NOTE SUL REFERENDUM DEL 4 DICEMBRE 2016 di

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Transcript NOTE SUL REFERENDUM DEL 4 DICEMBRE 2016 di

Il referendum costituzionale del 4 dicembre 2016 dal punto di vista di una
statistica sociale.
di Marisa Civardi
Emeritus professor in Statistics for Social Science
Department of Economics
University of Milano-Bicocca
In questa breve nota proverò a esaminare alcuni elementi che caratterizzano la
prossima consultazione referendaria nell’ottica che mi è più congeniale e cioè quella
della metodologia statistica. Ciò significa che lascio ad altri, più autorevoli ed esperti
di me, trattare gli aspetti giuridici e le implicazioni politiche, sociali, economiche che
il referendum sulla legge di modifica della costituzione stanno provocando e
provocheranno nel futuro, e mi limiterò a darne una lettura in chiave statistica.
Com’è noto, la nascita della statistica può essere fatta risalire se non con la comparsa
dell’essere umano almeno contemporaneamente alla formazione dei primi gruppi
organizzati come risposta all’esigenza di disporre d’informazioni quantitative su
quanti e quali individui potevano essere utilizzati per costruire, per coltivare, per
difendere i confini; su quanti armenti, quante messi, quante risorse naturali potevano
assicurare il sostentamento del gruppo, e così via. Il conteggio è quindi la prima e
apparentemente più semplice operazione richiesta alla statistica. Affinché
quest’operazione fornisca risultati corretti, occorre però che siano fissate
dettagliatamente le diverse fasi esecutive e la loro scansione temporale.
Per iniziare l’analisi, quindi, dobbiamo equiparare il referendum costituzionale del 5
dicembre 2016 a una classica ricerca statistica di tipo qualitativo e, cioè, a una ricerca
che tramite la definizione, la misurazione, la raccolta e l’elaborazione d’informazioni
qualitative, si propone di misurare il fenomeno oggetto di studio. Nel caso specifico,
l’obiettivo è determinare, attraverso il voto referendario, se sarà confermata o respinta
la riforma della costituzione che porta il nome dell’attua
le ministra Maria Elena Boschi (la promotrice insieme al governo di Renzi), e che è
stata approvata definitivamente dal Parlamento lo scorso aprile. Il referendum,
infatti, analogamente a ogni ricerca descrittiva ha come obiettivo la rilevazione di un
attributo dei soggetti sottoposti a osservazione: in questo caso l’approvazione o il
rifiuto da parte degli elettori del testo scritto nel quesito referendario. Si vuole cioè
definire e misurare un concetto che ha a che fare con l’atteggiamento degli individui1
e, quindi, con una variabile che non è osservabile direttamente ma solo attraverso le
sue manifestazioni (voto Si o voto No). Ne consegue che per arrivare a risultati
attendibili, nella conduzione della ricerca (referendum) deve essere eseguita una
1
Per atteggiamento si intende l’insieme di preferenze, inclinazioni, convinzioni, predisposizioni, motivazioni, punti di
vista, di un individuo nei confronti di un oggetto o di un’idea (il concetto). In letteratura l’atteggiamento è solitamente
definito come una variabile continua latente (che produce comportamenti) misurata però come una variabile qualitativa
ordinale poiché si manifesta in termini di preferenza: negativa/(neutrale)/positiva.
sequenza logica di fasi caratterizzate, ognuna, dall’utilizzo di opportune tecniche
statistiche.
La prima fase, che si può chiamare la formulazione del problema, richiede che siano
definiti con chiarezza e precisione gli obiettivi e, cioè, le caratteristiche che
concorrono a determinare l’aspetto che si vuole investigare. Questa fase è qui
correttamente attuata in quanto la legge stabilisce l’indizione del referendum
costituzionale nel caso che, entro tre mesi dalla pubblicazione del testo di legge
costituzionale, ne faccia domanda un quinto dei membri di una Camera o
cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali.
Riguardo alla seconda fase, che consiste nella scelta del metodo di ricerca più
appropriato, il rilievo che sotto l’aspetto della metodologia statistica può essere fatto,
non riguarda la scelta del metodo, dal momento che la formulazione del quesito è
fissata per legge, ma le modalità di presentazione. In
ogni ricerca con questionario, infatti, prima di iniziare l’”osservazione”, deve essere
spiegato agli intervistati con chiarezza e correttamente qual è l’oggetto della
rilevazione. La scelta di caricare la consultazione referendaria di un significato
politico sull’operato del Governo purtroppo, ha potenzialmente tolto “validità” allo
strumento di misura. La validità, intesa come la capacità dello strumento (il quesito
referendario) di rilevare l’atteggiamento a cui si riferisce, è la prima e più importante
proprietà che uno strumento di misura dell’atteggiamento deve possedere. Purtroppo,
a causa della modalità di comunicazione inizialmente adottata non si può però
escludere il rischio (e questa campagna referendaria né è un esempio emblematico)
che il voto espresso dell’elettore non
sia relativo al suo atteggiamento nei confronti della legge costituzionale ma
all’operato del Governo, se non del solo Presidente del Consiglio. Che il rischio sia
reale lo sta percependo molto bene anche Renzi che nell’Enews 441 del 5 settembre,
scrive: ”Sono molto soddisfatto perché finalmente si inizia a discutere del merito del
referendum. Nessuno si lamenta più della personalizzazione del referendum e
possiamo finalmente parlare di contenuti. C'è molta disinformazione sul referendum”
e, nell’ Enews 447 del 17 ottobre, aggiunge “L'unica cosa che personalmente ritengo
fondamentale è chiedere che gli italiani entrino nel merito. Leggano il quesito
referendario perché la risposta Sì o No non è una su una domanda a caso, ma sulla
riduzione dei posti e dei costi della politica, sul bicameralismo, sul CNEL. Se stiamo
sul merito, poi saranno gli italiani a decidere”.
La terza fase della ricerca consiste nella raccolta dei dati. Quando, come in questo
caso, i dati raccolti sono originali e predisposti appositamente per le esigenze
richieste dall’obiettivo della ricerca, si parla di dati primari. Inoltre, poiché essi sono
forniti da una pluralità di soggetti (gli elettori) sono chiamati anche microdati. Lo
strumento base per la raccolta dei dati primari è il questionario, la scheda referendaria
in questo caso, che costituisce lo strumento di misura adottato allo scopo di rilevare
le informazioni ritenute necessarie per gli obiettivi dell’indagine.
Per valutare la “bontà” dei risultati del sondaggio/consultazione referendaria e quindi
la sua utilizzabilità a fini probatori, è necessario esaminare in dettaglio le azioni che
compongono questa terza fase e che comportano scelte metodologiche e operative
che presentano impatti rilevanti sulla qualità e sulla capacità informativa dei risultati
conseguiti. In particolare, l’aspetto che mi propongo di esaminare è proprio lo
strumento di misura predisposto: il TESTO DEL REFERENDUM, riportato qui di
seguito.
Approvate il testo della legge costituzionale concernente
“disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario,
la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento
dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione
del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della
Costituzione”, approvato dal Parlamento e pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n.88 del 15 aprile 2016?
E’ immediato rilevare che, oltre alle già menzionate modalità di presentazione e di
comunicazione agli elettori da parte del Governo e dell’opposizione, il modo con cui
è stato formulato il quesito referendario contravviene ad alcune delle regole che la
letteratura inerente alla metodologia della ricerca statistica-sociale raccomanda di
seguire e, in particolare, alle seguenti:
a) ogni domanda deve essere funzionale agli scopi della ricerca e deve presentare
identico significato per tutti gli intervistati;
b) il fraseggio (wording) deve essere chiaro, nel senso che deve indicare con
chiarezza che cosa è richiesto al rispondente, e non deve essere ambiguo, cioè
la domanda deve rilevare un solo concetto e mai due o più concetti insieme;
c) la domanda deve essere comprensibile a livello linguistico.
Delle tre regole sopra riportate, sotto il profilo della metodologia statistica, la c) è
indubbiamente rispettata. Il rispetto della regola a) ha invece, com’è noto, sollevato
dubbi. La scelta di formulare la domanda riportando il testo della legge ha indotto
infatti Sinistra Italiana e M5S a presentare un ricorso al Tar del Lazio in cui non solo
lamentano che “il quesito predisposto dal Quirinale non tiene conto di quanto
stabilito dall'art. 16 della legge 352-1970, secondo cui, quando si tratti di revisione
della Costituzione, il quesito referendario deve recare la specifica indicazione «degli
articoli» revisionati e di ciò che essi «concernono». Soprattutto essi affermano che il
quesito, «oltre a non specificare quali siano gli articoli della Costituzione interessati
dalla riforma, alcuni dei quali ben più importanti di quelli citati (come la nuove
modalità di elezione del Presidente della Repubblica e dei Giudici costituzionali di
derivazione parlamentare), si limita invece a riprodurre il titolo del ddl di revisione,
che, assieme al corretto ma insufficiente riferimento ad alcuni istituti
incisi dalla revisione, riporta impropriamente anche una presunta finalità della legge
(il cosiddetto contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni), che non
trova specifico riferimento in alcuna delle norme revisionate, potendone semmai
essere una conseguenza, neppure certa e comunque irrisoria».
Come si legge, ad esempio, nell’articolo di Paola Di Caro “Referendum, ricorso
contro il quesito …”, pubblicato sul sito “corriere.it” del 6 ottobre 2016, “… il
quesito che comparirà sulla scheda non è frutto della volontà del governo né
tantomeno è di pertinenza del capo dello Stato, ma è stato valutato e accolto dalla
Corte di Cassazione. La spiegazione arriva dagli ambienti del Quirinale, che chiamato
in causa dai ricorrenti si chiama fuori dalla contesa: il quesito è stato valutato e
ammesso, con proprio provvedimento, dalla Corte di Cassazione in base a quanto
previsto dall’articolo 12 della legge 352 del 1970, e riproduce il titolo della legge
quale approvato dal Parlamento. Ma è altrettanto vero che c’è chi contesta proprio la
decisione della Cassazione. Gaetano Quagliariello spiega infatti che la Corte deve
richiamare il titolo come compare sulla legge solo se a referendum viene sottoposta
una legge «di rango costituzionale», e questo prevede l’articolo 12. Se invece si tratta
di «revisione costituzionale» vale l’articolo 16, che prevede l’elencazione degli
articoli che vengono modificati e «il loro ambito di disciplina». Insomma, la
Cassazione «ha sbagliato»”.
La sola via per verificare la correttezza delle dichiarazioni del Quirinale e di
Quagliariello riportate nell’articolo della Di Caro, è la consultazione della legge
citata.
La correttezza della prima parte della dichiarazione dal Quirinale; “il quesito è stato
valutato e ammesso, con proprio provvedimento, dalla Corte di Cassazione in base a
quanto previsto dall’articolo 12 della legge 352 del 1970” trova immediatamente
conferma nel testo dell’articolo 12:
Art. 12
Presso la Corte di cassazione è costituito un ufficio centrale per il referendum,
composto dai tre presidenti di sezione della Corte di cassazione più anziani nonché
dai tre consiglieri più anziani di ciascuna sezione. Il più anziano dei tre presidenti
presiede l'ufficio e gli altri due esercitano le funzioni di vice presidente (6).
L'Ufficio centrale per il referendum verifica che la richiesta di referendum sia
conforme alle norme dell’articolo 138 della Costituzione e della legge.
L'Ufficio centrale decide, con ordinanza, sulla legittimità della richiesta entro 30
giorni dalla sua presentazione. Esso contesta, entro lo stesso termine, ai presentatori
le eventuali irregolarità. Se, in base alle deduzioni dei presentatori da depositarsi
entro 5 giorni, l'Ufficio ritiene legittima la richiesta, l'ammette. Entro lo stesso
termine di 5 giorni, i presentatori possono dichiarare all'Ufficio che essi intendono
sanare le irregolarità contestate, ma debbono provvedervi entro il termine massimo
di venti giorni dalla data dell'ordinanza. Entro le successive 48 ore l'Ufficio centrale
si pronuncia definitivamente sulla legittimità della richiesta.
Per la validità delle operazioni dell'ufficio centrale per il referendum è sufficiente la
presenza del presidente o di un vice presidente e di sedici consiglieri).
L’affermazione successiva: ” e riproduce il titolo della legge quale approvato dal
Parlamento”, che è proprio la materia del contendere, riguarda un compito di
competenza della Cassazione sul quale, quindi, il Quirinale non poteva e non doveva
fornire alcuna giustificazione.
La verifica della correttezza della dichiarazione di Gaetano Quagliariello è invece più
ardua. L’affermazione “… la Corte deve richiamare il titolo come compare sulla
legge solo se a referendum viene sottoposta una legge «di rango costituzionale», e
questo prevede l’articolo 12” non trova, infatti, riscontro nell’artico 12. Così come
poco fondata è anche l’affermazione successiva: ”Se invece si tratta di «revisione
costituzionale» vale l’articolo 16, che prevede l’elencazione degli articoli che
vengono modificati e «il loro ambito di disciplina» “. Infatti, poiché l’artico 16 recita:
Art. 16
Il quesito da sottoporre a referendum consiste nella formula seguente: «Approvato il
testo della legge di revisione dell'articolo... (o degli articoli ...) della Costituzione,
concernente ... (o concernenti ...), approvato dal Parlamento e pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale numero ... del ... ?»; ovvero: «Approvate il testo della legge
costituzionale ... concernente ... approvato dal Parlamento e pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale numero ... del ... ?»
e sulla GU Serie Generale n.88 del 15-4-2016 viene pubblicato il Testo di legge
costituzionale … recante: «Disposizioni per il superamento del bicameralismo
paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di
funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V
della parte II della Costituzione», il quesito è formulato nel rispetto della legge. Va
osservato per altro, che, fatto salvo il refuso, l’articolo 16 è formulato in modo da
lasciare discrezionalità alla Corte di Cassazione che pertanto, grazie a quell’ovvero
che ho riportato evidenziato, poteva decidere, come ha fatto, di non adottare la
formulazione suggerita per i casi di legge di revisione di articoli della costituzione.
Dal comunicato dell’Ansa del 20 ottobre, si apprende che il Tar del Lazio “ha
dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione il ricorso sul quesito referendario
presentato da M5s e Sinistra italiana… La decisione é stata assunta dalla sezione 2bis
del Tar e…. a breve dovrebbero essere rese note le motivazioni”. Lo stesso
comunicato riporta inoltre la seguente dichiarazione del Tar: "Sia le ordinanze
dell'Ufficio Centrale per il Referendum che hanno predisposto il quesito referendario
sia il decreto presidenziale - nella parte in cui recepisce il quesito - sono espressione
di un ruolo di garanzia, nella prospettiva della tutela generale dell'ordinamento, e si
caratterizzano per la loro assoluta neutralità, che li sottrae al sindacato
giurisdizionale".
E’ indubbio invece che il quesito referendario contravviene alla regola b) con
riferimento in particolare alla necessità che la domanda rilevi un solo concetto e mai
due o più concetti insieme.
Quindi, certamente sotto il profilo della metodologia statistica, ma anche sotto quello
sostanziale, appare giustificata, per la parte che riguarda l’eterogeneità dei contenuti
del quesito, l’azione del presidente emerito della Corte Costituzionale, Valerio Onida
che, in qualità di cittadino-elettore ha presentato insieme alla professoressa Barbara
Randazzo, due ricorsi d’impugnazione del quesito referendario, rispettivamente al
Tar del Lazio e al tribunale civile di Milano.
Come pubblicato l’11 ottobre 2016 nel sito dell’Ansa, “la motivazione centrale
dell'azione, secondo quanto si apprende, riguarda il fatto che in un unico quesito
vengono sottoposti all'elettore una pluralità di oggetti eterogenei. Nei ricorsi,
depositati questa mattina, si chiede il rinvio della questione alla Corte
Costituzionale”. Nel ricorso al tribunale di Milano i ricorrenti chiedono di accertare,
in via d'urgenza, il diritto dei ricorrenti a votare al referendum costituzionale "su
quesiti non eterogenei, a tutela della loro libertà di voto". Il ricorso al Tar "è rivolto
contro il decreto di indizione del referendum medesimo, in quanto ha recato la
formulazione di un unico quesito, suscettibile di un'unica risposta affermativa o
negativa, pur essendo il contenuto della legge sottoposta al voto plurimo ed
eterogeneo”. Nel ricorso viene inoltre rilevato che "i necessari caratteri di
omogeneità" del quesito referendario" sono "gli stessi richiesti secondo la consolidata
giurisprudenza della Corte Costituzionale relativa al referendum abrogativo".
Nel ricorso al Tar, inoltre, si ricorda che la legge sottoposta a referendum "ha oggetto
e contenuti assai eterogenei, tra di loro non connessi o comunque collegati solo in via
generica o indiretta, e che riflettono scelte altrettanto distinte, neppure tra loro sempre
coerenti". Ma "la sottoposizione al corpo elettorale dell'intero variegato complesso di
modifiche mediante un unico quesito", "viola in modo grave ed evidente la libertà del
voto del singolo elettore", "arrecando radicale pregiudizio allo stesso principio
democratico proprio in occasione dell'esercizio diretto della sovranità popolare al suo
livello più alto: cioè nella ridefinizione delle regole del patto costituzionale".
Esiste pertanto la possibilità che sia accolta la richiesta di “annullamento, previa
sospensione, del decreto del Presidente della Repubblica di indizione del referendum”
e di "ogni altro atto preliminare, connesso o consequenziale".
Siamo quindi di fronte ad una situazione di grande incertezza, perché all’incognita di
quale sarà il risultato del voto referendario, si aggiunge l’incognita della possibile
sospensione del referendum. Qualunque sia l’esito cui ci troveremo di fronte, un
grande merito va comunque riconosciuto a questa iniziativa referendaria, quello di
aver indotto un gran numero di cittadini a leggere (o rileggere) la costituzione; se poi
questo coinvolgimento riguarda i giovani, l’arricchimento in termini di coscienza
civica diventa ancora più rilevante. Non può quindi che rallegrarci assistere, almeno
con riferimento agli studenti universitari, alla loro partecipazione numerosa alle
conferenze e ai dibattiti organizzati nei diversi Atenei sia dagli organi di governo sia
dalle organizzazioni studentesche stesse.