta di legge per
abolirne il monopolio”.
MERCATO Lanciato anche nel nostro Paese il sistema di copertura assicurativa Amazon Protect
Amazon con Protect assicura i tuoi acquisti
Ora i prodotti di tecnologia acquistati si possono assicurare contro danni, guasti e furto
di Gaetano MERO
È

arrivato anche in Italia Amazon
Protect, un sistema di copertura
assicurativa per i prodotti di tecnologia ed elettronica acquistati su
amazon.it. Il servizio, offerto in collaborazione con The Warranty Group, è
disponibile per macchine fotografiche
digitali, tablet, notebook, PC Desktop,
TV e prodotti per l’ufficio e consente ai
clienti di assicurare i propri articoli hitech contro danni accidentali, guasto
e furto. Diverse le opzioni selezionabili
al momento dell’acquisto che sarà possibile aggiungere direttamente con un
click all’interno del carrello.
Per danni accidentali e furto si possono
sottoscrivere fino a 3 anni di copertura
dalla data di consegna del prodotto,
contro i guasti è invece possibile estendere la garanzia standard di due anni,
già prevista dalle leggi vigenti, di ulte-
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riori 3 anni. I vantaggi
di Amazon Protect includono servizi come
la riparazione rapida
o consegna di prodotti in sostituzione a
quelli rotti senza costi
aggiuntivi, e la riparazione a domicilio per
quelli
ingombranti
come TV, stampanti
e monitor. Amazon
Protect, inoltre, copre
i casi di danni da normale usura e consumo e nel caso in cui
la riparazione possa risultare antieconomica, i clienti potranno difatti scegliere
nel momento della richiesta tra una sostituzione diretta o il rimborso del valore
del prodotto sostitutivo in buoni regalo
spendibili su amazon.it.
I costi della polizza variano naturalmente in base al valore del prodotto scelto,
ad esempio per un PC da 2750 euro
a 2899 euro si possono sottoscrivere
2 anni contro furto e danni accidentali
per 184,99 euro. Nel caso si verifichi un
problema sui prodotti assicurati, i clienti possono velocemente ricevere aiuto
grazie ad un processo facile e senza
problemi, ovunque si trovino, essendo
la copertura valida in tutto il mondo.
Vodafone
a gonfie vele
Conti in ordine
e Netflix
lo incorona
miglior Internet
provider italiano
Vodafone fa segnare
buoni risultati economici
nell’ultimo semestre
a cui fanno seguito
una copertura 4G e fibra
sempre più capillare
Netflix ne premia
le performance
nelle ore di punta
di Dario RONZONI
Buone notizie per Vodafone: per
l’operatore telefonico si chiude
un semestre più che positivo. Al
termine di settembre i ricavi da
servizi hanno raggiunto quota
2.619 milioni di euro, per una crescita dell’1,7% rispetto allo stesso
periodo del 2015. La crescita dei
ricavi da mobile (+1,5%) è sostenuta dall’aumento del consumo dati
(+54%) e dal numero di clienti 4G
(7,3 milioni, +3,3 milioni rispetto allo
scorso anno). Bene anche i ricavi
da rete fissa (+2,6% per 428 milioni
di euro) e cresce la copertura della
banda larga, mentre per quanto riguarda il 4G, Vodafone dichiara di
aver raggiunto il 97% della popolazione. La fibra è ora disponibile
in 404 città, per un totale di 10,3
milioni di famiglie raggiunte. Altro
motivo di vanto, Netflix, tramite il
suo ISP Speed Index, ha appena
incoronato Vodafone miglior provider italiano per quanto riguarda
il bitrate medio nelle ore di punta.
L’operatore è risultato il migliore
con 3,46 Mbps, seguito da Fastweb, scavalcata al comando rispetto ai precedenti rilevamenti, e
quindi da Telecom e Wind.
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29 NOVEMBRE 2016
MAGAZINE
MERCATO Si torna a parlare di “diverse italianità” dopo il caso della scuola inglese di un mese fa
Gaffe di AVIS che divide gli italiani in tre tipi
La compagnia di autonoleggio AVIS sul proprio sito UK chiede agli utenti che acquistano
un noleggio la nazionalità, distinguendo tra Italia Continentale, Italia Sardegna e Italia Sicilia
di Gianfranco GIARDINA
AirHelp ha aggiornato
la valutazione delle
migliori compagnie
aeree del mondo
L’italiana Air Dolomiti
seconda in assoluto
Alitalia è 43esima
C
hi si ricorda la polemica infuocata di poco più di un mese fa sulla
scuola inglese che “catalogava” gli
studenti secondo la propria madrelingua,
distinguendo tra italiani, italiani napoletani
e italiani siciliani? Malgrado si trattasse in
larga parte di una mezza notizia enfatizzata dai media, la gaffe internazionale spinse il Foreign Office britannico a chiedere
scusa per questa categorizzazione che,
pur non volendo essere discriminatoria,
finiva per sembrarlo.
Ebbene, ci risiamo, e la strana distinzione
arriva sempre da UK. Questa volta la topica è del colosso dell’autonoleggio AVIS:
infatti, sul sito www.rent-at-avis.com,
basato in Gran Bretagna (ma localizzato
anche in italiano in collaborazione con
Meridiana) in ogni occorrenza della nazionalità si distingue tra Italia Continente,
Italia Sicilia e Italia Sardegna. E se questa distinzione potrebbe anche avere un
senso (ma poi neppure troppo) quando si
deve scegliere la località del noleggio, di
certo lascia perplessi quando invece bisogna indicare la nazionalità del guidatore
e della sua patente. La prima impressione
potrebbe essere infatti quella addirittura
di una differenziazione delle tariffe a seconda che l’autista sia “italiano vero” piuttosto che “siciliano” o “sardo”. La stessa
richiesta viene formulata anche per la nazionalità della patente, che ovviamente,
nel caso degli italiani, è solo una. Il caso è
saltato agli occhi anche in considerazione
del fatto che il sito in questione è quello
a cui si appoggia la compagnia italiana
Meridiana per suggerire agli utenti il noleggio correlato all’acquisto di un biglietto
aereo, servizio utilizzato da molti nostri
connazionali.
Ovviamente la differenziazione delle simil-nazionalità non dà luogo ad alcuna
differenza tariffaria e sembra più una
sbadataggine informatica che una vera e
propria volontà di discriminare gli “isolani”
dai “continentali”. Ma di certo, soprattutto
dopo il caso di un mese fa, la svista fa notizia. Come colpisce anche che un altro
sito parallelo, sempre di AVIS permetta
di perfezionare il noleggio senza scendere in ulteriori dettagli oltre la cittadinanza
“italiana”. Il dato di dettaglio sulla provenienza geografica, evidentemente, non
serve. AVIS, avvisata da noi della strana
distinzione, ha spiegato che non si tratta
di Emanuele VILLA
di discriminazione ma di “un’esigenza
di dialogo con i sistemi informatici dell’azienda”, che però evidentemente questa distinzione la fanno. “Stiamo lavorando – ci hanno assicurato da AVIS – per
ovviare al problema”. Nel momento in cui
scriviamo, pare che l’unica contromisura
sia quella di far rimbalzare le richieste di
chi si dichiara nostro connazionale (in una
qualsiasi delle tre scelte) sul sito italiano
che non fa ovviamente distinzioni. Se invece si noleggia partendo dal sito di Meridiana, si incappa sempre nell’equivoco.
MERCATO Tesla ha formalizzato l’acquisizione di SolarCity, fornitore di servizi ad energia solare
Tesla e SolarCity alimentano un Paradiso terrestre
Tra i progetti che già sono realtà, spicca l’alimentazione ecosostenibile di un’intera isola
di Alvise SALICE
esla scatenata. Dopo aver lanciato
in Europa l’iniziativa Drive To Believe, per promuovere e far provare la
sua formidabile nuova berlina elettrica,
arriva ora direttamente dagli Stati Uniti
l’ultima, spettacolare manovra di livello
corporate: l’azienda automobilistica di
Palo Alto ha infatti annunciato l’acquisizione di SolarCity, grande fornitore di
servizi ad energia solare. Costata 2.6
miliardi di Dollari, l’operazione è stata
così commentata da Elon Musk, presi-

T
torna al sommario
AirHelp valuta
le compagnie
AirDolomiti
in cima, Alitalia
tra le peggiori
dente di Tesla e azionista di SolarCity
con il 20% delle quote: “Agendo come
un’unica compagnia, Tesla e Solar City
riusciranno a creare prodotti residenziali, commerciali e di scala settoriale
completamente integrati, e che sapranno migliorare il modo in cui si genera, si
immagazzina e si consuma energia”.
Il sogno del visionario Musk dipinge
un mondo interamente ecosostenibile,
dove ogni cosa venga alimentata mediante energia pulita. Per iniziare a scalfire quella che oggi sembra pura utopia,
Tesla e SolarCity hanno presentato la
spettacolare struttura di Ta’u: quest’isola delle Samoa Americane è alimentata da un impianto composto da 5.328
pannelli fotovoltaici, che si traducono in
1.4 Megawatt, stoccati in circa 60 Tesla
Powerpack. Una sorta di fantascientifico
Jurassic Park dell’energia solare, dove
quasi il 100% dei suoi “ingranaggi” può
continuare a funzionare fino a 3 giorni in
assenza di sole. Guardate questo video,
alzi la mano chi non vorrebbe trasferirsi
subito.
Il servizio offerto da AirHelp è molto interessante: l’azienda, infatti, è
nata per “aiutare tutti i passeggeri
aerei che si trovano in difficoltà.
Aiutiamo i passeggeri di tutto il
mondo ad ottenere risarcimento in
caso di volo in ritardo, cancellazione o sovraprenotazione”, e questo
permette loro di conoscere il grado di soddisfazione degli utenti
nei confronti delle compagnie
aeree di tutto il mondo. Da qui a
AirHelp Score il passo è stato breve: l’azienda pubblica infatti una
classifica aggiornata che valuta la
compagnie aeree sulla base di tre
criteri base, ovvero la qualità del
servizio, la puntualità e la gestione
dei reclami per voli in ritardo (e per
le cancellazioni, immaginiamo). La
notizia è che, tra le compagnie più
utilizzate da clienti italiani, Air Dolomiti è una vera potenza, classificandosi al secondo posto assoluto
(al n.1 troviamo Qatar Airways) con
un altissimo grado di qualità del
servizio (10/10), ottima puntualità
(8,2/10) e un’elevata valutazione di
efficienza nel processo di reclamo
(7,8/10), non al massimo assoluto
(Austrian Airlines, KLM e Virgin
Atlantic, per esempio, sono sopra)
ma pur sempre elevato. La compagnia di bandiera Alitalia, invece,
arriva in posizione n.43 pagando
soprattutto una qualità del servizio valutata con 6/10, mentre è più
elevata la valutazione degli altri parametri (puntualità 7.3, processo di
reclamo 7.3) ma la media fa comunque segnare un discreto distacco
rispetto ad altri player importanti
di questo mercato come KLM (5°),
Lufthansa (11°) e Austrian (3°).
n.145 / 16
29 NOVEMBRE 2016
MAGAZINE
MERCATO Uno scandalo agita la Corea del Sud e travolge anche il colosso dell’elettronica
Cavalli, sciamani e viagra. Anche Samsung
nello scandalo che agita la Corea del Sud
La sede di Samsung è stata perquisita alla ricerca di prove legate a fusioni sospette
Amazon vuole
estendere il servizio
di biglietteria online
di eventi musicali fuori
dell’Regno Unito, Paese
in cui è già attivo
Pare che l’azienda stia
pensando a un servizio
premium, una sorta
di Prime Ticketing
di Roberto PEZZALI
L’
anno terribile di Samsung non
è ancora finito: dai guai con gli
smartphone che prendono fuoco
si aggiunge ora un problema ancora più
serio che rischia di danneggiare l’immagine della multinazionale, almeno in Corea, più di quanto abbia fatto il Galaxy
Note 7. La storia in cui è finita Samsung
infatti è davvero preoccupante, un intrigo che coinvolge le più alte cariche
dello stato coreano, a partire dalla presidente Park Geun hye. Per capire cosa
è successo è necessario fare un passo
indietro: qualche giorno fa i cittadini coreani sono scesi in piazza per protestare contro la presidente, una protesta feroce che ha portato la leader del partito
democratico a scusarsi più volte davanti alla popolazione senza però riuscire a
placare un clima che resta rovente. Park
Geun hye è infatti accusata di essere la
burattina di Choi Soon-sil, una amica di
famiglia senza alcun ruolo politico ma
capace con le sue pressioni di spostare
capitali, raccogliere finanziamenti e anche far stringere alleanze.
La strana amicizia tra Park Geun hye
e Choi Soon-sil ha radici antiche: Choi
Soon-sil è infatti la figlia del fondatore di
una setta religiosa chiamata la “Chiesa
della vita eterna”, Choi Tae-min, un passato di agente di polizia poi diventato
monaco buddista e infine fervente cattolico. Un personaggio bizzarro, che negli anni ottanta ha avvicinato Park Geun
hye dopo la morte della madre diventando il suo mentore e il suo consigliere
privato, un ruolo che è stato poi passato
secondo l’intelligence coreana alla figlia
fino ai giorni nostri. Qui entrano in gioco
Samsung: sfruttando la sua influenza e
la sua amicizia con l’attuale presidente
in carica Choi Soon-sil, soprannominata “la sciamana”, è riuscita a farsi dare
dalle grosse aziende coreane milioni di
dollari per le sue fondazioni. Samsung,
in particolare, avrebbe versato in una
prima battuta 8 milioni di dollari ad una
fondazione e avrebbe successivamente contribuito con 2.5 milioni di dollari
alla formazione equestre della figlia
della sciamana in Germania. La sede
e gli uffici di Samsung sono stati perquisiti e l’azienda ha confermato il raid
senza commentare, tuttavia pare che
la perquisizione sia legata ad un’altra
questione ben più grave dei 10 milioni
di dollari versati. Sembra infatti che Park
Geun hye e Choi Soon-sil abbiano fatto
pressioni (non si capisce in che modo
ancora) per agevolare e concludere la
fusione tra Cheil Industries e Samsung
C&T, una fusione da 8 miliardi di dollari che nel 2015 era finita alle cronache
dopo il tentativo dei piccoli azionisti di
bloccare il tutto. L’operazione, giudicata da tutti come controproducente, si

La presidente Park Geun hye al centro della crisi.
torna al sommario
Amazon venderà
i biglietti
dei concerti
Minaccia
a Ticketone?
concluse solo grazie all’intervento del
fondo pensionistico nazionale (anche
lui perquisito) e del presidente: un dato
questo emerso negli interrogatori ad
uno dei collaboratori del presidente arrestato nei giorni scorsi.La “sciamana”
al momento è in carcere, e secondo
Park Jugeun, il capo dell’autority che
controlla le grande aziende di famiglia
coreane, nel caso in cui gli inquirenti
dovessero trovare le prove che dimostrano il finanziamento da parte di Samsung delle organizzazioni di Choi Soo-sil
e degli allenamenti a cavallo della figlia
in Europa per l’azienda famosa in tutto il
mondo si prospetterebbero tempi duri,
con gli azionisti di Samsung stessa che
potrebbero anche intraprendere azioni
legali.
Nel frattempo lo scandalo prende anche una piega “hot”: il governo coreano
avrebbe comprato ingenti quantitativi di
Viagra da utilizzare per alleviare i sintomi dell’altitudine durante i recenti viaggi
del presidenziale in Ethiopia, Uganda, e
Kenya. Ma ovviamente non ci crede più
nessuno.
Choi Soon-sil, la “sciamana”, arrestata nei giorni scorsi.
di Emanuele VILLA
Amazon continua nel processo
di espansione: nel Regno Unito, il
gruppo di Bezos ha inaugurato un
anno fa il servizio di vendita di biglietti per eventi musicali e teatrali,
servizio che pare sia andato molto
bene. Ora, secondo Recode, Amazon avrebbe interesse non solo ad
estendere e potenziare il proprio
servizio su diversi mercati (non meglio precisati), ma anche a creare
una sorta di servizio Prime Tickets
che va a sommarsi ai servizi in abbonamento sulle spedizioni gratuite, il video on demand (prossimamente in Italia) e via di seguito. La
fantasia galoppa: si pensa già che
l’abbonamento Prime permetta di
partecipare a un numero definito di
eventi ogni anno, ma per ora non c’è
nulla di ufficiale se non l’intenzione
dell’azienda di creare qualche servizio particolare. Inoltre, si diceva
che Amazon avesse interesse ad
entrare nel mondo dello streaming
sportivo: ecco, magari oltre alle partite in streaming, ci darà anche i biglietti per vedere le stesse dal vivo.
Ma anche qui, stiamo galoppando
con la fantasia. Più concreta, qualora Amazon Ticketing dovesse entrare in Italia, è la concorrenza che
si verrebbe a creare con Ticketone,
che al momento rappresenta il riferimento italiano nel settore nel nostro Paese. La concorrenza con un
colosso come Amazon non potrebbe che avere positive ripercussioni
sulla qualità del servizio e, perchè
no, anche sui prezzi finali.
n.145 / 16
29 NOVEMBRE 2016
MAGAZINE
MERCATO Un report della società di analisi Strategy Analytics fotografa il mercato degli smartphone
Smartphone, Apple è l’unica a guadagnare
Possibile che Apple sia l’unica a realizzare profitti? Abbiamo approfondito la situazione
di Roberto PEZZALI
Amazon introduce
nuove linee-guida
per le recensioni-cliente
Sono state bandite
le “recensioni oneste”
S
martphone, guadagna solo Apple: Strategy Analytics, una delle
migliaia di società di analisi che
orbitano attorno all’immenso mondo del
mobile ha rilasciato nei giorni scorsi il
classico report dove, secondo le stime,
Apple avrebbe calamitato nell’ultimo
trimestre il 91% dei profitti realizzati nel
segmento degli smartphone. La tabella rilasciata dalla società è abbastanza
chiara: dei 9.4 miliardi di dollari che il
mercato mobile ha generato, Apple ne
ha portati a casa 8.5 miliardi, lasciando
agli altri le briciole.
Un dato che stupisce, anche perché non
si riferisce all’indotto dell’intero ecosistema ma solo ed esclusivamente alla vendita dei terminali: servizi, applicazioni,
accessori non rientrano nel calcolo e la
conferma ce l’ha data direttamente Neil
Mawston, Executive Director di Strategy
Analytics.
Dopo la recente “sbandata” di Kantar sulle quote di mercato italiane, dove secondo la società di analisi Huawei avrebbe
passato Samsung, dato assolutamente
sbagliato, ci siamo presi qualche giorno
di Alvise SALICE
per andare a fondo, partendo dai dati di
vendita degli smartphone.
Secondo Gartner, altra società di analisi,
Apple ha venduto nel Q3 43 milioni di
iPhone. Se prendiamo per vero questo
dato per vero e facciamo la semplice
divisione vuol dire che Apple ha guadagnato in media 198$ per ogni iPhone
venduto. Nei dati rilasciati da Strategy
Analytics, Huawei è la seconda, con
“solo” 200 milioni di dollari di profitti: secondo i calcoli, Huawei ha quindi guadagnato in media 7$ per ogni smartphone
venduto. Tutti gli altri, inclusa Samsung,
hanno fatto peggio, e questo ci porta a
chiederci per quale motivo i produttori
dovrebbero continuare a produrre smartphone Android se il loro
margine è così ridicolo. Non
GLOBAL
OPERATING
OPERATING
solo: i produttori di smarSMARTPHONE
PROFIT
PROFIT SHARE
tphone Android non guadaPROFIT BY VENDOR (US$, BILLIONS)
(%)
gnano neppure con l’ecosiApple
8,5
91 %
stema, quindi se prendiamo
da una parte le vendite di
Huawei
0,2
2,4 %
terminali e dall’altra i ridicoli
Vivo
0,2
2,2 %
profitti sembra quasi che
Samsung, Huawei e tutti
OPPO
0,2
2,2 %
gli altri siano solo schiavi al
Others
0,2
2,2 %
servizio di Google, che paradossalmente guadagna
TOTAL
9,4
100 %
più di loro per ogni terminaLa tabella rilasciata da Strategy Analytics.
le venduto.
VENDOR
3Q16 UNITS
3Q16 MARKET
SHARE (%)
3Q15 UNITS
3Q15 MARKET
SHARE (%)
SAMSUNG
71,733.5
19,2
83,586.7
23.6
APPLE
43,000.7
11,5
46,062.0
13.0
HUAWEI
32,489.5
8,7
27,412.7
7.7
OPPO
24,936.6
6,7
11,868.6
3.4
BBK
19,878.9
5,3
10,437.4
2.9
OTHERS
181,253.3
48,6
174,812.8
49.4
TOTAL
373,292.5
100.0
354,180.2
100.0

In questa tabella i dati ufficiali di vendita degli smartphone.
torna al sommario
Amazon
cancellerà
le recensioni
sospette
Abbiamo condiviso i dati con Neil
Mawston, Executive Director di Strategy Analytics, che ci ha confermato la
bontà della loro analisi affermando che
senza dubbio “Apple prende quasi ogni
singolo dollaro di profitto nel mercato
degli smartphone globale di oggi”. E lo
fa perché “Apple ha i prezzi più alti per
i suoi smartphone e mantiene i costi di
produzione al minimo grazie all’outsourcing verso aziende a basso costo come
Foxconn. Apple ha inoltre un controllo
del prezzo, della logistica e dei costi
dei componenti tra i migliori del settore
smartphone e elettronica, forse il migliore in tutto il pianeta in qualsiasi settore.”
Mawston chiarisce anche che Strategy
Analytics calcola il profitto togliendo dall’utile lordo totale i costi operativi prima
delle imposte, per evitare di falsare i dati
con i differenti regimi fiscali.
A questo punto chiediamo a Mawston
perché allora, secondo lui, i produttori
di smartphone continuano a produrli se
il loro guadagno è praticamente nullo,
e fermo sulle sua convinzioni il manager conferma che su 1.000 produttori
di smartphone Android al mondo, sono
meno di 50 quelli che non perdono soldi.
Inoltre i brand cinesi come Huawei, che
ora è al secondo posto, sono più interessati alla crescita e alla quota di mercato
che al guadagno: l’importante è essere
tra i primi, anche a costo di perdere soldi. L’assenza di Samsung è in ogni caso
particolare, ma Mawston chiarisce che
Samsung è caduta dal secondo posto
al nono posto a causa del Galaxy Note
7: dai profitti fatti con il Galaxy S7 e gli
altri modelli la società di analisi ha infatti
tolto i 2 miliardi di dollari di “spese” necessarie per il richiamo e la gestione del
prodotto che, come tutti sanno, ha preso
“fuoco”. Sarà davvero così? Il dubbio in
ogni caso resta: se non si calcolano servizi e accessori, a nostro avviso il divario tra Apple e gli altri è troppo ampio.
4.36 stelle contro 4.74 (su 5): è la
differenza riscontrata fra la mediavoto delle “recensioni indipendenti”, ossia quelle susseguenti ad un
regolare acquisto, e le cosiddette
“recensioni oneste”, che alcuni negozianti erano soliti richiedere all’atto di regalare un prodotto all’utente. Varando nuove linee-guida,
Amazon ha categoricamente vietato quelle che ora definisce “recensioni a pagamento”, bandite al pari
delle recensioni promozionali (ossia le opinioni dello stesso produttore, autore o venditore, proibite
da sempre). Stando ad una recente
indagine eseguita da ReviewMeta,
analizzando 65 milioni di recensioni su 32.060 prodotti complessivi,
è emerso che Amazon negli Stati
Uniti ha già cancellato 500.000
recensioni: il 71% erano manifestamente “a pagamento”, il restante
29% esibivano un voto sospettosamente sproporzionato rispetto alle
altre opinioni pubblicate su di un
dato oggetto. In base alle statistiche pubblicate dall’azienda, questo duplice intervento dovrebbe
migliorare la trasparenza valutativa
in cui tutti i clienti confidano mentre
scelgono se acquistare o meno un
oggetto, basandosi sulle opinioni
di altri acquirenti. Tuttavia, nella
pratica non si può dire che Amazon abbia già risolto totalmente il
problema. Negoziante ed utente
potranno ancora accordarsi per
scambiare un bene in regalo con
una recensione “onesta/a pagamento”: gli basterà farlo in modo
occulto. Il primo, decisivo passo è
stato compiuto, ma ne restano altri
da fare prima che si possa considerare effettivamente estirpata la piaga delle “recensioni a pagamento”,
un doping che inquina il mercato
online in ogni settore.
n.145 / 16
29 NOVEMBRE 2016
MAGAZINE
ENTERTAINMENT Il 4K ha debuttato in Serie A: Milan-Inter del 20 novembre è stata la prima partita di campionato in UltraHD
Milan-Inter in 4K: immagini davvero splendide
Ma serve un TV con uno schermo molto grande
Immagini di altissima qualità e dettaglio, ma per apprezzarle al meglio serve almeno un 65” e distanze di visione ridotte
O
di Gianfranco GIARDINA
re 20:45 del 20 novembre 2016: il 4K ha debuttato in Serie A, sul canale 391 del digitale
terrestre, Premium Sport 4K. E non ci poteva
essere occasione migliore: questo Milan-Inter è stato
probabilmente il derby che più di tutti aveva bisogno
dell’UltraHD, visto che le due squadre sono scese in
campo con magliette molto, troppo simili. Totalmente
indistinguibili per gli spettatori in standard definition:
solo i pantaloncini (bianchi quelli dell’Inter, neri quelli
del Milan) hanno permesso di capirci qualcosa. In 4K
è andata meglio: l’ultra risoluzione ha reso leggibili le strisce colorate delle magliette di Milan e Inter,
anche se certamente l’assenza di forti contrasti tra le
due divise non ha permesso di godere di un chiaro
colpo d’occhio.
L’avevamo già visto alla finale di Champions e nelle
7 partite dei Campionati Europei: il 4K nel calcio funziona e bene, a patto ovviamente di avere un grande
schermo e non essere troppo lontani. Per grande
schermo – lo chiariamo – oramai intendiamo almeno
un 65”: il 55”, a meno di non guardarlo da un metro
di distanza, non dà un vero valore aggiunto.
Dettagli perfetti e movimenti fluidi
Veniamo alle immagini: la qualità è molto alta, anche
sui movimenti rapidi di camera, che ovviamente fan-
no perdere un po’ di dettaglio, ma che non disturbano. Il TV 4K sul quale lo guardiamo (un Samsung
KS9500 da 65”) sembra proprio dare il massimo di
sé in questo contesto. Le immagini sono dettagliatissime, malgrado la resa leggermente slavata, effetto
congiunto della ripresa in notturno e di un pochino di
foschia enfatizzata dai riflettori.
L’inquadratura principale era quantomeno inconsueta, rispetto a quanto siamo abituati di vedere da San
Siro: infatti la telecamera 1 è stata posta al secondo
anello (e non come succede abitualmente al primo);
la ripresa della versione HD è invece stata fatta dalla posizione più bassa. In realtà, ai più attenti non
sarà sfuggito che anche la finale di Champions (sia
la versione 4K che quella HD) era stata ripresa dal
secondo anello.
Le immagini del dettaglio
Il gruppetto di bambini a centrocampo è perfettamente leggibile in ogni suo componente, malgrado si tratti di un piccolo dettaglio nel quadro
molto largo.
L’uomo sandwich che fa pubblicità all’intervallo
è molto ben visibile e a occhio nudo si vede bene
la scritta “RADIO”, malgrado sia davvero molto
piccola.

Inquadratura totale dello stadio
Nella sequenza di foto che pubblichiamo si può avere un’idea del dettaglio raggiunto dalla trasmissione.
La fotografia ravvicinata enfatizza i singoli pixel e i
gap tra di essi, ma in realtà l’occhio “integra” queste
torna al sommario
informazioni in una visione di grande dettaglio.
Il dettaglio non si discute. Si discute forse di più la
possibilità che alcuni schermi 4k siano troppo piccoli rispetto alla distanza di visione: nel nostro setup
il 65” ha offerto una visione confortevole e di gran
dettaglio anche a poco più di un metro di distanza
di visione, una situazione certamente inconsueta per
le case italiane. Per il momento le trasmissioni in 4K
non hanno una codifica HDR: quando questo accadrà (probabilmente nel corso del 2017), il 4K avrà un
motivo di esistere in più, anche per coloro che non
hanno un rapporto tra dimensione schermo e distanza di visione super-generoso.
Fino ad allora, il maggior limite di una partita in 4K
sarà proprio lo schermo a casa degli spettatori,
probabilmente troppo piccolo. La regia in 4K deve
essere diversa da quella standard: le inquadrature
diventano più larghe perché, malgrado ciò, ho tutto
il dettaglio che serve e perché si presuppone che la
segue a pagina 07 
Gli striscioni disposti a bordo campo ci possono
dare un’idea molto percisa della nitidezza e della
eccezionale defizione raggiunta dalle immagini
riprese in 4K.
n.145 / 16
29 NOVEMBRE 2016
MAGAZINE
MERCATO QD Vision è una delle aziende più importanti nello studio della tecnologia quantum dots
Samsung ha acquisito anche QD Vision
Mira ad avere l’esclusiva dei TV del futuro
L’aquisizione è una mossa strategica piuttosto che pratica: a Samsung interessano i brevetti
di Roberto PEZZALI
C
on un colpo neppure troppo
a sorpresa Samsung mette le
mani su QD Vision, una delle più
grosse aziende al lavoro sui Quantum
Dots. Fondata nel 2004 da un gruppo
di ricercatori del MIT, QD Vision ha già
lavorato con Samsung in precedenza,
ed è l’azienda che al momento fornisce
i materiali dei base per i filtri da usare
nei TV SUHD dell’azienda coreana. Un
affare da 70 milioni di dollari, noccioline dopo gli 8 miliardi spesi per Harman
ma altrettanto importanti se si guarda
al futuro: Samsung ha deciso di non
seguire la strada degli OLED e sta puntando tutto sui micro LED, display inorganici self emitting per i quali i Quantum Dots sono fondamentali.
Al momento si stima che Samsung possa iniziare la mass production dei nuovi
TV entro il 2018, e l’acquisizione di QD
Vision non cambierà ci certo i piani.
A dispetto di quanto si possa pensare,
infatti Samsung già da tempo lavora
con l’azienda americana, e questa acquisizione più che alle tecnologie (a cui
Samsung già accede da tempo) mira
ad acquisire i brevetti e tutto quello
che sta dietro una delle più incredibili
tecnologie mai viste per uno schermo.
Samsung portandosi in casa tutti i segreti e i brevetti di QD Vision si assicura l’esclusiva di quella che tra tutte le
tecnologie è la più promettente e allo
stesso tempo impedisce ai suoi competitor di utilizzare lo stesso fornitore.
Oggi QD Vision fornisce filtri quantum
anche ad altre aziende di TV come
TCL, HiSense e Sony: con QD Vision in
mano a Samsung questi ultimi saranno
costrutti a guardarsi altrove.
MERCATO
Microsoft
entra nella
Linux
Foundation
Sembrano passati secoli da quando
Steve Ballmer definiva Linux un
cancro. Era il 2001 e il non ancora CEO
di Microsoft, rendeva fin troppo chiara
l’opinione dei vertici di Redmond nei
confronti del sempre più attivo movimento open source. Ora Microsoft, con
Satya Nadella alla guida, fa dietrofront
ed entra ufficialmente nella Linux
Foundation come platinum member.
Una decisione importante, magari non
del tutto sorprendente considerando
che la principale novità dello scorso
Build è stata l’integrazione della bash
di Linux all’interno di Windows 10,
ma pur sempre notevole. Alla luce di
questi cambiamenti, l’entrata nella
Linux Foundation si tradurrà in una
maggiore collaborazione tra Microsoft
e la comunità open source, col fine
ultimo di offrire servizi mobile e cloud a
un numero sempre maggiore di utenti.
Lungi dall’apparire una semplice
azione filantropica (la membership
platinum richiede un fee di 500.000
dollari all’anno), la mossa sembra
dettata dagli interessi di Microsoft
nello sviluppo di Linux, in special modo
pensando all’importanza di Azure nei
piani a lungo termine dell’azienda.
ENTERTAINMENT
Milan-Inter in 4K
segue Da pagina 06 

visione sia più ravvicinata. Vedere una sequenza di
inquadrature strette (come accade spesso in HD) su
un 65” a due metri di distanza diventa fastidioso.
Chi però vede il 4K magari su un 55” magari da 4
metri non potrà che esserne deluso: nessun dettaglio percepito in più rispetto all’HD e inquadrature
meno “ficcanti”. Ma il baco non è nel 4K ma nell’illusione che si potesse avere qualche vantaggio con
questa tecnologia a distanze di visione pari a 3-4
volte la diagonale.
La messa in onda è andata molto bene dal punto di
vista tecnico, senza alcun problema (se si eccettuano un paio di ralenti leggermente “zoppicanti”) e il
commento di Pardo e Sacchi è stato a nostro avviso
addirittura migliore di quello principale mandato in
onda sui canali HD e SD. Le diverse modalità di encoding e messa in onda hanno però evidenziato un
discreto ritardo del canale 4K, cosa non ottimale per
torna al sommario
il calcio, soprattutto in altre stagioni in cui le finestre
aperte fanno rischiare lo “spoiler” dei gol in arrivo.
Il derby in 4K è un regalo di Samsung
Va detto che il derby della Madonnina in 4K è un regalo di Samsung: Mediaset Premium ha i diritti per tra-
smettere le partite di campionato in 4K e la Lega darebbe volentieri la disponibilità a produrre un match a
giornata, che però costerebbe non poco a Mediaset.
Questa volta lo sponsor è stato Samsung, appunto, i
cui spot sono stati gli unici (salvo i promo Mediaset)
visti prima e dopo la partita, oltre che nell’intervallo.
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29 NOVEMBRE 2016
MAGAZINE
ENTERTAINMENT Da tempo arrivano a DDAY.it le segnalazioni di diversi passeggeri Alitalia che lamentano film tagliati in 4:3
Alitalia, dal 2017 i film a bordo saranno in 16:9
Con il passaggio della maggioranza dei velivoli al widescreen, nel 2017 verranno acquistati i master dei film in formato 16:9
C
di Franco AQUINI
hi ha viaggiato negli ultimi anni con Alitalia su
voli a lungo raggio avrà avuto modo di vivere
un esperienza ai confini del tempo. Il sistema
di intrattenimento a bordo, pensato per intrattenere
i viaggiatori durante le lunghe tratte intercontinentali,
propone ancora oggi film nati in 16:9 (se non addirittura in cinemascope) e rimasterizzati appositamente
in 4:3 con la classica (e oramai desueta) mutilazione
pan&scan. Uno scempio che però - come abbiamo
scoperto in esclusiva - sta per finire. Ma andiamo per
gradi.
Un solo master per tutti gli aerei
codificato in MPEG1
Immaginate film di primo livello, ricchi di effetti speciali
e scene mozzafiato mutilati di buona parte del fotogramma e mostrati sullo schermo 16:9 con due bande
nere laterali. La prima domanda che ci si pone è semplicemente: perché?
La cosa è ancor più fastidiosa in considerazione del
fatto che su molti aeromobili Alitalia lo schermo del
sistema di in-flight entertainment è appunto 16:9.
Un vero peccato, perché la selezione di film è quasi
sempre ampia e con titoli recenti e - artisticamente
- di buona qualità. Il volo diventa così un momento
ideale per dedicarsi alla visione di film e recuperare
magari qualche titolo che ci si è persi al cinema. Un
piacere che viene in gran parte smorzato dall’opera
di rimasterizzazione che Alitalia commissiona alle
società che forniscono i contenuti e che impone all’utente uno spiacevole balzo indietro nel tempo.
L’avviso mostrato all’inizio della visione parla chiaro:
“I contenuti sono stati modificati per essere adattati al
dispositivo”. Almeno fosse - viene da pensare - dato
che lo schermo - almeno quello che molti viaggiatori si
trovano davanti - è un 16:9, mentre il film viene drammaticamente tagliato in 4:3. Inoltre, va anche citata la
codifica oramai sorpassata: i film sui voli Alitalia, almeno secondo quanto comunicatoci dalla società, sono
ancora codificati in MPEG1: la codifica poco efficiente,
unita al bitrate e alla risoluzione decisamente bassi,
genera i “quadrettoni” che caratterizzano l’immagine,
soprattutto sugli sfondi, cosa che ricorda più il mondo
di Minecraft che Hollywood.
Privilegiato il 4:3 per “difendere”
il maggior numero di aeromobili
La codifica è ancora MPEG1
Ci siamo mossi per cercare di capirne di più su questa
- almeno apparente - assurdità. Tanto più che tutte le
principali linee aeree europee (come Lufthansa e British Airways) sono da tempo passate ai master widescreen. Gli aeromobili a lunga percorrenza di Alitalia,
quelli che sono equipaggiati con un sistema digitale di
intrattenimento in volo, sono 24 (25 a breve con l’introduzione di un nuovo Boeing 777). Di questi, fino a pochi
mesi fa la maggioranza disponeva appunto di schermi
4:3. Tra le soluzioni possibili per ovviare a questa situazione c’era la possibilità di mostrare un contenuto nel
formato 16:9 corretto (o più corretto) con le bande nere
sopra e sotto (il classico letterbox) oppure il pan&scan
a schermo 4:3 intero. Oggettivamente, fare letterbox
su un display molto piccolo e a una risoluzione molto
bassa, avrebbe portato a una dimensione utile e a una
qualità dell’immagine decisamente ridotta. Per questo
motivo Alitalia ha deciso - almeno fino ad oggi - di ri-

In questo esempio ecco
come un film in widescreen
viene visualizzato su display
4:3 e su display 16:9 a
seconda della scelta che
viene fatta per il formato
del master. Ovviamente con
il master in 4:3 una parte
rilevante del fotogramma
viene persa. In questa scena
in particolare la parte persa
è poco significativa, ma
normalmente può anche
portare a tagli di soggetti
importanti.
torna al sommario
correre al master pan&scan tagliato ai lati. Purtroppo
- ci hanno spiegato da Alitalia - è impossibile acquistare
due master diversi per ogni film perché questo avrebbe di fatto raddoppiato i costi, cosa non certo intuitiva
ma che non abbiamo elementi per smentire. Di fatto,
così facendo, Alitalia ha penalizzato i velivoli meglio attrezzati e i loro passeggeri, propinando film mutilati in
pillarbox su schermi 16:9.
Dal 2017 solo master in 16:9
Almeno si spera.
La situazione potrebbe però cambiare presto. Infatti,
tutto il parco aeromobili a lungo raggio di Alitalia sta
da mesi subendo il cosiddetto “refitting”, una ristrutturazione in piena regola che prevede la sostituzione di
tutti gli interni, sistema di entertainment compreso. A
questo punto i mezzi con i nuovi sistemi con schermi
16:9 sono diventati 14, contro i 10 non ancora adeguati
(ma che saranno rimodernati nei prossimi mesi). Per
questo motivo - secondo quanto comunicatoci da Alitalia stessa - dall’anno nuovo, anzi forse già dal mese
di dicembre di quest’anno, gli acquisti dei nuovi master saranno fatti in 16:9, andando finalmente a massimizzare la qualità percepita dalla maggioranza dei
viaggiatori Alitalia. Un altro effetto della novità annunciata sarà anche il passaggio alla codifica MPEG4 che,
a parità di bitrate, dovrebbe drasticamente migliorare
non poco la qualità di immagine. La decisione dovrebbe avere effetti quasi immediati: i diritti dei film per il
mondo aeronautico vengono acquistati normalmente
per periodi di due mesi. Al più tardi a marzo 2017 sui
voli Alitalia dovrebbero esserci solo film in formato
16:9. Ci rallegriamo della novità e prendiamo nota dell’impegno di Alitalia per verificare nei prossimi mesi
quanto verrà effettivamente fatto. Resta il dubbio su
che cosa accadrà sulle macchine non ancora aggiornate al 16:9: siamo sicuri che anche il vecchio sistema
di bordo sia in grado di decodificare stream MPEG4?
Oppure, solo per questi aerei verrà mantenuto il vecchio master 4:3? Se sarà così, allora resta da chiedersi
perché il passaggio al 16:9 non sia stato deciso prima,
per esempio prima della nostra segnalazione. Ma questo, probabilmente, non lo sapremo mai.
n.145 / 16
29 NOVEMBRE 2016
MAGAZINE
ENTERTAINMENT Infinity scommette su 4K e HDR, si parte con 23 film dalla library Warner
Infinity al via con i primi 23 film 4K HDR
I primi tre mesi solo con i TV Samsung
Per tre mesi l’HDR sarà un’esclusiva Samsung, poi arriverà anche su TV LG, Sony e Hisense
S

Netflix finalmente
abilita l’uso dei PC
come sorgente
per i video in 4K
Le limitazioni imposte
sono pero rigidissime,
processore Kaby Lake
e browser Edge
di Gianfranco GIARDINA
e ne parla addirittura dallo scorso luglio e di fatto DDAY.it aveva
anticipato la notizia già a ottobre. Ora è ufficiale: l’era del 4K HDR
è iniziata anche su Infinity. Infatti, già
sono stati caricati sulla piattaforma i
primi film Ultra HD a gamma dinamica estesa e presto saranno disponibili
i primi 23 titoli, tutti tratti dalla library
Warner. Al momento, però, solo gli
utenti di TV Samsung saranno in grado
di vedere questi contenuti, radunati in
un’apposita sezione del catalogo: i film
4K HDR su Infinity infatti per tre mesi
saranno un’esclusiva per i clienti Samsung; trascorso questo periodo (e quindi presumibilmente a partire da metà
febbraio) tutti gli abbonati Inifnity con
TV 4K HDR saranno in grado di accedere a questa sotto-library, man mano
che i client aggiornati saranno disponibili sui diversi device. Non è una cosa
nuova: già lo scorso anno, i primissimi
film 4K su Infinity (allora non HDR) furono concessi in esclusiva a Samsung,
prima di diventare accessibili a tutti gli
abbonati. Ora è il turno dei film HDR.
Infinity è già al lavoro con altri produttori
per attivare la futura compatibilità HDR:
tra i TV sono in dirittura d’arrivo (comunque dopo la scadenza dell’esclusiva
Samsung) anche LG, Sony e Hisense;
sul fronte console, il team tecnico sta
lavorando su PS4 Pro, mentre per XBox
One S i tempi sembrano un po’ più lunghi. “Le maggiori difficoltà – ci spiegano da Infnity – le troviamo nel ottenere
dalle major tutte le autorizzazioni e a
implementare tutti i livelli di sicurezza
che ci richiedono”.
I film sono codificati in HDR 10 e sono disponibili – cosa molto importante – anche in risoluzioni ridotte per favorire chi,
per motivi di banda, si deve accontentare di uno stream ridotto: infatti già a
720p si potrà fruire delle codifiche HDR,
oltre che a 1080 e ovviamente a 2160
linee, il cui flusso arriva 15 mbit/sec.
Abbiamo avuto modo di vedere in anteprima qualche porzione dei film HDR
disponibili con un TV Samsung HDR
(non Full LED) da 55” e dobbiamo dire
che la qualità ci è parsa ottima: malgrado fossimo a poco più di un metro di di-
torna al sommario
Netflix
in 4K su PC
Ma i modelli
compatibili
sono pochissimi
di Roberto PEZZALI
stanza non abbiamo
percepito particolari
artefatti e anzi la visione è parsa assai
godibile; Il contributo dell’HDR è stato
immediatamente
chiaro,
soprattutto nelle scene più
contrastate. Non c’è
dubbio che, rispetto
a una visione convenzionale, il salto di qualità permesso
dall’HDR sia notevole, decisamente più
alto a quello ottenibile con il semplice
passaggio dalla risoluzione Full HD a
quella 4K, anche in considerazione dei
rapporti più comuni nelle case italiane
tra dimensione schermo e distanza di
visione.
I 23 film HDR interessati dall’operazione sono i seguenti (ci sono state alcune
new entry e qualche modifica rispetto
alla prima lista diramata precedentemente):
The Gallows
Vacation - Come ti rovino le vacanze
Mad Max: Fury Road
Entourage
Goodfellas - Quei bravi ragazzi
The Intern - Lo stagista inaspettato
Annabelle
Conjuring
Pan – Viaggio sull’isola che non c’è
Heart Of The Sea – Le origini di Moby
Dick
How to be single - Single ma non troppo
Batman v Superman: Dawn of Justice
Pacific Rim
Me before you - Io prima di te
I’m Legend - Io sono legenda
Argo
The Legend of Tarzan
Suicide Squad
The Hangover - Una notte da leoni 1
The Hangover - Una notte da leoni 2
The Hangover - Una notte da leoni 3
War dogs
The Town
Si tratta di titoli in alcuni casi molto recenti (come per esempio nel caso di
Pan e Mad Max: Fury Road) praticamente ancora nella finestra di pay TV, arrivati su Infinity con un timing decisamente
inconsueto per una piattaforma di Subscription Video on Demand. Altri titoli
verranno via via introdotti, pescando
anche al di fuori della pur ricca library
Warner. Grazie alla promozione Samsung DreamPack preanatalizia, chi acquista un TV Samsung KU (da 6300 in
su) o KS avrà in regalo, tra le altre cose,
un anno di abbonamento a Infinity con,
ovviamente, anche i contenuti HDR.
Anche questo è un tassello nel mosaico
dei contenuti 4K HDR che inizia finalmente a formarsi: una buona ragione
anche per i più scettici per iniziare a
guardarsi in giro e considerare l’acquisto di un nuovo TV HDR.
Finalmente arriva Netflix in 4K
su PC, meglio tardi che mai si
potrebbe dire. In realtà il “parto”
della nuova applicazione per Windows non è stato dei più semplici,
perché per il timore della pirateria
Netflix ha richiesto che venissero
adottate tutte le soluzioni possibili
per proteggere lo stream in uscita dalla scheda video. Il risultato
è un prodotto che funziona, ma
che in pochissimi potranno utilizzare: Netflix infatti richiede non
solo l’utilizzo del browser Edge di
Microsoft, ma anche un processore Intel di ultima generazione, ovvero una CPU Kaby Lake. AMD è
tagliata fuori, così come il 99% dei
PC sul mercato: ad oggi i prodotti
con a bordo Kaby Lake si contano sulle dita di una mano, anche
perché Intel ha distribuito al momento solo alcune versioni del
processore. Difficile capire quale
sia la motivazione dietro la richiesta di una cpu Kaby Lake: il processore Intel sotto il profilo video
è dotato di decodifica HEVC a 10
bit, ma anche i prodotti della precedente generazione se dotati di
una buona scheda video possono
gestire una decodifica 4K HEVC
senza problemi. La possibilità di
fruire di Netflix in 4K usando un
PC come player sembra in ogni
caso un “plus” non troppo utile:
quasi tutti i TV 4K sono dotati
di app per smart TV, e la nuova
Chromecast Ultra è decisamente
più flessibile e pratica di un intero
PC collegato ad un eventuale monitor o proiettore.
n.145 / 16
29 NOVEMBRE 2016
MAGAZINE
ENTERTAINMENT Gli indizi diventano certezze: Amazon Video sbarca in Italia e altri 200 Paesi
Amazon Video debutta in Italia a dicembre
Con le conferme da parte dei conduttori di The Grand Tour e gli uomini di Amazon in giro
per l’Italia a rastrellare diritti, oramai siamo in attesa solo della comunicazione ufficiale
Arriva su TivùSat
la nuova versione
in HD del canale
allnews europeo,
portando a 15 il numero
dei canali HD presenti
nella piattaforma
sulle 75 televisioni
complessivamente
disponibili
di Gianfranco GIARDINA
G
ià nello scorso settembre DDAY.it
aveva raccolto alcune indiscrezioni secondo le quali la macchina
di Amazon Video, il servizio di Subscription Video On Demand che si candida
ad essere il principale concorrente di
Netflix, si era messa in moto anche in
Italia: i produttori di Smart TV impegnati ad integrare il client sui propri apparecchi e gli uomini di Bezos in cerca di
diritti. Ora è il tempo delle conferme: le
indiscrezioni hanno lasciato spazio a ragionevoli certezze quando nelle scorse
ore è stato diffuso in video dai conduttori di The Grand Tour (gli ex Top Gear,
per intenderci) in cui viene annunciato
l’arrivo “globale” di Amazon Video e con
esso della trasmissione che è esclusiva
di Amazon. In questo video, i tre conduttori confermano che entro dicembre Amazon Video sarà disponibile in
200 Paesi, un numero che di certo non
può escludere l’Italia. Ma ci sono altre
tracce che svelano il prossimo arrivo di
Amazon: DDAY.it infatti è venuta a sapere che una delegazione dell’azienda,
proveniente dalla Germania, è attesa a
Milano per concludere l’acquisizione di
alcuni diritti locali, il che lascia pensare
che lo sbarco in Italia sia oramai prossimo. Amazon, contattata da DDAY.it a
riguardo, si è limitata a non commentare
le indiscrezioni dando appuntamento
“a presto” per aggiornamenti: un apparente no comment dietro il quale si cela,
praticamente, una tacita ammissione. La
pausa natalizia sarà quindi l’occasione
ideale per attivare il periodo di prova e
vedere se Amazon Video può veramente competere, come piattaforma e come
catalogo, con Netflix e compagni.
ENTERTAINMENT Le new entry del mese di dicembre addobbano il palinsesto natalizio di Netflix
Tutti i regali di Natale in arrivo da Netflix
I temi della festa più amata la fanno da padrone, ma non mancano i contenuti originali
di Michele LEPORI
el mese dei regali Netflix non si
tira indietro e sforna per i suoi
abbonati un’offerta a tutto Natale.
Ce n’è davvero per tutti i gusti: dal primo dicembre troveremo disponibile sulla
piattaforma Miracolo sulla 34a strada:
il remake del film omonimo del ‘47 è
uno dei pilastri dei palinsesti televisivi
di dicembre. Sullo stesso filone anche
il pluripremiato La neve nel cuore con
Sarah Jessica Parker, Diane Keaton,
Craig Nelson e Rachel McAdams. Davanti alla TV illuminata dall’intermittenza
delle luci sull’albero ci sono però anche
tanti bambini in attesa della festa più
bella dell’anno: a loro Netflix dedica una
sequenza incredibile di prime visioni a
tema ed imperdibili evergreen. Si parte
con la prima stagione di Trollhunters, la
serie TV animata a firma DreamWorks
e Guillermo del Toro che conquisterà i
più piccoli con eroi valorosi, avventure
leggendarie e mostri terribili: in onda dal
23 dicembre. L’eterna Cenerentola non

N
torna al sommario
Con Euronews
English HD
TivùSat arriva
a quota 75 canali
mancherà di conquistare il giovanissimo pubblico femminile mentre per chi
non teme i prodotti serializzati arriverà
la prima stagione de L’ispettore gadget,
The Deep e la quinta stagione degli intramontabili Little Pony.
Per le mamme e i papà che invece cercano emozioni e suspence anche a Natale, il palinsesto sarà foriero di grosse
novità: la serie completa (stagioni 1-6)
dell’osannato drama The Good Wife
per chi è in cerca della maratona definitiva anche durante le feste, mentre i
famosi “originals” della streaming TV
più famosa al mondo vedranno gli ingressi del political drama Fauda basato
su un format mediorientale sulla guerra
israelo-palestinese, la nuova dramedy a
tinte sovrannaturali Dirk Gently’s Holistic
Detective Agency basata sul romanzo
omonimo e con un ritrovato Elijiah Wood
e la prima stagione di Van Helsing.
di Roberto FAGGIANO
Buone novità sulla piattaforma di TV
satellitare TivùSat: da poco è stata
inserita alla posizione 160 la nota
emittente Euronews nella nuova
versione in alta definizione denominata Euronews English HD. La nuova variante del canale europeo
dedicato alle notizie è diffusa nella
sola lingua inglese, contrariamente
alla versione standard che ha pure
il commento in italiano.
Con il nuovo arrivo TivùSat tocca
il traguardo delle 75 emittenti televisive, delle quali 15 in alta definizione. A queste vanno aggiunti tre
canali Ultra HD 4K: quello della Rai
al numero 210, che viene acceso
solo quando ci sono trasmissioni in
quel formato e gli altri canali in 4K;
al numero 200 troviamo il canale
Hot Bird 4K e - altra nuova entrata il canale Hot Bird 4K HDR al numero 211. Inoltre si possono ascoltare
32 emittenti radiofoniche e accedere, alla posizione 100, ai servizi
On Demand di TivùOn. Ricordiamo
che per accedere alla piattaforma
TivùSat non servono abbonamenti
e pagamenti, per vedere i contenuti trasmessi dai satellite Hot Bird
di Eutelsat è sufficiente dotarsi di
una tessera Tivùsat per la cam da
inserire nel tv o un ricevitore sat
da collegare al TV.
n.145 / 16
29 NOVEMBRE 2016
MAGAZINE
TV E VIDEO Panasonic ha presentato una nuova tecnologia per pannelli LCD capaci di raggiungere le prestazioni degli OLED
Panasonic ha scoperto come fare TV LCD dal contrasto super
Con pixel controllati singolarmente e un nuovo tipo di cella a cristalli liquidi si raggiunge un contrasto di 1.000.000:1
P
di Roberto PEZZALI
anasonic ha scoperto come realizzare pannelli LCD con tecnologia
IPS dotati di un contrasto nativo di
1.000.000:1, un valore superiore di 600
volte rispetto a quello di un pannello tradizionale e con prestazioni paragonabili a
quelle di un OLED. Un vero record, tanto
che Panasonic ha già pensato di distribuire questo tipo di pannelli per applicazioni
video dove è richiesta la massima qualità,
ovvero monitor per broadcast e applicazioni mediche. Per raggiungere questo
risultato Panasonic ha modificato la struttura degli attuali LCD: un pannello a cristalli liquidi è composto oggi da un layer
di retroilluminazione LED e da due filtri
polarizzanti all’interno dei quali sono in-
seriti i cristalli liquidi. Questi ultimi funzionano come piccole saracinesche, capaci
di far passare la luce se polarizzate in un
certo modo o di bloccarla in posizione di
riposo: per quanto buono sia il lavoro fatto dagli LCD è difficile riuscire a impedire
il passaggio di un po’ di luce, tanto che
per migliorare il contrasto dei pannelli si
ricorre a filtri frontali che filtrano a loro
volta l’emissione lasciando passare solo
la luce diretta e non quella riflessa.
Panasonic è andata oltre: i suoi nuovi
pannelli integrano delle “light modulated
cell” che funzionano come barriere per
la luce aggiuntive, composte sempre da
cristalli liquidi e sincronizzate con i pixel
del pannello principale. Queste celle,
realizzate con un tipo di cristallo differente, sono in grado di modulare con
precisione la luce portando il pixel da
una situazione di luce zero ad una situazione di luce massima: Panasonic promette quindi un controllo dell’emissione
pixel per pixel con la possibilità di isolare
l’emissione dei singoli punti come acca-
de oggi con un TV self emitting. Una soluzione che ricorda alcuni esperimenti fatti
da Hitachi, con un pannello LCD in bianco
e nero posto dietro ad un pannello a colori per fare un local dimming totale: decine
di anni dopo Panasonic ci è riuscita, e se
funziona è davvero una soluzione rivoluzionaria. I pannelli IPS così prodotti oltre a
poter mostrare immagini totalmente nere,
senza spurie e neppure aloni, possono
anche raggiungere elevate luminosità di
picco, oltre 1000 nits, una caratteristica
questa che li renderebbe anche i migliori
monitor HDR sul mercato per dinamica
e estensione. Panasonic dichiara che la
tecnologia si può adattare senza problemi alle attuali linee produttive e che è già
in grado di produrre pannelli da 10” a 100”
con questa tecnologia nei suoi stabilimenti 8.5G: i sample per chi vorrà saggiare la bontà della nuova soluzione saranno
pronti per la spedizione a gennaio.
Al momento non vengono citati nel comunicato stampa possibili usi nel mondo
consumer, ma non ci stupiremmo affatto
se trovassimo questi pannelli sul prossimo flagship che Panasonic presenterà a
Las Vegas.
ENTERTAINMENT TIM e Vivendi hanno presentato Studio+, l’app destinata ad un pubblico giovane con miniserie di qualità
Vivendi lancia in Italia Studio+, miniserie per smartphone
Offre miniserie da 10 episodi di 10 minuti. C’è l’HD, c’è il download e l’interfaccia non è affatto male: l’abbiamo provata
C
di Roberto PEZZALI

ome Netflix, ma destinata ad un
pubblico giovane e con una durata
massima degli episodi di 10 minuti: Studio+ è la nuova app di streaming
presentata in Italia da Vivendi in collaborazione con TIM, un contenitore di mini
serie TV realizzate per una visione su
smartphone e dotate di un ritmo narrativo serrato e veloce. Siamo di fronte ad
un prodotto editoriale nuovo, che cerca
in qualche modo di elevare il livello delle webseries proponendo contenuti di
qualità con cast di livello. In questa prima
fase di lancio saranno presenti 15 serie,
ma Vivendi ha promesso l’aggiunta di
una nuova serie alla settimana.I titoli disponibili sono ovviamente opere sconosciute, ma la speranza è che qualcuno di
questi possa diventare “virale” grazie al
passaparola della rete creando un fenomeno “Studio+” tra i più giovani. Kill Skills, Urban Jungle, Surf Therapy, Madame
Hollywood, Brutal, Amnesia, Kali, Doom
torna al sommario
Doom, Red s1, Superhuman, Haphead,
Farmed and Dangerous, Romantic Encounters, El Gran Dia De Los Feos, El
Porvenir e Under sono i titoli del momento, ma come abbiamo scritto molte serie
sono in lavorazione e a febbraio arriverà
anche Deep, una produzione franco-italiana che vede nel cast Ornella Muti e
Caterina Murino. Trattando il mondo del
diving e dell’apnea, quest’opera verrà
proposta probabilmente in formato “portrait”, un vero inedito. Dominique Delport,
Presidente di Vivendi Content, ci tiene
a precisare che Studio+ è aperta a ogni
tipo di innovazione tecnologica, quindi
a breve potremmo vedere anche contenuti in VR a 360° e altri tipi di contenuti
originali sperimentali. Vivendi ha lavorato
moltissimo sull’interfaccia che è bella, veloce e accattivante, e ha curato anche in
modo particolare le edizioni che sono in
HD, hanno doppiaggio in italiano e ovviamente lingua originale e sottotitoli.
Nonostante la durata ridotta l’app permette lo scaricamento delle serie offline,
funzionalità questa decisamente interessante soprattutto per i giovani spesso a
secco di traffico. Competitivo il prezzo:
3,99 euro al mese per i clienti TIM e 4.99
euro per gli altri, e per chi vuole provare c’è anche il piano settimanale da 1.49
euro a 1,80 euro a seconda dell’operatore. Abbiamo avuto modo di vedere
una puntata di una serie e sicuramente
ci troviamo davanti ad un qualcosa di
diverso, soprattutto nel ritmo. Apprezzabile la scelta di prendere produzioni da
tutto il mondo, cosa che rende la scelta
variegata, un po’ meno invece la decisione di riprendere queste serie in “video”,
con un look & feel da sceneggiato piuttosto che cinematografico (almeno per
la serie vista da noi). Paradossalmente
non siamo riusciti a trovare l’applicazione né sull’App Store Apple e neppure su
Google Play Store, ma fortunatamente
siamo riusciti a risalire ai due link per il
download che proponiamo: link iTunes;
link Google Play.
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29 NOVEMBRE 2016
MAGAZINE
TV E VIDEO Alla China Hi-Tech Fair 2016 appaiono i primi schermi TV commerciali OLED da 31”
OLED piccoli, si può: ecco gli schermi da 31”
Un produttore cinese ci ha confermato di essere pronto per la produzione degli OLED piccoli
S
di Roberto PEZZALI
chermi OLED difficili da produrre
nei tagli medi? Niente affatto: i
produttori cinesi sono già pronti
a lanciare sul mercato schermi OLED
anche di dimensioni inferiori ai classici
55” proposti da LG, nelle varianti sia
piatto che curvo. Ci siamo “spacciati”
per compratori ad una grossa fiera di
tecnologia a Shenzen, Cina, per vedere quali sono le soluzioni che i principali produttori proporranno nel corso
dell’anno ai clienti. Tra questi ci sono
anche gli OLED, non più esclusiva di
LG: molti produttori si stanno organizzando per produrre pannelli in autonomia utilizzando sempre la tecnica
WRGB, quindi pixel bianco e filtri colore, cercando di guardare oltre i classici
tagli da 55 e 65” proposti dal produttore coreano.
Passeggiando tra gli stand abbiamo
trovato schermi per TV di grosse dimensioni ma anche schermi piccoli,
come un 31” qui mostrato in versione
curva ma anche pronto per essere
prodotto nella classica versione piatta. “Possiamo farli anche più piccoli e
più grandi, non è un grosso problema”
cercano di spiegarci i produttori in un
inglese quasi incomprensibile, e la
sensazione è che effettivamente sia
solo una questione di tempo: LG probabilmente ha interesse a vendere i tagli più grandi per giustificare un prezzo
che comunque è assolutamente alli-
neato con quello che vale un TV OLED.
Chi spenderebbe 1000 euro o qualcosa in più per un 31” quando ormai i 32”
si trovano a 200 euro? Probabilmente
solo pochi appassionati, che non dovranno fare altro che attendere un po’:
se non sarà nella prima metà del 2017
entro la fine del prossimo anno qualcuno proporrà TV di qualità per camere e
cucine, un tipo di prodotto che ormai è
diventato impossibile da trovare.
TV E VIDEO Raccolte 2500 firme per chiedere a LG di ridurre l’input lag con i giochi in HDR
LG aggiornerà i TV OLED per giocare meglio in HDR
Prima l’azienda dice che non è possibile con un semplice update, poi torna sui suoi passi
A
di Roberto PEZZALI

nche LG, come già fatto da Sony,
distribuirà un aggiornamento
per permettere agli utenti di
PS4 Pro e di Xbox One S di giocare
meglio con i nuovi giochi in HDR. I TV
LG dell’ultima generazione hanno effettivamente un input lag troppo alto
per giocare bene quando si inserisce la modalità HDR, e la cosa aveva scatenato la protesta online degli
acquirenti che hanno speso tanto per
avere un TV top e si sono ritrovati poi
con un prodotto che invece, collegato
ad una console, penalizzava il gioco
con quei titoli dove la reattività è fondamentale.
La petizione ha raccolto circa 2500
firme, e in un primo momento LG aveva risposto che non si poteva fare
nulla perché per abbassare l’input lag
era necessaria una modifica hardware, risposta questa giustificata dalla
torna al sommario
presenza del chip Dolby Vision all’interno del quale passa ogni segnale.
Qualche ingegnere zelante deve aver
trovato una tuttavia soluzione alternativa, e LG ha dichiarato a Forbes che
a breve distribuirà un aggiornamento
che abbasserà l’input lag in modali-
tà gaming HDR. Sui TV del prossimo
anno, assicura LG, ci sarà anche una
modalità destinata al gioco ad alta
dinamica, con input lag basso e altre
novità. L’update software, per le serie
del 2016, dovrebbe quindi arrivare
entro l’anno.
Niente HD
sotto l’albero
per Now TV
Ma c’è l’app
per smartphone
Promessa entro fine
anno, l’alta definizione
per Now TV arriverà
probabilmente
a gennaio. Intanto
dovrebbe essere
imminente il rilascio
dell’applicazione per
smartphone Android,
quella per iOS
è già disponibile
di Roberto PEZZALI
Chi aspettava l’arrivo dell’alta
definizione su Now TV entro fine
anno dovrà avere un po’ di pazienza perché, stando ad alcune
indiscrezioni che abbiamo raccolto, Sky è in leggero ritardo con il
rilascio. Niente di tragico, si tratta
probabilmente uno slittamento di
qualche settimana che sposterà
l’arrivo dell’HD a gennaio. Viste
le problematiche degli ultimi mesi,
con il servizio di streaming non
sempre impeccabile in occasione
di importanti dirette, Sky avrebbe
infatti preferito evitare un lancio
così delicato in occasione delle
feste di Natale, un periodo che
renderebbe difficile la gestione
di eventuali bug o la distribuzione
rapida di nuove versioni di applicazione. La scelta di ritardare di
qualche settimana l’alta definizione è dettata anche dal rilascio
ormai imminente dell’app per
smartphone. Quella per iOS è già
disponibile, e tra poco sarà possibile accedere a Now TV anche
da una serie di smartphone Android. Niente da fare invece per il
download: la funzionalità inserita
di recente in Sky Go al momento
resterà esclusiva del servizio Sky
per “ricchi”, per Now TV si continueranno a consumare GB di banda nella speranza che qualche
operatore metta sotto l’albero un
bel pacchetto con tanti tanti GB di
traffico.
n.145 / 16
29 NOVEMBRE 2016
MAGAZINE
TV E VIDEO Una guida per orientarsi nel mondo delle cam per la visione dei canali criptati del digitale terrestre e del satellite
La bibbia della CAM: tutto quello che bisogna
sapere per vedere Mediaset Premium e TivùSat
Vi spieghiamo tutti i segreti delle CAM, come scegliere quella giusta per il vostro televisore e per le diverse esigenze
di Roberto FAGGIANO
S
embra facile vedere i canali televisivi criptati
del digitale terrestre e del satellite, in teoria
basterebbe pagare gli abbonamenti relativi e
godersi lo spettacolo. Ma non è così semplice: per
decodificare i potenti sistemi di protezione dei contenuti bisogna anche munirsi di una CAM (modulo di
accesso condizionato) e della relativa tessera per il
servizio desiderato, da inserire nell’apposita fessura
presente sul retro o sul fianco di ogni televisore.
Per chiarire i punti più oscuri delle CAM e dei sistemi
di codifica abbiamo chiesto lumi a Riccardo Armussi di
Smart DTV, la società che produce le CAM con codifica NagraVision, uno dei più diffusi sistemi di codifica
dati, utilizzato da Mediaset Premium e da TivùSat.
Quali contenuti si possono vedere
con le CAM?
I canali televisivi più importanti che richiedono l’utilizzo di una CAM sono quelli di Mediaset Premium
sul digitale terrestre e di TivùSat sul satellite da
Eutelsat Hot Bird. Mediaset Premium consente agli
abbonati di seguire film, serie tv, le partite di calcio
del campionato italiano e quelle di Champions Legaue oltre a tanti avvenimenti sportivi; i canali utilizzati sono quelli con i numeri dal 300 al 399 della
numerazione LCN del digitale terrestre. Attualmente
agli abbonati di Premium viene assegnata la CAM
con connessione Wi-Fi quella con un’appendice posteriore per potersi collegare direttamente alla rete
domestica tramite Wi-Fi e vedere anche i contenuti
on demand di Premium Online trasmessi sulla rete.
Mentre scriviamo le offerte in abbonamento prevedono la Premium Smart CAM sempre compresa nel
prezzo dell’abbonamento. Bisogna considerare però
che sulle CAM Wi-Fi esiste un vincolo con la tessera,
cioè CAM e tessera non sono separabili, un fattore
di cui tenere conto volendo usare tessere di amici
oppure CAM usate acquistate online.
TivùSat è un servizio creato per gli utenti italiani che
non possono ricevere dal digitale terrestre tutti i ca-
nali disponibili, non si paga un abbonamento ma si
acquista una tantum la CAM con la tessera in dotazione che consentono la visione libera dei canali. I
canali di TivùSat sono trasmessi via satellite da Hot
Bird di Eutelsat, questo satellite è ricevibile su tutto
il territorio italiano con parabole da 60 cm puntate
sui 13° Est. Recentemente la piattaforma TivùSat si
è arricchita di diversi canali in definizione Ultra HD
4K, compreso uno della Rai, cosa che ha richiamato
molti nuovi utenti. Il canale Rai 4K e quello francese Mezzo necessitano inoltre non solo della CAM
TivùSat ma anche della tessera TivùSat di colore oro:
per motivi di sicurezza le prime tessere di colore azzurro non danno accesso alla visione dei due canali.
Se dovete acquistare solo ora la vostra prima CAM
per TivùSat, quindi controllate bene che sulla confezione sia impressa la foto della tessera gold HD o il
bollino HD e non la vecchia versione azzurra.
Le CAM sono tutte uguali?
I moduli CAM sono sempre fisicamente identici tra
loro perché devono rispondere alle normative per le
schede PC Card, meglio note come PCMCIA, al loro
interno c’è il software di decodifica mentre l’interfac-
cia è la Common Interface o la più recente Common
Interface +, rispettivamente abbreviate in CI e CI+ .
Quali differenze ci sono tra CAM CI e CI+?
La differenza principale tra i due sistemi è che la
CI+ offre una maggiore protezione dei contenuti,
per resistere meglio a eventuali “attacchi” dei pirati. Attualmente tutte le CAM per Mediaset Premium
sono in versione CI+, tuttavia qualche punto vendita
o qualche privato sul web potrebbe ancora vendere
i modelli di vecchio tipo. Per assicurarsi che la CAM
sia effettivamente del tipo CI+ basta vedere la sigla
sul retro della CAM.
Le CAM per TivùSat sono invece al momento in versione CI, ma è previsto per il 2017 il passaggio alla
versione CI+. Le attuali CAM comunque continueranno a funzionare regolarmente.
Posso usare le CAM CI+ in qualsiasi
televisore?
Per usare le CAM CI+ è necessario un TV compatibile, ma lo sono tutti i modelli prodotti dal 2010 in poi,
mentre le vecchie CAM CI di Mediaset sono utilizzabili anche su TV con ingresso CI+, ma in questo caso
si potranno vedere solo programmi in definizione
standard, mentre i canali Premium in alta definizione
non saranno visibili.
Mediaset Premium e TivùSat possono
convivere sulla stessa CAM?
Può capitare che un utente sia abbonato a Mediaset
Premium ma voglia anche godersi i canali trasmessi
da TivùSat, ma formalmente ogni servizio ha bisogno
della sua CAM e delle relative tessere. In redazione

segue a pagina 15 
torna al sommario
n.145 / 16
29 NOVEMBRE 2016
MAGAZINE
TV E VIDEO Il consorzio DVB ha approvato il nuovo pacchetto di specifiche per le trasmissioni UHD
Dal 2017 le tv potranno trasmettere in HDR
Le nuove specifiche per il broadcasting includono HDR, High Frame Rate e Wide Color Gamut
A
di Roberto PEZZALI
partire dal prossimo anno le TV che
vorranno trasmettere in HDR 4K
potranno farlo senza ricorrere a trasmissioni “sperimentali”: la DVB Association, l’organo che regolamenta gli standard per il broadcasting, ha finalmente
approvato il pacchetto di specifiche che
include anche le trasmissioni HDR dando
così il via libera a quella che gli addetti ai
lavori chiamano Fase 2.
Un pacchetto ricchissimo, perché oltre
alla possibilità di trasmettere contenuti ad
alta dinamica all’interno si trovano anche
i dettagli per le trasmissioni a frame rate
elevato, fino a 120 fps, e per la gestione
del “Next Generation Audio”, ovvero dell’audio a oggetti. Se per l’HDR si potrà
partire nel 2017, per l’high frame rate si
dovrà attendere ancora qualche anno:
la data di partenza è fissata per il 2019,
subito prima di quelle che saranno probabilmente le prime olimpiadi trasmesse
con il nuovo sistema. Temporeggiare è comunque giusto: ad oggi non ci risulta che
esistano televisori capaci di gestire segnali
a 120 fps HDR 4K, anche se LG al suo stand
dell’IFA ha dimostrato questa possibilità su
un TV OLED dell’attuale generazione: basterà un update?
Tornando al più prossimo HDR la DVB
Association ha ammesso tutti e tre gli standard, sia HDR10 che Dolby Vision basati su
Perceptual Quantizer (PQ) sia l’Hybrid
Log Gamma, il sistema HDR pensato
da NHK e BBC che consente di trasmettere sullo stesso canale HDR e
SDR. Quest’ultimo, probabilmente,
sarà lo standard adottato da tutti per
la sua flessibilità.
MERCATO
Samsung
regala un S7
a chi acquista
un TV SUHD
Samsung ha lanciato una promozione
rivolta a chi acquisterà dal 26
novembre al 31 dicembre un TV SUHD:
chi comprerà un TV SUHD della Serie
9 riceverà un Galaxy S7 Edge, chi
acquista un TV SUHD Serie 7 oppure
Serie 8 avrà diritto ad un Samsung
Galaxy S7. Nell’iniziativa sono inclusi i
modelli TV KS9000, KS9500 e KS9800
relativi alla Serie 9 e i modelli KS7000,
KS7500 e KS8000 delle serie 7 e 8
entrambi con pannelli da 55 pollici
in su. Per ricevere il premio basterà
seguire la procedura guidata online
inserendo i propri dati, il numero
seriale del prodotto e fornendo una
prova d’acquisto. Un’email informerà
il cliente dell’avvenuta registrazione
alla promozione. Lo smartphone
sarà consegnato entro 180 giorni
all’indirizzo fornito ed è possibile
registrarsi fino al 15 gennaio 2017.
TV E VIDEO
CAM, tutto quello che c’è da sapere
segue Da pagina 14 
abbiamo tuttavia verificato che inserendo una tessera TivùSat in una CAM di Mediaset Premium otteniamo la visione dei canali via satellite. Impossibile
invece il contrario perché l’abbonamento a Premium
richiede sempre non solo la tessera ma anche la
propria CAM dedicata. In ogni caso la situazione migliore per evitare un continuo metti e togli di CAM è
l’acquisto di uno dei rari televisori con doppio slot.
La CAM nel cassetto è ancora utilizzabile?
E per quale servizio?

Può capitare che dal fondo di un cassetto emergano
una vecchia CAM o una tessera di un servizio a pagamento, magari sperimentato in passato e poi inutilizzato: queste CAM e le tessere in teoria dovrebbero
ancora funzionare perfettamente, con piccole differenze a seconda della piattaforma.
Nel caso di TivùSat, fermo restando l’impedimento sui
canali 4K Ultra HD con le tessere azzurre già descritto
in precedenza, le CAM ricevono eventuali aggiornamenti software quando si sintonizza un canale Rai
o Mediaset quindi anche un prodotto vecchio verrà
aggiornato dopo averlo inserito nel TV. Neppure nel
caso di CAM Mediaset non sorgono grossi problemi, nemmeno utilizzando i vecchi modelli che erano
chiamati Premium CAM e Premium CAM HD. Bisogna
però ricordare che quelle di prima generazione CI
torna al sommario
non permettono la visione dei canali HD di Premium.
Bisogna poi controllare se la tessera allegata è ancora compatibile per riattivare un abbonamento o per
caricare un prepagato, perché in passato le tessere
avevano una scadenza superata la quale diventavano
inutilizzabili. In commercio si trovano comunque nuove tessere ricaricabili o per abbonamento che sono
compatibili con le vecchie CAM.
Ho visto una CAM marchiata Samsung
Cos’è?
Si possono ancora trovare in commercio CAM marchiate con i nomi delle più famose marche di televi-
sori e ricevitori per il digitale terrestre e per il satellite. Queste CAM erano state rilasciate negli scorsi
anni e non c’erano differenze sostanziali tra le CAM
di diverse marche, solo qualche accorgimento dedicato ai propri TV per velocizzare la prima installazione grazie ad un software dedicato.
Queste CAM, essendo legate a un marchio determinato, potrebbero ancora funzionare su modelli di TV
di marche diverse ma non ricevere più gli aggiornamenti software e quindi potrebbero portare a blocchi
e malfunzionamenti.
Nessun problema invece se si usano su TV della
marca per cui sono state pensate e realizzate.
n.145 / 16
29 NOVEMBRE 2016
MAGAZINE
MOBILE HP potrebbe presentare un altro smartphone Windows al Mobile World Congress
HP e Windows 10 Mobile: il matrimonio
continua con un nuovo modello consumer
Si tratterebbe di un prodotto per i consumatori (non per le aziende) con elementi dei Lumia
di Mirko SPASIANO
onostante le sorti sempre più incerte del Surface Phone, sembra
che alcuni partner hardware del
colosso di Redmond non intendano
abbandonare la piattaforma mobile di
Windows. Secondo le ultime indiscrezioni, infatti, l’Elite x3 di HP non sarà uno
sforzo isolato della compagnia americana con Windows 10 Mobile.
Dr Windows, noto portale di informazione tedesco in ambito Microsoft, sostiene
che HP potrebbe presentare un nuovo
smartphone Windows a febbraio, ad un
anno esatto dal debutto dell’Elite x3. Con
ogni probabilità, il palcoscenico del Mobile World Congress di Barcellona sarà
l’occasione giusta per una replica dell’evento dello scorso anno. Ci sarà, però,
una sostanziale differenza: il nuovo nato
HP sarebbe diretto al mercato consumer,
piuttosto che a quello business.
I dettagli al momento sono ancora piut-
N
tosto scarsi, ma sembra
che questo terminale
sia stato sviluppato con
la stretta collaborazione
di Microsoft. Infatti, nel
nuovo smartphone HP
dovrebbero essere integrate anche delle features molto apprezzate
dei vecchi Lumia, come
la schermata Glance e
gli schermi ClearBlack.
A ulteriore conferma di questi rumor, la
medesima fonte riporta di un comunicato rilasciato internamente in quel di
Redmond che annuncia il rilascio, previsto per il mese di febbraio, di un nuovo
smartphone Windows 10 Mobile. In virtù
del destino ormai segnato della divisione Lumia, è molto probabile che possa
trattarsi dello stesso device. Microsoft ha
già dichiarato pubblicamente che non
ha alcuna intenzione di abbandonare il
settore mobile e questi rumor non fanno che confermarlo. Tuttavia l’interesse
che potrebbe suscitare lo smartphone di
HP tra i consumatori è tutto da verificare. Chissà che, tra le features ereditate
dai Lumia, magari possa trovarsi una
fotocamera Zeiss PureView e una degna qualità costruttiva, che potrebbero
solleticare la curiosità degli appassionati
delusi dal debutto poco esaltante della
piattaforma.
MOBILE Redstone 3 è il nome del major update che seguirà il Creators Update di inizio anno
Windows 10 Mobile, app desktop entro fine 2017?
Le app x86, che girano su tablet e PC, sarebbero in arrivo anche se non in forma nativa
di Mirko SPASIANO
icrosoft non ha alcuna intenzione
di abbandonare il mobile anche
se ha cambiato il target verso
l’utenza business. Dopo la notizia del
nuovo smartphone Windows 10 Mobile
prodotto da HP, sviluppato con la stretta collaborazione della compagnia di
Redmond, Mary Jo Foley ha vuotato il
sacco su uno dei progetti segreti di casa
Microsoft: Project Cobalt.
Il colosso americano sta lavorando alacremente per portare le applicazioni
desktop su mobile e, con Redstone 3,

M
torna al sommario
queste potrebbero finalmente sbarcare
su Windows 10 Mobile: in questo modo,
utilizzando Continuum su uno smartphone Windows 10 Mobile aggiornato
a Redstone 3, sarà possibile utilizzare i
programmi che si usano comunemente
su tablet e PC. Tuttavia, almeno in una
prima fase, pare che il sistema operativo mobile di casa Microsoft continuerà
a girare su processori ARM e, perciò, le
app x86 gireranno solo attraverso emulazione. Questa feature, però, dovrebbe
essere limitata ad una versione a 64 bit
dell’OS, che non ha ancora fatto il proprio debutto sul mercato (sebbene i primi rumor a riguardo
risalgano a prima di gennaio).
Pare che Project Cobalt sarà
una soluzione di emulazione
in piena regola, differente da
quella attualmente utilizzata
da HP sul suo Elite x3, che si
basa sul cloud computing (in
sostanza è come se si visualiz-
zasse in streaming il contenuto elaborato sul cloud). Dunque, è molto probabile
che un’operazione di questo genere
sia molto dispendiosa dal punto di vista
computazionale e che, perciò richieda
nuovo hardware. Al momento pare che
Microsoft stia lavorando su tre diverse
configurazioni, di cui almeno una prevede il nuovo processore Snapdragon
835 accompagnato da 8 GB di RAM, da
poco annunciato. Infine, gli ultimi rumors
sembrano indicare che il gigante dell’informatica non abbia ancora rinunciato a
far girare Windows 10 Mobile su processori con architettura x86, ma l’hardware
non fornisce ancora le giuste garanzie.
Ad ogni modo, anche la soluzione con
l’emulazione nativa degli applicativi x86
potrebbe rivelarsi una vera e propria
svolta per gli sforzi di Microsoft in campo mobile. Unita alle prossime novità
per Continuum, in arrivo con il Creators
Update, la visione di un vero PC tascabile
potrebbe finalmente diventare realtà.
Snapdragon 835
sarà il primo SoC
a 10nm
Lo vedremo
nel 2017
Durante lo Snapdragon
Tech Forum, sede
della presentazione
a porte chiuse del
SoC Snapdragon 835,
Qualcomm ha rivelato
la partnership con
Samsung non solo nella
produzione, ma anche
nella progettazione
del processore a 10nm
di Franco AQUINI
C’è un po’ di Samsung nella progettazione della nuova generazione di SoC Qualcomm, il tanto atteso Snapdragon 835 che
verrà presentato ufficialmente
ad inizio 2017. La collaborazione,
che esiste a livello produttivo da
più di 10 anni, si è stretta ancora
di più grazie al nuovo processo produttivo a 10nm FinFET di
Samsung. Un livello di sofisticazione che pochi produttori possono vantare e che ha portato
Qualcomm ad essere la prima
a produrre un processore con
questa architettura anche nei
confronti di computer desktop e
schede video.
I vantaggi sono indiscutibili. La
nuova architettura, se i dati tecnici verranno confermati, permetterà un incremento del 27%
nelle performance, nel 30% nell’efficienza e un minor consumo
del 40% rispetto ai precedenti
processori a 14nm. Il tutto, unito a un design completamente
nuovo del chip, dovrebbe portare a significativi risparmi energetici negli smartphone a beneficio
della durata della batteria.
n.145 / 16
29 NOVEMBRE 2016
MAGAZINE
MOBILE In un’intervista, Nadella ha ribadito che Microsoft non abbandonerà il settore mobile
Il dispositivo mobile definitivo sarà Microsoft
Parola di Nadella. Follia o sana ambizione?
Focalizzandosi sui suoi punti di forza, Microsoft creerà il dispositivo mobile definitivo
I

ll 2017 vedrà il ritorno
del brand Nokia con
almeno tre smartphone
in grado di coprire tutte
le fasce del mercato,
forse svelati al MWC
di Mirko SPASIANO
l CEO di Microsoft, Satya Nadella,
ha rilasciato un’intervista all’Australian Financial Review, nel corso della quale non ha nascosto le ambizioni
della sua azienda. Le sue dichiarazioni
in riferimento al comparto mobile del gigante dell’informatica non sono passate
inosservate, anzi, hanno fatto sorridere
più di qualche giornalista.
“Microsoft continuerà a restare nel mercato degli smartphone, ma non nella
maniera definita dai leader attuali del
mercato, bensì offrendo ciò che siamo
in grado di fare in maniera unica in ciò
che è il dispositivo mobile definitivo”.
Considerato il trend attuale delle vendite di smartphone Windows 10 Mobile,
queste dichiarazioni sembrano fuori da
ogni logica. Ma, alla luce delle notizie
emerse nnell’ultimo periodo, si può provare ad interpretarle.
Innanzitutto, ciò a cui fa riferimento Nadella quando dice “ciò che siamo in grado di fare in maniera unica”, trattasi, con
ogni probabilità, di Continuum. Questa
feature, implementata in Windows 10
Mobile sin dal giorno del suo debutto,
consente di collegare gli smartphone
Windows a periferiche esterne, come
monitor, mouse e tastiere, per utilizzarli
come dei PC. Tuttavia, le applicazioni
che oggi è possibile utilizzare in questa
particolare modalità sono esclusivamente le nuove app universali presenti
sul Windows Store (quindi progettate
specificamente per Windows 10).
Tuttavia, nei giorni scorsi è emerso
che, sebbene Microsoft non sia riuscita, per limiti hardware, a produrre uno
smartphone che utilizzi processori con
torna al sommario
Nokia, arrivano
i primi rumor
sul prossimo
top di gamma
Android
di Giulio MINOTTI
architettura x86 (processori Intel, per
intenderci), ha comunque un asso nella
manica, chiamato Project Cobalt. Questo progetto mira a portare i programmi che girano sul sistema operativo
desktop di casa Microsoft anche su
smartphone, anche se solo attraverso
emulazione. Questa nuova funzionalità dovrebbe fare il proprio debutto
su Windows 10 Mobile con Redstone
3, ovvero la famiglia di updates che
abbraccerà tutto il portfolio di devices
Windows a fine 2017. Tuttavia, è bene
fare una precisazione: con ogni probabilità, Project Cobalt sarà strettamente
legato a Continuum. In altri termini, non
ci si deve aspettare di utilizzare le versioni complete Photoshop, AutoCAD e
quant’altro utilizzando lo smartphone
in mobilità, bensì quando sia collegato
wireless o via cavo ad un monitor ed a
varie periferiche di input.
Dunque, nella visione di Nadella, l’uso
dello smartphone come lo intendiamo
oggi rimarrà sostanzialmente inalterato;
dove, invece, si concretizzerà la pecu-
liarità di “dispositivo mobile definitivo” è
nella sua modalità di utilizzo come PC
tascabile, ossia un device ultra-mobile,
che soddisfi tutte le necessità dell’utente e, sopra ogni cosa, del professionista
(del resto è stato ribadito a più riprese
che è proprio questo il target di Windows 10 Mobile). Già oggi HP, il partner
hardware di punta di Microsoft per Windows 10 Mobile, commercializza il suo
smartphone Elite x3, come un 3 in 1
(smartphone, desktop e notebook, da
cui, appunto, x3). Laddove, poi, Microsoft dovesse riuscire ad implementare
Project Cobalt in Windows 10 Mobile
con risultati soddisfacenti, non è escluso che possano fare la propria comparsa sulla scena dei notebook che montino, perciò, il sistema operativo mobile
di Windows. Perché? Perché incarnerebbero, come dicono gli anglosassoni, the best of both worlds, il meglio
dei due mondi: possibilità di eseguire
programmi desktop x86 classici, ma su
un processore ARM, che è tendenzialmente più economico e notevolmente
più efficiente. Microsoft avrebbe, così,
un prodotto che potrebbe contrastare
anche l’avanzata dei Chromebook. Nadella non faceva necessariamente riferimento al fantomatico Surface Phone,
bensì a tutta la famiglia degli smartphone Windows 10 Mobile. Certo, se dopo
il Surface Pro 3, il Surface Book ed il
Surface Studio, Microsoft riuscisse a tirare fuori dal cilindro il Surface Phone
perpetrando il medesimo “effetto wow”,
tutta la piattaforma non farebbe che
giovarne. Ma si sa, tra il dire e il fare, c’è
sempre di mezzo il mare.
È ormai certo il ritorno del brand
Nokia nel mercato degli smartphone. L’utilizzo del marchio finlandese
è stato concesso all’azienda HMD,
società fondata da ex dipendenti
Nokia e Microsoft, che realizzerà
almeno tre nuovi device prodotti
da Foxconn e da altre aziende asiatiche. Con tutta probabilità questi
nuovi smartphone, equipaggiati
con Android 7, verranno annunciati
al Mobile World Congress 2017 e
andranno a coprire tutte le fasce
del mercato. In particolare, il top di
gamma secondo indiscrezioni trapelate su Weibo, sarà equipaggiato
con il SoC Qualcomm Snapdragon
820 e con un display che dovrebbe avere una grandezza compresa
tra 5.2 e 5.5 pollici, con una risoluzione QHD. Questo smartphone
dovrebbe sancire il ritorno della
partnership tra Nokia e Carl Zeiss
per quanto riguarda il comparto fotografico. Infine questo device dovrebbe avere una scocca in metallo
unibody, resistente ai liquidi. Nella
fascia media del mercato si inserirà,
invece, il Nokia D1C con SoC Qualcomm Snapdragon 430, 3GB di
memoria RAM e 32GB di memoria
interna. Sarà presente uno schermo con risoluzione Full HD con dimensioni ancora sconosciute, mentre la fotocamera principale sarà da
13 MP e quella anteriore da 8 MP.
Infine il modello entry-level, noto
come Nokia Pixel, avrà a bordo un
SoC Qualcomm 200 con frequenza
di 1,19 GHZ e un GB di RAM.
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29 NOVEMBRE 2016
MAGAZINE
MOBILE Previsioni attendibili parlano di tre modelli per iPhone 8: uno da 4,7” e due da 5,5”
L’iPhone 8 potrebbe avere il display OLED
La doppia fotocamera rimarrà un’esclusiva del Plus e il top di gamma avrà anche l’OLED
L’
di Filippo TONELLI
iPhone 7 Plus è ancora il sogno di
una notte di Natale che molti sperano si possa avverare visti i lunghi
tempi di attesa, ma il mercato è già proiettato a quella che sarà la lineup di iPhone
nel 2018 ed è già tempo di previsioni su
come sarà l’iPhone del decennale. Tra
news improbabili ed analisi delle supply
chain che non sempre giurano di raccontare la verità, c’è una voce che esce dal
coro e negli anni si è guadagnata il rispetto della comunità: l’analista Ming Chi
Kuo, bocca della verità per tutto quello
che ruota al mondo Apple, ha parlato di
come sarà iPhone 8. Ed il futuro dello
smartphone di Cupertino sembra ancor
più luminoso, poichè ad equipaggiare il
modello Plus top di gamma sarà un display OLED, a cui andrebbero aggiunte
l’esclusività della doppia fotocamera. La
lineup completa, tuttavia, dovrebbe vedere aggiunto un posto a tavola poiché
nei piani di Apple ci sarebbero due versioni di iPhone 8 Plus: la top di gamma
con schermo OLED ed una con display
LCD, a cui aggiungere il più piccolo 4,7”
con solo schermo LCD e singola lente.
Per tutte e 3 le eventuali versioni di iPhone, poi, si concretizza il rumor che vorebbe il ritorno alle origini con una struttura
monoblocco di vetro stile iPhone 4/4s in
cui lo chassis ed il vetro si fondono con
soluzione di continuità. Come tutti i rumor sul mondo Apple, c’è da prendere
le notizie con la dovuta cautela ma se
consideriamo le dichiarazioni del CEO di
Sharp sulla produzione di display OLED
per iPhone grazie all’acquisizione da
parte di Foxconn, i conti sulla produzione potrebbero già iniziare a tornare. Più
di quelli in banca: si sfonderà il tetto dei
1000 euro per l’entry level?
iPhone 6s
che si spengono
all’improvviso
Apple sostituisce
la batteria
Parte la campagna
di richiamo di alcuni
iPhone 6s prodotti
tra settembre
e ottobre 2015
Il problema riguarda
lo spegnimento
improvviso, secondo
Apple il problema
sarebbe riconducibile
alla batteria
di Franco AQUINI
MOBILE Honor lancia un programma di test per Android Nougat
Honor cerca tester per Android 7.0
MAGAZINE
Estratto dal quotidiano online
www.DDAY.it
Registrazione Tribunale di Milano
n. 416 del 28 settembre 2009
direttore responsabile
Gianfranco Giardina
editing
Claudio Stellari, Maria Chiara Candiago,
Greta Genellini, Simona Zucca
Editore
Scripta Manent Servizi Editoriali srl
via Gallarate, 76 - 20151 Milano
P.I. 11967100154
Per informazioni
[email protected]

Per la pubblicità
[email protected]
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H
di Roberto PEZZALI
onor permetterà a tutti i possessori del nuovo Honor 8 di testare in anteprima Android Nougat, collaborando direttamente col Team di sviluppo della EMUI 5.0, l’interfaccia personalizzata di Android sviluppata dal gruppo
Huawei, di cui Honor fa parte. La nuova versione di Android 7 sarà disponibile già
a partire da 6 Dicembre per tutti gli iscritti al programma di beta testing. Per iscriversi è possibile andare a questo indirizzo e dal 6 dicembre si potrà contribuire al
miglioramento dell’ultima versione della EMUI condividendo i propri feedback con
gli sviluppatori. Un modo intelligente, questo di Honor, di condividere direttamente
con gli utenti più smart gli ultimi aggiornamenti, correggere più in fretta i bug e
mantenere aggiornati i propri device.
Apple ha riconosciuto il problema legato alle batterie di alcuni
iPhone 6s prodotti tra il settembre e l’ottobre 2015.
Il problema riguarda lo spegnimento improvviso del terminale
con percentuali residue di batteria anche del 30%. Riaccendendolo, il terminale mostra la corretta percentuale della batteria e
continua a funzionare a volte per
ore, per poi spegnersi di nuovo
senza motivo. Apple ci tiene a
sottolineare che il problema non
ha comunque nessuna implicazione per la sicurezza.
La pagina dedicata al richiamo,
attiva per tutto il mondo, consiglia di recarsi presso un Apple
Store ufficiale o un partner per
l’assistenza autorizzato. La sostituzione della batteria è totalmente gratuita e non è collegata in
alcun modo alla recente notizia
riguardante il problema al touch
dei modelli 6 e 6s, che apparentemente è stato causato da cadute o danni accidentali provocati
dagli utenti.
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29 NOVEMBRE 2016
MAGAZINE
MOBILE Un report dalla Corea svela una possibile collaborazione fra Apple e Lg Innotek
LG e Apple lavorano alla camera 3D su iPhone?
Siamo sicuri? Non avrebbe senso ritornare sul più grosso flop della storia degli smartphone
L
di Roberto PEZZALI
G Optimus 3D è stato il primo
smartphone con fotocamera 3D e
schermo 3D: pochi lo ricorderanno,
ma per chi lo ha bene impresso nella
mente non sarà difficile collocarlo tra i
più grossi flop nella storia della telefonia. Il 3D non ha sfondato nelle case, sui
grandi schermi, e difficilmente avrà un’altra possibilità in campo mobile, eppure
dalla Corea arriva un report secondo il
quale Apple e LG Innotek avrebbero iniziato a lavorare su quello che sarà il modulo fotografico del prossimo iPhone, un
modulo multisensore capace di scattare
fotografie a tre dimensioni.
LG Innotek, l’azienda che ha realizzato il
modulo già presente sull’iPhone 7 Plus,
starebbe infatti implementando insieme
a Apple le tecnologie che l’azienda di
Cupertino ha acquisito insieme a Linx,
azienda israeliana specializzata nell’immagine diventata lo scorso anno una
stella della galassia Apple.
Linx era specializzata in due differen-
HTC ha annunciato
l’arrivo dell’HTC 10 evo
Lo smartphone ha in
dotazione gli auricolari
USB Type-C dual
adaptive, in grado
di adattare il suono
al luogo in cui ci trova
di Gaetano MERO
ti tecnologie di scatto: quella a stack,
ovvero sistemi dove la qualità delle
immagini aumenta grazie alla sovrapposizione di più scatti realizzati da moduli
diversi, e quella 3D, con i sensori fotografici usati per catturare informazioni
di profondità e ricostruire immagini tridimensionali. Parte di quest’ultima tecnologia è già stata usata da Apple: lo
scatto “Ritratto” dell’iPhone 7 Plus usa
proprio la tecnologia Linx per separare
il soggetto in primo piano dallo sfondo,
sfruttando il parallasse dei sensori. Dal
report coreano pare che Apple si voglia
spingere oltre, generando vere immagini 3D da due o più sensori sul retro
dello smartphone: una cosa possibile
ovviamente, ma a nostro avviso poco
probabile visto il flop del 3D a livello
commerciale. Più probabile, in questo
senso, una applicazione in campo VR: e
se il prossimo iPhone potesse riprendere scene tridimensionali da rivivere poi
con un visore di realtà virtuale?
MOBILE SD Association ha iniziato a certificare le SD Card idonee per installare le applicazioni
Ecco le SD Card per Android. Le app sono più veloci
Le nuove card certificate di tipo A1 offrono prestazioni superiori se usate come storage
di Roberto PEZZALI
A

rrivano le SD card dedicate alle
applicazioni: non sono memorie
diverse e sono compatibili con
ogni dispositivo dotato di slot SD, ma
chi acquisterà una card marchiata A1
sarà sicuro che quella memoria è perfetta per essere inserita all’interno di
uno smartphone Android. Una esigenza questa che si è venuta a creare con
l’arrivo di Android 6.0, che permette di
unificare la memoria delle SD Card a
quella del telefono per creare un unico
grande spazio storage per le app. Android misura le performance delle memorie prima di effettuare tale operazione, e in molti casi l’utente si accorge di
aver presto una memoria poco adatta a
ospitare app, perché non troppo veloce,
solo quando la inserisce nel telefono. La
SD Card Association viene così incontro
a questa specifica necessità inserendo
nelle nuove specifiche 5.1 un profilo
torna al sommario
Arriva in Italia
HTC 10 evo
Anche lui è senza
jack per le cuffie
denominato Application Performance
Class: a breve saranno in vendita memorie marchiate A1 che rispondono
ad una serie di specifiche in termini di
velocità: 1500 IOPS in lettura random,
500 IOPS (input output operation for
second) in scrittura e 10 MB/s in lettura
e scrittura sequenziale. Le nuove card
saranno contraddistinte da questo logo
e la SD Association ha anche già pensato ad una prossima evoluzione, ancora
più veloce, da usare solo quando i tempi saranno maturi.
HTC ha ufficializzato l’arrivo in Italia dell’HTC 10 evo. Lo smartphone
sarà in vendita solo online, tramite lo store ufficiale della società,
a partire dal mese di dicembre. Il
modello è la versione europea dell’HTC Bolt, presentato per il mercato statunitense, di cui replica in toto
le caratteristiche tecniche. Il telefono è il primo HTC a introdurre gli
auricolari USB Type-C dual adaptive ed è privo del classico jack da
3,5mm. Grazie alla funzione HTC
BoomSound Adaptive Audio sarà
possibile regolare il volume in base
al livello sonoro circostante. Il telefono è inoltre compatibile con file
audio Hi-Res da 24-bit. HTC 10 evo
è certificato IP57, è cioè resistente
all’acqua, agli spruzzi e alla polvere. Il display è un Quad HD da 5,5”,
a bordo troviamo il processore
Snapdragon 810, 3 GB di RAM, una
fotocamera da 16 Mpx con doppio
Flash LED e stabilizzatore ottico
ed una frontale da 8 Mpx. HTC 10
evo sarà disponibile in due tagli di
memoria, da 32 GB e da 64 GB, comunque espandibile tramite micro
SD fino a 2 TB. Il sistema operativo
scelto è naturalmente Android 7.0,
la batteria da 3.200 mAh consente
un’intera giornata di utilizzo e si avvale della funzione Quick Charge
per una ricarica in tempi rapidi.
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29 NOVEMBRE 2016
MAGAZINE
MOBILE Debutta sul mercato italiano Nubia, nuovo e agguerrito competitor nel settore mobile
Nubia si presenta in Italia con Z11 Mini S
È un validissimo medio gamma (hands-on)
Nubia Z11 Mini S è uno smartphone Android di fascia medio-alta, costerà meno di 350 euro
di Mirko SPASIANO
N

ubia, società cinese nata nel 2012
dopo la scissione da ZTE, ha deciso
di fare le cose in grande anche in
Italia. Dopo aver iniziato a commercializzare i suoi smartphone nel Belpaese, la
compagnia cinese ha presentato ufficialmente Nubia in Italia. Durante la presentazione, la compagnia ha svelato in anteprima per il mercato italiano lo Z11 Mini S,
il fratellino minore del flagship di casa Nubia, lo Z11, presentato lo scorso febbraio al
Mobile World Congress.
Il nuovo arrivato è uno smartphone
Android di fascia medio-alta, con display
Full HD da 5.2 pollici, processore Snapdragon 625 e 4 GB di RAM. I componenti
sono incastonati in un’elegante scocca
in alluminio e da un vetro 2.5D, posto a
protezione di un display particolarmente
luminoso (450 nit) ed in grado di riprodurre secondo il produttore l’85% della gamma colore NTSC. A completare il quadro
ci sono una batteria da 3000 mAh e l’ormai consueto sensore per il rilevamento
delle impronte digitali posto sul retro. A
completare il quadro c’è un comparto fotografico di tutto rispetto. La fotocamera
principale ha un sensore Sony IMX318 da
22.5 Mpx con autofocus a rilevazione di
fase e apertura focale f/2.0, mentre quella
frontale è un modulo IMX258 da 13 Mpx
dello stesso brand. Z11 Mini S monta Android 6.0 Marshmallow, con skin custom
Nubia UI 4.0, quest’ultima presente su tutta la lineup della compagnia cinese.
Ma, al di là delle specifiche tecniche, com’è questo Z11 Mini S? Se si considera il
prezzo aggressivo a cui verrà proposto,
compreso tra i 300 ed i 349 euro (probabilmente 329, a detta dell’ufficio stam-
torna al sommario
Whatsapp
si aggiorna
Ora i video sono
in streaming
L’ultimo aggiornamento
della nota app
di messaggistica
sui sistemi Android
introduce la possibilità
di riprodurre contenuti
video senza l’obbligo
di scaricarli in memoria
di Michele LEPORI
pa), a partire dal prossimo gennaio, ci si
rende conto che offre un ottimo rapporto
qualità-prezzo. Certo, il design non è dei
più originali, a partire dalle bande per le
antenne, ma la qualità costruttiva, nonostante lo scetticismo iniziale, si è rivelata
sorprendente. Lo chassis in alluminio, infatti, restituisce un’ottima sensazione di
solidità, senza incidere troppo sul peso,
che si attesta sui 158 g. Inoltre, il particolare form factor dei 5.2 pollici gli conferisce
una discreta ergonomia e piacevolezza
d’uso. Infatti, nonostante la scocca metallica, lo Z11 Mini S si tiene davvero bene in
mano e non risulta affatto scivoloso.
La Nubia UI 4.0, poi, ad un primo sguardo,
sembra reattiva e ben ottimizzata perfino sui terminali base di gamma. Come
molte ROM di produttori cinesi, è un po’
acerba per il mercato italiano, nel senso
che vi si possono trovare qua e là errori
di localizzazione. C’è da dire, però, che
la personalizzazione Nubia UI 4.0 integra
molti aspetti delle versioni successive
di Android, come lo split-screen, e che
verrà aggiornata indipendentemente dal
sistema operativo, per fornire agli utenti le
principali features delle più recenti release di Android il prima possibile.
Ma veniamo a quello che è uno degli
aspetti più interessanti, non solo dello
Z11 Mini S, ma di tutto il portfolio Nubia.
La compagnia cinese ha riproposto anche in Italia un programma di beta testing
particolarmente ricco. I possessori di
smartphone Nubia potranno aderire ad
un beta testing privato, grazie al quale
potranno provare in anteprima le ultime
versioni di Nubia UI e di Android. C’è,
poi, anche un programma di beta testing
pubblico, grazie al quale alcuni utenti
designati potranno ricevere un device
Nubia, fornendo regolarmente feedback;
al termine del periodo di prova, la metà
di questi potrà tenere lo smartphone in
comodato d’uso gratuito.
Nubia ha dichiarato che intende aggiornare i propri device per almeno due
anni, con regolari update software e di
sicurezza. Non tutti i device riceveranno
sempre l’ultima release di Android, ma
secondo i vertici della compagnia, questo non sarà un grosso problema perché
gli aggiornamenti avranno un carattere
modulare: varie parti del software, come
la fotocamera e la Nubia UI in generale,
verranno aggiornate indipendentemente.
La distribuzione in Italia degli smartphone Nubia avviene già attraverso il sito
ufficiale italiano, ma ben presto verrà
avviata una collaborazione con Amazon
per l’apertura di un portale ufficiale e, in
un futuro non troppo lontano, faranno la
propria comparsa anche nei negozi fisici.
Verranno garantiti anche i canonici due
anni di garanzia, con tanto di assistenza
sul territorio italiano.
Infine, abbiamo anche avuto modo di
scambiare quattro chiacchiere con Austin
Peng, country manager italiano, il quale
ci svelato che la compagnia nutre grandi
speranze per il mercato nostrano. Secondo Peng, Nubia non ha un vero e proprio
“hero device” per l’Italia, un dispositivo su
cui puntano particolarmente. Tuttavia, il
Nubia N1, con la sua batteria da ben 5000
mAh ed un prezzo di listino molto aggressivo (229 euro), è tra i principali candidati a far bene. Per concludere, Peng ci
ha confidato che, alla casa base, stanno
esplorando la possibilità di espandersi in
altre categorie di prodotti, come tablet e
wearables, per creare un vero e proprio
ecosistema. Tuttavia, almeno al momento, si tratta solo di meri esperimenti di
laboratorio.
Ancora tempo di aggiornamenti in casa Whatsapp, ma per il
momento confinati sulla sola
sponda Android: l’ultima release
software della nota app di messaggistica regala ai suoi utenti
la funzione di vedere i video
in streaming senza aspettare
il download sullo smartphone.
Come altre app prima di lei, anche Whatsapp si adegua quindi
alla possibilità di vedere un contenuto prima di scaricarlo ed andare potenzialmente ad intasare
la memoria con un contenuto
che avremmo volentieri evitato
di perdere tempo a scaricare:
il team di sviluppo, da sempre
avaro di aggiornamenti corposi, ha da qualche tempo spinto
sull’acceleratore delle compatibilità video, introducendo le videochiamate prima, e mettendo
in beta test una funzione stile
Snapchat Stories poi. Quale sarà
la prossima mossa?
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29 NOVEMBRE 2016
MAGAZINE
PC Tra le novità dei MacBook Pro 2016 presentati a ottobre, la Touch Bar OLED è la più interessante
Prova la Touch Bar su qualsiasi Mac e iPad
Due app gratuite simulano la nuova barra OLED touch presente sugli ultimi MacBook Pro
Touché e Touch Bar Demo app, due simulazioni utili per sviluppatori e semplici curiosi
di Giulio Minotti
L
a Touch Bar OLED è sicuramente
la novità più interessante e curiosa dei nuovi MacBook Pro 2016
presentati a ottobre. La barra, posizionata al posto dei pulsanti funzione,
può ora essere provata anche su altri
prodotti Apple tramite due app gratuite, ossia Touché e Touch Bar Demo
app.
La prima, scaricabile direttamente dal
sito web dello sviluppatore, richiede
l’ultima versione stabile di macOS, la
10.12.1 build 16B2657. Si tratta di un
piccolo software gratuito che rappresenta una valida alternativa al tool di
simulazione sviluppato direttamente
da Apple ( che richiede Xcode) e che
replica alcuni dei comandi associati ai
tasti funzione nella prima fila in alto
nella tastiera fisica dei Mac. È inoltre
possibile utilizzare scorciatoie per vi-
Dopo averlo annunciato
qualche mese fa, Adobe
pubblica Photoshop
Elements 15, con tanto
di prezzo scontato
per la prima settimana
60 euro anziché 100
di Mirko SPASIANO
sualizzarla sullo schermo o per catturare uno screenshot.
In alternativa, è anche disponibile su
questa pagina di GitHub Touch Bar
Demo app in grado di simulare il funzionamento della barra OLED dei nuovi MacBook Pro 2016 anche su iPad
con una serie di comandi touch, di
modo tale da provarla in tutte le sue
funzionalità.
In definitiva, si tratta di due software
utili, ad esempio, agli sviluppatori (ma
anche ai semplici curiosi), creati per
sperimentare il comportamento della
Touch Bar e per farsi un’idea generale
del suo funzionamento.
PC I pledge partono da 149 dollari fino a 599 dollari. Spedizioni per giugno del prossimo anno
Voglia di nuovo MacBook Pro e di vecchie porte
La Line Dock di Indiegogo è la soluzione giusta
Desiderio di nuovo MacBook Pro ma paura di non poter collegare le vecchie periferiche?
La dock di Indiegogo ha le vecchie USB, HDMI, DVI, batteria e memoria di archiviazione
di Filippo TONELLI
L

a USB-A è morta, lunga vita alla
USB-C: il nuovo mantra in casa
Apple sta facendo a botte con il
fascino del vintage che sembra rapire
molti acquirenti del nuovo MacBook
Pro Retina, spaventati dal passaggio a
un’interfaccia più evoluta.
Il crowdfunding di Indiegogo sta venendo incontro alla vox populi che
vorrebbe mantenere un piede nel passato e presenta Line Dock, disponibile
in versione da 12”, 13” e 15” per fare
il paio con tutte le macchine USB-C
only della major californiana e ha sostanzialmente la forma di un vecchio
MacBook senza schermo. Nello chassis sono integrate 3 USB-A, 1 MiniDisplay, 1 USB-C ed anche un ingresso
SD card.
torna al sommario
Adobe
Photoshop
Elements 15 si
tuffa nello Store
di Windows 10
a prezzo di saldo
Clicca qui per il video.
Non basta? Le USB permettono di
caricare fino a 3 dispositivi contemporaneamente. Volete ancora di più?
Line Dock ha una batteria che può
ricaricare il MacBook fino ad 1 volta
e mezza. Vogliamo strafare? Delle 4
versioni proposte nella campagna, 3
hanno anche un SSD integrato che
parte da 256GB ed arriva ad 1TB. E
per le fashion victim, versione argento od anodizzata space gray. I pledge
partono da 149 dollari, le spedizioni
sono previste per giugno 2017.
Qualche mese
fa Adobe aveva dichiarato
che avrebbe
portato le sue
app sul Windows
Store
entro la fine
dell’anno e,
con un mese
abbondante
di anticipo sui fuochi d’artificio
2017, ecco sbucare Photoshop
Elements 15. E il prezzo di lancio, per la prima settimana, è
fortemente scontato: 59,99 euro
in luogo di 99,99, con un buon
-40%. Si tratta della medesima
app Win32 disponibile sui PC
anche non aggiornati all’ultima
versione del sistema operativo
di Microsoft, arrivata sullo Store
grazie al Desktop App Converter. Tra le principali caratteristiche si annoverano un’interfaccia
ottimizzata per il touch, un sistema di smart-tag per cercare rapidamente tra le proprie immagini
in base ai soggetti ed i consueti
strumenti per l’editing foto. Tra
questi spicca la possibilità di trasformare le espressioni accigliate in sorrisi e la modifica di altri
particolari del volto.
Certo, non ha la stessa potenza
e versatilità di Photoshop CC,
ma è pur sempre uno strumento che soddisfa le necessità dei
più ed anche un prezzo decisamente più accessibile. E, poi, più
scelta per gli utenti è sempre
ben accetta.
P5 Wireless.
Abbiamo eliminato
il cavo ma il suono
è rimasto lo stesso.
P5 Bluethooth, musica in mobilità
senza compromessi con 17 ore di
autonomia e ricarica veloce per
performance allo stato dell'arte. La
solita qualità e cura nei materiali di
Bowers & Wilkins adesso senza fili
grazie alla nuova P5 S2 Bluetooth.
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n.145 / 16
29 NOVEMBRE 2016
MAGAZINE
GAMING Si tratta, al momento, di indiscrezioni. Notizie più certe nelle prossime settimane
Xbox One: guida più ricca e picture-in-picture
Xbox One avrà la sua dose di Creators Update: multitasking più spinto e guida più raffinata
L
di Roberto PEZZALI
a guida introdotta lo scorso anno
con la New Xbox One Experience ha
migliorato significativamente l’esperienza d’uso della Xbox One. Ma, grazie
al programma Insider, tutte le versioni del
sistema operativo di Microsoft sono veri
e propri cantieri sempre aperti e, con il
Creators Update (il prossimo aggiornamento che investirà tutta la famiglia
di prodotti Windows 10), sono previste
novità importanti anche per la console di
casa.
Secondo le indiscrezioni raccolte da Windows Central, la guida verrà potenziata,
con lo scopo di velocizzare le operazioni
comunemente svolte sulla Dashboard. In
particolare, pare che verranno aggiunte
una sezione con i giochi e le app utilizzate di recente e un’altra completamente personalizzabile, per fornire rapido
accesso ai contenuti aggiunti e bloccati
sulla Dashboard. Sembra che Microsoft
stia esplorando la possibilità di avviare la
guida con un singolo tap del tasto menu,
Dal 12 dicembre i
proprietari di Xbox One
potranno godere in
streaming della loro
libreria videoludica
anche su Oculus Rift:
non siamo ancora alla
compatibilità completa,
ma la strada è tracciata
in luogo del doppio-tap attuale. Ma le novità non finiscono qui. Pare che Microsoft
potrebbe rimuovere del tutto la modalità
Snap, che oggi consente di affiancare due
app side-by-side. Ma questa non è necessariamente una cattiva notizia, perché le
operazioni di multitasking potrebbero
essere condotte attraverso il picture-inpicture, ovvero una finestra flottante con
un’applicazione secondaria da disporre
su uno degli angoli (magari con opacità
regolabile). Il fatto che le nuove app universali del Windows Store, nonostante
la loro insita elasticità non supportino la
modalità Snap potrebbe essere un chiaro
segno del cambio di rotta imminente. È
bene sottolineare, comunque, che al momento si tratta ancora di semplici rumor,
per cui queste features potrebbero non
vedere mai la luce del sole. Se ne saprà
sicuramente di più nelle prossime settimane attraverso il programma Insider.
GADGET DJI è leader mondiale nella produzione di UAV professionali ad altissima tecnologia
Drone “cinematografico” DJI Inspire 2
Potente, veloce e con prestazioni monstre
DJI presenta il quadricottero Inspire 2: fa 108 km/h, filma a 5.2K e rileva ostacoli a 360 gradi
di Roberto PEZZALI
P

otentissimo, veloce come un
ghepardo e tecnologicamente
mostruoso: Inspire 2 è il nuovo
drone DJI a prova di regia hollywoodiana. Erede naturale del rivoluzionario Inspire 1 del 2014 (primo UAV con
gimbal stabilizzato su 3 assi e cam HD),
il nuovo modello ne incrementa a di-
torna al sommario
Pronti
per giocare
con Xbox One
su Oculus Rift?
smisura le qualità salienti. Innanzitutto,
la camera FPV, completamente aggiornata, che può ora catturare foto da 20
Megapixel, e soprattutto registrare video fino a 5.2K@30fps, in 4K@60fps e
in diversi formati (tra cui Apple ProRes
e CinemaDNG RAW). E poi la velocità
di movimento, forse la caratteristica
più impressionante in assoluto: Inspire
2 accelera da 0 a 80 Km/h in appena
4 secondi (valore simile ad
un’auto granturismo), raggiunge un massimo di 108
km/h in linea orizzontale, e
può scendere in verticale
a 9 metri/secondo.
Realizzato con un frame
in lega di alluminio e magnesio per una maggiore robustezza, dispone
inoltre di un sofisticato
impianto anti-collisione, costellato di
sensori ottici e a infrarossi in grado
di rilevare li ostacoli a 360 gradi e 30
metri di distanza, garantendo la massima sicurezza in volo. I sistemi di bordo
sono ora ridondanti (a cominciare dalla
batteria), così da permettere all’Inspire
2 il pieno proseguimento dell’attività
anche in caso di malfunzionamenti
vari. Ciliegina sulla torta le nuove eliche, progettate per lavorare anche a
notevoli altitudini, onde permettere al
quadricottero di girare con disinvoltura
sequenze in alta montagna.Le opzioni
per controllare il super-drone, infine,
sono più d’una: a due radiocomandi indipendenti (uno per governarne il movimento, l’altro per gestire le riprese),
si affianca l’ultima versione dell’app
DJI GO, dedicata agli irriducibili dello
smartphone.
di Michele LEPORI
Xbox One e Oculus Rift saranno
amici per la pelle dal 12 dicembre: questa data, come indicato
da Microsoft in un comunicato
stampa congiunto, segnerà l’inizio di una partnership importante volta a portare la realtà virtuale nel mondo del gaming. Come?
Con un’app. Xbox One Streaming to Oculus Rift connetterà la
Xbox One del salotto al network
senza fili di casa e, una volta stabilizzata la connessione, invierà
il segnale al visore Oculus VR,
che riprodurrà la libreria videoludica della console su un enorme
schermo inserito in tre ambienti
virtuali a libera selezione dell’utente: essi saranno Citadel,
Retreat e Dome. A beneficiare della nuova funzionalità VR
di Xbox One, i titoli principali a
catalogo: Gears of War 4, Forza
Horizon 3, Halo 5: Guardians, e
i principali giochi sportivi, in attesa di un 2017 che promette di
ampliare di molto la portata del
servizio. Lo stream della libreria
non è ancora sinonimo di compatibilità completa ma l’intento è
sotto gli occhi di tutti, e se si aggiunge la presenza di un controller Xbox One in ogni confezione
di Oculus VR le previsioni sulle
tempistiche potrebbero essere
relativamente brevi.
n.145 / 16
29 NOVEMBRE 2016
MAGAZINE
AUTOMOTIVE Ford ci ha aperto le porte della sua megafabbrica di Valencia, in Spagna, uno dei più avanzati stabilimenti al mondo
Visita alla “fabbrica delle meraviglie” di Ford
La tecnologia nella fabbrica di Valencia abbonda, ma non sostituisce l’uomo, lo aiuta a raggiungere livelli di eccellenza
S
di Massimiliano ZOCCHI

pesso parlando di megafabbriche, siamo portati a pensare che questi gioielli della produttività siano tutti situati a casa dei soliti noti: Stati
Uniti, Cina, e poche altre eccezioni. In realtà Ford da
quarant’anni, con l’inaugurazione nel 1976, ha uno
dei suoi fiori all’occhiello nell’assolata Spagna, per
la precisione a Valencia. Questa impianto produttivo
gioca un ruolo fondamentale per l’azienda americana, realizzando non solo diversi modelli della gamma, ma anche componenti e motori che vengono poi
spediti in tutto il mondo per alimentare la produzione delle altre fabbriche. Tanto per fare un esempio,
i motori delle famose Mustang, vengono proprio da
qui. Su un’incredibilmente enorme area di 2.7 milioni di metri quadrati (ci è servito un bus turismo per
spostarci da un reparto ad un altro), con 8.600 dipendenti, 400.000 auto prodotte all’anno e 500.000
motori, lo stabilimento di Valencia non fa solo del
volume di produzione un suo tratto distintivo, ma lo
è anche la tecnologia, utilizzata in modo massiccio, e
spesso con soluzioni uniche e esclusive di Ford.
In questo nostro tour abbiamo avuto accesso a diverse aree della Valencia Plant, senza segreti e senza proibizioni, potendo vedere dal vivo come ogni
giorno migliaia di lavoratori non si sentono minacciati dall’arrivo dei robot, dei tablet, degli occhi digitali,
ma al contrario diventano quasi come dei colleghi
virtuali. Una situazione in cui le tecnologie non sono
implementate in un’ottica di risparmio sulla forza lavoro, ma bensì come soluzioni per raggiungere livelli
di qualità prima impossibili, lasciando sempre alla
parte umana la facoltà di decidere, di controllare in
torna al sommario
modo definitivo, contribuendo a mantenere le persone insostituibili ancora per molto tempo.
Il “cacciatore” di click
Pensando a dotazioni tecnologiche in una linea di
montaggio, normalmente si pensa subito a braccia robotiche di diverso genere, adatte a svolgere ogni tipo
di compito, troppo pesante e difficile per le persone.
Ovviamente anche in una fabbrica come questa non
mancano i robot in senso classico, ma il punto di forza
di Ford è la ricerca di altri compendi hi-tech, per facilitare e migliorare ogni fase produttiva.
Un chiaro esempio di questa filosofia è Click Hunter. In
ogni motore ci sono diversi cablaggi, che ovviamente
devono essere realizzati alla perfezione, e senza rischio di scollegamenti durante l’utilizzo. Per far questo
si utilizzano parti ad incastro come in qualsiasi caso
simile. Il problema è che in un ambiente enorme ed
estremamente rumoroso diventa difficile se non impossibile udire ogni singolo “click” emesso dai cablaggi ad
ogni pressione dell’operatore sulla linea di montaggio.
Prima di studiare un buon metodo preventivo, Ford registrava fino all’80% di cablaggi da ricontrollare, allungando i tempi di produzione e rischiando di mandare
in catena di montaggio motori difettosi. Così un team
interno ha studiato un metodo per diminuire se non
azzerare questo problema. Dopo prove e fallimenti si
è giunti a Click Hunter, un sistema il cui centro è il microfono a ultrasuoni che vedete nella foto, insieme a
un database di tutti i suoni emessi dai singoli cablaggi,
anche di motori diversi. Quando un determinato tipo di
motore arriva alla postazione, viene riconosciuto, e il
“cacciatore” sa esattamente quanti suoni deve emettere l’operazione di cablaggio, e anche la loro corretta
intensità. Se un suono manca, o secondo il microfono
intelligente non è quello giusto, il motore non avanza e
viene subito ricontrollato. Per dare un’idea dell’utilità di
questo sistema, dopo la sua messa in funzione, la qua-
lità dei cablaggi è arrivata a uno stabile 99%. Di fatto un
errore comune è stato completamente eliminato.
Scan 3D per eliminare i difetti
Un motore moderno può arrivare ad avere 3.000 componenti. Controllare ogni motore, anche con un operatore esperto richiederebbe ore, diminuendo drasticamente il volume produttivo, o prendendo la difficile
decisione di abbassare il campione di controllo. Grazie
alla tecnologia Vision Systems, Ford ha potuto dire addio anche a questo problema.
I motori assemblati, dopo le fasi di montaggio e cablaggio, arrivano tramite consueti nastri trasportatori,
in una sorta di camera fotografica. all’interno di questo
set fotografico in miniatura, diverse fotocamere scattano in pochi istanti oltre 3.000 immagini, che in pratica
vanno a costituire un rendering globale del motore.
Se un qualche dettaglio non dovesse corrispondere al
progetto originale, il pezzo viene dirottato su una linea
di controllo immediatamente.
segue a pagina 25 
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29 NOVEMBRE 2016
AUTOMOTIVE
Visita alla fabbrica di Ford a Valencia
segue Da pagina 24 
Non solo questo occhio digitale (sviluppato in collaborazione con l’università di Valencia) permette di correggere errori a breve termine, ma anche se dovessero
presentarsi in un secondo momento. Le immagini infatti vengono immagazzinate in un server centrale per
almeno un anno. Se un fornitore dovesse avvisare Ford
di un difetto di conformità su un componente, le foto
possono essere ricontrollate per individuare eventuali unità con tale problema. E dato che i motori ultimati
possono restare in fase di stoccaggio e spedizione
anche per sei mesi, è possibile evitare che il propulsore difettoso entri in catena di montaggio, scongiurando quindi una campagna di richiamo a vetture già
vendute.
MAGAZINE
nente si rivela essere in realtà perfetto. L’operaio non
deve fare altro che dare conferma sul display touchscreen per approvare il passaggio alla fase successiva.
In ogni caso ogni pezzo è marchiato con un QR code
che contiene tutti i riferimenti, da quale stabilimento
proviene, fino all’orario preciso dei controlli. Il codice è
stampato con un metodo estremamente duraturo, per
cui resta visibile anche dopo anni di utilizzo. In caso di
guasto, Ford sarà sempre in grado di risalire alla storia
completa del pezzo difettoso, per analizzare a fondo
il problema, ed eventualmente identificare partite con
irregolarità simili. La tracciabilità è implementata in una
grande varietà di componenti, generando un database
di dimensioni di svariati terabyte all’anno.
Il computer scova i difetti
l’uomo li corregge

torna al sommario
Produzione inarrestabile
Tutto quello che abbiamo visto, e molto altro, accade
per 22 ore al giorno, per 5 giorni alla settimana. Gli oltre 1.000 robot presenti in fabbrica sgravano l’uomo dai
lavori che sarebbero troppo difficili, e si integrano alla
perfezione tra tutti i lavoratori, così come le altre tecnologie presenti. Persino gli smartphone che potrebbero
sembrare così lontani dal mondo della fabbrica, vengono implementati grazie ad app per seguire le fasi di
lavorazione, ed a bracciali speciali che li trasformano in
wearable giganti. tutto questo si traduce in un risultato
stupefacente: dalla linea finale escono auto pronte al
ritmo di una ogni 40 secondi, senza una sequenza logica, tutte diverse in base agli ordini. Non solo i computer
guidano molte fasi di produzione, ma le coordinano in
maniera perfetta, così che la scocca di una berlina arrivi sincronizzata con il suo telaio, pronti per unirsi a
formare la vettura, e subito dietro ci sia un minivan, o
un SUV, o altro ancora. Una sola linea per realizzare
anche cinque modelli diversi e con finiture diverse. In
ogni momento display giganti segnano i passaggi e lo
Vision System Ford
Il sistema Vision viene utilizzato anche in scala più
ridotta, dove vengono prodotti i singoli componenti
del motore. Queste parti vengono utilizzate sia direttamente a Valencia, ma servono anche a soddisfare la
domanda di altri stabilimenti, per cui è fondamentale
che arrivino a destinazione solo pezzi perfetti, pronti
per essere utilizzati. E’ il caso dell’albero a camme, che
viene analizzato fino al minimo dettaglio, con il sistema
fotografico. Può essere identificato un difetto piccolo
come un granello di sabbia, ma il sistema si spinge oltre, segnalando anche i casi dubbi.
Questo è un tipico caso di interazione uomo-macchina.
L’albero presunto difettoso viene deviato su un rullo che
arriva nelle mani di un operatore (operatrice nel nostro
caso), che tramite un display può visualizzare il punto
esatto del “sospetto” segnalato dal computer. Viene
quindi fatta una attenta analisi, sia tattile, sia visiva, e
nei casi possibili anche piccole correzioni meccaniche.
In molti casi Vision è solo molto pignolo, e il compo-
Nella sala non c’è la riproduzione di un veicolo, ma solo
e soltanto un cruscotto finito, alloggiato su un sorta di
finto telaio, a sua volta collegato a dei potenti generatori
di movimento e vibrazioni. Il tutto è collegato a un computer e a un software, in grado di simulare diversi tipi
di pavimentazione stradale e le relative sollecitazioni
meccaniche. Durante il programma di simulazione non
ci sono poi sensori o microfoni; il tutto è lasciato al controllo di un addetto controllo qualità, che utilizza proprio
i sensi umani come metodo di verifica, cercando rumori
anomali, o parti con movimenti non previsti, il tutto eseguito anche a distanze diverse.
Precisione d’altri tempi
La nostra visita è poi proseguita verso un settore che si
occupa di qualcosa di meno preciso a livello ingegneristico, ma che necessita comunque di molta precisione
e finezza di dettagli: gli interni. Ci siamo soffermati sul
cruscotto della nuova Ford Kuga, in particolare della
versione top di gamma Vignale. Oltre ad avere tutta
la normale strumentazione, qui troviamo anche rivestimenti in pelle anche sulle plastiche del cruscotto, e tutti
gli optional, con relativi pulsanti e display touchscreen
del sistema Ford Sync.
L’assemblaggio finale delle strumentazioni, e del computer principale è una operazione che gli esperti operai
svolgono in pochissimi secondi. Per poterlo fare però è
necessario che abbiano sempre componenti a sufficienza a portata di mano. Per agevolare chi sta in catena di
montaggio, c’è chi si occupa di reperire costantemente
tutto il materiale necessario, e nel farlo è guidato da un
sistema completamente automatizzato. Sopra i cassoni
contenenti il materiale ci sono delle luci e delle quantità.
Secondo il lavoro da completare, le luci si accendono
indicando all’addetto quali pezzi radunare per trasportarli ai colleghi, e dei codici a barre identificano ogni singola parte. Ma in un prodotto che vuole rappresentare
il meglio di una azienda, non si può rischiare che in un
assemblaggio, fatto in gran parte manualmente, ci sia
qualcosa che è andato storto. Così a pochi passi dalla
linea di produzione, è stata allestita una silent room, con
un vero e proprio simulatore, ma non di quelli a cui siamo abituati in ambito automobilistico.
stato del lavoro, così che ci sia sempre un occhio alla
tabella di marcia e al ritmo del lavoro proprio e altrui. Se
una linea si interrompe per qualsiasi motivo può bloccare l’intero processo. Così anche allarmi sonori aiutano i responsabili di reparto a intervenire prontamente.
segue a pagina 26 
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29 NOVEMBRE 2016
MAGAZINE
AUTOMOTIVE L’annuncio di otto tra i più importanti governi mondiali sull’adozione di auto a propulsione sostenibile
Otto Stati passano all’elettrico nelle flotte governative. Italia assente
Obiettivo: abbassare le emissioni di gas serra e spingere i protagonisti del settore a un maggiore impegno. Tranne l’Italia...
di Massimiliano ZOCCHI
urante la Conferenza per i Cambiamenti Climatici (COP22) di
Marrakech, 8 governi tra i più importanti al mondo hanno siglato un’intesa
secondo cui si impegneranno (ove possibile) ad adottare per le flotte governative
veicoli a zero emissioni locali. I firmatari
sono Canada, Cina, Francia, Giappone,
Norvegia, Svezia, Regno Unito e Stati
Uniti. Stranamente assente la Germania,
che ha forti politiche per la diffusione
dei veicoli elettrici, mentre ormai non
fa notizia l’assenza cronica dell’Italia in
queste iniziative.Secondo il documento,
gli 8 governi si impegnano ad essere
leader nella spinta reale nel passaggio
D
alle zero emissioni, coinvolgendo anche
realtà locali come amministrazioni locali
e regionali, per passare sempre più velocemente a veicoli a basse emissioni
nell’ottica di diminuire i gas serra. Il target
sarebbe quello di arrivare a 20 milioni di
mezzi ad emissioni ridotte entro il 2020,
includendo anche plug-in e fuel cell, con
il traguardo successivo fissato al 2030 in
cui almeno il 20% di tutti i mezzi circolanti
dovranno essere eco-friendly. Va sottolineato che si tratta di un patto volontario, ma sembra preso molto seriamente,
tanto che alcuni si spingono anche più in
là, come il Giappone che promette entro
il 2030 solo ed esclusivamente veicoli
“next-gen”. Dopo aver perso i treni degli
AUTOMOTIVE
Visita alla fabbrica di Ford a Valencia
segue Da pagina 25 
Ogni settore ha una “canzoncina” diversa, così in caso
di un arresto improvviso il supervisore può identificare
immediatamente in quale punto c’è l’intoppo. Questo
livello di precisione fa della Valencia Plant una fabbrica
importantissima non solo per Ford, ma per tutta l’Europa, spingendo anche i competitor a studiare sempre
nuove soluzioni, magari ispirandosi a quelle dell’azienda americana, che non ha avuto timore di mostrarcele,
poiché ovviamente sono tutte brevettate.
Tecnologia in fabbrica, tecnologia anche
a bordo

Come detto in precedenza, una delle vetture realizzate
nello stabilimento di Valencia, è la nuova Ford Kuga.
Un SUV compatto ma spazioso, che fa della tecnologia on board uno dei suoi punti di forza. Ovviamente
Ford non ha perso l’occasione di farci provare la sua
nuova creatura, nella versione Titanium, più semplice e
torna al sommario
incentivi statali, della promozione di una rete di ricarica adeguata, l’Italia perde
anche questa occasione,
dimostrando poca attenzione ai temi della sostenibilità e della salvaguardia
ambientale, nonostante le
promesse più volte elargite. Ecco uno stralcio della
dichiarazione:
“Come membri della Electric Vehicles
Initiative, coopereremo per facilitare il
passaggio ad almeno 20 milioni di EV,
inclusi ibridi plug-in e fuel cell entro il
2020. Ci impegnamo ad abbassare le
emissioni inquinanti, accelerando l’in-
ad ampio target, e Vignale, marchio che esprime per la
casa dell’ovale le finiture premium. In entrambi la dotazione tecnologica, in particolare per l’assistenza al guidatore, è al top del settore. Grazie ad una telecamera
che inquadra costantemente la strada di fronte, alloggiata vicino allo specchio retrovisore, Kuga è in grado
di individuare i principali segnali stradali, e mostrarli
sul display dietro il volante, in modo che il guidatore
sappia sempre il limite di velocità del tratto che percorre, i divieti di sorpasso, ed altre indicazioni. La stessa
telecamera individua anche le linee delle corsie, e il
sistema quindi avvisa se le si oltrepassa senza usare
l’indicatore di direzione. L’avviso è sia a vista, con delle
linee verdi o gialle - in base alla precisione di guida - sia
con una vibrazione al volante (di intensità regolabile).
E’ possibile anche impostare una lieve autocorrezione
per venire riportati automaticamente in corsia. Di certo non un autopilota, ma la spinta che viene data allo
sterzo è ben avvertibile. Completa il set di aiuto al pilota, l’avviso di collisione frontale, che fino alla velocità
di 50 km/h, innesca anche una frenata di emergenza,
oltre a un avviso sonoro molto fastidioso. Questa sorta
di radar frontale è implementato anche nel cruise con-
troduzione di veicoli a basse emissioni
nelle nostre flotte. Incoraggiamo enti non
statali come città e regioni e aziende a
fare altrettanto e accorciare i tempi di
passaggio delle flotte (bus, taxi, municipi
e rappresentanza).”
trol adattattivo. La vettura oltre alla velocità impostata, segue anche il traffico che precede, mantenendo
sempre una giusta distanza di sicurezza, rallentando se
necessario, e riaccelerando quando il flusso dei veicoli
si velocizza. E ovviamente non bisogna preoccuparsi
dei parcheggi. Da display sono impostabili tutti i tipi di
parking, per far eseguire a Kuga la manovra, dosando
solo il freno e il gas.
Sync 3, con Apple CarPlay
e Android Auto
Sul fronte infotainment, Kuga come tutte le nuove vetture Ford ha in dotazione il sistema Sync 3, migliorato
rispetto al predecessore con una CPU più potente, e
l’implementazione di Apple CarPlay e Android Auto.
Oltre alle due piattaforme concorrenti, c’è anche AppLink di Ford che permette di utilizzare direttamente
diverse app anche senza smartphone. Il display centrale è risultato discretamente reattivo, anche durante
i pinch to zoom, grazie anche al display di tipo capacitivo. Nel bracciolo centrale si nascondono due prese
USB, per la letture di pendrive o anche per la ricarica di
device portatili, e nel nostro caso appena collegato un
iPhone, è stato subito riconosciuto da CarPlay chiedendo la conferma di collegamento. Molto comodi anche
i comandi vocali, attuabili dal volante, per evitare di distrarsi alla guida. In definitiva Kuga non tradisce le sue
origini, e sposa la tecnologia al massimo delle possibilità, così come la fabbrica dove vede la luce. Avere una
fabbrica all’avanguardia, oltre a rendere competitivi,
fa anche risparmiare denaro in modo diretto, permettendo di girare questo risparmio in parte al cliente. La
sensazione è che si stia spostando l’asticella della qualità sempre più in alto e sempre più in fretta, rendendo
maggiormente disponibili novità e optional che fino a
poco tempo fa erano visti come relegati a una fascia
di veicoli ben più alta. La direzione è tracciata, a tutto
vantaggio del consumatore.
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29 NOVEMBRE 2016
MAGAZINE
AUTOMOTIVE La prima offerta in Italia per la mobilità elettrica, collaborazione tra Enel e Nissan
E-Go All Inclusive, la soluzione per l’auto elettrica
Auto elettrica e installazione di una stazione di ricarica con un canone mensile di 299 euro
E
di Gaetano MERO
-Go All Inclusive è la prima offerta
in Italia dedicata alla mobilità elettrica nata dalla collaborazione tra
Enel e Nissan. Si tratta di una proposta
“chiavi in mano” che comprende la box
station per la ricarica domestica compresa d’installazione fornita da Enel;
una Nissan LEAF, con batteria da 30
kWh in grado di percorrere fino a 250
km e l’App e-go, per localizzare tutte le
colonnine elettriche in Italia e ricaricare
l’auto. E-Go All Inclusive è disponibile
con un canone mensile a partire da 299
euro al mese, più un anticipo, alla scadenza del contratto il cliente potrà decidere se restituire l’auto o tenerla con
rifinanziamento del valore residuo.
L’App e-go, disponibile per iOs e Android, e permette di individuare la
colonnina più vicina compatibile con
il servizio di Enel Energia grazie alla
geolocalizzazione integrata. La tariffazione è in base ai minuti di utilizzo della
presa anziché a energia prelevata e il
pagamento mensile avviene tramite addebito su carta di credito, calcolato sul
Skoda conferma, come
parte del progetto
di elettrificazione
dei brand controllati
da Volkswagen, l’arrivo
nel 2019 della versione
ibrida plug-in della
Superb
consuntivo del mese precedente. La
ricarica è gratis fino a dicembre 2016
mentre a partire dal primo gennaio
2017 la tariffa promozionale è di 0,025
€ al minuto, IVA e imposte incluse.
Nissan LEAF è uno dei veicoli più importanti del settore: l’auto è elettrica al
100%, ha un’efficienza maggiore rispetto ai veicoli tradizionali, genera zero
emissioni di CO2, NOx e PM10 in fase
di marcia, non produce inquinamento
acustico e percorre fino a 100 Km con
soli 4€ di rifornimento.
L’auto sarà disponibile in tre versioni Visia Plus, Acenta e Tekna, ed è dotata di
sistemi evoluti come il touch screen da
7” con navigatore, l’Around View Monitor (AVM) che consente una visione
dell’esterno a 360°, l’impianto hi-fi Bose
con lettore cd Mp3, radio, ingressi USB,
iPod e Aux con 7 altoparlanti. Inoltre
l’app ufficiale NissanConnect consente
di monitorare lo stato di ricarica delle
batterie, l’autonomia residua, la posizione dell’auto ed avviare la ricarica a
distanza.
AUTOMOTIVE La prima auto elettrica a grande autonomia e prezzo accessibile diventa realtà
Chevy Bolt, l’auto elettrica più rivoluzionaria di sempre
General Motors mantiene le promesse: a breve le prime Bolt arriveranno in concessionaria
di Massimiliano ZOCCHI
infografica di General Motors non
lasciava spazio a dubbi, recitando disponibile alla fine del 2016.
I soliti maligni però non hanno perso
occasione di dubitare della capacità
produttiva di GM, nonché del fatto che
Chevrolet Bolt fosse in realtà così pronta per la produzione di massa. Le cose
invece pare stiano andando secondo i
piani, e già tra una settimana le prime
Bolt potrebbero essere in mano ai fortunati proprietari. Si parla ovviamente
del mercato statunitense, in particolare
California e Oregon, dove alcuni dealer
hanno fatto sapere di aspettare le prime
vetture già il 28 novembre, con una seconda consegna per metà dicembre, 53
unità in totale. In Oregon sembrerebbe
che 6 siano già state consegnate, di cui
4 già vendute a clienti che hanno lasciato 1.000 dollari come caparra. Così la

L’
torna al sommario
Anche Skoda
sale sul treno
dell’elettrico
con un occhio
al portafoglio
prima auto 100% elettrica dal prezzo accessibile (anche se non economico in fin
dei conti, 35.000 dollari) e con grande
autonomia (supera agevolmente i 400
km) sarà già sulle strade alla fine di un
anno che ha visto tanti annunci da parte
di molte case, ma pochi fatti concreti. In
Europa Bolt arriverà sotto il brand Opel
e si chiamerà Ampera-e, ed è difficile
al momento capire quanta parte della
produzione iniziale verrà dirottata per il
vecchio continente. Con la Tesla Model
3 ancora molto lontana, solo Renault
con la nuova Zoe da 41 kWh ha pronta una proposta altrettanto allettante,
anche se in un segmento leggermente
diverso. Si attendono le mosse di tutti
gli altri player, che rischiano di arrivare
con quasi due anni di ritardo rispetto a
General Motors.
di Massimiliano ZOCCHI
Anche Skoda, controllata dal gruppo Volkswagen, si appresta a fare
il suo ingresso nel mondo delle
auto elettriche. Lo farà dapprima
da una semplice quanto efficace ibrida plug-in, con la Superb.
VW ha dichiarato che tutti i suoi
brand saranno coinvolti nel nuovo corso dell’azienda, che punta
tutto sulle propulsioni alternative
e l’automotive 3.0, e Skoda non fa
eccezione. Probabilmente Superb
avrà in dote molto di quanto è già
a bordo della Passat GTE, ereditandone il powertrain, mentre non
è dato sapere quanti saranno i km
percorribili in puro elettrico. Logico
pensare però che la scelta potrà ricadere nei classici 40-50 km come
in quasi tutti i modelli con tecnologia simile. L’AD Bernhard Maier si è
detto tranquillo:
“Skoda vede il 2019 come un punto di inizio, in cui la domanda per
questi veicoli sarà abbastanza
alta da poterli produrre a costi più
bassi. La strategia di Skoda non
è di arrivare per prima, ma offrire
tecnologie a un prezzo accessibile, per questo il 2019 è il nostro
target”. Anche Superb sarà basata
sulla piattaforma comune MEB, e
la versione PHEV sarà presentata
sia come berlina che come wagon,
esattamente come quella attuale.
n.145 / 16
29 NOVEMBRE 2016
MAGAZINE
AUTOMOTIVE Anche Ford è pronta a un salto di qualità, dopo qualche veicolo ibrido plug in
Salto di qualità per la nuova Focus elettrica
Le cose stanno per cambiare per Ford: Focus Electric fino a 250 km di range e ricarica Fast
C
di Massimiliano zocchi
ontinua il processo di “elettrificazione” della gamma di tutti i costruttori, e non poteva mancare
anche uno dei più importanti, Ford. In
realtà già negli scorsi anni si è già visto qualche timido passo da parte della
casa americana, ma poco più che un
esperimento per testare il mercato. Ora
invece pare che le cose si facciano più
serie, con l’arrivo della versione 2017
della Focus Electric, che questa volta
porterà in dote fino a 250 km di autonomia, la ricarica DC fast, e un prezzo di
listino di 29.120 dollari.
La batteria al litio cresce fino a 33.5
kWh, ed è accredita dall’EPA come in
grado di fornire circa 200 km di auto-
La Casa bavarese
lancerà il prossimo
anno il restyling
della elettrica i3 con
aggiornamenti estetici
ed una nuova batteria
di Giulio MINOTTI
nomia in un utilizzo reale, mentre i 250
che presumibilmente riceverà in omologazione europea sono solo per cicli
urbani. Importante notare come il caricatore di bordo sia comunque discreto,
caricando a 6.6 kW in 5 ore circa, mentre diventa di serie la ricarica Fast con
connettore DC Combo, molto probabilmente a 50 kW di potenza.
Questa nuova versione sarà al 100%
americana, prodotta nello stabilimento
in Michigan, e proprio dagli Stati Uniti
inizierà la commercializzazione. Il modello precedente era arrivato anche
in Europa - seppure in numero esiguo
- quindi è lecito aspettarsi la vendita
anche nel vecchio continente. Le avversarie principali saranno la Hyundai IONIQ Electric, e la nuova VW e-Golf con
autonomia aggiornata, le quali sono di
segmento simile, e con simile range per
singola carica. Il piatto si fa ricco e diversificato a tutto vantaggio di chi dovrà
acquistare.
AUTOMOTIVE La filiale europea della cinese BYD si è aggiudicata una gara di Regione Piemonte
Piemonte campione di bus elettrici: arrivano 19 BYD
Arriveranno entro la prossima estate 19 mezzi, i primi a zero emissioni in tutta Italia
U
di Massimiliano ZOCCHI

na delle principali aziende mondiali nel settore dei veicoli elettrici
è BYD, soprattutto per quanto riguardo il mercato degli autobus elettrici.
Già esportati in mezzo mondo, i giganti
elettrici cinesi arriveranno anche in Italia, grazie al gara indetta dalla Regione
Piemonte nel 2015 e vinta appunto dalla
filiale europea BYD Europe BV.
Saranno 16 gli eBus ad andare in dotazione alla GTT di Torino, e altri 3 alla SUN
di Novara, per un totale di 19 mezzi che
dovrebbero arrivare entro la prossima
estate. Il Piemonte diventerà così la regione con il maggior numero di bus elettrici. La gara vinta da BYD riguarda la loro
specialità, ovvero i bus da circa 12 metri,
esattamente come le decine che già
circolano a Londra, o già venduti anche
in Spagna, Malesia, e molte altre realtà.
torna al sommario
BMW i3: nel 2017
design rinnovato
e autonomia
maggiorata
Nel dettaglio, sul piatto sono finiti circa
10 milioni di euro, di cui quasi 8 milioni
per la sola fornitura, e il restante per un
servizio full service di 10 anni, nonché
relative stazioni di ricarica rapida. C’è
anche una nota dolente però. La gara
prevedeva tre lotti, e anche se BYD si è
aggiudicata quello relativo ai bus da 12
metri (senza nessun avversario però), gli
altri due lotti hanno fatto registrare gara
deserta, perdendo così la possibilità di
fornire anche altri autobus elettrici di
lunghezza inferiore ai 6.5 metri, e tra
i 6.5 e i 9 metri.
Secondo il giornale tedesco Welt
am Sonntag, la BMW sarebbe al
lavoro sul restyling della sua i3.
In particolare, il prossimo anno
dovrebbe debuttare una vettura
con un frontale ed un posteriore
rinnovati ed una nuova batteria
con capacità incrementata.
La i3 ha già ricevuto questa estate un upgrade per quanto riguarda la sua autonomia con l’accumulatore da 33.2 kWh in grado di
garantire una percorrenza di 183
km reali. Il prossimo anno, secondo gli ultimi rumor, l’autonomia di
questa vettura dovrebbe crescere ulteriormente, ma non in modo
così significativo come accaduto
di recente.
La nuova versione della i3 dovrebbe mantenere comunque
inalterate le sue caratteristiche
peculiari, con l’opzione extended
range che aggiunge un piccolo
bicilindrico a benzina con funzione esclusiva di ricarica delle
batterie ed il raffinato telaio realizzato in fibra di carbonio.
n.145 / 16
29 NOVEMBRE 2016
MAGAZINE
AUTOMOTIVE Acura ha presentato la sua idea di cabina di pilotaggio per le auto del futuro
Acura e l’abitacolo del futuro con Android
Due grandi display da 12,3’’ e un sistema che combina Android all’intelligenza artificiale
di Gaetano MERO
A
ll’Auto Show di Los Angeles Acura
ha presentato la propria idea di
cabina di pilotaggio per l’auto del
futuro. Una combinazione di sensori e
ampi display, che prendono il posto del
cruscotto, attraverso cui avere costantemente una visuale delle prestazioni
della vettura e tenere sotto controllo
ciò che accade all’esterno. Il software
è basato su una versione di Android
completamente personalizzata a cui
si aggiungono le diverse tecnologie
sviluppate negli anni dalla casa automobilistica che definisce l’esperienza
di guida “coreografica”. Il quadrante
principale è un pannello da 12,3’’, oltre
ai classici indicatori
mostra in 3D il traffico, la presenza di
ostacoli e le indicazioni circa la destinazione scelta. La
piattaforma sfrutta
i vari sensori a bordo dell’autovettura compreso un vero e
proprio sistema di intelligenza artificiale
in grado di individuare pedoni, ciclisti e
altre vetture e di intuire i loro movimenti
suggerendo come procedere per garantire il massimo della sicurezza su
strada. Un secondo display delle stesse dimensioni trova spazio in cima al
cruscotto nella parte centrale, qui il
sistema di infotainment permette all’utente di gestire musica, smartphone
e messaggistica, navigatore, condizionatore e tutte le altre funzioni accessorie. Per non far distrarre il conducente dalla guida, Acura ha brevettato
un pad ergonomico collocato nel vano
centrale definito “absolute positioning”
molto preciso e che si comporta come
un touchscreen grazie ad una mappatura pixel per pixel del display. In questo
modo toccare un’area del pad corrisponderà a toccare la stessa area nello schermo, si potranno così azionare i
diversi comandi senza mai distogliere lo
sguardo dalla guida. Il prototipo è stato
adattato su un modello di vettura NSX
della stessa società ed Acura è convinta che il sistema di pilotaggio sviluppato costituirà uno standard nelle auto di
prossima produzione.
AUTOMOTIVE Presentata la concept car inglese elettrica, pronta a confrontarsi con Tesla Model X
Anche Jaguar nel mondo delle electric car con I-Pace
Debutto previsto per la seconda metà del 2018. Prezzo misterioso, ma sicuramente elevato
di Dario RONZONI
solo una concept car, ma la sua
messa in produzione è già prevista per la seconda metà del 2018.
Stiamo parlando della Jaguar I-Pace,
un SUV-crossover elettrico che la casa
inglese intende mettere in concorrenza
diretta con la Tesla Model X.
Con un’accelerazione da 0 a 100 Km/
h in 4 secondi, la I-Pace è un vera supercar travestita da SUV, spinta da due
motori elettrici che generano 700 Nm
di coppia e 400 CV di potenza. Il pac-
È

co batteria agli ioni di litio da 90 kWh,
sviluppato da Jaguar Land Rover, può
essere ricaricato all’80% in soli 90 minuti utilizzando un charger da 50 kW
a corrente continua. L’autonomia complessiva con una singola ricarica è di
oltre 500 chilometri. Gli interni, che ricordano vagamente Tesla nello stile generale, sono dominati da uno schermo
touch centrale da 12 pollici utilizzabile
torna al sommario
principalmente per le funzioni di navigazione. Un secondo touchscreen da
5,5 pollici è deputato alla gestione dei
contenuti di infotainment e alla climatizzazione. Qualora dovesse rispettare
la tabella di marcia, la I-Pace sarebbe la
prima auto di lusso totalmente elettrica
non Tesla sul mercato. Non ci sono al
momento indicazioni sul possibile prezzo di vendita.
Concorso Drive
to Believe: prova
Tesla Model S per
una settimana
Il celebre produttore
di auto elettriche lancia
un concorso in tutti
i Paesi Europei dove
sono in vendita le Tesla
Dopo il 31 dicembre
verranno estratti a sorte
i fortunati che potranno
provare una Model S
per una settimana
di Alvise SALICE
Secondo alcuni, è l’auto definitiva. Ne è convinta naturalmente
anche e soprattutto Tesla, che per
promuovere Model S sul mercato
europeo ha indetto un concorso
online attraverso cui verranno
selezionati i fortunati che potranno scambiare la propria auto con
l’avveniristica berlina made in
USA per un’intera settimana.
Per aderire a Drive to Believe è
sufficiente compilare il form sulla
pagina ufficiale entro il 31 dicembre 2016. “Abbiamo progettato la
Model S da zero per farne la più
sicura ed entusiasmante berlina
su strada. Noi di Tesla crediamo
che sia necessario guidare in
prima persona una delle nostre
vetture, sperimentandone prestazioni, sicurezza e tecnologia,
per convincersi della superiorità di Tesla. Ora vogliamo offrire
l’opportunità di farlo”. Con questo
comunicato Tesla ha dato via al
concorso che potrebbe realizzare un piccolo grande sogno molti
appassionati (non solo di auto, ma
di tecnologia in generale): essere
temporaneamente “proprietari”
della meravigliosa auto elettrica
provvista di contenuti incredibilmente premium, che accelera da
0 a 100 in 2,7 secondi.
n.145 / 16
29 NOVEMBRE 2016
MAGAZINE
TEST In attesa dei primi terminali aggiornati, con un piccolo trucco siamo riusciti ugualmente a testare la nuova versione di Android
Android 7 Nougat in prova, non è niente male
In attesa dell’arrivo di Google Pixel, abbiamo provato Nougat 7.1 trasformando in Pixel un OnePlus 3. Risultati inaspettati
P
di Vittorio Romano BARASSI
er il momento Google ha deciso di non importare in Italia i nuovi smartphone della gamma
Pixel, ma in diversi stati europei, e anche fuori dal Vecchio Continente, in molti hanno già avuto
modo di mettere le mani su questi attesi dispositivi.
Noi, un po’ per curiosità e un po’ per invidia (puramente giornalistica), abbiamo provato a seguire una
strada alternativa e siamo riusciti a testare Android
Nougat 7.1 ugualmente.
Per farlo abbiamo preso un OnePlus 3 (qui la recensione completa), lo abbiamo adattato alle nostre
esigenze sbloccando il bootloader e installando una
recovery custom con tanto di Android Nougat 7.1 e le
principali GApps. Nel test in questione è stata utilizzata una ROM sperimentale CyanogenMod 14.1 che,
un po’ inaspettatamente, si è dimostrata abbastanza
stabile da permetterci di ricavare un’analisi completa (o quasi) delle principali caratteristiche dell’ultima
release di Android. Per rendere ancor più interessante questa prova, si è deciso di installare pure il
Pixel launcher di Google, così da avvicinare OnePlus
3 “cavia” – per quanto possibile – ai nuovi smartphone di Mountain View. Le impressioni che seguono
sono da prendere con le dovute cautele: non si
vuole riscrivere la recensione di OnePlus 3 né dare
un giudizio sulle performance assolute del nuovo sistema operativo Android. Quello che ci interessa è
un’analisi oggettiva delle principali caratteristiche di
Nougat praticamente in versione stock, ossia come
esce dai laboratori Google.
video
lab
rapidamente – nel tab inferiore - tra le ultime due
applicazioni utilizzate. Altra aggiunta gradita è quella del pulsante Cancella tutto che finalmente appare
nella schermata delle app recenti. Sembra assurdo
ma prima non c’era.
Segnaliamo inoltre l’implementazione nativa a livello
software della tecnologia in grado di riconoscere il
grado di pressione effettuata sul display. Tutti i dispositivi provvisti di schermo compatibile, quindi,
potranno sfruttare l’equivalente del “3D Touch” Apple al fine di garantire shortcut di vario tipo con una
pressione più forte del normale; questa caratteristica, con OnePlus 3, è funzionante al 100%.
Che Android abbia sempre fatto un po’ fatica a pareggiare l’immediatezza di iOS non è un mistero, ma
negli anni Google ha saputo recuperare il terreno
perduto. Con Android Nougat l’utente si ritrova tra
le mani un sistema operativo decisamente più sem-
plice e smart, con un’esperienza d’uso basilare che
potenzialmente non avrebbe bisogno di complesse
e pesanti interfacce proprietarie e/o di launcher di
terze parti.
Innanzitutto è stato ulteriormente perfezionato il sistema delle notifiche: ora è più facile decidere quale
ricevere, quali silenziare e quali scartare completamente. La nuova UI permette di rispondere in maniera veloce ai messaggi che arrivano sul telefono
(anche per app di terze parti) e tutte le notifiche sono
finalmente raggruppate – ma espandibili - al fine di
occupare meno spazio nel tab dedicato.
Sebbene molti produttori l’abbiano implementato
già da diversi anni, su Android Nougat approda un
vero multi-window che, a seguito di una pressione
prolungata del tasto “recenti”, garantisce all’utente
la possibilità di tenere a schermo due applicazioni
contemporaneamente. Molto interessante è poi la
funzionalità quick switch: in modalità multi-window
basta un doppio tap sullo stesso tasto per passare
Ben congegnato il sistema di notifiche. Quelle
riguardanti la stessa app vengono “raggruppate”
per occupare meno spazio; ottima la possibilità di
scegliere il grado di invasività delle notifiche.
Finalmente c’è un sistema multi-windows nativo;
con la nuova versione del sistema operativo anche
la gestione del multitasking ci è parsa molto più
intuitiva.
Il menù delle impostazioni è sempre a portata di
mano; davvero complete le possibilità di gestione
del risparmio energetico e delle prestazioni del
dispositivo.

Passi avanti nell’esperienza d’uso
torna al sommario
Impostazioni per tutti i gusti
Oltre alle evidenti migliorie apportate all’esperienza
d’utilizzo, è giusto sottolineare la presenza di ulteriori
passi avanti, magari meno evidenti ma non meno imsegue a pagina 31 
n.145 / 16
29 NOVEMBRE 2016
MAGAZINE
TEST
Android 7 Nougat
segue Da pagina 30 
portanti. Facendo uno swipe dall’alto verso il basso
per aprire la classica tendina dedicata alle notifiche
è possibile ammirare i nuovi quick settings; le varie
scorciatoie sono ora intelligenti e sempre più personalizzabili. Premendo su alcune delle icone presenti
nell’apposito tab si ha direttamente accesso alla sola
impostazione da modificare, senza il bisogno di passare dall’app Impostazioni e dunque senza uscire dalla tendina delle scorciatoie.
Novità anche per la stessa app Impostazioni: è stata sviluppata in maniera un po’ più smart, rendendo
sempre disponibile il menù completo delle varie sezioni in ogni schermata. È ora possibile modificare
la dimensione del display (con caratteri e elementi
adattabili in base alle varie esigenze) e non manca
una modalità notturna in grado di garantire minor affaticamento della vista al buio.Il sistema di risparmio
energetico Doze risulta più intelligente: si può attivare
una modalità di risparmio estremo, si può scegliere
tra vari profili prestazionali e si può anche decidere di
lasciare al telefono la scelta delle migliori impostazioni da utilizzare tra le varie applicazioni. Ottima anche
la nuova funzionalità Risparmio Dati: c’è una sezione
apposita in cui selezionare quali app non devono assolutamente consumare banda oppure quelle per cui
l’utilizzo è illimitato.
L’ottima tastiera di Android è stata arricchita della
possibilità di passare rapidamente tra due o più lingue: attivando l’impostazione apparirà - vicino al tasto
“spazio” - un’icona che, una volta premuta, permette
lo switch istantaneo di linguaggio. Si tratta di una feature molto utile, che farà comodo a tantissimi utenti.
Da segnalare anche 72 nuove emoji installate di default.
Una nota di merito va riservata alla nuova app telefono: sebbene non sia ancora completa, può finalmente vantare su un’immediata opzione che permette
di bloccare uno o più numeri indesiderati. Una vera
manna contro i call center aggressivi del nostro Bel
Paese.

Molto utile la funzionalità di risparmio dei dati: sotto rete 3G/4G può impedire un draining inaspettato. Finalmente è anche possibile bloccare chiamate
e SMS provenienti da numeri indesiderati.
torna al sommario
VR e sicurezza
Non manca niente
Ogni smartphone che si rispetti deve essere in grado di tramutarsi, all’occorrenza, in una perfetta macchina da gioco oppure in un versatile riproduttore
multimediale. Con Android Nougat gli utenti possono ritenersi più che soddisfatti poiché gli ingegneri
Google hanno riservato moltissime attenzioni a questi aspetti e i passi in avanti sono stati importanti.
Per quanto concerne il gaming è da segnalare l’ormai pieno supporto per le API Vulkan; senza entrare
troppo nel merito dei tecnicismi, basti sapere che
grazie a questa caratteristica tutti i dispositivi con
Android Nougat saranno in grado di eseguire giochi
3D pesando meno sulla CPU e scaricando più lavoro
sulla GPU, sicuramente più adatta per operazioni di
questo tipo. Con Nougat entra a tutti gli effetti nel
sistema base Daydream, che garantirà il pieno supporto per la realtà virtuale su tutti i prodotti in grado
di eseguire l’ultima versione del sistema operativo
di Google. Importanti novità anche sotto il profilo
della sicurezza: gli utenti che optano per dispositivi
completamente criptati non dovranno più inserire il
PIN all’avvio del dispositivo, questo verrà richiesto
solo quando si tenterà di accedere ai dati e le app
personali, mentre rimarranno PIN-free le applicazioni
principali come, per esempio, il dialer e la sveglia.
Nougat prevede anche un nuovo e più sicuro sistema di indicizzazione dei file multimediali ed è stato
inserito un vero e proprio “filtro” per lo scambio di
informazioni personali tra le varie app installate sul
sistema.
Pixel launcher promosso
Come anticipato, abbiamo provato qualche caratteristica che gli utenti potranno ritrovare esclusivamente sui Google Pixel. Grazie ad appositi pacchetti
reperibili in rete - installabili da recovery - è possibile
Pixelizzare diversi dispositivi, OnePlus 3 compreso.
Il risultato finale è un dispositivo in tutto e per tutto
identico nell’interfaccia e nelle principali componenti
di sistema a Pixel e Pixel XL.
Cuore della nuova UI studiata da Google è indubbiamente Pixel launcher; grazie a questo elemento
Android Nougat acquisisce tutta l’immediatezza e la
semplicità d’uso che ci si aspetterebbe da uno smartphone degno di questo nome, senza cadere nel
“tranello” della pesantezza. Pur con il Pixel Launcher
installato, OnePlus 3 (forte però di un hardware di
primissimo livello) non si è mai fatto scappare alcuna
incertezza, restituendo un’esperienza d’uso assolutamente appagante.
Il launcher è semplice, minimal e molto pulito; si accede all’app drawer effettuando uno swipe dal basso verso l’alto partendo dalle 5 icone principali di sistema. Per chiuderlo basta fare l’operazione inversa:
swipe dall’alto verso il basso e si torna alla home.
Purtroppo non è stato possibile testare il nuovo assistente vocale di Google e non c’è stato verso di far
funzionare i tre pulsanti a schermo di Nougat 7.1.
Tirando le somme
Nougat è certamente un bel passo in avanti per Android. Google da tempo si è messa in testa di voler
Aspetto minimal e funzionamento molto intuitivo
fanno di Pixel launcher un componente vincente.
Per ora è una caratteristica esclusiva dei nuovi
smartphone Google. In futuro non si sa.
mettere a disposizione di utenti e partner un sistema
definitivo e con la versione 7 (e le piccole migliorie
della 7.1) il percorso sembra quasi giunto al termine.
“Quasi” perché difficilmente i big del mercato (Samsung, Huawei, LG, HTC) abbandoneranno le interfacce proprietarie per proporre agli utenti un sistema
stock; “quasi” perché anche chi di solito offre sistemi
praticamente stock tenderà a metterci lo zampino al
fine di colmare le poche lacune delle release direttamente rilasciate da Google. Android Nougat con
tutte le G-app installate è un sistema completo ma
ulteriormente migliorabile. Le uniche cose di cui si
sente la mancanza sono una vera e propria app Galleria – anche se Google Foto continua a migliorare – e un’app Fotocamera più avanzata. È scontato
che, soprattutto per quest’ultimo punto, quasi tutti
i produttori continueranno a proporre applicazioni
personalizzate.
Volendo dare un giudizio sul comportamento del
OnePlus 3 protagonista dell’esperimento, questo
non può che essere assolutamente positivo. Il prodotto si è dimostrato estremamente stabile anche
con quella che a tutti gli effetti è la primissima build
sperimentale rilasciata per il dispositivo stesso.
Non c’è stato mai bisogno di un riavvio, le applicazioni hanno funzionato sempre alla perfezione e solo in
qualche caso – in una settimana di test si possono
contare sulle dita di una mano - abbiamo riscontrato
crash inattesi. Le performance ci sono sembrate anche migliori rispetto alla Oxygen installata di default,
con una gestione della RAM perfetta e completa
(i primi OnePlus 3 avevano problemi con i 6 GB di
RAM), segno di una perfetta ottimizzazione del sistema. Il lettore di impronte ha sempre funzionato alla
grande e i vari sensori (di prossimità e luminosità)
non hanno mai dato problemi, mentre qualche noia
è emersa durante le chiamate: attivando il vivavoce
e poi disattivandolo persisteva uno strano eco per il
dispositivo dall’altra parte.
Piccoli problemi anche con la fotocamera: nessuna
controindicazione per le foto (però i sistemi proprietari di riduzione del rumore sono venuti meno) ma
non siamo stati in grado di registrare video. Tutto
sommato, non è andata per nulla male.
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29 NOVEMBRE 2016
MAGAZINE
TEST Abbiamo provato per un po’ Huawei Mate 9. Non è ancora uno smartphone perfetto, ma ha tante cose che tutti vorrebbero
Huawei Mate 9: tanta autonomia e grandi foto
L’autonomia super, il processore Kirin 960 e il nuovo modulo dual camera firmato Leica sono le tre novità maggiori
di Roberto PEZZALI
Phone 7 Plus in un tasca, Huawei Mate 9 nell’altra:
così abbiamo passato 15 giorni, curiosi di capire e
vedere se realmente Huawei ha fatto quel grande
passo che quest’anno con il successo del P9 e l’arrivo di questo nuovo modello l’ha portata ad essere il
brand numero 2 in Italia e nel mondo, con una distanza
dal leader Samsung che mese dopo mese si accorcia.
Orfani di un Note 7 prematuramente scomparso dalle
scene, coloro che vogliono uno smartphone di generose dimensioni senza rinunciare a nulla oggi hanno praticamente due sole possibilità: da una parte Apple, che
con la sua qualità e il suo incredibile sistema operativo
rappresentano ormai una certezza, dall’altra Huawei,
che negli ultimi anni ha assorbito davvero tanto da Apple, dalla cura nella costruzione e nella presentazioni
dei prodotti fino al modo in cui i prodotti vengono comunicati. Il Mate 9 è a tutti gli effetti il nuovo flagship
del produttore, e nonostante la campagna di comunicazione rimanga incentrata sul P9 ci troviamo davanti
ad un smartphone che è sicuramente superiore in tutto
e per tutto al modello che l’azienda cinese ha lanciato
ad aprile di quest’anno. L’autonomia super, il processore Kirin 960 e il nuovo modulo dual camera firmato
Leica sono le tre novità maggiori, ma non possiamo comunque non citare anche alcune scelte di design e all’adozione di Android 7.0, ovviamente in salsa Huawei
grazie all’interfaccia EMUI 5.0.
i
Non un inedito, ma una riuscita
evoluzione del Mate 8
Sotto il profilo stilistico il Mate 8 è chiaramente ispirato al design del Mate 8: Huawei cambia poco, anche
perché poco c’era da cambiare, e propone un terminale bilanciato con corpo in alluminio che spicca per
la perfetta gestione degli spazi. Il Mate 9, con i suoi
5.9” di schermo, riesce ad avere le stesse dimensioni
e gli stessi ingombri di un iPhone 7 Plus che ha uno
schermo leggermente più piccolo, 5.5”. Nonostante la
lavorazione dell’alluminio lo renda scivoloso da tenere in mano senza custodia, comunque presente nella
confezione, dobbiamo ammettere che non ci ha creato
particolari problemi durante il giorno.
Siamo consapevoli tuttavia che mani piccole potrebbero trovare più difficoltà nella presa a una mano, soprat-
video
lab
Huawei Mate 9
749,00 €
TANTI MOTIVI PER COMPRARLO, MA È LA STESSA HUAWEI A DIRCI
DI ASPETTARE
Il Mate 9 è uno smartphone bellissimo, senza alcun dubbio: Huawei lo ha posizionato come prodotto destinato ad una utenza business, forse
per differenziarlo dal P9, ma onestamente in queste settimane non ci abbiamo visto molto di business. Non esiste a bordo una suite di produttività, non ci sono funzioni di security avanzate come può essere Knox per Samsung e la batteria che dura tanto non è certo una necessità del
business man, ma una necessità di tutti. Il Mate 9 non è neppure il sostituto naturale del Note 7, mancando il pennino, e lo vediamo più come
il prodotto adatto a coloro che volevano un P9 più grande e non hanno preso il P9 Plus perché volevano aspettare ancora un po’. Funziona
benissimo, è costruito bene, e chi ha un minimo di nozioni di fotografia troverà una fotocamera che se usata bene può scattare foto di qualità
eccezionale, con un sensore in bianco e nero che per dinamica e dettaglio sbalordisce. Huawei ha inserito in 5.9” tantissimi motivi per scegliere il Mate 9, e ha saputo toccare i punti che più stanno a cuore ai consumatori di oggi come l’autonomia, la velocità di ricarica e appunto
la fotocamera, sicuramente uno delle funzioni più usate e amate di uno smartphone. Tuttavia è Huawei stessa a dirci che è meglio attendere,
e lo ha fatto nel momento stesso in cui ha lanciato il Mate 9 Pro in Cina a circa 700 euro. Il Mate 9 Pro, inutile girarci attorno, è la versione
senza logo e scritta Porsche Design di quel meraviglioso e proibitivo smartphone (1395 euro) che Huawei ha lanciato insieme al Mate 9 il 3
novembre. Il Mate 9 Pro ha tutto quello che avremmo voluto sul Mate 9: un design con doppio vetro curvo ancora più curato e affascinante,
il sensore fingerprint con tasto di sblocco in posizione centrale sotto lo schermo e uno schermo OLED QuadHD da 5.5” di eccelsa qualità,
tutto senza rinunciare alla dual camera e alla autonomia super. Probabilmente il Mate 9 Pro resterà un modello in vendita esclusivamente in
Cina, ma ci fa capire che Huawei ha già realizzato un prodotto che dal nome sembra una versione leggermente diversa del Mate 9 ma che
indubbiamente ha una marcia in più. E con il P10 in arrivo, qualcuno parla di febbraio, Huawei potrebbe davvero realizzare un prodotto unico,
quello che la aiuterà a realizzare il suo sogno di diventare la numero 1 al mondo.
8.5
Qualità
9
Longevità
8
Tanti autonomia e ricarica rapida
COSA CI PIACE Ottima fotocamera
Android 7.0 a bordo
Design
8
Semplicità
8
D-Factor
9
Prezzo
8
Non troppo maneggevole per le mani piccole
COSA
NON CI PIACE Tante app doppie tra Google e Huawei
In bianco e nero manca il RAW
tutto per il sensore per il rilevamento delle impronte
digitali posteriore posizionato parecchio in alto. Qui
preferiamo di gran lunga l’impostazione di Apple e di
Samsung, ovvero il tasto frontale nella parte bassa, e
non capiamo per quale motivo Huawei abbia deciso di
seguire una strada diversa.
Nonostante la cornice ridotta e la batteria di grande
capacità, 4000 mAh, Huawei ha trovato comunque
lo spazio per mantenere il jack audio e addirittura per
inserire il trasmettitore IR, utile in qualche situazione.
Presente come ormai tutti gli smartphone lanciati di recente anche il connettore USB Type C, diventato ormai
lo standard di fatto per i prodotti di nuova generazione.
Soddisfacente la resa degli speaker, con una sorta di
dual way ottenuto usando sia la griglia inferiore sia la
capsula auricolare.
Schermo luminoso
ma colori un po’ esagerati
Lo schermo da 5.9” utilizzato sul Mate 9 è un luminoso
IPS Full HD: l’angolo di visione è buono, il trattamento
antiriflesso anche. Huawei ha scelto di mantenere la
risoluzione Full HD per non impattare troppo sul consumo di batteria e raggiungere i due giorni di autonomia
piena, una scelta questa che appoggiamo anche se

segue a pagina 34 
torna al sommario
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29 NOVEMBRE 2016
TEST
Smartphone Huawei Mate 9
segue Da pagina 33 
un occhio critico percepisce in un confronto diretto la
inferiore definizione del Mate 9 rispetto a smartphone
come il Galaxy S7 o l’iPhone 7 Plus, che ha la stessa
risoluzione spalmata però su uno schermo più piccolo.
Come nei precedenti modelli il Mate 9 tende a restituire colori brillanti e saturi, forse troppo: senza alcun
dubbio i verdi e i rossi molto accesi colpiscono i consumatori che provano gli smartphone in negozio, ma una
migliore calibrazione dello schermo non ci sarebbe
dispiaciuta anche perchè la calibrazione di fabbrica si
discosta molto dal riferimento. Qui la colpa va comunque divisa tra i produttori e Android: se i primi vogliono
ovviamente mostrare il potenziale degli schermi di ultima generazione, capaci di visualizzare molto più colori
grazie ad un gamut più ampio, Android impedisce di
farlo correttamente con la totale assenza di un sistema
di gestione del colore. Il livello del nero è comunque
molto buono, così come il contrasto, e l’unica cosa da
sistemare è una dominante dei bianchi tendente al
freddo, cosa che si può correggere con un apposita
regolazione presente tra le impostazioni del display.
Una piccola Leica in tasca
Se la videocamera del P9 già ci aveva colpito, quella del
Mate 9 ci ha lasciato davvero a bocca aperta in moltissime situazioni. Huawei ha utilizzato ancora la doppia
camera lavorando insieme a Leica per software e lenti e
a Sony per i sensori, unendo un CMOS in bianco e nero
da 20 MP ad uno a colori da 12 MP stabilizzato. Una
scelta questa opposta a quella fatta da Apple che usa il
doppio sensore per lo zoom, e non sappiamo dire quale sia la strada migliore: se potessimo non rinunceremmo né alla possibilità di avere un ingrandimento vero,
senza interpolazione, né alla possibilità di scattare in
bianco e nero con una dinamica impressionante anche
in condizioni di scarsa luminosità. In realtà il Mate 9 ha
una sorta di zoom ibrido, ma non funziona bene come il
tele 2x di Apple: resta comunque l’opzione “crop”, che
soprattutto sul bianco e nero grazie al sensore da 20
MP permette di tagliare parti della foto ottenendo scatti
Le foto della prova

Clicca sulle immagini per ingrandire
torna al sommario
MAGAZINE
di ottima qualità. Abbiamo lasciato che siano le foto a
parlare. Alcuni non sono stati toccati, altri sono dei crop
mentre altri ancora sono stati leggermente modificati in
macchina. Per un confronto più “tecnico” vi rimandiamo in ogni caso all’anteprima del Mate 9 fatta subito
dopo il lancio, quando abbiamo avuto modo di andare
a fondo sul doppio sensore e sulle possibilità di scatto
in RAW, dove il Mate riesce a offrire ancora di più. Quello che ci manca dell’iPhone è tuttavia l’immediatezza
e la qualità dello scatto click and shoot: l’iPhone in automatico, con la semplice pressione di un tasto, riesce
a scattare una foto che esprime praticamente tutto il
potenziale delle lenti e del sensore utilizzato, mentre il
Mate 9 in automatico non sempre è perfetto. Anzi, scattando in manuale ci rendiamo conto che il potenziale
dell’hardware è enorme e non viene sfruttato completamente quando ci limitiamo a inquadrare e scattare. Il
Mate 9 si avvicina di più come concetto a una macchina
fotografica: serve occhio, ma serve anche “manico”, e
chi possiede entrambi non ci metterà molto a realizzare scatti migliori di quelli fatti con lo smartphone Apple.
Per gli altri un iPhone è ancora meglio, non ci sono le
possibilità di scatto offerte dalla completa app Camera
di Huawei, ma la garanzia di uno scatto molto buono
anche in condizioni difficili è assicurata. E il Galaxy S7,
con il suo grandissimo sensore? Lo smartphone Samsung è probabilmente quello che scatta foto migliori
in condizioni di bassa luminosità, tuttavia dopo aver
riassaporato il piacere di uno scatto in bianco e nero
fatto con un sensore dedicato o lo sfuocato dell’iPhone
7 Plus realizzato con le due lenti dobbiamo ammettere
che uno smartphone con doppia fotocamera non è solo
marketing, ma è anche utile.
Colpiscono potenza e autonomia
Dopo un bel design e una buona fotocamera il desiderio di tutti è avere tra le mani un prodotto con una
autonomia che permetta di arrivare senza problemi a
fine giornata. Huawei ci è riuscita, ed è andata oltre:
con un uno standard e senza esagerare con la luminosità dello schermo il giorno intero è un traguardo
impossibile da mancare, e quasi tutti i giorni siamo
arrivati alla mezzanotte con una autonomia residua
variabile dal 25 al 35%. L’autonomia scende, e non
di poco, quando utilizziamo la doppia SIM e quando
passiamo in roaming, ma sono ovviamente situazioni
particolari. La presenza di una ricarica super rapida
tuttavia risolve in parte l’ansia da autonomia: bastano
davvero una presa, il caricatore dedicato e 10 minuti
per avere circa 4 ore di carica. Non sappiamo quanto
questo possa far bene alla batteria al litio, e avremmo
preferito poter scegliere di usare la carica rapida o la
tradizionale carica lenta notturna. Sotto il profilo delle
prestazioni non c’è molto da aggiungere: il problema
di uno smartphone top di gamma Android oggi non
è la velocità nei primi mesi d’uso ma la velocità dopo
un anno di utilizzo, e ovviamente questo non è un parametro che possiamo valutare con la prova. Il Mate
9 è veloce, scattante, molto intelligente nel gestire i
processi e non ci ha mai dato la sensazione di rallentare, sia nelle app di tutti i giorni sia nei giochi grazie
anche all’uso di memorie veloci USF (64 GB di base
espandibili, 11 GB occupati dal sistema operativo). E’
chiaro che molto dipende anche da che applicazioni
uno usa: Facebook ad esempio divora in modo esa-
gerato le risorse del sistema anche quando è in background, ed è lo smartphone stesso a segnalarcelo
ogni tanto suggerendoci di chiuderla. Buona la qualità
delle chiamate, molto buona la ricezione, grazie anche
alle coperture plastiche delle antenne più permeabili
ai segnali radio. Il modem è un CAT 9 LTE, e la connessione 4G può essere usata per la prima SIM o per la
seconda a scelta.
Intelligente anche la scelta di usare subito Android 7.0
con una nuova versione di EMUI, l’interfaccia proprietaria Huawei che con la release 5.0 è stata snellita e ripulita sotto il profilo grafico, più vicino ai canoni stilistici di iOS che a quelli del Material Design di Google. Un
segno questo che conferma ancora una volta come
Huawei sia decisamente più affascinata e “ispirata”
da quello che fa Apple piuttosto che da quello che
fa Google, soprattutto in virtù dei rapporti non certo
idilliaci tra le due aziende. La funzione che in assoluto
ci è piaciuta di più è il multiaccount, che Huawei chiama app gemella: è possibile virtualizzare Facebook
e Whatsapp per gestire due account separati senza
sloggarsi e riloggarsi continuamente. Al momento
queste sono le due uniche app compatibili.
n.145 / 16
29 NOVEMBRE 2016
MAGAZINE
TEST Per un uso “standard” Sony XA è uno smartphone completo ma non è il miglior esempio di ottimizzazione delle risorse
Xperia XA in prova: il telefono per la quotidianità
Sony dedica troppa attenzione all’aspetto e tralascia aspetti fondamentali come la qualità del display e soprattutto la batteria
P
di Andrea ZUFFI
resentato lo scorso febbraio a Barcellona assieme ai fratelli maggiori X e X Performance,
Sony Xperia XA è lo smartphone più economico del trio. Con un prezzo di listino di 299 euro
– anche se naturalmente online lo si trova a meno
– Sony Xperia XA è caratterizzato da un display HD
da 5 pollici, processore octa-core MediaTek Helio
P10, 2 GB di RAM, NFC e connettività di rete 4G/LTE.
Le specifiche tecniche, descritte in dettaglio nel corso della prova, fanno di Xperia XA un versatile terminale di fascia media con una spiccata vocazione
multimediale, arricchito da una fotocamera principale da 13 Mpx in grado di soddisfare le esigenze di chi
ama scattare molte fotografie con lo smartphone. La
disponibilità delle colorazioni oro lime, oro rosa e
bianco, in alternativa alla livrea scura color grafite
e un form-factor stretto ai lati lo rendono senz’altro interessante anche per un pubblico femminile.
Per questo modello Sony, lo si evince dall’assenza
di ogni livello di certificazione IPxx, non ha previsto
alcuna protezione dalle cadute o dalle infiltrazioni
di acqua e di polvere. Grande assente il sensore di
impronte digitali, che sempre più produttori inseriscono nei terminali di fascia media al fine di renderli appetibili e ben “carrozzate” alternative ai top
di gamma: un esempio su tutti è rappresentato da
Huawei P9 Lite, ma ci sono casi ancor più eclatanti
se si pensa a Wiko ufeel.
Plastica uni-body dallo stile raffinato

Sony Xperia XA è uno smartphone elegante e ben
assemblato che, grazie alla cornice laterale del display pressoché inesistente, presenta uno chassis
stretto e allungato che conferisce all’insieme un
aspetto da “fascia alta”. Fatta eccezione per gli inserti in alluminio sui fianchi, la scocca è completamente di plastica ma questo non ne pregiudica l’ottimo
look come da tradizione Sony. Le linee arrotondate
sono poi ulteriormente ingentilite da una leggera
curvatura sui lati del display, in prossimità del punto
di raccordo con gli spigoli. La forma affusolata, 138
grammi di peso e uno spessore di 7,9 mm rendono il
dispositivo molto comodo da impugnare e utilizzare
con una sola mano. Peccato però che i materiali siano talmente lisci e senza punti sagomati
per la presa da rendere il dispositivo molto scivoloso e quindi
a rischio caduta quando,
ad esempio, si apre la
mano per raggiungere
la porzione superiore
dello schermo. Tutti
i pulsanti di controllo
si trovano sul lato destro: il piccolo tasto
di accensione è quello tipico dei dispositivi
torna al sommario
video
409,99
la€b
SONY XPERIA XA
OTTIMO DESIGN CON QUALCHE COMPROMESSO
Sony Xperia XA è l’esemplare più economico della gamma ma può vantare un look di alto livello. Il corpo è stretto nonostante il display da 5” e lo smartphone si maneggia con facilità; e con la stessa facilità può scivolare a causa della scocca liscia. La scheda tecnica è di tutto rispetto: LTE e NFC.
Il display è HD ma questo, in prodotti di fascia media, non è un problema ma la batteria è sottodimensionata alle esigenze del processore MediaTek Helio
P10 che, quando è sotto sforzo scalda parecchio e tende a generare qualche lag. Il sistema operativo Android Marshmallow aggiornabile a Android 7
Nougat, l’interfaccia grafica “pulita” e le app multimediali Sony molto funzionali sono punti di forza da prendere in considerazione.
8.6
Qualità
8
Longevità
9
Design
8
Semplicità
10
D-Factor
9
Prezzo
9
Facilità di utilizzo
Nessun supporto per i blu-ray Ultra HD
COSA CI PIACE Prezzo accessibile
COSA NON CI PIACE Materiali costruttivi molto economici
Sui panelli 4K le migliorie si vedono
Poche migliorie per chi ha un TV Full HD
Sony che non integrano il lettore biometrico delle
impronte digitale. Scendendo si trova il bilanciere
del volume, un po’ troppo in basso a nostro avviso,
quindi un po’ scomodo da utilizzare con il pollice
durante la conversazione se si usa la mano destra;
un po’ meglio se si tiene il telefono con la sinistra
perché si può regolare il volume con l’indice. Ancora più sotto si trova il pulsante per la fotocamera
a doppia corsa: con una pressione leggera si aziona la velocissima messa a fuoco mentre pigiando a
fondo si scatta. La cover posteriore non è removibile per cui agli alloggiamenti della nano SIM e della
“memory card” si accede tramite uno sportellino posizionato nella parte alta del fianco sinistro. Nonostante l’abbondante spazio libero sotto al display i
tasti “home”, “ritorno” e “app recenti” sono virtuali e
integrati nello schermate dell’interfaccia
grafica. Nella parte alta è presente
il comodo led per le notifiche
che segnala la presenza
dei messaggi o chiamate
non risposte. E proprio
partendo dal comparto telefonico Xperia
XA si distingue per
una buona sensibilità
di ricezione, caratteristica tutt’altro che
scontata nei terminali
moderni, a garanzia di conversazioni chiare e senza
fastidiose fluttuazioni anche quando la potenza del
segnale non è ottimale. A dirla tutta la qualità audio
è un po’ carente nei toni bassi e la voce dell’inter-
locutore arriva un po’ “stridula” ma questo è dovuto alla capsula auricolare. A meno di non trovarsi
immersi nel silenzio più assoluto poi è meglio non
fare troppo affidamento sul vivavoce, perché anche
a tutto volume l’audio è abbastanza basso.
Display accettabile, migliorabile la
resa del colore
Se l’aspetto esteriore di Sony Xperia XA ci ha dato
la sensazione di trovarci di fronte ad un prodotto
premium, il display ci riporta alla realtà. La risoluzione non è Full HD ma 1280 x 720 pixel mentre la
segue a pagina 36 
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29 NOVEMBRE 2016
MAGAZINE
TEST
Sony Xperia XA
segue Da pagina 35 

densità su questo 5 pollici è pari a 294 dpi.
La sensibilità al tocco del pannello IPS LCD è buona e l’angolo di visione molto ampio, anche se non
miracoloso, ma la resa cromatica e il contrasto non
convincono del tutto, soprattutto agli angoli del display dove la luminosità sembra calare leggermente. E’ evidente nell’uso quotidiano che si tratta di
piccole mancanze che non inficiano l’usabilità del
dispositivo anzi, per la fascia di mercato occupata
Sony Xperia XA rimane dotato di un display che
svolge degnamente il proprio lavoro.
Dalle impostazioni si riesce a giocare un po’ con le
regolazioni del colore, migliorando un po’ la brillantezza con le modalità Mobile Brava Engine 2 oppure
con l’ottimizzazione Super-Vivid. Sempre dalle impostazioni si può attivare quello che Sony chiama
Controllo controluce Smart (immagine qui sopra)
che si occupa di mantenere attivo il display fintanto
che lo si tiene in prossimità del volto per poi spegnersi con il tempo di time-out standard quando lo
si ripone in tasca o sul tavolo.
MediaTek Helio P10, otto core che
“bevono” parecchio

Xperia XA è animato dal SoC MediaTek MT6755, conosciuto anche come Helio P10, basato su otto core
Cortex-A53 a 2,0 GHz e coadiuvato da una GPU
Mali-T860 a 700MHz. La scelta di Sony si rivela in
controtendenza rispetto alla dotazione hardware
della maggior parte degli smartphone del produttore nipponico e sembra dare qualche problemino
sotto stress.
Il sistema, che esegue Android 6.0 Marshmallow,
presenta un comportamento fluido e appagante se
lo si utilizza in modo “normale”: la navigazione in internet con il browser Chrome per esempio è sempre
soddisfacente con un rendering veloce delle pagine
web; così come non ci sono problemi a gestire mail
e messaggistica di ogni tipo mentre si ascolta musica in streaming: i 2 GB di RAM sono infatti adeguati.
Quando però si aumentano le pretese volendo registrare ad esempio filmati di diversi minuti o quando
si tiene a lungo impegnato lo smartphone per una
sessione di gioco a Real Racing 3 la faccenda si
complica. Il che, intendiamoci, è una cosa comune
in prodotti che puntano alla convenienza, ma è pa-
torna al sommario
rimenti giusto segnalarlo per evitare che il prodotto
venga approcciato dai power user con particolari
pretese a livello prestazionale.
Il titolo in questione è giocabilissimo, merito anche
dell’estrema sensibilità dei sensori di movimento interni e della risoluzione del display a 720p, a mano
a mano che passa il tempo però oltre a un logico
surriscaldamento si verificano i primi lag e qualche
scatto, sintomi di un eccessivo affaticamento del
SoC o di una RAM un po’ carente in relazione al
tipo di utilizzo cui viene sottoposto (gaming di alto
profilo, multitasking continuo ecc). Morale: un telefono perfetto per la routine di tutti i giorni ma non
gli chiedete troppo, l’altronde non stiamo parlando
di un top di gamma. Il test con Antutu Benchmark
(versione 6.2.1) posiziona questo dispositivo 26esimo nel ranking generale con un punteggio di 48014.
L’interfaccia utente è quella cui Sony ha abituato i
propri utenti, ben integrata nel sistema operativo di
Mountain View nella versione 6.0 e che potrà essere in futuro aggiornato a Android 7.0 Nougat. Tra
le personalizzazioni della UI si trovano i colori standard abbinati alle tonalità di acquisto della scocca e
un vasto catalogo di temi scaricabili online. Da segnalare il drawer delle app ancora nel vecchio stile
su più pagine mentre una più up-to-date lista verticale non avrebbe guastato. Sempre in tema di customizzazioni il produttore ha sostituito con propri
software i programmi che gestiscono le chiamate e
gli SMS, oltre a buona parte delle app multimediali
come Musica, Video,
Fotocamera, Track ID
per il riconoscimento
ambientale di brani
musicali,
Playstation
Network, la radio FM
che funziona solo con
gli auricolari inseriti
nella (ancora presente)
presa jack, e con alcune
aggiunte “bloat” come
Kobo Reader, Spotify o
Amazon Shopping. La
tastiera
preinstallata
per la messaggistica è
Swiftkey ma si segnala
con rammarico che non esiste la possibilità di sbloccare lo smartphone con un doppio tap, una delle
“gesture” ultimamente assai diffusa per la comodità
che offre in certe situazioni. Lo storage interno al
telefono è da 16 GB, il minimo sindacale oggigiorno, con il sistema e le componenti pre-installate
che occupano 7,5 GB circa. Dal punto di vista della connettività Xpera XA si fa apprezzare per l’accesso alle reti 4G/LTE cat. 4, il supporto per il Wi-Fi
a/b/g/n, l’antenna NFC e il Bluetooth 4.1. Immancabile il GPS, con aggancio rapidissimo, per i servizi
di localizzazione e per la funzione navigatore con
l’efficientissimo Google Maps. Strano a dirsi per un
dispositivo prodotto della casa del Walkman ma lo
speaker, anche se in posizione favorevole sul bordo
inferiore vicino al microfono per le chiamate, ha una
bassissima resa sonora.
Controllo totale dei parametri di
scatto
Il comparto fotografico è spesso una caratteristica distintiva degli smartphone Sony che hanno tra
i punti di forza la semplicità dell’interfaccia di gestione dello scatto e della ripresa video. Anche in
questo dispositivo la componente software si rivela
in linea con gli altri modelli del marchio giapponese.
I parametri di scatto sono ben dislocati nelle schermate delle modalità manuale, automatica superiore,
con quest’ultima che, per un utilizzo “punta e scatta”
si rivela imbattibile per l’interpretazione della scena
da immortalare e per la rapidità nella messa a fuoco
automatica.
Volendo esercitare un controllo personalizzato ci
si può inoltre avvalere della modalità manuale, che
permette di gestire la sensibilità ISO (da 100 a 3200),
segue a pagina 37 
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29 NOVEMBRE 2016
MAGAZINE
MOBILE Presentato OnePlus 3T, evoluzione dell’ottimo OnePlus 3, con processore di ultima generazione e batteria capiente
OnePlus 3T corre veloce. Batteria maggiorata e per ora niente Nougat
Design e il peso dello smartphone sono gli stessi del OnePlus 3 ma ora è possibile scegliere tra due colorazioni: metal o gold
di Vittorio Romano BARASSI
S
e ne parlava insistentemente
già da qualche settimana e finalmente è stato svelato al mondo
OnePlus 3T, nuovo smartphone di punta della gamma del produttore cinese
che, a nemmeno sei mesi di distanza
dal lancio di OnePlus 3, ha deciso di
dare una leggera rinfrescata alle caratteristiche tecniche del suo flagship.
Il design dello smartphone è praticamente lo stesso ma ora è possibile
scegliere tra due colorazioni: Gunmetal e Soft Gold. Per il resto non si registrano variazioni di alcun tipo e pure
il peso del prodotto resta lo stesso,
nonostante la nuova e più capiente
batteria da 3400mAh (+13% rispetto
a OP3)potesse suggerire qualcosa di
diverso. Come sul modello precedente
non manca Dash Charge, caratteristica
che permette di caricare il dispositivo
in maniera rapida e sicura, scaricando
gran parte del lavoro sul caricabatterie.
OnePlus 3T, grazie a queste caratteristiche, è dunque in grado di garantire
una giornata di autonomia con solo
mezzora di carica.
Il SoC scelto da OnePlus per il nuovo
3T è, ovviamente, il recente Snapdragon 821 con CPU quad-core Kryo (2x
2.35 GHz, 2x 1.6 GHz); la GPU è la solita
Adreno 530 e rimangono 6 i GB di memoria RAM a disposizione dell’utente.
I modelli saranno disponibili nelle varianti da 64 e 128 GB (UFS 2.0) e non
è prevista la possibilità di espansione
tramite microSD.
Smentiti i rumors della vigilia sulla
nuova fotocamera principale: il modulo resta il Sony IMX 298 del modello
precedente (con un sistema di stabilizzazione elettronica migliorato e con
vetro zaffiro a protezione dell’obiettivo)
mentre a cambiare è quello frontale,
ora rappresentato da un sensore Samsung 3P8SP da 16 MP con pixel da 1.0
µm e messa a fuoco PDAF (rilevamento
di fase). I selfie, a quanto pare, non sa-
TEST
Sony Xperia XA
segue Da pagina 36 
il bilanciamento del bianco, l’esposizione e una scena specifica da una lista piuttosto corposa, tra cui
“pelle morbida”, crepuscolo, notte, spiaggia, neve,
sport, fuochi artificiale e altro ancora. Per soggetti
non in movimento è disponibile anche l’HDR tramite la combinazione di due immagini. La fotocamera
principale da 13 Mpx con apertura f/2 è gestita dal
sensore Exmor RS che si attiva rapidamente anche
in stand-by tenendo premuto il pulsante dedicato
alla fotocamera. Le immagini catturate con condizione di luce favorevoli sono più che sufficienti ma non
brillano per qualità, mentre al buio i colori sono un
ranno più un problema. Rimarranno delusi anche gli utenti che si aspettavano
Android Nougat (7.0 se non 7.1); OnePlus 3T arriva sul mercato con l’ottimo
OxygenOS - sempre più ottimizzato basato su Android Marshmallow. Entro
la fine dell’anno arriverà il tanto atteso
aggiornamento ad Android N e tutti i
po’ alterati e la presenza di rumore è avvertibile. Abbassando manualmente gli ISO si riesce a strappare
qualcosa di meglio, ma il risultato resta lontano da
quello di un cameraphone (come i modelli Sony di
gamma più elevata). La risoluzione massima per le
foto è di 4096 x 2304 pixel in 16:9 e 4160 x 3120 se
si sceglie la proporzione 4:3. La registrazione video
garantisce qualità Full HD a 30 fps. Nel carnet delle
opzioni fotografiche ci si imbatte in un menu che
raccoglie app aggiuntive finalizzate alla produzione
di scatti creativi e composizioni ad effetto: ricordiamo l’app Effetto AR che permette di aggiungere alle
immagini catturate o salvate oggetti di vario tipo in
sovra-impressione, in una sorta vignetta in realtà
aumentata. Interessante anche l’app “Volto in Foto”
tramite la quale vengono attivate entrambe le fotocamere per immortalare il volto di chi scatta all’interno dell’immagine principale. La fotocamera frontale
è caratterizzata da un sensore Sony Exmor R con
obiettivo grandangolare con 88 gradi di apertura
che si comporta bene in relazione al compito che è
chiamato a svolgere, cioè videochiamate o selfie da
ritoccare e pubblicare sui social.
Autonomia migliorabile

Ecco alcune foto scattate dallo smartphone, clicca
l’immagine per vedere l’ingrandimento
torna al sommario
All’interno di Xperia XA Sony ha installato una batteria non removibile da 2.300 mAh, un po’ sotto dimensionata a nostro avviso. La scelta deve essere
stata dettata dallo spazio a disposizione che, visto
il design slim del dispositivo, non ha consentito capacità maggiori. Durante la prova di Xperia X abbia-
futuri update saranno rilasciati contemporaneamente sia su OnePlus 3 che
OnePlus 3T.
OnePlus 3T da 64 GB sarà disponibile
da fine novembre a 439 euro. Il modello da 128 GB, ordinabile solo nella
colorazione Gunmetal, costerà invece
479 euro.
mo eseguito vari test di durata utilizzando le varie
opzioni disponibili nelle impostazioni della batteria.
Nella modalità Stamina Ultra, attivata al 30% di carica come suggeritoci dal sistema, la durata complessiva è stata di un’intera giornata, ma le ora serali
di bonus sono risultate difficili da digerire: tutte le
funzioni che rendono “smart” uno smart-phone sono
tagliate. Niente connettività, ad eccezione di quella Bluetooth, niente servizi in background e app se
non chiamate, sms, calendario, calcolatrice e qualche lusso come la fotocamera e la radio FM, sempre gradita. Un telefono ridotto all’osso che ci ha
tagliato fuori da ogni interazione “social”. In pratica,
confermando le impressioni di cui sopra, si tratta di
un telefono dedicato a chi intende farne un uso di
routine, navigando un po’, gestendo mail e impegni
lavorativi e un po’ di svago, ma di certo non per chi
vive di pane e smartphone. In ogni caso, va ricaricato ogni giorno. Stamina Ultra è drastico e proprio
per questo prolunga la vita della batteria lasciandoci raggiungibili, per ogni evenienza, con chiamate
e messaggi di testo tradizionali. Di scarsissima utilità invece la modalità Stamina standard che non ha
dato particolari benefici rispetto all’assenza di accorgimenti per il risparmio energetico. Rispetto ad
altri prodotti di fascia media o medio-bassa questo
Sony risulta un po’ meno ottimizzato perché secondo la nostra esperienza con un display da 5 pollici
a 720p e un processore buono ma non da record è
possibile tarare meglio il sistema e ridurre l’esosa
richiesta di energia.
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29 NOVEMBRE 2016
MAGAZINE
TEST Sony porta il gaming 4K su console. Le migliorie dell’immagine visibili sui pannelli Full HD non sono però così marcate
PS4 Pro: in prova console e game. Ne vale la pena?
Abbiamo testato la nuova console Sony, dandole in pasto una quindicina di giochi e abbiamo raggiunto il nostro verdetto
M
di Francesco FIORILLO
ostrata quasi timidamente qualche giorno prima dell’edizione 2016 dell’E3 di Los Angeles,
PlayStation 4 Pro non può esser considerata
semplicemente come l’ultima revisione della fortunata
console Sony. La nuova macchina da gioco rappresenta una forte rottura nella recente storia videoludica, segnando di fatto la fine dei cicli generazionali. Nell’arco
della loro vita, detta per l’appunto generazione, le console subiscono spesso una revisione per poi essere
rilanciate sul mercato in una forma diversa. I cambiamenti in questi casi riguardano solitamente l’estetica,
il consumo energetico e altri aspetti marginali, ma fino
ad oggi nessuno aveva mai modificato drasticamente
l’architettura al fine di incrementare la potenza computazionale. PS4 Pro è dunque qualcosa di diverso: non
può essere considerata una PlayStation 4, ma neppure
una piattaforma di gioco next-gen. Il menu è il medesimo del precedente modello, il pad non propone alcuna
sostanziale modifica se non la presenza di un piccolo
indicatore luminoso posto sulla parte frontale e il parco
titoli rimane essenzialmente lo stesso. Ogni gioco editato per PS4 è perfettamente compatibile con PS4 Pro
e, nel prossimo futuro, non ci sarà alcun titolo sviluppato in esclusiva per questa macchina. Eppure questo
esperimento resta un inedito capace di modificare le
regole del mercato console.
Diversa fin dal primo impatto
Una volta posizionata al fianco del televisore, è impossibile non notare l’aumento delle dimensioni di PlayStation 4 Pro. L’ ingombro risulta superiore se paragonato
a quello delle altre due versioni, in virtù soprattutto di
una sorta di terzo strato che ne incrementa lo spessore
e, nonostante una buona compattezza, l’ultima macchina da gioco Sony si distingue per una certa pesantezza
delle linee. Il trasformatore rimane integrato, il consumo
massimo è quasi il doppio di quello del modello Slim (si
parla di ben 310 watt), mentre sul fronte silenziosità si
segnala solo un piccolo aumento dei decibel prodotti.
I vecchi tasti a sfioramento presenti sulla parte anteriore sono stati qui sostituiti da dei piccoli bottoni tradizionali, purtroppo caratterizzati da una qualità tutt’altro
che elevata, mentre il vano slot-in per i dischi e le due
porte USB 3.1 sono posizionate con maggior criterio,
risultando ben distanziate tra loro. Sul retro ritorna
l’uscita ottica, non presente sul modello Slim, che va ad
affiancarsi alla porta video HDMI 2.0b, all’immancabile
connettore Gigabit Ethernet, alla presa PlayStation Ca-
video
SONY PS4 PRO
SONY PORTA IL GAMING 4K SU CONSOLE. ACCETTANDO QUALCHE COMPROMESSO
409,99
lab€
Scegliere di acquistare oggi PlayStation 4 Pro non è una decisione semplicissima. I nuovi acquirenti possono tranquillamente rivolgere le loro attenzioni e, di conseguenza, i loro risparmi su quest’ultimo modello, ma per i possessori di PlayStation 4 standard la situazione si complica notevolmente.
Per ora le migliorie dell’immagine sui pannelli Full HD non sono così marcate da giustificare un nuovo esborso economico, mentre chi ha un TV 4K può
trarre maggiori benefici dalla potenza supplementare. Anche in questo caso occorre spesso un occhio allenato per notare le varie migliorie, ma la
risoluzione più alta, unita ad una migliore implementazione dell’HDR, può valere il prezzo del biglietto, fissato in Italia a 409,99€
8.6
Qualità
8
Longevità
9
Design
8
Semplicità
10
D-Factor
9
Prezzo
9
Facilità di utilizzo
Nessun supporto per i blu-ray Ultra HD
COSA CI PIACE Prezzo accessibile
COSA NON CI PIACE Materiali costruttivi molto economici
Sui panelli 4K le migliorie si vedono
Poche migliorie per chi ha un TV Full HD
mera e a quella per la corrente. Una porta USB aggiuntiva, sempre di tipo 3.1, permette il collegamento con il
visore PlayStation VR, nessun supporto per la lettura
dei Blu-ray Ultra HD è previsto e sul fronte multimedialità non si segnala alcun cambiamento rispetto al
passato. Al momento siamo di fronte a una console
pensata per un unico utilizzo, il gaming, e chi si aspettava un’evoluzione della PS4 base anche in senso
multimediale rimarrà di certo deluso. L’unico modo per
godere dei nuovi contenuti video in 4K HDR è quello di
ricorre all’app Netflix e sottoscrivere un abbonamento
Premium, mentre come lettore Blu-ray Disc la console
si limita al canonico compitino svolto con sufficienza
accademica.
Il cuore di PS4 Pro
Le novità di questa edizione Pro vanno dunque ricercate sotto la scocca nero opaco. Nel dettaglio, PS4 Pro
può contare su una potenza doppia rispetto a quella
del normale modello di PlayStation 4, grazie a una CPU
Jaguar a 8 core da 2,1 GHz (PS4 vanta 8 core a 1,6 GHz);
una versione migliorata della GPU firmata AMD con 36
CU a 911 MHz (PS4: 18 CU a 800 Mhz) e a 8 GB di RAM
GDDR5, con una banda di 218 GB/s (PS4 si ferma a 176
GB/s). La Ram complessiva ha visto inoltre l’aggiunta
di 1 GB DDR3 (rispetto ai 256 Mb montati sul modello
base), da destinare a nuovi progetti e al sistema operativo. Nella console standard, se si passa da un’applicazione come Netflix ad un gioco, l’app chiusa continua
ad essere attiva nella memoria di sistema. Su PS4 Pro
invece, dopo aver avviato un qualsivoglia gioco, l’app
precedentemente avviata andrà ad occupare spazio
nella nuova memoria DDR3, liberando di conseguenza quasi 1 GB degli 8 GB presenti di GDDR5. Inoltre,
di questo spazio aggiuntivo, 512 MB saranno destinati
ai vari videogame, che avranno così ben 5,5GB di memoria RAM dedicata (i restanti sono infatti destinati al sistema operativo). Tale soluzione permette sulla carta di
ottenere sia un notevole incremento prestazionale, sia
una compatibilità nativa con gli oltre 700 titoli per PS4.
Quando i giochi non aggiornati per PS4 Pro vengono
avviati, semplicemente la GPU gira a “metà potenza” replicando in tutto e per tutto la scheda grafica originale.
Giocare con PS4 Pro in 4K HDR
Il cambio di architettura hardware di PS4 Pro è stato
necessario per garantire alla console la possibilità di far

segue a pagina 39 
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29 NOVEMBRE 2016
TEST
PS4 PRO
segue Da pagina 38 
girare i titoli compatibili a una risoluzione di 3.840x2.160
pixel. Il colosso nipponico sta puntando molto sulla dicitura 4K in sede di marketing, ma ovviamente i 4.20
TFLOPS generati non permettono un rendering nativo
dei giochi a 2160p. Da quanto abbiamo potuto constatare gli sviluppatori stanno optando principalmente
per due soluzioni, che prevedono rispettivamente un
aumento della risoluzione nativa congiunta all’utilizzo
dello scaler della console e l’utilizzo di una tecnica di
rendering molto avanzata chiamata Checkerboard.
Nel primo caso un gioco come Uncharted 4 viene
renderizzato su Pro a 1440p per poi finire nelle grinfie
dello scaler allo scopo di raggiungere i 4K del display.
Il risultato è superiore a quello ottenibile con lo scaler
del TV e l’innalzamento della risoluzione porta comunque con sé texture più definite, una minor presenza di
aliasing e un’immagine più pulita. Ben più interessante
è la seconda tecnica di rendering utilizzata. Il Checkerboard permette di ottenere risoluzioni simil native (fino
a 1800p e 2160p) ricostruendo i pixel mancanti mediante memorizzazione dei dati di posizione, rotazione
e velocità degli elementi poligonali; tutto ciò avviene
grazie a una disposizione a scacchiera, da cui il nome
della tecnologia.
MAGAZINE
ri. Questo non esclude comunque qualche miglioria
anche nell’ipotesi in cui si colleghi la console
ad un tradizionale TV Full HD. Avviando un
gioco compatibile con le specifiche di
PS4 Pro, come nel caso di Rise of the
Tomb Raider, l’utente può optare per
un’esperienza maggiormente fluida a 60fps o, magari, incrementare
il dettaglio grafico bloccando il gioco a 30 fotogrammi per secondo.
Call of Duty Infinity Warfare e Watch
Dogs 2 si limitano invece a migliorare
la resa visiva delle immagini, limitando
quello spiacevole effetto (Aliasing) che inficia
solitamente i bordi degli oggetti facendoli risultare
scalettati. Ciò è reso possibile dall’implementazione del
Super Sampling: una delle tecniche di Anti Aliasing più
efficaci e dispendiose in termini di risorse hardware.
Molti giochi dopo l’installazione della patch per PS4 Pro
offrono un rendering nativo superiore alla risoluzione di
1920x1080. Su schermi a 1080p le immagini vengono
in pratica scalate verso il basso, aumentando di conseguenza la pulizia grafica generale. In realtà le caratteristiche tecniche messe a disposizione dalla nuova
console Sony possono essere utilizzate nei modi più
disparati. A parte il mantenimento dello stesso frame
rate su PS4 standard e su Pro, in modo da non compromettere l’esperienza multigiocatore online, gli sviluppatori non hanno un’unica strada percorribile e, nelle loro
produzioni, possono puntare tutto sulla risoluzione, sulla complessità della scena, oppure su un mix dei due.
Giochiamo con PS4 Pro: il test
La potenza di calcolo necessaria è nettamente inferiore rispetto a quella richiesta per un rendering nativo,
ma i risultati ottenuti sono più che soddisfacenti. L’HDR,
presente anche sui modelli precedenti, permette infine di godere su PS4 Pro di una scala di colori più ampia, oltre che di un contrasto più elevato e una gamma
dinamica estesa.
Le immagini traggono un enorme beneficio dalla nuova estensione cromatica, apprezzabile soprattutto sui
riflessi e sulle superfici illuminate dalle varie fonti luminose. Se notare l’incremento di risoluzione e qualche
texture più definita richiede un occhio allenato, l’implementazione dell’HDR risulta di facile lettura e soprattutto mostra un incredibile miglioramento qualitativo
generale.
Qualche beneficio anche in Full HD

PlayStation 4 Pro nasce per offrire ai possessori di
pannelli in 4K la possibilità di godere di immagini più
definite e impreziosite da dettagli lievemente superio-
torna al sommario
Ogni titolo disponibile per PlayStation 4 è perfettamente compatibile con la versione Pro della console ma, è
bene specificarlo nuovamente, per godere di eventuali
migliorie bisogna per forza di cose attendere e installare apposite patch. Incrementare la fluidità o la risoluzione di un videogame è infatti una pratica a discrezione
dello sviluppatore che potrà, in piena libertà, decidere
se migliorare il proprio titolo o lasciarlo semplicemente
invariato. CD Projekt Red, ad esempio, ha già annunciato che il suo The Witcher 3 non sfrutterà le nuove
potenzialità di PS4 Pro e anche Destiny di Bungie e
Until Dawn di Sony non verranno aggiornati.
In tutti e tre i casi gli sviluppatori hanno preferito concentrare le risorse su altri progetti, ma i neo possessori della console Sony hanno comunque un buon
parco titoli per testare la loro nuova piattaforma.
In questo link vi riportiamo la prova di tutti i giochi ottimizzati, con tanto di dettagli relativi alle varie migliorie.
A cosa giocheremo domani?
I titoli compatibili con le nuove potenzialità di PS4 Pro
non si limitano alla seppur corposa lista presente nella
precedente pagina. Il numero dei giochi è ovviamente
destinato ad aumentare con il passare dei mesi e per
rendersene conto è sufficiente dare uno sguardo ai
progetti in dirittura d’arrivo.
Fallout 4: Fallout 4 girerà in 4K, queste sono state le
parole di Bethesda. La patch per abilitare il supporto a
PS4 Pro dovrebbe arrivare nel corso del mese di novembre, ma siamo fermamente convinti che anche in
questo caso lo sviluppatore ricorrerà all’immancabile
Checkerboard Rendering per incrementare la risoluzione del suo splendido action RPG post apocalittico.
Gran Turismo Sport: Il pieno supporto per l’HDR è
stato confermato dallo stesso creatore della serie:
Kazunori Yamauchi. Il gioco di guida da sempre legato
al marchio PlayStation, il giorno dela sua uscita, potrà
vantare una palette di colori più realistica e, sui pannelli 4K, una risoluzione upscalata tramite la tecnica del
Checkerboard Rendering. I possessori di una TV Full
HD potranno invece beneficiare di una maggior pulizia
grafica, grazie all’implementazione della tecnica nota
come Super-Sampling.
Hitman: Anche l’ultima avventura a episodi dell’Agente
47 supporterà PlayStation 4 Pro. I 4k verranno implementati tramite upscale (la risoluzione nativa resta vicina
ai soliti 2K), mentre l’interfaccia di gioco, al fine di rendere perfettamente visibili scritte e indicatori vari, verrà
renderizzata a 2160p (3840x2160). Visualizzando il titolo a 1080p si noteranno effetti di luce più curati, texture
più definite e un aliasing ridotto. Non ci saranno invece
migliorie per quel che concerne il frame rate, mentre il
supporto per la tecnologia HDR non è previsto.
Nioh: Nioh presenterà il giorno della sua uscita due
diverse modalità di visualizzazione anche su PS4 Standard, denominate Movie e Action. Nel primo caso, in
modalità Movie, la risoluzione sarà pari a 1.920 x 1.080p
con un frame rate ancorato a 30 fps, mentre la modalità
Action girerà alla stessa risoluzione ma a 60 fps con dettali grafici abbassati. I possessori di PS4 Pro potranno
invece godere di una risoluzione pari a 3840×2160 (4K
nativi) e 30 fps in modalità Movie e 1920x1080p/60 fps
in modalità Action, ma con i dettagli grafici al massimo.
Clicca qui per la lista completa di tutti i titoli, presenti e
futuri, pronti per beneficiare della maggior potenza computazione di PlayStation Pro.
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29 NOVEMBRE 2016
MAGAZINE
TEST Abbiamo passato un po’ di tempo con NES Mini e abbiamo compreso i motivi del successo di questo strano esperimento nostalgico
NES Mini, tutto il fascino dei vecchi giochi a 8 bit
La console di Nintendo ci riporta in un mondo ludico bellissimo, fatto di pixel, salti millimetrici e di vite perse in malo modo
S
di Francesco FIORILLO
in dalla sua prima apparizione, il NES Mini è riuscito nel difficile intento di solleticare la fantasia
di milioni di videogiocatori. La console ha registrato un elevato numero di preordini, Nintendo stessa si è detta sorpresa dalla reazione dei consumatori
e nei prossimi mesi intensificherà la produzione per
soddisfare la richiesta. I motivi dietro il successo di
tale esperimento sono molteplici. Oltre all’ovvio effetto nostalgia, che di certo colpisce ogni videogiocatore cresciuto nell’epoca delle macchine da gioco 8 bit,
la piccola console vanta una cura realizzativa degna
di lode e un aspetto tanto retrò quanto irresistibile.
Ci troviamo di fronte a una replica fedele dell’originale, solo caratterizzata da dimensioni estremamente
contenute (parliamo di 126x100x43mm). Le foto non
rendono giustizia, ma il NES Mini è una scatoletta
davvero bellissima. I due tasti frontali, proprio come
nella versione datata 1986 (anno in cui il sistema di
intrattenimento sviluppato dalla Casa di Kyoto uscì in
Italia), permettono l’accensione e il reset, due porte
posizionate in basso a destra offrono la possibilità di
collegare due pad, anch’essi indistinguibili dalla versione originale, mentre sul retro trovano posto due ingressi: uno dedicato al cavo HDMI, indispensabile per
il collegamento alle moderne TV e uno per l’alimentazione. Quest’ultimo, grazie anche al cavo micro usbUBS in dotazione, permette di alimentare la console
tramite una semplice porta USB abilitata alla ricarica.
Un tuffo in un mare fatto di pixel
Il menù che accompagna l’utente nella selezione dei
trenta titoli preinstallati (qui trovate la lista completa)
risulta semplice e intuitivo, mentre tutta una serie di
trovate buffe riescono a renderlo addirittura divertente. Ogni spostamento della croce digitale viene accompagnato, ad esempio, da un effetto audio quasi
gracchiante e anche operazioni tediose come la creazione di un punto di salvataggio strappano sempre un
sorriso, grazie a icone piuttosto buffe e sempre caratterizzate da animazioni riuscitissime.
Per rendersi conto della grande cura riposta nella realizzazione del menu è sufficiente attendere una trentina di secondi senza premere alcun tasto. Finita l’attesa una sorta di modalità demo mostrerà infatti i vari
giochi in azione, mentre una sfida senza esclusione di
colpi tra i fratelli Mario andrà in scena per il controllo
video
dello schermo. Nella parte superiore del menu trovano posto infine le diverse opzioni, come il QR Code
per accedere ai manuali (disponibili anche qui), la
selezione delle lingue, le immancabili note legali e la
ben più interessante modalità di visualizzazione.
Oltre al classico formato in 4:3, i giochi NES possono
essere infatti avviati anche in modalità pixel perfect,
che riproduce di fatto i pixel quadrati mantenendo la
stessa dimensione di elaborazione del vecchio NES o
con un filtro CRT, in grado di replicare le linee di scansione tipiche dei vecchi televisori a tubo catodico.
Tutte e tre le modalità rendono giustizia ai titoli originali, mentre l’output video della console, fissato a una
risoluzione di 720p, risulta più che sufficiente.
Al fine di replicare l’esperienza ludica originale i bug
presenti nelle edizioni a cartucce non sono stati corretti e anche quello spiacevole artificio grafico che
portava i pixel a scompare per brevi istanti è ancora
presente. Nel complesso le ROM emulate vantano
una pulizia grafica ottima e risultano nettamente superiori a quelle presenti sulla Virtual Console di Wii,
Wii U e 3DS.
Anche la selezione dei giochi non dà adito a particolari lamentele e nonostante l’ovvia assenza di qualche nome illustre, i capolavori dell’epoca non hanno
mancato l’appuntamento con questa nostalgica riedizione. Si parte dai tre capitoli della saga di Mario
Bros., si passa per il duo Metroid-Kirby e si finisce con
il primissimo Final Fantasy o con lo splendido sparatutto Gradius.
È bene ribadire che il NES Mini non offre alcun collegamento a internet e la possibilità di scaricare e
giocare ad altri titoli, oltre ai 30 già presenti nella memoria interna, viene preclusa.
Una scelta davvero folle?

Il difetto più grande di questa particolare e apprezzabile retroconsole non risiede nell’impossibilità di ampliare il parco titoli preinstallato, ma in un paio di scelte di
design fin troppo opinabili.
Il cavo che collega il controller alla console, per colpa
dei suoi miseri 70 centimetri di lunghezza, è davvero
torna al sommario
lab
La due generazioni a confronto.
inadatto per qualsivoglia postazione di gioco. In pratica nessuno riuscirà a saltellare fra le lande del Regno
dei Funghi restando comodamente seduto sul divano
buono di casa. Inoltre, non esistendo alcuna combinazione di tasti per tornare alla schermata iniziale, si deve
ricorrere per forza di cose al piccolo tasto “reset” per
selezionare un nuovo gioco. Il Nes Mini deve restare
in definitiva letteralmente a portata di mano e questo
rischia seriamente di compromettere l’esperienza di
gioco. Un difetto non da poco, ma una volta trovata
la giusta posizione, il piccolo Nintendo Entertainment
System riaprirà la porta a tutta una serie di esperienze
purtroppo sbiadite dall’inevitabile scorrere del tempo.
La mente di qualcuno ritornerà a quei pomeriggi passati a combattere strane creature selezionando attacchi da una lista, qualcuno riscoprirà un’immediatezza
e, soprattutto, un magnetismo ludico assoluto, mentre
altri si ritroveranno a fare i conti con una difficoltà oramai perduta.
Basterà una minima disattenzione per ritrovarsi a combattere in mutande i non morti di Ghosts ‘n Goblins e
tra un centinaio di vite perse e qualche epiteto colorito
di troppo, una sola unica considerazione si insinuerà
nella mente: le nuove produzioni coccolano il giocatore, accompagnandolo per mano fino ai titoli di coda.
Un tempo occorrevano invece doti notevoli per terminare un gioco, ma le soddisfazioni ottenute erano, e
qui lo sono anche oggi a distanza di 30 anni, semplicemente enormi.
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29 NOVEMBRE 2016
TEST Semplice e completa l’interfaccia a schermo ma il caricamento della Smart TV ci mette qualche secondo di troppo
TCL S79 in prova: un onesto 55” 4K a soli 700€
CityLine S79, un buon TV per il prezzo a cui viene venduto ma senza HDR, per il resto offre davvero tutto quello che serve
F
di Roberto PEZZALI
ino ad oggi abbiamo provato TV di fascia alta,
il top che i vari Samsung, LG, Sony e Panasonic
potessero offrire. Se si guarda però a quello che
effettivamente viene comprato nei negozi ci si accorge che tutti cercano ormai prodotti con il miglior rapporto schermo/prezzo. TCL da anni realizza ottimi TV:
il marchio è cinese, ma i TV vengono fatti in Europa in
fabbriche vicine a quelle che producono anche per gli
altri brand. Tra i modelli del produttore ci ha attirato in
modo particolare il CityLine della serie S79. Il prodotto
in fase di test è un 55” 4K che si trova oggi a circa
700 euro e che ha una particolarità: oltre ad essere
comunque completo di tutto quello che si potrebbe
desiderare, HDR a parte, ha un design che colpisce
visto lo spessore nella parte alta di appena 9,9 mm,
un dettaglio che in negozio sicuramente fa la differenza se paragonato a modelli nella stessa fascia di
prezzo ma più spessi. Tra gli altri punti di forza elencati dal produttore anche uno speciale vetro antiriflesso
e soprattutto una modalità sport destinata soprattutto
alla visione delle partite di calcio, indubbiamente una
delle passioni degli italiani.
Cornice e profilo ultraslim
e la qualità è buona

La maggior parte dei TV si vendono da spenti, guardando soprattutto al design, e TCL ha pensato di investire molto su questo aspetto realizzando un prodotto
che visto di fronte non ha nulla da invidiare a molti
prodotti dei competitor. Anzi, in molti casi
i big name hanno finiture meno
curate, mentre qui ci sono
sottili bordi in metallo arrotondato e una base
minimal realizzata con
piedini anche loro in
metallo. Per capire
dove TCL è andata a
risparmiare basta girare il prodotto, dove
una cover in plastica
chiara tradisce una natura ovviamente più economica di alcuni pannelli
posteriori finemente lavorati.
Sul retro sono inseriti sia i controlli
sia le connessioni, che su questo TV abbondano: a
vista troviamo infatti un ingresso scart e un ingresso
component, retaggio di un passato analogico che potrebbe però fare ancora comodo a qualcuno. Quattro
le prese HDMI, tutte HDMI 2.0 con HDCP 2.2 e due le
porte USB, una classica e una 3.0. Non mancano poi il
connettore di rete (ma c’è anche il wi-fi), l’uscita ottica,
lo slot per la card e il tuner DVB-T2/S2. Nella parte
bassa i 9,9 mm di spessore si allargano per lasciare
spazio ai diffusori audio: a vista sembra che TCL abbia
studiato con attenzione il sistema audio del TV per
torna al sommario
video
999,00
la€b
TCL U55S7906
DESIGN OK, VIDEO DA SISTEMARE
Il TCL U55S7906 è un buon TV per il prezzo a cui viene venduto: sicuramente TCL ha pensato di realizzare un prodotto destinato a chi sceglie un televisore
per l’impatto estetico che per la pura qualità, anche perché rimanendo su certe fasce di prezzo è impossibile portare a casa una resa video da top
di gamma. I menu sono incredibilmente completi, soprattutto quelli legati alla gestione video, ma si percepisce la mancanza di qualche consulente
dell’immagine che possa indirizzare i programmatori verso la giusta strada. La presenza di un motion compensation non sempre disinseribile è il chiaro
esempio di questa cosa, e lo stesso vale anche per le regolazioni che non riescono ad essere precise come in altri TV.
7.2
Qualità
6
Longevità
7
Design
- Prezzo contenuto
COSA CI PIACE - Notevole cura e scelta dei materiali
- Molte opzioni regolabili
9
Semplicità
8
D-Factor
7
Prezzo
8
- Qualità d’immagine non sempre all’altezza
COSA NON CI PIACE - Impossibile regolare l’immagine con
le app tipo Netflix
offrire un audio di qualità in un TV super slim.
Modesti i due telecomandi in dotazione, molto economici nella costruzione e con i tasti organizzati
anche in modo poco intuitivo. Non sono
retroilluminati, il tasto del menu è molto piccolo e anche il feedback alla
pressione non è dei migliori. Se il
primo telecomando è molto completo e include anche il tasto per
richiamare direttamente Netflix,
il secondo telecomando è destinato a chi usa principalmente la
TV per vedere i programmi e fare
zapping.
ampia su schermo. Notevole anche la sezione DLNA,
compatibile con ogni tipo di formato audio e video.
Probabilmente il TV TCL ha più opzioni di quelle presenti su un TV di fascia alta, e questo può anche essere un bene: grazie alle regolazioni disponibili siamo
riusciti a calibrare il TV quasi alla perfezione, nei limiti
delle possibilità del pannello. Va anche detto, però,
che chi è in grado di ottimizzare un TV e ha gli strumenti adatti per farlo non è certo il target di questo
economico ma completo TV.
Interfaccia semplice, tante
le regolazioni nei menu
Molto completa l’interfaccia a schermo, anche se
non è delle più veloci: il caricamento della parte Smart
TV porta via qualche secondo di tropo ma alla fine
l’unica vera app che interessa è Netflix, raggiungibile
anche con il tasto del telecomando. Ci ha colpito la
completezza dei menu di regolazione: chi ha creato il
software ha cercato di mettere dentro il Cityline ogni
tipo di regolazione possibile, sia per quanto riguarda
il CMS sia per il gamma e il bilanciamento del bianco,
disponibile sia a due punti sia a 10 punti. Purtroppo
non sempre le regolazioni sono precisissime, e una
variazione piccola porta ad una variazione troppo
Sintonia TV: serve una buona antenna
Le operazioni di sintonia dei canali TV si svolgono in
maniera piuttosto rapida per quanto riguarda il digitale terrestre, però la sensibilità non è molto spinta e
quindi serve un buon impianto d’antenna se si vogliosegue a pagina 42 
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TEST
TCL CityLine S79
segue Da pagina 41 
no vedere tutti i canali disponibili. I conflitti LCN vengono risolti direttamente dal TV: i canali in conflitto
finiscono in coda alla numerazione e poi si può creare
una lista di canali preferiti per velocizzare lo zapping.
Per quanto riguarda la ricezione via satellite le operazioni sono invece più lente perché non c’è la presintonia per TivùSat e quindi l’apparecchio svolge con
molta calma la sua ricerca completa, c’è tutto il tempo di bersi un caffè. In seguito basta aprire l’elenco
canali dal tasto List e scegliere i preferiti da mettere
nell’ordine desiderato tra i preferiti; nessun problema
nella ricezione dei canali test in 4K, solo qualche ritardo nel cogliere la traccia audio sul canale 4K HDR
di Eutelsat.
Audio: tante regolazioni
ma non alzate il volume

La riproduzione sonora del TV TCL non è disprezzabile e offre molte possibilità di regolazione, però i diffusori sono tutti sul lato posteriore e non sembrano gradire un volume molto alto. Scegliendo un canale HD
con audio Dolby stereo la resa delle voci è piuttosto
buona e anche con film e musica il comportamento
generale è buono, a patto di non alzare troppo il volume perché oltre un certo livello la distorsione sale e la
resa diventa sgradevole.
Interessante la possibilità di impostare diversi effetti
DSP o di scegliere la modalità personale con tanto
di equalizzatore a cinque bande. Tutta da scoprire la
differenza tra modalità standard e normale mentre
è quasi eccessiva la possibilità di impostare l’effetto
surround su tre diversi livelli, peraltro abbastanza efficaci. Quindi una grande versatilità che si scontra con
la limitata capacità degli altoparlanti di assecondare
tante regolazioni. Utile la possibilità di regolare il volume della cuffia in modo indipendente.
torna al sommario
MAGAZINE
Un buon TV
con un fastidioso difetto
Se provare un TV è difficile per tutte le diverse combinazioni possibili tra sorgenti,
configurazioni e profili, provare questo TV
TCL lo è stato ancora di più: facile dare un
giudizio quando hai di fronte un top di gamma e quindi devi pretendere il massimo, difficile invece giudicare un 55” che costa 700
euro senza aver provato in modo dettagliato
alcuni TV di ultima generazione nella stessa
fascia di prezzo.
La prima sensazione quando accendiamo il
TV è quella di uno schermo più che onesto:
il filtro di riduzione dei riflessi funziona abbastanza bene, non elimina del tutto i riflessi
forti ma una base di cancellazione c’è. Che
siamo di fronte ad un pannello Edge LED lo
notiamo subito in sala scura, dove quattro
leggeri baffi di luce appaiono agli angoli:
l’uniformità del pannello è comunque piuttosto buona, senza clouding o macchie
strane. Di default il TV dispone di diversi
profili d’immagine: ci precipitiamo subito su
Cinema e Digital Cinema cercando di capire quali sono le differenze tra i due. Digital
Cinema tuttavia vira in modo deciso al verde, troppo, quindi prendiamo come punto
di partenza Cinema e iniziamo a goderci la
visione, non prima di aver regolato accuratamente luminosità e contrasto. Per quanto
riguarda questi parametri ci siamo accorti
che purtroppo la gestione delle regolazioni
non è precisissima: la variazione di un solo
punto di luminosità in una scala da 1 a
100 porta ad un cambiamento davvero enorme sull’immagine, servirebbe un controllo più fine. La stessa cosa per fortuna non vale per altri parametri come
quello del bilanciamento del bianco e del CMS, che
abbiamo utilizzato per fare una taratura del TV ancora
più precisa.
Apriamo una parentesi: con gli strumenti e le opzioni
che TCL ha messo a disposizione il TV si regola abbastanza bene, e con gli strumenti adeguati si riesce
a portare il pannello ad un livello di visione più che
ottimale, livello che però come vedremo è puramente
strumentale perché i grafici dicono una cosa ma i nostri occhi ne vedono un’altra. Tornando alla visione facciamo scorrere sul TV diverse sorgenti: blu-ray, dischi
Ultra HD, console da gioco e ovviamente streaming da
Netflix. La qualità con materiale 4K è buona: il dettaglio ovviamente c’è, e ci mancherebbe, forse manca
un po’ di incisività con la scena che appare un po’
troppo sbiadita in alcuni passaggi. Ci sono due
cose che non ci convincono appieno: la prima
è una tendenza ad esaltare il rumore, e anche materiali che su altri TV sembrano di
ottima qualità qui sembrano afflitti da una
leggera base di rumore video e di artefatti, la seconda è la gestione della
cadenza. Dalle immagini infatti sembra sia attivo un sistema di motion
compensation a prescindere
dall’ingresso o della sorgente,
tanto che pure l’app di Netflix
ha la stessa resa più video che
“film”: cerchiamo nei menu
sperando di trovare l’opzione
per disabilitare questa funzione e ci accorgiamo di aver già
disattivato ogni funzione di
processamento digitale possibile. TCL probabilmente
ha inserito qualche sistema
di motion compensation sui
segnali video esterni, e il
paradosso è che un filtro
simile può essere disattivato se ci si sposta invece sul
tuner TV dove appare nei
menu l’opzione dedicata.
Come abbiamo detto se
guardiamo alle misure sembra che il TV
debba restituire un’immagine tutto sommato perfetta, però la sensazione è che ci
sia un po’ troppo lavoro “digitale” del
processore dietro le quinte sul quale l’utente non può
in alcun modo intervenire: ad uscirne penalizzati sono
soprattutto i film in HD, perché con materiale nativo 4K
la resa è davvero buona e con altri tipi di contenuti la
presenza del motion compensation non infastidisce
affatto. Ci riferiamo ad esempio ai videogiochi, dove
comunque l’immagine è godibile, incisiva e pressoché
priva di scie e con lo sport, dove è meglio lasciar da
parte la modalità ad hoc pensata da TCL e godersi
le azioni con in TV ben calibrato in modalità cinema.
Si perde un po’ di luminosità, l’immagine appare più
spenta ma almeno il campo da gioco non sembra un
fosforescente manto verde. Per
quanto riguarda l’angolo di visione
è parecchio condizionato dal filtro
frontale: TCL ha usato un buon
filtro per abbattere i riflessi ma
questo è molto direzionale; se si
guarda il TV dai lati o leggermente
decentrati verso l’alto la luminosità
cresce e la cromia viene alterata,
così come il contrasto. Per concludere le solite note relative all’input
lag: il TV fa registrare 45/50 ms,
mentre i consumi sono nella media, 87 watt calibrato e 110 watt con
la modalità di default.
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29 NOVEMBRE 2016
MAGAZINE
TEST Il WXA-50 completa la serie multiroom Yamaha per utilizzare diffusori passivi e sonorizzare una stanza con risultati di qualità
Yamaha WXA-50, il multiroom con i tuoi diffusori
Il WXA 50 è molto compatto, versatile e ben costruito. Costa 549 euro ma c’è anche la versione non amplificata a 399 euro
S
di Roberto FAGGIANO
empre più vasta la scelta di apparecchi Yamaha
compatibili con il Music Cast, il sistema multiroom
che si differenzia dai concorrenti per la capacità
di trasformare ogni suo componente in una sorgente
per la diffusione sonora nelle altre stanze. Per il nostro
test abbiamo scelto l’amplificatore WXA-50 (549 euro),
che permette di aggiungere la funzione multiroom a
vecchi diffusori: è amplificato con 2 x 70 watt (6 ohm
- 0,06% THD) e si può controllare dall’applicazione Music Cast. Esiste anche la versione senza amplificatore
WXC-50 (399 euro) per chi ha già un sistema stereo al
quale vuole aggiungere il multiroom e la connessione
in rete.
Versatile come un normale
amplificatore integrato

Nella categoria ci sono pochi altri concorrenti, con prezzi
purtroppo allineati ma minore versatilità. Infatti, volendo,
il WXA-50 può diventare un vero amplificatore integrato
indipendente grazie alla presenza di ingressi analogici, ingresso digitale ottico e presa usb per chiavette di
memoria. A queste vanno aggiunte le connessioni per
sorgenti senza fili tramite wi-fi, Bluetooth e Airplay. Regolazione del volume e telecomando poi permettono di
usarlo con sorgenti tradizionali senza bisogno di usare
sempre l’app e uno smartphone, come invece capita
ai concorrenti. Inoltre il componente può anche essere
posizionato in verticale con il supporto in dotazione, in
modo da occupare lo spazio di un libro.
Dopo il collegamento alla rete tramite cavo o Wi-Fi, l’apparecchio è completamente controllabile tramite l’applicazione. Qui troviamo la possibilità di accedere a tutte
le sorgenti disponibili, ai principali servizi di streaming e
alla musica eventualmente archiviata sul dispositivo sul
quale è installata l’app. Ci sono anche diverse altre impostazioni che non sono disponibili con altri componenti
Music Cast: si può impostare la dimensione dei diffusori
(scaffale o pavimento), la dimensione della stanza, l’attivazione o meno dei circuiti DSP per sorgenti compresse
ed altre preferenze di utilizzo. Aspetti trascurati dal manuale rapido di istruzioni e che invece vanno ben impostate per ottenere le migliori. Come anticipato il WXA-
torna al sommario
50 può essere controllato facilmente anche dal piccolo
telecomando a carta di credito per le funzioni principali;
sul telecomando ci sono anche sei tasti di preselezione
ai quali si possono abbinare radio web, servizi di streaming musicale o le sorgenti più utilizzate. Da notare però
che senza lo schermo di uno smartphone o di un tablet è
impossibile capire il livello del volume impostato e bisogna avere buona memoria per capire a quale sorgente
corrisponde il led colorato sul pannello frontale.
Piccolo e ben fatto
L’interno del nuovo componente Yamaha è molto ordinato nonostante le ridotte dimensioni (circa 21 cm di lato
x 5 cm in altezza), il merito è dell’amplificatore integrato
in un modulo ICE che non necessita di grandi stadi di
alimentazione. Contenuta la filatura e di rilievo la componentistica utilizzata. Tra questi svetta il convertitore
ESS Sabre 9006AS, un moderno componente in grado
di gestire file ad alta risoluzione fino ai DSD che è utilizzato anche sul sintoamplificatore Aventage RX-A2060,
un componente che agevola quindi una migliore valutazione del rapporto qualità/prezzo. Pregevoli anche i
connettori in uscita verso i diffusori, che accettano cavo
spellato o terminato con banane o forcelle.
Multiroom e non solo
Come per tutti i componenti MultiCast di Yamaha, anche questo WXA-50 può diventare sorgente o terminale di musica da distribuire in tutta la casa verso altri
componenti della stessa serie. In questo test però ci
siamo più soffermati sulle prestazioni in “solitaria”, cioè
collegandolo alla rete domestica, usando il Bluetooth e
sfruttando la sezione interna di conversione D/A con un
vecchio lettore CD. Le prestazioni sono state complessivamente ottime, con una resa musicale degna di un
amplificatore tradizionale di pari prezzo, che però non
può vantare tutta la parte wireless di questo WXA-50.
Iniziando da un semplice streaming via Bluetooth si nota
un ottimo funzionamento dei circuiti di miglioramento,
che permettono di superare i limiti del Bluetooth. Anche
utilizzando il collegamento di rete per riprodurre musica
Flac e DSD le prestazioni rimangono buone, qui però
abbiamo scelto di bypassare ogni circuito estraneo
perché le sorgenti non sono affatto limitate. Per cercare i difetti dobbiamo andare in settori dove il prezzo di
listino non dovrebbe nemmeno portarci: per esempio
la potenza sembra inferiore al dichiarato e per ottenere
una buona pressione sonora dobbiamo alzare molto il
volume. Qui possiamo ritrovare una buona dinamica e
un medio-basso perfettamente controllato e dinamico,
molto buone anche le voci maschili e femminili. In tema
di tridimensionalità l’ampiezza è ideale mentre la profondità potrebbe essere maggiore per far risaltare al meglio
i dettagli delle migliori registrazioni. Utilizzando un lettore CD tramite la sua uscita digitale possiamo valutare il
lavoro del convertitore Sabre: le prestazioni sono molto
buone e riescono ad aggiungere maggiori dettagli alla
riproduzione, pur non diventando mai troppo brillanti o
stridenti in modo da favorire l’abbinamento con una vasta platea di diffusori.
Tutti gli stereo diventano multiroom
L’aggiunta del WXA-50 o il suo omologo preamplificato
WXC-50 permette di completare la gamma Music Cast
per allinearsi ai più temibili concorrenti e consente di
“modernizzare” impianti stereo di vecchia concezione.
Il componente amplificato provato ha ottime prestazioni
ed è ideale per sfruttare dei vecchi diffusori ancora validi mentre chi deve partire da zero forse dovrebbe rivolgersi ai sintoamplificatori come gli RN-402 o 602 della
stessa Yamaha, più potenti e versatili a un prezzo simile.
Chi invece vuole solo aggiungere la funzione multiroom
e avere nuovi ingressi e la connessione alla rete, potrà
scegliere il modello WXC-50 e risparmiare 150 euro per
un rapporto qualità/prezzo davvero interessante.