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ESTERO - LE NOTIZIE MAI LETTE IN ITALIA
Martedì 29 Novembre 2016
Sinora Mosca era fuori gioco. Ma il nuovo carro armato, detto Armata, batte tutti gli altri
Tank russo che suscita stupore
Non fa paura perché Putin non ha i soldi per farne tanti
DI
S
JAMES HANSEN
i dice che i generali preparano sempre
l’ultima guerra, non la
prossima. I russi, per
esempio, hanno la fissa dei
carri armati, che, Stalingrado
a parte, hanno loro permesso
di schiacciare la Wehrmacht
tedesca nella seconda guerra mondiale. I carri sovietici
dell’epoca non erano a livello
dei Panzer, ma i carri tedeschi,
costosi da fabbricare, erano
pochi e avevano una meccanica da orologio svizzero, di
difficile manutenzione. Quelli russi erano rozzi, semplici
e, soprattutto, tantissimi. Il
successo contro i nazisti ha
anche insegnato una lezione
duratura e semplice: se devi
invadere l’Europa (o anche
solo minacciare di farlo) bisogna avere molti carri.
I carri da combattimento
(i «main battle tank», Mbt, in
inglese) sono le regine della
guerra terrestre. Quelli più
quotati sono gli Abrams americani, i Leopard tedeschi, i
Mosca dovrebbe iniziare la produzione del tank Armata nel 2018
per raggiungere poi le 120 unità l’anno, se tutto va bene
Challenger inglesi, i Leclerc
francesi e la serie dei Merkava israeliani. Anche l’italiano
Ariete è abbastanza considerato. Sono straordinariamente costosi. Un M1A2 Abrams
parte al momento da circa
8,6 milioni di dollari (oltre 8
milioni di euro) e un Leopard
2A7+ potrebbe arrivare fino
ai 10 milioni di dollari (circa
9,4 mln di euro) con tutti gli
optional.
I carri russi invece, le serie T-72 e T-90, erano rimasti
indietro: mezzi solidi e rodati
sì, ma non facevano venire i
brividi di terrore. Ora però
uno splendido nuovo disegno
russo, il T-14 Armata, sta agitando gli analisti occidentali.
Una recente relazione dell’intelligence britannica asserisce che «Armata rappresenta
il più rivoluzionario passo
avanti nel disegno dei carri
dell’ultimo mezzo secolo».
Del nuovo design sono particolarmente ammirate la
torretta (totalmente automatizzata, digitalizzata e senza
«passeggeri» umani) e la «capsula» blindata di protezione
per l’equipaggio giù nel corpo
del mezzo, completamente
separata dal magazzino delle
munizioni. Armata dispone
di un’armatura reattiva di
ultima generazione, nonché
di sistemi di protezione attivi che abbattono i colpi ostili
in arrivo a una velocità fino
a tremila metri al secondo.
L’arma principale è un cannone da 125 mm a canna liscia,
capace di sparare dieci colpi
al minuto con una gittata effettiva di sette km e una «velocità alla volata» superiore al
più potente cannone da carro
Nato attualmente in servizio,
il Rheinmetall 120 mm montato dal Leopard 2 tedesco. Secondo gli analisti, la torretta
potrebbe in futuro accogliere
un nuovo «tubo» da 152 mm
già in sviluppo. Una prospettiva, questa, che non genera
entusiasmo in Occidente.
È l’intelligence inglese ad
agitarsi in modo particolare.
Altri se ne preoccupano molto
meno. Non perché Armata non
prometta di essere un mezzo
formidabile, ma perché dubitano che i russi possano permettersi di fabbricarlo in numero
sufficiente per diventare un pericolo. Per ora, ne esistono solo
20 esemplari, tutti piattaforme
di prova. La produzione vera
dovrebbe iniziare nel 2018 per
raggiungere poi le 120 unità
l’anno se tutto va bene. Ma anche se va male è un problema,
o forse un sintomo…
Lord West di Spithead,
già «First Sea Lord» e ascoltato esperto di affari militari, ha
detto in una recente intervista
al Telegraph di essere «molto
preoccupato» per il riarmo
russo: «Al momento, la loro è
un’economia di guerra. Hanno
il pil dell’Italia, ma tentano di
spendere per la difesa come
gli americani. Ciò che fanno
è insostenibile, e quando una
cosa è insostenibile, allora può
succedere di tutto».
© Riproduzione riservata
DI FRONTE AL CROLLO DELLE CONSEGNE E PER SALVARE I POSTI DI LAVORO, LA POSTE LANCIA I «SERVIZI DI PROSSIMITÀ»
Francia, la seconda vita dei postini: consegnano la baguette
e le medicine, controllano i nonni e leggono i contatori del gas
da Parigi
GIUSEPPE CORSENTINO
I
n Francia il postino non suona
sempre due volte, come il protagonista del celebre romanzo
americano di James M. Cain
(interpretato da un bravissimo Jack
Nicholson che, nel film del 1981, seduce una bellissima, travolgente Jessica Lange).
In Francia basta un coup de sonnette, un trillo del campanello, e Madame Benoît, un’anziana pensionata di
Perpignan, regione dei Pirenei, corre
ad aprire la porta alla sua amica-postina, Marie Cases, che da qualche
mese ha il compito non solo di consegnarle le (poche) lettere che riceve,
ma soprattutto di accertarsi che la
signora stia bene, non abbia bisogno
di nulla e quindi rassicurare, con un
sms, la sua Caisse de retraite, la cassa
che eroga la pensione complementare,
che «tout va bien».
Non è un optional del servizio postale, ma un vero e proprio programma
integrativo con cui La Poste, una delle
aziende pubbliche francesi più efficienti (non senza motivo fu il modello di
riferimento, anche nel lay-out degli
uffici, del nostro Corrado Passera
ai tempi della sua presidenza di Poste Italiane), cerca di saturare l’orario
di lavoro dei suoi 72 mila postini che
hanno sempre meno lettere da consegnare (-6,5% di traffico l’anno scorso)
e, quindi, un numero di «ore vuote»
sempre più alto da riempire.
Di fronte al crollo delle consegne
e alla sostanziale impossibilità di li-
cenziare o spostare in
altre amministrazione
i facteur, i postini, con
conseguenze pesanti sul
bilancio dell’azienda, La
Poste ha pensato bene di
allargare le charges, gli
incarichi, dei suoi dipendenti. Per ora in forma volontaria, presto in forma
obbligatoria magari con
una piccola integrazione
salariale, come fa capire Di fronte al crollo delle consegne e all’impossibilità
Sylvie François, diretdi licenziare, La Poste ha pensato di allargare
trice delle risorse umane
gli incarichi dei suoi dipendenti
delle Poste francesi, una
«enarca» che è stata per nove anni nel course commerçants» per la consegna
gabinetto del presidente François del pane e della spesa agli anziani non
Mitterrand e poi alla direzione gene- autosufficienti in collaborazione con
rale del Ministero del lavoro, insomma le associazioni locali dei commercianuna che ne capisce di organizzazione ti. Proprio per la consegna del pane,
del lavoro all’interno della complessa della mitica baguette, le poste francee rigida burocrazia francese.
si hanno dovuto trovare un accordo,
È stata lei a lanciare una serie di come dire, alimentar-produttivo con i
programmi integrativi per i suoi po- panettieri. Sembra una curiosità, ma
stini semi-disoccupati, i services de è anche un segnale di come le Poste
proximité. Per esempio, il programma abbiano preso molto sul serio questi
«Veiller sur mes parents», controllare i programmi speciali di delivery.
nonni (quello che fa Marie Cases con
Ebbene, la baguette tradizionale mil’anziana signora Benoît a Perpignan) sura 50 centimetri, troppo lunga per
in collaborazione con le Caisses de essere stivata nel cestino dello Staby,
retraite, con i fondi pensione; il pro- lo scooter elettrico di colore giallo in
gramma «Proxi diag» in collaborazio- dotazione ai postini. Che fare? L’unica
ne con Edf, Engi e le altre società di cosa possibile, ridurre a 39 centimetri
luce e gas, per la lettura dei contato- la lunghezza della baguette in barba a
ri e la rilevazione di piccoli guasti; il centinaia di anni di tradizione.
programma «Proxi course santé» per
Altri programmi sono in fase di
la consegna delle medicine ordinate studio, sempre in collaborazione con
in farmacia, in collaborazione con la partner nazionali o locali, quasi sempre privati anche se qualche volta «la
Santé, la mutua generale pubblica.
E ancora, il programma «Proxi foulée du lancement de l’offre de La
Poste», come spiega un sindacalista, la
fretta dell’azienda, ha creato qualche
incidente di percorso con altre strutture e altre organizzazioni. È il caso
del programma «Recy’go», la raccolta
a domicilio delle capsule del caffè usate, che La Poste si preparava a lanciare in grande stile in collaborazione
con Nespresso, facendo imbestialire
quelli della Federec, Fédération des
entreprises du recyclage (l’equivalente del nostro consorzio Corepla) che
hanno presentato un esposto, pensate, all’Autorità per la tutela della concorrenza. Non stupitevi, in Francia le
cose vanno anche così.
Ed è già un miracolo - o forse è merito della legge Macron che ha avviato
un certo processo di liberalizzazione
nel settore dei trasporti - che la federazione delle scuole guida non abbia
presentato, anch’essa, il suo esposto
dopo che la direzione delle Poste ha
deciso di ospitare nelle sue sedi più
grandi (per esempio, nel grande centro smistamento del 15° arrondissement di Parigi, in boulevard Pasteur)
gli esami per la patente.
Ma il piano di Sylvie François va
avanti. La direttrice del personale
che ha lavorato con Mitterrand ed
era compagna di corso di François
Hollande e di Ségolène Royal
all’Ena, la grande scuola della
pubblica amministrazione, non è il
tipo che si arrende tanto facilmente. E per convincere i sindacati ha
un argomento imbattibile: meglio i
services de proximité che l’orario (e
lo stipendio) ridotto.
@pippocorsentino