Uomini e non eroi

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Uomini e non eroi - 12-04-2016
di Redazione Sicilia Journal - Sicilia Journal, Giornale online di notizie - http://www.siciliajournal.it
Uomini e non eroi
di Redazione Sicilia Journal - 04, Dic, 2016
http://www.siciliajournal.it/uomini-e-non-eroi/
Salvo Reitano
Girovagando tra gli scaffali di una biblioteca qualche volta ci si imbatte in libri dei quali si sconosceva
l’esistenza e la sorpresa nel leggere qualche pagina è il più delle volte grande. A me è successo alcuni
giorni fa quando, improvviso, mi è capitato tra le mani Dialoghi di profughi, forse il libro meno
conosciuto e il più divertente e amaro scritto da Bertolt Brecht durante il suo esilio in Finlandia fra il
1940 e il 1941.
La trama per sommi capi è questa. Due profughi tedeschi, un intellettuale e un operaio, si incontrano nel
ristorante della stazione di Helsinki. Siamo nel 1940-41 e il nazismo macina “trionfi”. I due, a quel tavolo
triste, fanno la loro rivoluzione: parlano di Hegel e di pornografia, di patria e di cibo, di tecnica e di
passaporti. Rivendicano la loro normalità in un mondo che sembra volere solo eroi e superuomini.
Inneggiano al disordine sull’ordine; irridono Hitler (il “Comediavolosichiama”) e Mussolini (il “Coso”);
comparano capitalismo e comunismo ed esplorano per luoghi più o meno comuni i paesi che hanno
conosciuto. Sono diversi ma uguali, si comprendono a perfezione anche se uno è grosso e l’altro piccolo,
uno di buona famiglia e l’altro povero. Si comprendono perché, ridendo, mantengono vigile la loro
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umanità,
il
loro
pensiero,
il
loro
esserci
anche
senza
patria.
La citazione che vi propongo è lunga, ma necessaria. Uno scrittore, e che scrittore, non va catturato
attraverso una frasetta qualunque estrapolata qua e là dalla sua opera. Leggete dunque, con attenzione e
pazienza: “ …Per procurarsi un sacco di farina ci vuole ora l’energia con cui prima si sarebbe potuto
dissodare il suolo di un’intera provincia. Per appurare se bisogna fuggire già oggi o se si potrà solo
domani, è necessaria l’intelligenza con cui un paio di decenni fa si sarebbe potuta creare un’opera
immortale. Per scendere in strada ci vuole la forza di un eroe omerico, e l’ascetismo d’un Buddha per
essere tollerati. Solo possedendo lo spirito d’umanità di San Francesco ci si può trattenere dal compiere
un delitto. Il mondo diventa una dimora d’eroi, e noi allora dove andiamo?….Sono stufo di essere virtuoso
perché niente funziona a dovere; di essere disposto a tutte le rinunce perché regna una penuria non
necessaria; diligente come un’ape perché manca l’organizzazione; coraggioso perché il mio regime mi
coinvolge in guerre…Io sono stufo di tutte le virtù e mi rifiuto di diventare un eroe”.
E’ solo un piccolo assaggio. Vi consiglio di leggere tutte le 146 pagine di questo splendido libro. Un vero
capolavoro. Impeccabile. Eppure a guardarci intorno da allora, quando l’Europa era in fiamme, non
abbiamo compiuto un solo passo in avanti. Di più: questo sfogo non sembra avere confini temporali;
potrebbe stare bene nella bocca di un anziano come di un giovane, di un docente e del suo scolaro, di un
povero disgraziato e di un uomo ricco sfondato. La condizione umana che il dialogo di Brecht ci spiattella
in faccia è scherno e nello stesso tempo condanna, un battere forte la testa contro un muro di gomma dal
quale rimbalzi e nel quale ritorni come una palla impazzita. Disperarsi non serve. Non servì allora a
Bertolt Brecht, che in quel volume descriveva le figure di due personaggi fuori dal mondo anche se
aggrovigliati dalla Storia. Riflettere su questi tempi macilenti e disastrosi è già un piccolo sentiero per
cercare le prime medicine per una guarigione possibile.
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Non
riusciamo
a
ritrovare
quell’antica
dimensione
faceva uomini con la maiuscola. Smarrita per sempre. Siamo più deboli, più indifesi, più facilmente
aggredibili, proprio nell’epoca che ci vede padroni della terra dei cieli e dei mari, armatissimi fino ai
denti e in grado di distruggere il pianeta pigiando con leggerezza e distacco su un solo bottone. E che dire
delle nuove tecnologie che con una semplice applicazione ci permettono di comunicare, video e voce, dai
due lati opposti del globo. Questa condizione, tuttavia, non ci impedisce di trascinare la nostra vita,
giorno dopo giorno, con una pena profonda, antica, eterna.
Fateci caso, non ci fermiamo mai a riflettere, a interrogarci a porci domande su cosa siamo e dove
andiamo. Anche se ne siamo convinti, non abbiamo conquistato il futuro, il presente è flaccido e ci
rifiutiamo di volgerci al passato per trarne forza e ammonimento. Né angeli né demoni.
Anche scendere in strada, a certe ore delle sera, ci fa paura, tanti sono gli intrighi e gli inganni, ma non
possiamo rinchiuderci in una gabbia condominiale.
Ogni giorno va affrontato con rabbia, insofferenza, dubbi e perché no anche silenzi. Ci raduniamo a
migliaia dentro uno stadio per un concerto o una partita di calcio, in strada per protestare o per partecipare
a un’inutile marcia, perché un attimo di solitudine ci deteriora e avvelena. Eroi come Ulisse o santi come
Francesco sono lontani da noi come le stelle morte, le cui luci postume sono tenue fiammelle che non
riscaldano più. Ma a queste cose raramente pensiamo, obbligati a muoverci per vincere ogni giornata. Il
collettivismo non ha prodotto comunità a misura d’uomo, ha solo contribuito ad uccidere l’individuo,
così come i pasti veloci non nutrono muscoli e ossa, mettono solo a tacere le viscere dal rigoglio della
fame. La verità è che abbiamo dimenticato a rimanere ciascuno con se stesso, alla ricerca di quell’attimo
di riflessione in cui la gran fuga memoriale della vita si aggruma, assume un significato. Una lunga
debolezza ha sradicato la nostra animalità riducendola ad un fantasma vitaminico. Viviamo più a lungo
ma siamo privi di quelle corazze interiori che ci appartenevano in altre epoche. A parole vorremmo
salvare il mondo – dalle guerre, dagli inquinamenti, dalla disperazione, dai quartieri degradati, dalla fame,
dalle violenze, dalle ingiustizie – ma non lo conosciamo affatto questo mondo perché non abbiamo ancora
imparato a conoscere noi stessi. E il prossimo? Il prossimo è quasi sempre un estraneo anche quando lo
diciamo amico.
Chi non riesce a trovare un solo minuto di raccoglimento quotidiano è già una vittima, prima che degli
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altri di se stesso. Chi ignora la Storia verrà cancellato da altre storie, anche le più piccole.
Dovremmo imporci, ogni giorno, un attimo di meditazione e di preghiera e farlo nostro con silenziosa
dignità. Internet e la globalizzazione, i social e le chat non partoriscono eroi, e forse è meglio così, ma il
vero eroismo, oggi, va ricercato solo nel tentativo di essere decentemente uomini timorosi di peccati
anche veniali. E’ l’unica salvezza possibile, altrimenti resteremo impigliati come pesci nella rete della
paura trafitti da un gigantesco arpione.
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