Eppur - Liceo Scientifico Galileo Galilei

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Martedì 29 novembre 2016
Eppur si scrive
Convegno nazionale, anche ‘Il Bernardo’ per il futuro della stampa studentesca
‘Eppur si scrive’. Al liceo Galileo Galilei
diversi gruppi giovanili. Durante il convegno ci divideremo in tavoli di lavoro che tratteranno temi di vario interesse come: ecologia, web journalism, attendibilità delle
notizie, migranti. Già venerdì e poi la mattina di sabato i
diversi gruppi esporranno i risultati del loro lavoro in una
sessione plenaria. Ci aspettiamo nuovi stimoli dall’incontro con tanti nostri coetanei provenienti da luoghi ed esperienze diversi. (Paolo Mercogliano)
Inizia con queste due pagine l’esperienza degli studenti del liceo scientifico ‘Galilei’ di Alessandria
come redattori de ‘Il Piccolo’. Galilei, grande scienziato, aveva detto “Eppur si muove”. Noi, che studiamo materie scientifiche, abbiamo scelto questo
titolo, ‘Eppur si scrive’, per sottolineare anche il
nostro impegno nella scrittura, nelle materie letterarie e nelle strategie di comunicazione.
Dal giovedì al 3 dicembre si svolgerà ad Alessandria, alla
Scuola di Polizia, il Convegno nazionale della Stampa
Studentesca. Parteciperà anche “Il Bernardo”, il nostro
giornalino, ed aspettiamo quasi 400 colleghi giornalisti
da tutta Italia. La cerimonia di benvenuto si terrà nell’aula magna del nostro liceo giovedì alle 17 e sarà un evento pubblico aperto a tutti, come pure la serata musicale,
il 2 dicembre alle 21 in Sala Ferrero, in cui si esibiranno
Un viaggio
fuori dalla
‘comfort
zone’
INNOVAZIONE
TEDx Alessandria: ripetiamolo
Anche Alessandria ha ospitato il suo primo evento targato TEDx, entrando così in una lista molto, anzi troppo esclusiva di città italiane che hanno fatto lo stesso. Prima
di tutto, di cosa si tratta? TED è un’organizzazione non
profit e non partisan devota alla condivisione e allo sviluppo di idee. La sigla TED sta per Tecnology, Entertainment, Design, termini che rappresentano gli argomenti
su cui inizialmente si concentrava l’associazione, ma
che in più di vent’anni si sono ampliati notevolmente arrivando a toccare temi complessi come la psicologia,
l’immigrazione, la sessualità, ma che forse si possono
tutti assimilare alla parola progresso, raccogliendo sia
gli aspetti positivi che negativi che lo
caratterizzano. TED garantisce una piattaforma mondiale per lo scambio di idee. La notevole fama che questo
marchio si è guadagnato durante gli anni ha portato alla
creazione di numerosi progetti paralleli. TEDx è la sigla
che indica gli eventi TED organizzati in maniera indipendente, ma che comunque possono usufruire del marchio
TED: l’evento ospitato dalla nostra cittadina fa parte di
questo gruppo. Affidarsi a un’organizzazione di questo
prestigio è di primaria importanza, in quanto permette di
certificare la valenza della conferenza e la porta ad essere più considerata a livello extraurbano, garantendo
anche la pubblicazione sul canale YouTube di TEDx. Per
questi motivi gli organizzatori, Andrea Moretti e Davide
Devecchi, si sono impegnati non poco per farsi certificare l’evento. La conferenza alessandrina verteva sul tema
“L’era del cambiamento”, sviluppato in maniera originale da ogni speaker, dimostrando il vero valore di una società così varia come quella in cui abbiamo la fortuna di
vivere oggi. Ascoltare il punto di vista di un musicista,
contrapposto a quello di un imprenditore o di un grafico,
è il punto di forza di queste conferenze. È per questi motivi che noi ragazzi vorremmo non solo condividere il lavoro dei responsabili dell’organizzazione dello scorso
TEDx, che si stanno impegnando a rinnovare lo sforzo in
vista del prossimo anno, ma vorremmo anche sensibilizzare il maggior numero di persone e invogliarle a prendere parte a uno di questi eventi, che si spera in futuro si
moltiplicheranno. Questi confronti di idee sono estremamente importanti per la crescita come cittadini più impegnati nell’ambito urbano, ma anche come cittadini del
mondo; crediamo sia diventata una necessità stimolare
le persone innanzitutto ad ascoltare. Queste conferenze
sono un modo meritocratico per diffondere idee, spesso
ignorate, poiché nascono dalle persone più inaspettate:
ognuno ha una voce ed è giusto che tutti abbiano una occasione per farla sentire. Questo è TED.
Tommaso Braceschi (5ªA)
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INTERVISTE Tre esperienze
diverse di ragazze che si sono messe
in gioco, a scuola e nelle host families
D__ Presentati
R__ Ciao. Mi chiamo Célestine
Rolland, ho 17 anni e vengo da
Lille, in Francia. Da settembre a
luglio frequenterò la 4A del liceo
Galileo Galilei.
D__ Come ti trovi con la tua host
family?
R__ Mi trovo molto bene soprattutto con le mie host sisters, che
hanno 20 e 25 anni
Il gruppo Intercultura di Alessandria, di cui fanno parte anche volontari e studenti del liceo scienitifico ‘Galilei’
e si affronteranno i problemi in
maniera più responsabile. Il
viaggio non ha un inizio o una
fine: se temporalmente l'esperienza ha una durata limitata, le
amicizie acquisite e le abilità
apprese permarranno nel tempo, creando legami che superano la distanza anche dopo il ritorno. Fondamentale è l'inserimento nel nucleo familiare,
questo è un processo delicato,
far combaciare le proprie abitu-
dini con nuove persone richiede
pazienza e molto tempo, ma i
momenti vissuti in questo ambiente saranno tra i più importanti, in quanto oltre ad avere
un diretto confronto con una
cultura completamente diversa,
si impareranno le tradizioni dei
familiari e si instaureranno i
primi rapporti, che aiuteranno
l'inserimento anche nell'ambiente
sociale. Grazie a questo diretto
contatto con nuove usanze il ragazzo svilupperà una maggiore
sensibilità, apprezzerà al meglio la propria cultura proprio
grazie al confronto con una
nuova. Le procedure di iscrizione richiedono tempo; in primis
si tiene una riunione con l'associazione organizzatrice in cui
viene mostrato il programma,
vengono chiariti dubbi e tenute
attività di gruppo; in seguito a
test attitudinali il soggetto vie-
ne dichiarato idoneo o
meno e, dopo aver compilato una graduatoria di preferenze
basandosi sulla disponibilità
del luogo e dei risultati dei vari
test e colloqui, verranno assegnate al ragazzo la destinazione
e la famiglia più affine alle sue
attitudini.
n Matteo Artalli, Francesco
Cartasegna, Martina
Fabiano (5ªA)
INCHIESTA
Compiti sì, compiti no? Questo è il dilemma
n Ormai ogni anno, con la riapertura delle scuole, si riaccende
un dibattito che sembra non avere mai fine: compiti sì o compiti
no?
Sono in pochi a schierarsi dalla
parte del sì, sostenendo che gli esercizi a casa insegnano a mantenere la concentrazione e a sviluppare le strategie di studio, che
non si possono imparare a scuola. Sempre più persone, invece,
credono che i compiti, siccome
sottraggono tempo prezioso ad
attività extrascolastiche, sono inutili. A rafforzare quest’idea sono i risultati delle prove Pisa, un’indagine internazionale nata
con lo scopo di valutare il livello
di istruzione degli adolescenti.
Infatti, nonostante l’Italia sia
quinta nella statistica mondiale
per quanto riguarda le ore di stu-
dio settimanali (8,7), nei test si è
classificata soltanto 30ª. Al contrario, in Finlandia, il tempo passato sui libri è minore (solo 2,8 ore), mentre il rendimento è maggiore (9ª nel mondo). Esistono
poi numerosi casi in cui il lavoro
a casa è proporzionato al rendimento scolastico.
In Italia, dunque, sembra che la
maggior parte delle ore passate a
studiare non porti a nessun risultato concreto. Come mai?
Prima di tutto bisogna considerare la poca fiducia che gli studenti ripongono nelle statistiche
Invalsi su cui si basano i test Pisa.
Le prove vengono infatti ‘spacciate’ come anonime, quando in
realtà su ciascun fascicolo è presente un codice che identifica ogni alunno; inoltre, da alcuni anni, costituiscono un’occasione
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Eppur si scrive
‘Il nostro anno all’estero’
Gli studenti raccontano
ESPERIENZA Come si vive un anno
lontani da casa: nuove amicizie, difficoltà
da superare, un bagaglio di ricordi
n «Non è un anno di una vita mento da casa, dalle proprie ama una vita in un anno», sicu- bitudini nonché dal contesto
ramente avrete già sentito que- scolastico e amicale, ovvero tutsta frase ma è quella che meglio to ciò che andava a formare
riassume l'esperienza di un an- quella ‘comfort zone’ alla quale
no formativo all'estero. Se, ap- si era abituati. Tutto questo imparentemente, l'unico fine del plica una crescita esponenziale
viaggio potrebbe sembrare l'ap- dell'individuo che si ritrova a
prendimento di una
non avere più certezze
e, quindi, sviluppa nuonuova lingua, in realtà
questa è soltanto una
ve strategie che gli perdelle difficoltà che bimettano di affrontare
sogna superare duranal meglio la permanenza all'estero. Superate
te i primi mesi. Concorrono altri elementi che mesi la durata queste prime difficoltà,
massima e si avrà un punto di vilo rendono più comconsigliata sta differente della vita
plesso:
l'allontana-
.
per protestare contro la riforma
della ‘buona scuola’. Vengono
quindi lasciate in bianco oppure
compilate insensatamente.
Considerando però il fatto che
questo atteggiamento non è condiviso da tutti e che la maggior
parte degli studenti ha partecipato con serietà all’iniziativa
promossa dall’Istat, si ritorna al
punto di partenza: i compiti sono
davvero inutili o è il sistema che
non funziona?
Secondo uno studio pubblicato
in Svizzera i compiti risultano efficaci solo se strutturati considerando alcuni aspetti, come, per esempio, la scelta di esercizi che
facciano ragionare. Inoltre non
svolgerli porta ad una naturale
conseguenza, ovvero l’abbassamento dei voti: il cervello non è
in grado di assimilare completa-
mente gli argomenti se ci limitiamo ad ascoltare la spiegazione in
classe.
In conclusione l’unica spiegazione possibile è il malfunzionamento del sistema, che però potrebbe migliorare se si prendesse
spunto da altri paesi, come la Finlandia. Qui la scuola lascia più
spazio al gioco e allo sport e non
ci sono valutazioni fino ai 13 anni. Se si decidesse di adottare
questo metodo anche in Italia
forse i compiti assumerebbero una connotazione positiva e i ragazzi sarebbero meno stressati e
non studierebbero per ottenere
dei voti alti ma spinti dalla curiosità naturale che c’è in ognuno di
noi.
n Davide Arfini, Silvia
Bonabello, Ilaria Pilo (4ªA)
D__ Hai scelto l’Italia?
R__ Sì, per diverse ragioni. Dopo
il liceo mi piacerebbe studiare all’Università Europea di Lille, il
cui esame di ammissione si può
fare in più lingue: in italiano avrei più possibilità di passarlo. Inoltre ho una cugina che abita a
Roma e quando sono andata a
trovarla sono rimasta affascinata. Mi piacerebbe imparare la
lingua per comunicare meglio
con lei.
D__ Cosa ti piace dell’Italia?
R__ Da quando sono qui ho visitato Firenze, Torino e Pisa, in cui
ho assaggiato alcuni cibi tipici
come il gianduiotto e la carbonara. In Italia le cose costano meno
che in Francia, a parte le scarpe,
quelle costano di più
D__ Hai trovato molte differenze
tra la scuola italiana e quella
francese?
R__ Sì, non pensavo che
qui fosse così diverso.
In Francia le medie durano quattro anni e il liceo tre, i voti sono in
ventesimi e abbiamo
due esami, uno alla fine
del secondo anno e l’altro alla fine del terzo.
La classe 4A alle prese con il dilemma dei compiti
D__ Vuoi salutare qualcuno?
R__ Ringrazio Yasmine
Sabatini per aver trovato questa fantastica famiglia. Ringrazio anche gli altri volontari
del Centro intercultura
IL MONUMENTO
di Alessandria.
D__ Presentatevi
R__ Sono Isabel Mauro, ho 19 anni, vivo a Milano, ma ho frequentato il Galilei. Ho studiato per un
anno a Paso Robles in California
E io sono Elena Baschiera, ho 17
anni e sono a Monaghan, in Irlanda fino al giugno.
D__ Come vi trovate con la vostra
host family?
R__ Io, Isabel, mi sono trovata benissimo. La famiglia è stata molto di supporto nei numerosi momenti di solitudine e malinconia. Per me, Elena la famiglia è
un po’ severa, ma quella della
mia amica irlandese Olra mi ha
accolto come una figlia.
D__ Ci sono molti altri exchange
students?
R__ Con me, Isabel, una quindicina e ho conosciuto persone un
po’ da tutto il mondo. Fin da subito abbiamo creato un gruppo e
ci incoraggiavamo a vicenda.
Con molti di loro, anche dopo
due anni, sono ancora in contatto. Qui, dove sono io, ce ne sono
una settantina; la metà sono italiani, ma io non sto con loro perché preferisco confrontarmi con
gente di altre nazioni. Ho legato
molto con una ragazza austriaca,
una tedesca e molti irlandesi.
Célestine al
liceo Galilei,
Elena (nella
foto) in Irlanda
Isabel negli
Stati Uniti
D__ Volete salutare
qualcuno?
R__ Io, Isabel, Credo di
aver vissuto l’esperienza più bella della mia
vita e che mi ha totalmente cambiata. Devo
quindi ringraziare tutti
quelli che mi hanno
permesso di andare in
America. E io, Elena,
saluto tutti dai fantastici paesaggi dell’Irlanda
n Ilaria Pilo, Silvia
Bonabello, Davide
Arfini (4ªA)
‘Meier’, un ponte che unisce o divide?
Dopo anni e anni di progetti, cantieri, polemiche e sollecitazioni, finalmente il ponte Meier è stato inaugurato
davanti a centinaia di cittadini emozionati, ma al contempo perplessi; se da un lato, infatti, la struttura unisce
le due sponde del Tanaro, dall’altro divide l’opinione
pubblica di questa città.
In seguito alla terribile alluvione del ‘94, tra le cui cause
era stata individuata la struttura obsoleta del vecchio
ponte, l’allora sindaco Francesca Calvo aveva dato il via
al progetto di una nuova costruzione, affidandolo al celebre architetto statunitense Richard Meier, che ha realizzato una vera e propria opera d’arte in conformità, inoltre, con i più moderni standard di sicurezza. Molti dunque sono i cittadini che vedono nel ponte un ‘arcobaleno
dopo la tempesta’: un’occasione anche per rinnovare e
riqualificare la città, in particolare nella zona del Lungo
Tanaro, e per incrementare il turismo nel nostro territorio. Al contrario alcuni alessandrini considerano l’opera
come una ‘macchia’, un ‘pugno in un occhio’, una costruzione eccessivamente moderna se confrontata con il
contesto urbanistico preesistente. Non mancano, inoltre, le lamentele riguardo al consistente ritardo nell’esecuzione dei lavori e le preoccupazioni per i futuri costi di
manutenzione.
Un’ultima controversia riguarda, infine, perfino l’assegnazione del nome alla nuova struttura: chi preferisce
“Ponte Meier”, per rendere un doveroso tributo all’archistar ed al tempo stesso focalizzarsi sulla modernità della costruzione, e chi invece opta per “Ponte della Cittadella” (così definito addirittura dallo stesso Meier) per
valorizzare la sua funzione di “medium” tra passato e futuro.
Ma allora questo ponte unisce o divide? Forse, allora, è
giunto il momento di abbandonare quella tipica inclinazione umana di criticare e lamentarsi, volgendo lo sguardo nella direzione opposta, iniziando ad assumere un atteggiamento positivo e provando ad incoraggiare e condividere le proposte per la città, invece di ostacolarle
con polemiche a volte davvero sterili.
Manuele Veggi, Gabriele Spanò,
Ilaria Pilo, Martina Gorrini (4ªA)