Untitled - ARCIDIOCESI METROPOLITANA DI CATANZARO

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Transcript Untitled - ARCIDIOCESI METROPOLITANA DI CATANZARO

Carissimi catechisti/e, bambini/e ragazzi/e anche quest’anno
arriva l’Avvento che ci guiderà per quattro settimane, affinché il
nostro cuore sia pronto ad accogliere il Signore che viene. Un mese
per preparare una culla per Dio, fosse anche in una stalla. Non siamo
qui per far finta che poi Gesù nasce: è già nato nella storia, tornerà
nella gloria. Ma ora chiede di nascere in ciascuno di noi. Qui, ora,
oggi, in me. Anche se noi pensiamo che quattro settimane sono molte,
in verità sono poche, infatti, possiamo celebrare cento natali senza
che mai una volta Dio nasca nei nostri cuori. Carissimi nessuno
possiede Dio in modo tale da non doverlo più attendere. Egli è
infinito, sempre nuovo, per questo ci sarà sempre qualcosa da
scoprire. In questo cammino di conoscenza ed esperienza di Dio,
luogo privilegiato per ricercare il suo volto misericordioso è la
famiglia, che nella testimonianza dei suoi componenti svela la prima
immagine di Dio. «Nella famiglia, “che si potrebbe chiamare Chiesa
domestica”, matura la prima esperienza ecclesiale della comunione
tra persone, in cui si riflette, per grazia, il mistero della Santa
Trinità. È qui che si apprende la fatica e la gioia del lavoro, l’amore
fraterno, il perdono generoso, sempre rinnovato, e soprattutto il
culto divino attraverso la preghiera e l’offerta della propria vita».
(Amoris Laetitia n. 86). Carissimi i figli saranno ciò che oggi
vedranno, per questo i genitori hanno un compito importate, sono
loro i primi maestri della fede per i loro figli (Cfr, Amoris Laetitia
n.16), diceva un detto ebraico: che genitore non è chi genera ma chi
educa, chi riesce con la sua vita a dare senso alle altre.
Per questo avvento ho voluto offrirvi questo progetto partendo da
un’icona generazionale come i Simpson che malgrado le loro vite
curiose, hanno sempre sostenuto valori inalienabili come la
famiglia, la fedeltà, il perdono, l’amore ecc. Certo non possono
essere paragonati alla sacra famiglia, ma certamente nelle loro
difficoltà come spesso capita oggi alle nostre famiglie, alla fine
hanno trovato forza e coraggio nell’andare avanti nell’amore
familiare. Che permane quel progetto divino, naturale, unico in cui
ancora oggi Dio pone il suo volto d’amore.
L’autore
Carissimi il progetto per l’avvento può essere ricreato
nell’animazione liturgica, seguendo la propria fantasia,
naturalmente rispettando i tempi e modi della stessa
liturgia. Io vi propongo due modalità: La prima è di ricreare
i vari personaggi della famiglia Simpson come fossero delle
piccole statue, sfruttando così i tempi del catechismo o
dell’oratorio, nel rendere partecipi i ragazzi nella
realizzazione di tale progetto. In ogni domenica riuscendo
a trovare uno spazio opportuno senza intralciare i luoghi
sacri, si potrebbero sistemare le statue per l’animazione,
cambiando personaggi in base alle tematiche della
domenica. Per poter introdurre le tematiche (Vangelo) e
(famiglia) si potrebbero utilizzare delle bandiere con su
scritto le tematiche che i ragazzi possono portare in un
momento opportuno, naturalmente prima dell’annuncio del
Vangelo o almeno prima dell’omelia, favorendo così la
comprensione
del
messaggio
domenicale.
Un’altra
opportunità è il classico cartellone, in questo caso
utilizzando la copertina di tale progetto i ragazzi
potrebbero portare anche in questo caso le frasi da
attaccare sul cartellone nei tempi e modi opportuni.
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Is 2,1-5
Rm 13,11-14
Mt 24,37-44
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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come furono i giorni di Noè, così sarà la
venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio
mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in
cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse
tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel
campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola:
una verrà portata via e l’altra lasciata. Vegliate dunque, perché non sapete in quale
giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse
a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la
casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il
Figlio dell’uomo».
Carissimi il Vangelo di questa domenica ci ripete più volte lo stesso invito: “Vegliate”. Ma cosa significa vegliare? Può
significare semplicemente stare attenti, non addormentarsi. Oppure essere come tante sentinelle, che nel buio della
notte sono accorte per vedere chi si avvicina. Ecco, il Vangelo ci chiede di stare attenti perché qualcosa di bello sta
arrivando, qualcosa di meraviglioso: un mondo nuovo, dove le persone vivono in pace, e le guerre e la violenza non
esistono più. Potete immaginare tutto questo. Il profeta Isaia ci prospetta un tempo di questa portata. Un mondo così
ci entusiasma e subito vorremmo chiedere a Gesù: quando accadrà? Purtroppo questa informazione il Vangelo non ce
la dice. Ma Matteo ci dà un’indicazione preziosa, perché ci fa sapere che questo cambiamento avverrà nella
quotidianità, senza eventi straordinari. Ecco che allora oggi inizia l’Avvento, un tempo legato a questa
attesa di un mondo nuovo, promesso dal Signore. Cosa serve dunque l’Avvento? A ricordarci che,
mentre viviamo la quotidianità di ogni giorno, stiamo comunque aspettando il ritorno del Signore.
Dobbiamo stare attenti, c’è un rischio molto serio da considerare: siccome il Regno di Dio arriva in
mezzo alla realtà di tutti i giorni, potrebbe succederci di prendere la vita come un’abitudine.
Il tempo passa e noi ci facciamo prendere dal torpore, dimenticando di essere persone in attesa.
Invece la quotidianità dovrebbe essere tempo prezioso, nel quale noi stessi costruiamo, giorno
dopo giorno, le condizioni perché il Regno di Dio si realizzi. Carissimi l’avvento è come una
piccola campana che ci sveglia, ricordandoci di vivere ogni giorno come un’occasione e non
come un’abitudine. Iniziamo questa settimana con il proposito di rendere con i nostri gesti
più vicino il Regno di Dio.
Is 11,1-10
Rm 15,4-9
Mt 3,1-12
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In quei giorni, venne Giovanni il Battista e predicava nel deserto della Giudea dicendo: «Convertitevi, perché il regno
dei cieli è vicino!». Egli infatti è colui del quale aveva parlato il profeta Isaìa quando disse: «Voce di uno che grida nel
deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!». E lui, Giovanni, portava un vestito di peli di
cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano cavallette e miele selvatico. Allora Gerusalemme,
tutta la Giudea e tutta la zona lungo il Giordano accorrevano a lui e si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano,
confessando i loro peccati. Vedendo molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: «Razza di vipere! Chi
vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente? Fate dunque un frutto degno della conversione, e non crediate
di poter dire dentro di voi: “Abbiamo Abramo per padre!”. Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare
figli ad Abramo. Già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato
e gettato nel fuoco. Io vi battezzo nell’acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più forte di me e io
non sono degno di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala e pulirà la sua
aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».
Cari fratelli e sorelle oggi nel Vangelo risplende la figura di Giovanni Battista, che viene presentato con queste parole:
Voce di uno che grida nel deserto: preparate la via del Signore. Voce che grida nel deserto. Sembra qualcosa di
realmente assurdo. A che serve gridare nel deserto? Eppure Giovanni si presenta proprio così e non si scoraggia mai.
Infatti egli si sente felice per il bene che fa e non per le risposte che incontra. Se noi accostiamo la vita di Giovanni
alla nostra. Noi cristiani spesso siamo come voce che grida nel deserto dell’indifferenza. E questo a volte potrebbe
tentarci a dire: ma ne vale la pena. Il grande errore è che spesso noi ci preoccupiamo di vedere subito dei frutti, invece
di pensare che la cosa necessaria è di essere sempre con Cristo. Allora anche il deserto fiorirà perché siamo con Dio,
ed inevitabilmente porteremo una forza di rinnovamento nel mondo. Il Vangelo ci invita a preparare la via del Signore:
sono parole piene di saggezza e di sapienza. La via del Signore bisogna prepararla bene, e soprattutto
liberarla perché essa spesso è ostruita, piena di ostacoli che noi stessi abbiamo introdotto, con il
nostro peccato, elevando un muro tra noi e Dio. Bisogna colmare i precipizi di vanità, i monti
dell’orgoglio vanno abbassati, bisogna cercare l’essenziale, solo così avverrà l’incontro tra noi e Dio.
Solo così vedremo spuntare i fiori nella sabbia del deserto. Ma questo esige un passo decisivo
che il Vangelo ci consegna proprio all’inizio nelle parole di Giovanni: «Convertitevi, perché
il regno dei cieli è vicino!». Ecco le parole della sua predicazione: “Convertitevi, perché il regno
dei cieli è vicino”. Si annunzia la conversione. Tutto inizia dalla conversione. Senza conversione
tutto diviene inutile. Perché ci si deve convertire? Perché il regno dei cieli è vicino. È vicino
perché è già venuto. È venuto ed è in mezzo a noi. Poiché la conversione è la porta per entrare
nel regno, senza conversione nel regno non si entra. Senza conversione si rimane fuori.
Rimanendo fuori del regno, si rimane fuori dalla salvezza. Oggi Giovanni con il suo esempio ci mostra
che solo la credibilità prepara la strada al Signore. Un cuore giusto rompe le indifferenze e trova breccia
negli uomini lontani da Dio e dal suo amore.
Is 35,1-6.8,10
Gc 5,7-10
Mt 11,2-11
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In quel tempo, Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi
discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro:
«Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i
lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui
che non trova in me motivo di scandalo!». Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni
alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete
andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi
dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui
del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via”. In
verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel
regno dei cieli è più grande di lui».
Carissimi in questa terza domenica di Avvento abbiamo ancora la figura di Giovanni Battista, ora, non più nel deserto
a predicare, ma in carcere in un momento difficile della sua missione. L’esperienza di Giovanni può essere ancora una
volta considerata per noi altamente educativa. Giovanni sconta la pena per la sua perseveranza e costanza
nell’annunciare il Regno di Dio. Quante volte soffriamo perché abbiamo deciso di intraprendere la via del bene.
Quante volte alla furbizia abbiamo preferito l’onestà, al guadagno la giustizia, e questo non ci ha pagato. L’esperienza
di Giovanni è molto vicina alla vita del giusto. Il carcere per Lui è la prova di fede, che lo purifica e lo avvicina ancora
di più a Dio. E dunque le sofferenze e le ingiustizie per il Vangelo sono il segno evidente che stiamo camminando bene.
Il mondo semplicemente non può accettare tale vita perché non le appartiene, ed è per questo che perseguita chi
cammina diversamente da esso. Ma la fede vera è colei che passa tra le insidie senza perdere il suo
smalto, essa è perseverante, certa che queste difficoltà sono solo nuvole passeggere. Giovanni sa chi è
Gesù, ma vuole che anche i discepoli ne siano certi, perché lascino lui e seguano la vera luce. Per
Colmare le loro incertezze li invia al Messia perché vedano con i loro stessi occhi l’attuazione delle
profezie. Perché questa esigenza? Per due motivi: il primo è che a volte noi vorremmo che Dio fosse
alla nostra maniera, che agisse come noi vorremmo, dimenticando che siamo noi a sua immagine e
somiglianza e non Lui. E poi in seconda questione è dall’uomo che passa la credibilità di Dio. Giovanni
accreditato da Gesù come vero profeta annuncia il suo arrivo e lo fa attraverso una vita
conforme alle sue parole. Anche alla fine capisce che egli deve diminuire perché il maestro
possa trovare centralità nel cuore dell’uomo. Carissimi anche noi questa domenica siamo invitati a
riconoscere il messia senza divisioni nell’accettare il suo messaggio, accogliendo le cose facili ma
anche quelle più difficili. Per essere come Giovanni perseveranti nell’indicare il maestro ai nostri
fratelli.
Is 7,10-14
Rm 1,1-7
Mt 1,18-24
. .
Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo
promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere
insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe
suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla
pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. Però, mentre
stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un
angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non
temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino
che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce
un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo
dai suoi peccati». Tutto questo è avvenuto perché si compisse
ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Ecco,
la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il
nome di Emmanuele», che significa “Dio con noi”. Quando si
destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo
del Signore e prese con sé la sua sposa.
Cari fratelli e sorelle il Vangelo di Matteo si apre con una lunga genealogia, importante per capire le scelte di Dio. Nella genealogia
troviamo tre gruppi di 14 persone, un numero importante perché indica la regalità davidica: 4 più 6 più 4 che nella lingua ebraica
sono legate a delle lettere che formulano il nome di Davide. Questo è importante perché ci dimostra la fedeltà di Dio alle sue
promesse. Tutto può crollare, ma Dio rimane fedele, e ciò che promette si compirà sempre. Questo ci dà la forza e la costanza per
superare le prove. Se Dio è fedele, purtroppo noi non lo siamo spesso, ma per grazia Dio non si stanca, Egli è roccia di fedeltà e il
suo amore dura in eterno. Un’altra cosa da evidenziare nella genealogia di Matteo è la presenza di quattro donne: Tamar, Rut,
Betsabea, Racab. Quattro donne dalla vita discutibile, ma che rientrano nel cammino che porterà alla nascita di Gesù, questo per
dirci che Dio crea la salvezza dentro un popolo di peccatori. E questi misteriosamente preparano la strada al messia e diventano
quella grotta povera in cui Dio non disdegna di trovare posto per la sua nascita al mondo. Anche queste donne sono fonte di speranza,
che allontana la paura e la rassegnazione nemiche della fede. La presenza di queste donne ci dice che il peccato non può fermare il
sogno di Dio, ma certo il nostro orgoglio può rallentarlo. Chi crede, non accusa, non disprezza, ma piuttosto si forgia della
misericordia che Dio stesso gli ha mostrato. Ricordiamoci che Dio è Salvatore e non punitore, anzi, la punizione se la dà l’uomo
quando rifiuta l’Amore di Dio. Oggi il Vangelo ci parla della figura di Giuseppe l'uomo dei sogni, che non parla
mai, ma che sa ascoltare il proprio profondo, i sogni che lo abitano: anzi, l'uomo giusto ha gli stessi sogni di Dio.
Di questo mistero Giuseppe non sa nulla. Egli è però uomo giusto e da uomo giusto pensò di ritirarsi
segretamente dalla vita di Maria. Egli è uomo alieno da ogni male. Non sa cosa sia successo. Non vuole fare
alcun male né alla Madre, né al Bambino. È giusto, Giuseppe, perché non giudica secondo le apparenze,
perché non brandisce la Legge di Dio come una clava. È giusto, perché lascia prevalere la misericordia e
l'amore alla vendetta, al suo orgoglio ferito. Ecco che Dio ascolta l’uomo giusto e risponde alle sue preghiere.
Prima di affidarci le sue cose, il Signore ci sottopone alla prova. La prova è per tutti. Tutti saranno provati.
Dobbiamo porre ogni attenzione quando viene per noi il tempo della prova. Nessuno di noi sa in che cosa questa
prova consisterà. Però essa di sicuro verrà. Noi saremo provati. Beati coloro che risulteranno stimati degni di
fiducia da parte del Signore. Giuseppe ha superato la prova. È trovato degno di fiducia. Ora il Signore gli
affida il suo mistero perché possa essere portato a compimento. Giuseppe ci insegna come
comportarci davanti al male e alle situazioni difficili. Giuseppe prende con sé la madre e il bambino,
preferisce l'amore per Maria, e per Dio, al suo amor proprio. La sua grandezza è amare qualcuno più di
sé stesso, il primato dell'amore. Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del
Signore e prese con sé la sua sposa; Da uomo giusto, Giuseppe diviene uomo obbediente. Egli fa tutto secondo
come l’Angelo gli aveva ordinato. Giuseppe è obbediente perché fa sua la volontà di Dio. Non subisce la volontà di
Dio. Questa non è vera, perfetta obbedienza. La vera, perfetta obbedienza è nel fare propria la volontà di Dio.
Giuseppe vuole ciò che Dio vuole. Lo vuole con infinito amore, altissimo rispetto, forte desiderio di essere ciò che
Dio vuole che egli sia per la Vergine Maria e per Gesù. Giuseppe è uomo giusto. È rimasto nella
giustizia sempre. Ora diviene anche uomo obbediente alla voce del Signore. Sia anche per noi così.