La rassegna di oggi

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RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – martedì 29 novembre 2016
(Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono
scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)
ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE (pag. 2)
Liste d'attesa lunghe? Stop alle visite private (M. Veneto, 3 articoli)
Pramollo, la Carinzia ci crede. La giunta: l’opera va sbloccata
Pordenone ora punta a un solo ente camerale (M. Veneto, 2 articoli)
Il Fvg attira meno stranieri. Trieste in controtendenza (Piccolo Trieste)
CRONACHE LOCALI (pag. 6)
Occupazione, il confronto va fatto con il periodo pre-crisi (M. Veneto Pordenone)
Ricambi, resistenze al doppio turno (M. Veneto Pordenone)
Maestri precari, in palio 250 cattedre (M. Veneto Pordenone, 2 articoli)
Poste a intermittenza, disagi senza fine (M. Veneto Pordenone)
Poletti sul “caso Soluzioni”: «I furbi la pagheranno» (M. Veneto Pordenone)
Premi ai dipendenti, il Comune li rivuole (Gazzettino Pordenone)
L’ospedale assume 75 nuovi infermieri: nascono altri servizi (M. Veneto Udine)
Vigili urbani, il concorso resta in forse (M. Veneto Udine)
Patronato Inca Cgil, un nuovo sportello (M. Veneto Udine)
Oleificio, domani primo sciopero (M. Veneto Udine)
«Incontro negato». Bufera in ateneo (Gazzettino Udine)
Accordo sul futuro di 50 addetti ex Revas (Piccolo Trieste)
È guerra anche ai finti poveri. Dipiazza apre gli archivi Isee (Piccolo Trieste)
La Provincia lascia 50 milioni in eredità (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
1
ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE
Liste d'attesa lunghe? Stop alle visite private (M. Veneto)
di Elena Del Giudice - È uno dei temi sensibili per i cittadini, l’attesa. E quando si tratta di salute, si
sopporta poco l’incertezza e l’appuntamento con lo specialista a un anno dalla richiesta, non fatica a
venire bocciato come “inaccettabile”. Ovviamente dipende dal problema di salute, ve ne sono alcuni
che debbono avere una risposta celere, in tempi ragionevoli, e altri - ad esempio i controlli - che
possono essere fissati in là nel tempo. Ma ci sono regole anche per i tempi di attesa in sanità, e la
Regione chiede vengano rispettate. In caso contrario, le Aziende per l’assistenza sanitaria, quelle
Universitarie integrate e gli Irccs, dovranno «sospendere la libera professione intra-moenia ai
medici delle strutture che non rispettano i valori soglia indicati oppure che non hanno reso
disponibili al Cup (Centro unico di prenotazione regionale) tutte le agende di prenotazione delle
visite e delle prestazioni». L’imperativo è contenuto nelle Linee per la gestione del Servizio
sanitario regionale per il 2017, approvate la settimana scorsa dalla giunta regionale su proposta
dell’assessore alla Salute Maria Sandra Telesca, e riguardano le prestazioni di specialistica
ambulatoriale. Non tutte, ma molte. Si va dalla visita cardiologia a quella di chirurgia vascolare, da
quella endocrinologica alla neurologica, dall’ortopedia alla ginecologica, dalla fisiatrica alle
oncologica, dalla gastroenterologica all’oculistica. Sotto controllo anche la mammografia, la tac di
addome, capo, rachide, bacino, la risonanza magnetica al cervello o alla colonna, l’ecografia
cardiaca a riposo, l’ecodoppler, l’elettrocardiogramma, il fondo oculare ecc. I tempi entro cui le
prestazioni di specialistica ambulatoriale debbono essere garantiti sono diversi a seconda delle
priorità della richiesta del medico. Com’è noto, le priorità - che vanno indicate sulla ricetta barrando
la relativa casella - sono: U, come urgente, e si tratta di prestazioni per le quali il tempo di risposta
deve restare entro le 24 ore. Solitamente con una ricetta di questo tipo ci si reca o in pronto soccorso
o direttamente in reparto; B, come breve, e si tratta di prestazioni che devono essere garantite entro
10 giorni; D come differita, che prevede non oltre 30 giorni per una visita specialistica e non oltre
60 giorni per l’accertamento diagnostico. Infine P come programmata (che vale nel caso in cui il
medico non assegni una priorità diversa), che deve essere garantita entro un massimo di 180 giorni,
che scendono a 120 in alcuni casi. Rispetto dei tempi anche per gli interventi programmati (con
attese che vanno da 30, 60, 180 e 360 giorni sempre a seconda della priorità): dalla cataratta alla
coronarografia, dalle neoplasie alle protesi valvolari, dall’angioplastica alla tonsillectomia. «Anche
per queste patologie - è la disposizione della Regione - il mancato rispetto dei valori soglia
determina, per i medici delle strutture interessate, la sospensione della possibilità di svolgere la
libera professione specifica».
Troppi esami non necessari. La Regione lancia l’allarme
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Priorità ai medicinali “low cost”
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2
Pramollo, la Carinzia ci crede. La giunta: l’opera va sbloccata
di Anna Buttazzoni - Il bando era atteso per quest’anno e invece vedrà la luce il prossimo. Forse.
Questione di rimpallo di responsabilità tra i privati austriaci che non vogliono cedere alle garanzie
fideiussorie richieste dal governo del Friuli Venezia Giulia e qualche resistenza politica, nonostante
l’amministrazione regionale abbia confermato e vincolato i 48 milioni di investimento. Fatto sta che
il progetto per l’impianto a fune tra Pontebba e Pramollo è in stallo. Ieri, alla presentazione della
nuova stagione sciistica di Pramollo/Nassfeld, i partner carinziani hanno detto di credere nel
progetto, di volerlo, perché il Land ha stanziato 6 milioni. L’operazione vale 82 milioni di euro,
coperta dalla parte pubblica per 48 dal Fvg e 6 dalla Carinzia, mentre i restanti 28 milioni dovranno
essere garantiti da una cordata di privati – capofila la multinazionale austriaca Doppelmayr – che
realizzerà e gestirà l’intervento in project financing. «Il Fvg ha garantito 48 milioni e la Carinzia 6,
questi sono i fatti. La parte privata – ha detto ieri Christopher Gruber, direttore generale Nlw
Tourismus Marketing Gmbh, la società che gestisce il comprensorio di Pramollo/Nassfeld –
prevede un investimento di circa 30 milioni, per skilift e infrastrutture, compresi i 600 posti letto
nella parte italiana. I privati stanno trattando con alcuni investitori che sono interessati, ma il
progetto è molto grande e ci vuole tempo per svilupparlo. Noi siamo convinti che il progetto sia
un’opportunità per l’Italia e la Carinzia, perché il futuro sarà sempre più difficile per i comprensori
piccoli, per attirare clienti». Gruber non fa nomi e cognomi, ma assicura che da Tarvisio a Sella
Nevea ci sono resistenze al progetto. «Siamo convinti che l’impianto a fune sia necessario per
creare un grande comprensorio che abbia un collocamento internazionale – continua il direttore
generale di Nassfeld –, ma se la Val Canale di ce no, allora deve anche dire che cosa va bene per lo
sviluppo dell’area, qual è la strategia». Gruber racconta poi di un progetto estivo realizzato con
Pontebba e Tarvisio – mala experience – per lo sviluppo delle malghe, con percorsi per escursionisti
e per chi pratica la mountain bike. «Il progetto – spiega Gruber – è finanziato dall’Ue attraverso
l’Interreg, con 1,1 milioni, e il Fvg ha detto sì, come la Carinzia. Non capisco perché si dia l’ok a un
programma estivo e si freni quello invernale. Noi vogliamo la collaborazione, ne abbiamo dato
prova, e la vogliamo 365 giorni l’anno». La Regione invece aspetta gli investitori austriaci, quelli
cui sono state garanzie a fronte di un ingente contributo pubblico, ritiene fondamentale che ci siano
delle garanzie da parte del privato. «Sono in corso approfondimenti tecnici – conferma l’assessore
alle Infrastrutture Mariagrazia Santoro – perché i privati austriaci hanno messo in dubbio alcune
garanzie richieste da noi e che noi consideriamo fondamentali, per la realizzazione e la gestione
dell’impianto». Inutile chiedere a Santoro i tempi in cui prevede di aprire il bando di gara. Del
progetto si parla da trent’anni e ogni anno slitta. «Tra fine anno e inizio gennaio penso si possa
arrivare alla definizione della questione garanzie con i privati, poi si potrà procedere al bando, che
avrebbe già dovuto essere aperto – esplicita Santoro –, quindi sui tempi non dico più nulla». Ripete
l’assessore che nell’operazione la partecipazione pubblica è di circa il 70 per cento in project
financing e che quindi le garanzie da parte dei privati sono irrinunciabili. «E un’integrazione tra i
comprensori scistici – spiega Santoro – è necessaria». Nessun tentennamento da parte del Fvg
aggiunge Santoro, altrimenti i 48 milioni non sarebbero stati confermati. Ma per veder decollare il
progetto serve ancora tempo.
3
Pordenone ora punta a un solo ente camerale (M. Veneto)
«O la Camera unica regionale, senza passaggi intermedi, o niente». Punta i piedi la Cciaa
pordenonese, unica “obbligata” (dai numeri e dalle postille) ad una fusione con altri. Dai numeri
perché nella riforma nazionale sono stati fissati i “paletti”, in termini di imprese presenti sul
territorio, in base ai quali una Camera di commercio può restare autonoma oppure no. E dalle
postille perché “l’emendamento Rosato”, come è stato ribattezzato, ha stabilito che, pur non avendo
i numeri hanno il diritto di restare autonome, quelle Cciaa che insistono su territori di confine. Il che
significa che viene garantita indipendenza a Gorizia e Trieste (che si sono già fuse) e a Udine.
L’unico ente fuori gioco rimane Pordenone. Non potendo restare autonomo, per l’ente del Friuli
occidentale la strada parrebbe obbligata: o con Udine, o con la Venezia Giulia. «O con Treviso» era
stata la provocatoria proposta. Della serie, meglio col Veneto che “annessi” a Udine. Del futuro
della Cciaa Pordenonese si è parlato ieri nel corso di un incontro con le istituzioni locali tra il
presidente Giovanni Pavan e la giunta camerale con Michelangelo Agrusti, Alberto Marchiori,
Cesare Bertoia, Silvano Pascolo, il vicepresidente della Regione Sergio Bolzonello, il senatore
Lodovico Sonego. «La battaglia non è su campanilismi o piagnistei - dichiara il presidente Giovanni
Pavan - bensì sulla necessità di una riforma del sistema camerale regionale, che garantisca a
Pordenone un posizionamento equilibrato in virtù di un peso specifico come quello del numero di
imprese iscritte a registro, che da solo è quasi uguale a quello di Trieste e Gorizia messe insieme.
«Avevamo immaginato di poter scegliere - ha detto Agrusti - invece ci è stato detto di aggregarci e
della camera unica se ne parlerà». Per Marchiori «va attivato un dialogo più ampio, un tentativo che
va fatto anche se potrebbe non condurre a un risultato». «Abbiamo sempre sostenuto le riforme - ha
ricordato Bertoia - ma anche la loro equità e trasparenza, cosa che non è avvenuta», mentre Pascolo
ha espresso timori «sull’internazionalizzazione, competenza che passa dalle Cciaa all’Ice, un
istituto da sempre vicino alle grandi imprese e non alle Pmi». La proposta va quindi nella direzione
di avviare da subito i passi necessari per arrivare alla Camera di commercio unica regionale, senza
passare per aggregazioni intermedie. Intanto il colloquio con la Cciaa della Venezia Giulia andrà
avanti, così come quello con Treviso. «La nostra contrarietà all’emendamento Rosato è agli atti - ha
detto Bolzonello -, così come la posizione assunta nei confronti della Camera unica». E se la
direzione di marcia sarà questa «vi sosterremo senza riserve».
Anche il sindacato boccia il “matrimonio” con i veneti
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4
Il Fvg attira meno stranieri. Trieste in controtendenza (Piccolo Trieste)
di Marco Ballico - Mancanza di lavoro e acquisizione della cittadinanza italiana. Fattori che
spiegano il calo della presenza straniera in regione (8,6%), tanto che al 31 dicembre 2015 si
contavano 2.337 unità in meno (da 107.559 a 105.222, -2,2%) rispetto all’anno precedente. In
provincia di Trieste, però, la tendenza è inversa. Dal 2014 al 2015, seppure limitata, si registra una
crescita: da 20.063 a 20.243, 180 persone in più, lo 0,9% in più. Il capoluogo, nessuna sorpresa, fa
la parte del leone. Con 19.389 stranieri (9.868 donne, 9.521 uomini), il Comune di Trieste, davanti a
Udine, è in testa alla classifica fotografata dal Rapporto immigrazione 2016, rielaborato su dati Istat
e illustrato ieri a Udine dall’assessore regionale Gianni Torrenti. Un fenomeno dinamico quello
dell’immigrazione in Fvg, è emerso dai dati commentati dal direttore del Servizio programmazione,
pianificazione strategica, controllo di gestione Gianluca Dominutti e dalla ricercatrice Irene Plet.
«Un fenomeno da governare al di là delle polemiche», la sottolineatura di Torrenti di fronte a una
composizione definitivamente multietnica della società regionale. Il 45% degli stranieri triestini
arriva dall’Est. Il primo Paese di provenienza è la Serbia. In città uno straniero su quattro è serbo
(4.698, il 24,2% del totale a Trieste, il 64% della popolazione serba in Fvg), seguono rumeni
(2.747) e croati (1.172) in un quadro regionale in cui trovano spazio 156 differenti cittadinanze
(quasi il 70% europee, il 15% africane, il 12% asiatiche), con quella rumena nettamente in testa
(oltre 23mila cittadini iscritti in 208 Comuni, un quinto del complesso degli stranieri sul territorio),
davanti ad albanesi, serbi, ucraini, marocchini, croati e cinesi. L’unico Comune Fvg privo di
stranieri è Ligosullo: 116 abitanti, tutti italiani. In un contesto di riduzione della popolazione
complessiva (quasi 6mila persone in meno nel 2015 sul 2014, -0,3%), e con oltre 5mila cittadini
diventati italiani a seguito dell’acquisizione della cittadinanza (un numero quadruplicato rispetto al
2011), il calo delle iscrizioni dall’estero ha una sua incidenza: -2,2% nell’ultimo anno, -25%
nell'ultimo quinquennio, da 7.350 unità del 2011 a 5.510 nel 2015. Nello stesso periodo anche le
emigrazioni sono calate (da 6.274 a 4.132), ma con un andamento diversificato: la componente
straniera ha dimezzato i flussi in uscita dalla regione e quella italiana ha registrato, invece, un
aumento delle cancellazioni per l’estero del 15%. Nel dettaglio, nel 2014 gli stranieri che si sono
iscritti dall’estero nelle anagrafi della regione sono 4.434, il record è a Trieste con 824. Non manca
un capitolo sull'emergenza profughi. Nel 2015 i titoli di primo ingresso rilasciati a richiedenti asilo
sono raddoppiati: da 1.333 su 6.034 a 2.635 su 7.443, di fatto più di uno su tre, con la maggioranza
di uomini (97%, di cui il 74% celibe). A partire dall’estate 2015 i flussi via terra sono rimasti
costantemente sopra le 2mila unità, per toccare a dicembre quota 3.391, di cui il 27,8% accolto in
un comune della provincia di Trieste. Il Rapporto dedica pure un approfondimento sulla presenza
nello studio degli alunni non italiani. Si contano 19.233 studenti stranieri iscritti nelle scuole Fvg
(11,9% del totale) di cui 957 all'Università (556 a Trieste, 441 a Udine), con la partecipazione più
alta a ingegneria ed economia-statistica, ma incidenza più elevata ad architettura e lingue. Oltre ai
fattori culturali, sulle relazioni al di fuori dell'orario scolastico incide anche l'anzianità migratoria:
gli alunni over 11 tendono maggiormente a frequentare i connazionali (33,4%) rispetto agli stranieri
nati in Italia o arrivati in età più giovane (27,7%). I ragazzi stranieri passano il tempo libero
prevalentemente in spazi aperti o a casa di amici, proprio come gli italiani. È invece molto meno
diffusa la pratica sportiva (52% dei ragazzi stranieri contro il 73% per gli italiani), in particolare tra
le ragazze.
5
CRONACHE LOCALI
Occupazione, il confronto va fatto con il periodo pre-crisi (M. Veneto Pordenone)
di Giulia Sacchi - L’occupazione è in crescita in provincia, almeno secondo lo studio sulla qualità
della vita pubblicato da Italia oggi, in cui Pordenone figura all’11º posto a livello nazionale per
persone impiegate. Un balzo in avanti rispetto allo scorso anno, quando occupava la posizione
numero 23. Ma le forze sociali sono prudenti: secondo i segretari provinciali di Cgil (Giuliana
Pigozzo), Cisl (Arturo Pellizzon) e Uil (Roberto Zaami), il dato va letto senza abbandonarsi a facili
ottimismi. Le forze sociali mettono in evidenza un aspetto: per quanto riguarda i tassi di
occupazione, confrontare 2016 con 2015 o quest’ultimo con l’anno precedente non ha senso per
tirare conclusioni. Per fare un bilancio serio, è necessario confrontare i dati attuali, o comunque
degli ultimi anni, con quelli pre-crisi. «Solamente in questo modo l’analisi sarà completa e
soprattutto ci permetterà di capire se si è registrato un miglioramento – ha osservato Pigozzo –. Un
confronto tra i numeri odierni e quelli raccolti prima della crisi è utile per capire l’emorragia
occupazionale. Ciò non toglie che, se Pordenone è salita di diverse posizioni, è buon segno.
Dobbiamo, comunque, tenere presenti due questioni importanti quando parliamo di dati: il tasso di
disoccupazione giovanile e quanti lavoratori ancora utilizzano gli ammortizzatori sociali, che si
stanno esaurendo». Zaami ha rilevato anche un altro aspetto: «I dati devono essere analizzati in
maniera puntuale anche perché un lavoratore che opera per tempi brevi figura come un nuovo
immesso nel lavoro, ma questa non può essere definita crescita occupazionale. Si pensi poi
all’abuso dell’impiego di voucher. Per uno studio completo è necessario verificare pure le crescite
del fatturato industriale». Nel 2016 qualche elemento positivo c’è, «ma si rilevano una crescente
frammentazione a livello contrattuale – ha precisato Zaami – e molto precariato. Quello che
vorremmo vedere in provincia è l’arrivo di nuove attività in grado di assorbire occupazione e
rendere competitivo il territorio». Secondo Pellizon, «alcune imprese della provincia hanno usato la
riconversione industriale in termini positivi. Altre aziende hanno rilanciato: il quadro generale,
però, continua a evidenziare segni meno. Ci sono ancora settori che stanno attraversando momenti
difficili, tra cui quello del mobile. Diverse realtà, importanti anche in termini di numero di occupati,
hanno chiuso i battenti. C’è molto da fare per recuperare soprattutto competitività». Il segretario di
Cisl ha messo in luce la necessità di «profondere sforzi pure sul fronte delle infrastrutture. Siamo
all’anno zero per quanto riguarda la fibra ottica. La viabilità ha nodi da sciogliere da anni: tanti temi
sono sul tavolo, ma si continua a perdere tempo. Un altro argomento che ci sta a cuore è quello di
cercare di favorire l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro». I sindacati, insomma, non parlano
ancora di uscita dalla crisi. I miglioramenti non mancano, ma per parlare di crescita è troppo presto
e, soprattutto, il confronto deve basarsi su quanto c’era prima della crisi.
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Ricambi, resistenze al doppio turno (M. Veneto Pordenone)
Il piano di riassorbimento di 50 esuberi nel magazzino ricambi di Electrolux procede a rilento e
intanto la multinazionale ha comunicato l’intenzione di cambiare l’orario di lavoro, con
l’introduzione di due turni. Una notizia che ha fatto storcere il naso agli addetti del magazzino, che
ieri si sono riuniti in assemblea per discutere la questione coi sindacati. Electrolux ha chiesto di
organizzare la produzione con un doppio turno: il primo dalle 7 alle 16 e il secondo dalle 10 alle 19.
Al momento le maestranze operano dalle 7 alle 16. Una motivazione precisa non è stata fornita
dall’impresa: è stata messa in evidenza solamente la necessità di rendere subito efficace il
cambiamento. I sindacati hanno ipotizzato che la richiesta sia legata al fatto che struttura e organico,
che conta 80 dipendenti (68 sono vecchie maestranze e 12 quelle riassorbite), sono inadeguati per
fare fronte al carico di lavoro attuale. La proposta crea problematiche ai lavoratori, anche per
quanto riguarda la gestione delle famiglie. Un’altra grana è quella economica: la retribuzione non
prevedrebbe maggiorazioni per il turno. La paga rimarrebbe uguale a quella di un lavoratore che
opera a giornata. L’introduzione del cambio, insomma, creerebbe criticità in diversi ambiti, tra cui
quello degli spostamenti dei dipendenti, visto che gli orari delle corriere, per esempio, sono stati
adeguati in base all’orario sinora in vigore. «Electrolux ha chiesto di partire col nuovo orario subito,
ma non è pensabile – mettono in evidenza Roberto Zaami (Uilm), Maurizio Marcon (Fiom) e
Gianni Piccinin (Fim) –. Nell’incontro della scorsa settimana con l’azienda, le Rsu hanno spiegato
le problematiche legate al nuovo programma di lavoro. Il nostro obiettivo è confrontarci con
l’azienda per raggiungere un accordo su un nastro orario condiviso». Per quanto riguarda invece il
piano di riassorbimento delle eccedenze, per ora al magazzino ricambi sono stati inseriti 12
lavoratori su 50 previsti. Pochi, secondo le forze sociali, rispetto al cronoprogramma di cui si era
discusso nei mesi scorsi. «La multinazionale dice di essere al passo, ma i tempi non corrispondono
con quelli prospettati – osservano Zaami, Marcon e Piccinin –. L’azienda si è impegnata a portare a
compimento il piano di riassorbimento entro gennaio, ma si stanno registrando ritardi. Tra l’altro, ci
sono ancora lavori di adeguamento della struttura da realizzare». Il programma di investimenti
sull’immobile parla di due milioni e mezzo di euro per interventi di adeguamento.(g.s.)
7
Maestri precari, in palio 250 cattedre (M. Veneto Pordenone)
di Chiara Benotti - «La discontinuità didattica per 6 mila alunni è certa». Battuta amara allo
sportello sindacale Flc Cgil e valzer dei supplenti in 27 istituti comprensivi nel Friuli occidentale:
250 cattedre saranno in palio, domani, a Pordenone. All’appello centinaia di precari nell’emiciclo
del liceo Grigoletti: tanti non hanno i salari aggiornati da settembre e campano sui contratti di
supplenza con la dicitura “sino all’avente diritto”. Non è detto che tutti saranno riassunti nei 250
posti di lavoro in palio. «Una maxi-operazione con 90 giorni di ritardo sull’avvio dell’annata 20162017: è un record negativo – hanno valutato Mario Bellomo e Giuseppe Mancaniello allo sportello
Flc Cgil –. Chi ne soffre? I bambini in aula, prima di tutto, e poi le famiglie che cambieranno gli
interlocutori. Per i precari è importante il lavoro, ma in queste condizioni vivono una sofferenza
professionale evidente». Lungaggini, meccanismi delle graduatorie inceppati da infiniti ricorsi («La
“Buona scuola” ha fatto danni», dicono i sindacati confederali e autonomi, per una volta d’accordo)
e tante incertezze. «Speriamo che la maxi-operazione di nomina dia stabilità al settore della scuola
primaria sino a giugno 2017 – è l’auspicio dal fronte sindacale –. Il turn-over sarà un problema
soprattutto per l’assunzione di servizio da parte degli insegnanti nominati con residenza fuori
provincia». Il rischio è di maestri pronti ad accettare la nomina e poi altrettanto rapidi a chiedere
congedi nella piena legalità: malattia, gravidanza, motivi familiari e altro. «La prima assenza
perfettamente lecita sarà quella per il voto referendario del 4 dicembre – hanno precisato alcuni
precari di passaggio nell’ex Provveditorato –. Chi arriva dal Sud Italia ha un permesso di tre
giorni». E vai con la nomina del supplente del supplente. Graduatorie come la tela di Penolope e si
va avanti nell’incertezza. A bilancio, in zona presepe, ci saranno altri 250 precari assunti in 90
giorni di nomine a singhiozzo a Pordenone: con un “buco” vistoso tra i supplenti nell’area di
sostegno all’handicap, in cui mancano cento specializzati. «Maratona di nomine dei precari e
rischiamo di finire all’ora di cena – ha scherzato Mancaniello – con oltre 250 supplenze in palio».
Cattedre da assegnare e altre sospese, nella serie di ricorsi che fanno il ribaltone alle graduatorie
degli abilitati, poi ci sarà lo sciame di spezzoni orari residui.
Il 60 per cento dei docenti bocciato alla prova scritta
testo non disponibile
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Poste a intermittenza, disagi senza fine (M. Veneto Pordenone)
Azienda e sindacato riapriranno la trattativa oggi a Roma in un vertice nazionale. Ma i disagi
causati dalla razionalizzazione del recapito postale, a livello locale si vivono ogni giorno. Lo sanno
gli stessi operatori che hanno visto moltiplicarsi i reclami da parte degli utenti. Ritardi e reclami. I
casi delle lettere che arrivano ben dopo la loro scadenza – che si tratti di inviti a eventi o di bollette
fa poca differenza – sono all’ordine del giorno. Ieri per esempio la segnalazione di una lettrice del
Messaggero Veneto che paga la bolletta dell’energia tramite Rid bancario. «La mia copia cartacea
della fattura – ha raccontato –, emessa in data 11 ottobre, con scadenza 31 ottobre, mi è stata
recapitata il 25 novembre». Per fortuna esiste l’e-mail. Nei giorni scorsi, a causa della pioggia, la
consegna ha subito ulteriori ritardi (specie di giornali e involucri voluminosi). La corrispondenza si
accumula e con essa i ritardi nella consegna. Trattativa. «La situazione purtroppo non sta
migliorando e i reclami sono continui – analizza Gianfranco Parziale della Cisl –. Tra l’altro va
ricordato che i portalettere in provincia sono 132, 52 in meno dall’inizio della riorganizzazione e
ancora in questa fase il personale in esubero dà una mano ai colleghi: a regime la situazione sarà
critica. Per questo, dopo lo sciopero del 4 novembre e la riapertura della trattativa, confidiamo che il
nuovo vertice (ndr in programma oggi) apra a miglioramenti del servizio». I portalettere tra l’altro
vivono una condizione di stress, che aumenta gli infortuni, «e lavorano più ore di quante ne preveda
il contratto per riuscire a garantire il servizio» aggiunge Parziale. La consegna a intermittenza è
partita a settembre in città e, via via, si è diffusa in provincia. In Fvg. Nel frattempo ieri a Trieste
l’assessore regionale alle Autonomie locali e al coordinamento delle riforme Paolo Panontin ha
incontrato il vicedirettore generale del Gruppo Poste Italiane Paolo Bruschi. Nell’incontro non si è
parlato dei disservizi di questi mesi, ma è stato fatto il punto sulla collaborazione tra la Regione
Friuli Venezia Giulia e Poste Italiane nell’ottica di individuare nuovi spazi utili per sfruttare il
potenziale del Gruppo. Panontin e Bruschi hanno deciso di fissare un successivo incontro per
verificare quali siano i nuovi servizi che possono essere attivati in regione. (m.mi.)
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Poletti sul “caso Soluzioni”: «I furbi la pagheranno» (M. Veneto Pordenone)
di Andrea Sartori -Un caso emerso a San Vito preso come esempio degli effetti più controversi del
Jobs act: a presentarlo al ministro del Lavoro Giuliano Poletti è stata Bianca Berlinguer, nel corso
della trasmissione “Carta Bianca”, in onda su Rai 3. Un servizio di Vincenzo Guerrizio ha riportato
all’attenzione la situazione dei lavoratori sanvitesi licenziati dalla cooperativa Soluzioni e non
riassunti dalla Mag solution coop di Napoli, che ha in subappalto la logistica della Sirap (sedi a San
Vito, Brescia, Arezzo e Mantova). Vertenza sulla quale ancora si attendono risposte. Il caso. A
esporre la situazione, nel giugno dello scorso anno era stato Claudio Petovello, allora sindacalista
della Filt Cgil, ora in quiescenza. La coop Soluzioni, il 29 maggio del 2015, dichiarando difficoltà
economiche, aveva licenziato i 64 addetti che operavano nei quattro magazzini Sirap. I nove che
lavoravano a San Vito al Tagliamento non erano stati riassorbiti dalla Mag, dal 3 giugno dello
scorso anno nuova subappaltatrice del servizio. Trattamento riservato, secondo Petovello, in cambio
del fatto che il sindacato aveva appena denunciato una falla nell’intesa siglata a Mantova per il
passaggio del personale da Soluzioni a Mag. Che valeva un milione 547 mila 520 euro di “bonus”
all’azienda grazie alla manovra del governo. Dopo sei mesi a tempo determinato, spettava l’esonero
contributivo di 8.060 euro per ogni assunto a tempo indeterminato. Per Petovello, insomma, si
erano fatti “disoccupare” i lavoratori per riassumerli e, dopo sei mesi, godere degli incentivi. Le
denunce. Va detto che Mag è formalmente una nuova cooperativa, le sue assunzioni pertanto paiono
ineccepibili. Sta di fatto che il sindacato ha posto il tutto all’attenzione dell’Inps, alla quale spetta
l’erogazione dei “bonus”. L’Inps e l’Ispettorato si devono ancora pronunciare sulla segnalazione,
una risposta da allora attesa. Si attendono risposte anche dal Tribunale del lavoro. «Abbiamo
impugnato il licenziamento di Soluzioni, che parlava di chiusura per crisi, ma questa va prima
dichiarata – ricorda Petovello – È chiamata in causa anche Sirap, la quale terzializzando il
magazzino, nel 2012, prometteva di mantenere l'occupazione». Il dibattimento, tra un rinvio e
l’altro, è ancora alle battute iniziali. In televisione. Nel corso della puntata di “Carta Bianca”
assieme a Petovello sono stati intervistati gli ex lavoratori di Soluzioni Ellis Serena, Vincenzo
Manera e Alessandro Devetta. «Prima lavoravo nell’azienda, da venticinque anni – ha spiegato
Serena – Dopodichè sono passato alla coop a tempo indeterminato, ma questa ha deciso di chiudere
e il motivo si può intuire dalle tempistiche veloci e dalla proposta di tempo determinato». «L’hanno
fatto – ha aggiunto Manera - soltanto per i soldi dello Stato, degli italiani». «È passato un anno e
mezzo, sono ancora in mobilità – ha aggiunto Devetta – Se era una questione di crisi se ne poteva
discutere, prendere anche qualche soldo in meno...». Petovello ha posto un quesito a Poletti,
considerando che «l’intenzione degli incentivi del Jobs act era buona, ma c’erano già delle falle e
Poletti aveva promesso controlli»: «Vorrei capire – s’è chiesto – quanti “furbetti” sono stati
individuati, con sospensioni o revoche dell’incentivo». Il ministro. «Le sospensioni ci sono – ha
risposto Poletti alla richiesta di Petovello – Di più: ci sono denunce alla Procura per truffe ai danni
allo Stato». Sul caso specifico il ministro non si è sbilanciato («Non sono un magistrato»), ma ha
assicurato che i “furbi” accertati sono stati denunciati. «Lo strumento che abbiamo è la legge – ha
rimarcato – Se uno ha truffato viene denunciato e va in galera. Le aziende sono indispensabili, calci
sulle gambe a quelle che non rispettano la legge».
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Premi ai dipendenti, il Comune li rivuole (Gazzettino Pordenone)
C'è la possibilità che i 132 mila euro di danno erariale, concessi illegittimamente ai dipendenti
comunali nel 2010, vengano chiesti in restituzione proprio ai dipendenti. Per sapere come procedere
e se è giusto farlo, il Comune ha chiesto un parere a un avvocato esperto. La vicenda risale al 2010,
quando sono state permesse delle illegittime progressioni orizzontali di carriera, con corrispondente
aumento in busta paga, a 32 dipendentii e della Pianta organica aggiuntiva del Comune. Secondo la
Corte dei Conti del Friuli, che si è pronunciata con una sentenza lo scorso luglio, i maggiori
responsabili di questi avanzamenti di carriera sono l'ex segretario comunale Paolo Maniago e l'ex
sindaco di Azzano Decimo Enzo Bortolotti, condannati dalla Corte a pagare rispettivamente 47.732
euro e 23.866 mila euro al Comune di Azzano. Entrambi hanno infatti permesso delle progressioni,
con aumenti dello stipendio per 132.589 euro di danno erariale. Aumenti che a oggi non sono stati
restituiti né da Bortolotti nè da Maniago, che hanno deciso di presentare ricorso, e neppure dai
dipendenti comunali che li hanno ricevuti, anche perché ancora non sono stati loro chiesti e non si
sa neppure se sia possibile farlo. Ma cosa succederebbe se a pagare fossero sia la parte politica che i
dipendenti? Un bel dilemma. Prima di valutare qualunque azione in tal senso, l'amministrazione
Putto ha deciso di rivolgersi per una consulenza a un legale di diritto del lavoro. «Abbiamo
incaricato l'avvocato Tamassia, esperto a livello nazionale, affinché ci indichi, con relazione scritta,
quale condotta dobbiamo tenere come Comune - spiega Putto -. Da un lato c'è una sentenza della
Corte dei Conti, e i condannati dovranno pagare, ma dall'altro rimane il fatto che i dipendenti hanno
comunque percepito denaro che non avrebbero dovuto percepire». «Quei soldi erano in ogni caso
destinati ai dipendenti, semplicemente sono stati dati in forma sbagliata - spiega l'ex sindaco Enzo
Bortolotti - e poi mi chiedo perché i sindacati, che ci hanno seguito in tutta la vicenda, non debbano
pagare. So che c'è del malcontento fra i dipendenti per questa situazione di incertezza». Una
situazione che si protrarrà ancora per qualche tempo. La sentenza della Corte a luglio aveva assolto
invece l'allora assessore al personale Vittorino Bettoli. E hanno già pagato 2 mila euro ciascuno, in
base alla loro responsabilità, gli allora assessori Francesco Burella, Gino Mascarin, Massimo
Piccini e Alessandro Tesolin.
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L’ospedale assume 75 nuovi infermieri: nascono altri servizi (M. Veneto Udine)
di Alessandra Ceschia L’ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine assume infermieri per
potenziare alcuni servizi e avviarne di nuovi. Sono 75 le figure professionali che verranno assunte a
tempo indeterminato dall’Azienda sanitaria universitaria integrata nelle prossime settimane. Si tratta
di personale che sarà in parte impiegato per il potenziamento delle dotazioni organiche, in parte
inserito nei nuovi progetti aziendali, ma anche in sostituzione di future cessazioni previste agli inizi
del prossimo anno. Per il direttore generale Mauro Delendi è «un doveroso intervento verso la
stabilizzazione e il consolidamento dell’assistenza, che tiene conto della necessità di potenziare
alcuni settori, ma anche di affrontare le criticità legate a limitazioni d’impiego determinate da
problemi fisici che, con l’avanzare dell’età del personale dipendente, si fanno più frequenti. È
comunque – aggiunge – un importante segnale di attenzione che l’Asuiu vuole dare al proprio
personale, e non sarà certo l’ultimo». Medicina sul territorio Ben 17 gli infermieri destinati ai Centri
di assistenza primaria, vale a dire alle strutture introdotte con l’Accordo integrativo regionale –
firmato nel dicembre dello scorso anno tra la Regione Friuli Venezia Giulia, rappresentata
dall’assessore alla Salute Maria Sandra Telesca, e le organizzazioni sindacali dei medici di
Medicina generale Fimmg, Snami, Smi e Intesa sindacale – che saranno aperte per 12 ore diurne
(dalle 8 alle 20) nei giorni lavorativi e due ore (dalle 8 alle 10) nei sabati e prefestivi. Larga la
disponibilità già manifestata da tanti medici di base dei distretti di Udine, Cividale e Tarcento per
aderire ai Cap, aggregazioni che si fondano sul lavoro multiprofessionale in cui sono coinvolti
medici di Medicina generale, pediatri di libera scelta, specialisti, infermieri, assistenti sociali,
amministrativi, allo scopo di costituire un riferimento unitario per i pazienti e le loro famiglie. Dopo
una fase provvisoria, una sorta di rodaggio, per arrivare a garantire quanto previsto dalla legge
regionale 17/2014, le nuove forme organizzative sostituiranno quelle esistenti in modo graduale per
arrivare a regime entro il 31 dicembre del 2018. Emergenza odontoiatrica Tre infermieri saranno
impiegati nel nuovo progetto di Odontoiatria sociale, che è appena decollato all’ospedale di Udine
con l’apertura del Pronto soccorso odontoiatrico. Un infermiere sarà inserito nel progetto aziendale
della neocostituita “Breast unit”, un team di specialisti al servizio di donne malate di cancro al seno
all’Azienda sanitaria universitaria integrata di Udine. A chiedere la task force per combattere il
cancro al seno sono state 1.300 persone con una raccolta di firme promossa dalle volontarie
dell’Associazione nazionale donne operate al seno nel 2012. Il gruppo di specialisti offrirà alle
pazienti la possibilità di essere seguite dalla diagnosi alla cura, senza trascurare gli aspetti
psicologici. A coordinare il team sarà Carla Cedolini, responsabile del Gruppo senologico della
Clinica chirurgica al Santa Maria della Misericordia. Centro per l’Ictus Potenziamenti in vista per la
Stroke unit, vale a dire il centro già avviato in Neurologia composto da un team multidisciplinare di
professionisti (sia medici sia infermieri) che conoscono il problema dell’Ictus e operano in
collaborazione con i servizi diagnostici della Radiologia, dell’Angiologia e della Cardiologia. Il
personale medico e infermieristico dell’unità possiede una competenza specifica nell’ambito delle
patologie cerebrovascolari e si avvale della collaborazione di cardiologi, chirurghi vascolari,
radiologi e anestesisti. La Stroke unit udinese si qualificherà sempre di più come un Hub, cioè un
centro di coordinamento che garantirà interventi più adeguati e tempestivi nella fase acuta dell’ictus
finalizzati principalmente al ripristino del normale flusso ematico cerebrale utilizzando terapie
mediche, endovascolari o chirurgiche. Largo anche all’accreditamento del Percorso trapianti di
fegato, un settore nel quale l’Azienda intende investire impiegando altri due infermieri e al Piano
delle emergenze territoriali che recluterà quattro infermieri. Le cessazioni Altro personale, reclutato
attingendo alle graduatorie, sarà inserito per sostituire i dipendenti assenti per malattia o per le
gravidanze (una quindicina), e per garantire la copertura delle attività che il personale certificato
come inidoneo non può garantire (22 unità). Altri cinque dipendenti andranno a sostituire le future
cessazioni già programmate per il 2017.
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Vigili urbani, il concorso resta in forse (M. Veneto Udine)
di Cristian Rigo - A decidere sul concorso per l’assunzione dei sei vigili urbani sarà il dirigente
Rodolfo Londero. «Il responsabile del bando è lui e nel momento in cui il concorso è iniziato lo è
anche il presidente della commissione (che è il comandante della polizia municipale, Sergio
Bedessi, ndr) - ha precisato nell’aula del Consiglio il sindaco Furio Honsell -, solo loro possono
decidere cosa fare». L’auspicio del primo cittadino è però quello di «concludere il più rapidamente
possibile il concorso» che - ha detto - dal punto di vista politico è importante perché finalmente
dopo tanti anni di blocco imposto dalla legge abbiamo la possibilità di fare delle nuove assunzioni».
Dopo le dimissioni di due dei tre componenti (al suo posto è rimasto solo Bedessi) il dirigente può
decidere di nominarne altri due, ma il posto di commissario non sembra essere molto ambito tanto
che la data del 5 dicembre inizialmente prevista per la prova orale quasi sicuramente slitterà. L’altra
ipotesi è quella di aspettare la scadenza del contratto di Bedessi che cesserà il suo incarico il 16
dicembre per poi nominare una commissione del tutto nuova. Nell’ultima riunione dell’Uti Friuli
Centrale (stamattina sarà ufficialmente assegnato l’incarico di segretario a Giuseppe Manto) si è
infatti deciso di bandire due concorsi: uno per individuare il dirigente dei servizi sociali e l’altro per
scegliere il nuovo comandante della polizia locale. Difficile quindi immaginare che il contratto di
Bedessi venga prorogato fino a fine anno in attesa del passaggio della municipale all’Uti fissato per
il primo gennaio. A chiedere l’annullamento del concorso era stato il capogruppo della Lega nord,
Mario Pittoni che aveva rilevato diverse criticità alle quali il sindaco ha risposto punto per punto:
«Il responsabile non sono io ma il presidente della commissione Bedessi - ha sottolineati - il quale
mi ha assicurato che nessun candidato si è allontanato dall’aula dopo la consegna dei test e che non
sono stati utilizzati cellulari o palmari. Le ammissioni con riserva invece sono una prassi per evitare
un lavoro inutile agli uffici che avrebbero dovuto verificare i requisiti a più di mille persone. Quello
che mi dispiace è che si cerchi di screditare il concorso per tenere bloccate le cose, io invece penso
sia importante cercare di andare avanti». Una spiegazione che non ha convinto Pittoni secondo il
quale «il concorso non è fatto bene e va annullato».
Patronato Inca Cgil, un nuovo sportello (M. Veneto Udine)
Nuovo sportello in pieno centro per i servizi previdenziali del patronato Inca Cgil. Aperto in
collaborazione con la lega pensionati Spi-Cgil, è già operativo in via Savorgnana 53, a pochi metri
dall’Inps, ogni mattina dal lunedì al venerdì, con orario 9-12. È a disposizione di iscritti Cgil e non
iscritti per tutti i tipi di pratiche previdenziali (domanda di pensione, disoccupazione, assegni
familiari, trattamenti di maternità, invalidità, eccetera). Su appuntamento, inoltre, è possibile
prenotare i servizi fiscali del Caaf Cgil (730, Red, Imu, Isee, successioni). L’inaugurazione ufficiale
si è tenuta ieri alla presenza del sindaco di Udine Furio Honsell. «Questa nuova apertura risponde a
un’esigenza di rafforzare il radicamento dello Spi e i servizi sul territorio, anche come risposta ai
tagli che le politiche nazionali stanno determinando sui servizi dell’Inps», responsabile della Lega
Spi Udine centro.
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Oleificio, domani primo sciopero (M. Veneto Udine)
di Maura Delle Case - L’Oleificio San Giorgio di Nogaro si prepara al primo sciopero della sua
storia. Lo stato di agitazione sindacale e lo stop degli straordinari deciso dai 40 lavoratori riuniti in
assemblea alcune settimane fa non sono serviti a sciogliere il gelo venuto a crearsi tra la proprietà e
le parti sociali. Dopo aver atteso per giorni un segnale positivo dalla dirigenza, alla fine i dipendenti
hanno dunque deciso di incrociare le braccia. L’astensione dal lavoro scatterà domani, per otto ore
ogni turno. Come detto, si tratta della prima volta nella storia quasi ventennale di quest’azienda che,
avviata nel 1997 dall’imprenditore veneto Franco Rossetto, tratta e raffina oli vegetali. «Dinnanzi
alle nostre richieste, che rispondono a precise necessità dei lavoratori, l’impresa si è limitata a
rinviare la trattativa all’anno venturo, ma la gente non ne può più – spiega il segretario di Flai Cgil
Udine, Fabrizio Morocutti –. È stremata dai turni e si aspetta, considerata la dedizione dimostrata
per lunghi anni all’Oleificio, quantomeno un atteggiamento diverso da parte della proprietà». Che
invece non c’è stato, come non c’è stata risposta allo stato di agitazione. «Dispiace un simile
atteggiamento – continua Morocutti –, specie ai lavoratori, che al pari di sindacato ed Rsu ritengono
di aver dimostrato in questi anni la massima serietà e disponibilità». «Prendiamo atto – rileva
ancora – della completa assenza dimostrata dalla direzione aziendale, che nemmeno dinnanzi alla
prospettiva di uno sciopero ha fatto nulla per cercare un accordo». Le richieste avanzate dal
sindacato con apposita piattaforma riguardano l’organico, i turni, la possibilità di fare una pausa di
mezzora nell’arco della giornata lavorativa e ancora il riconoscimento al personale di un buono
pasto in assenza della mensa interna. «Niente da fare. Dall’assemblea del 4 novembre scorso –
rilancia sempre Morocutti – non c’è stato un solo passo avanti». «E a questo punto – conclude – non
ci resta che scioperare denunciando pubblicamente, con un presidio a San Giorgio di Nogaro fuori
dai cancelli dall’azienda e con la distruzione di volantini, in quale situazione si trovano oggi i
lavoratori dell’Oleificio».
«Incontro negato». Bufera in ateneo (Gazzettino Udine)
testo non disponibile
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Accordo sul futuro di 50 addetti ex Revas (Piccolo Trieste)
di Massimo Greco - Un altro anno di Cassa integrazione straordinaria (Cigs) e la formazione
professionale per essere ricollocati sul mercato lavorativo: 50 ex dipendenti Revas, azienda
dell’indotto metalmeccanico triestino, intravedono una possibile soluzione per non perdere il tram
chiamato occupazione. Possibile soluzione delineata nel protocollo che è stato firmato ieri all’ora di
pranzo in piazza Oberdan dalla Regione Fvg, dai sindacati, dalla curatela fallimentare, dalla Saiph
(la nuova denominazione delle attività industriali ex Revas acquisite un anno fa dalla Orion).
Possibile soluzione che - ha spiegato l’assessore Loredana Panariti - ripropone il modulo già
sperimentato per la Ferriera di Servola, per Sertubi, per la pordenonese Ideal Standard. In questa
chiave la Cigs assume una funzione strumentale per governare forme di disoccupazione
“recuperabile”: infatti l’auspicio è che la formazione professionale, svolta durante il periodo coperto
dalla Cassa per riqualificare la manodopera, consenta il reintegro nell’azienda nel frattempo
ristrutturata oppure in altre imprese entro l’Area di crisi complessa triestina, necessitanti di
personale referenziato. Il protocollo, sottoscritto nella sala azzurra del Consiglio regionale, risulta
indispensabile dal punto di vista procedurale per accendere la pratica presso il ministero del Lavoro.
Invece, sul fronte formativo, il fascicolo verrà già aperto alle 10.30 di mercoledì 7 dicembre,
quando lo staff triestino dell’Agenzia del lavoro, capitanato dalla responsabile territoriale Veronica
Stumpo, si recherà alla Saiph (ex Revas) in via Caboto, per prendere visione “sul campo” delle
esigenze operative aziendali. Cioè quali e quanti addetti riqualificati servano alla nuova proprietà,
quali competenze e quali mestieri. A tale proposito l’amministratore delegato Marco Bono è stato
esplicito: bisogna alzare la qualità della manodopera, perchè già ora, qualora ci fosse stata
disponibilità, Saiph avrebbe potuto inserire in fabbrica 5-6 professionalità “fresche”. La nuova
proprietà, che afferisce all’Orion guidata da Luca Farina, in coerenza all’intesa negoziata con il
curatore fallimentare Piergiorgio Renier e con i sindacati, ha riassunto 44 addetti e, qualora la
ristrutturazione aziendale procedesse al meglio, si riserva di prenderne un’altra trentina. L’a.d. Bono
è molto prudente ma non pessimista: Saiph ha lavoro, il 70% delle commesse è sempre garantito da
Wärtsilä, il restante 30% arriva da altri clienti a cominciare dalla stessa controllante Orion. Oltre un
milione di euro di investimenti hanno permesso di rafforzare il parco macchine e l’utensileria dello
stabilimento.. Oltre la metà dei 50 ex dipendenti non è italiana, quindi la prima preoccupazione
dell’Agenzia sarà quella di reperire gli indirizzi degli interessati per convocarli e informarli
dell’opportunità. Soddisfazione da parte della struttura regionale del Lavoro, rappresentata dal
direttore centrale Nicola Manfren e dalla p.o. Luca Antonicelli. L’Agenzia - è stato ricordato - ha
già svolto 638 “missioni” presso le aziende per incrociare offerta/domanda di lavoro. Suspence
sugli spalti perchè il segretario della Fiom, Sacha Colautti, ha tardato di una quarantina di minuti:
una volta arrivato, drappeggiato in una felpa rossa griffata con la sigla del suo sindacato,
l’imbarazzo si è dissolto e tutti hanno lietamente firmato. In sede di dichiarazione di voto lo stesso
Colautti (la Fiom è il sindacato maggiormente rappresentativo in Saiph) ha chiesto alla Regione
l’estensione dello strumento, utilizzato per Ferriera e Revas, anche fuori dai confini dell’Area di
crisi. Fabio Kanidisek, che pilota l’attività di Fim Cisl per Wärtsilä & indotto, si aspetta una risposta
collaborativa da parte degli imprenditori triestini. Marco Gregori (Uilm) e Marco Stolfa (Ogl)
d’accordo nel sottolineare il positivo risultato ottenuto con la compattezza dei soggetti coinvolti
nell’operazione.
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È guerra anche ai finti poveri. Dipiazza apre gli archivi Isee (Piccolo Trieste)
di Piero Rauber - Un archivio di oltre 35mila fascicoli che fotografano sotto forma di Isee quello
che dovrebbe essere, ma non sempre è, lo stato di salute economica - fra redditi, debiti e proprietà in
rapporto al numero dei componenti - di altrettante famiglie triestine. Tra le tonnellate di carte
custodite in Municipio c’è una miniera di informazioni che, se trattate con i guanti, possono
contribuire a stanare - in particolare per mano della guardia di finanza - l’odiosissima categoria dei
finti poveri. Una categoria che negli ultimi dodici mesi, secondo le iregolarità fatte venire a galla
dalla stessa finanza con gli uffici comunali fra ottobre 2015 e settembre 2016, s’è messa
indebitamente in tasca almeno centomila euro se ci limitiamo alle sole “prestazioni sociali
agevolate” tra contributi, sussidi e agevolazioni comunali sulle rette di nidi, mense scolastiche e
case di riposo e più in generale sull’assistenza sociale. Una categoria sempre più odiosa adesso, in
un’epoca in cui la crisi miete nuovi poveri, di quelli veri, ai quali chi non ne ha diritto toglie
contributi vitali come l’aria. Ebbene, il Palazzo apre ora sistematicamente questo suo archivio agli
investigatori delle Fiamme gialle in ossequio a un protocollo d’intesa battezzato “Prestazioni sociali
agevolate: contrasto ai finti poveri”. È stato firmato simbolicamente ieri in piazza Unità davanti a
giornalisti, fotografi e operatori tv dal generale Giovanni Padula, comandante provinciale della
guardia di finanza, e dal sindaco Roberto Dipiazza, scortato dai fedelissimi Giorgio Rossi e Carlo
Grilli ovvero dagli assessori al Bilancio e al Welfare, le due deleghe più coinvolte nell’operazione,
e dal capo della Ragioneria comunale Vincenzo Di Maggio. Lo scambio di dati fra il Comune e le
Fiamme gialle non è in realtà una primizia. Ci aveva pensato già lo stesso Dipiazza prima del 2011.
Poi Roberto Cosolini aveva provato a macinarne di più, specie dopo che, nel 2013, era scoppiata la
grana delle false dichiarazioni per i contributi sugli affitti: allora, da più accurati controlli che
avevano interessato anche la Procura, una su tre si era rivelata posticcia, il che aveva imposto per un
periodo il congelamento dei fondi regionali, anche a chi ne aveva bisogno per davvero. Ma è la
prima volta che fra l’amministrazione cittadina e la polizia economica dello Stato si struttura un
patto che supera la filosofia dell’occasionalità e che prevede, fra le altre cose, anche dei corsi di
formazione antievasori che i finanzieri terranno ai funzionari della Ragioneria comunale, affinché
questi ultimi siano preparati a preselezionare all’occorrenza le dichiarazioni Isee compilate da dei
possibili “furbetti”. Il protocollo insomma è un “do ut des” che si sostanzia nella possibilità, da
parte delle Fiamme gialle, di attingere potenzialmente ad oltre 35mila Isee (ché tanti sono i nuclei
familiari che ogni anno fanno richiesta di contributo comunale) da incrociare eventualmente con le
dichiarazioni dei redditi, mentre il Comune può preconizzare di poter evitare sprechi di risorse
“dedicate” in una misura ben superiore a quei centomila euro dirottati con l’inganno dai finti poveri
nell’ultimo anno, perseguendo il principio su cui si fondano coesione e giustizia sociale. «Questa è
una città d’eccellenza in fatto di erogazioni sociali in favore delle fasce più deboli», ha osservato il
generale Padula ricordando, come si legge in un apposito comunicato diffuso da Municipio e
Fiamme gialle, che il Comune di Trieste è al primo posto in Italia per spesa sociale pro-capite e per
la spesa per i nidi e al sesto per la spesa per servizi legati all’istruzione come mense e trasporti. E
proprio per questo, ha aggiunto il comandante della finanza, lo stesso Comune è in possesso di un
patrimonio «straordinario» di informazioni utili a combattere «l’iniquità sociale» e a far rientrare
nelle casse dell’erario ciò che in una prima battuta era sfuggito ai suoi radar. È il caso, tra gli altri,
oltre ai 25 esenti ticket che non lo dovevano essere, della falsa nullatenente triestina scoperta
clamorosamente a fine estate: viveva in una casa Ater e non aveva dichiarato averi e conti correnti
per quasi un milione e mezzo. Dipiazza si è detto «convinto che la guardia di finanza farà un ottimo
lavoro affinché le risorse vadano alle persone meno abbienti e non a quelle più furbe», mentre Rossi
ha promesso che, «dato il momento critico attraversato oggi da molte famiglie, lavoreremo in questa
fase di bilancio per ampliare tali risorse».
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La Provincia lascia 50 milioni in eredità (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
di Francesco Fain - L’ha chiamato “tesoretto”. In realtà sarà un tesoro vero e proprio. La Provincia
chiude e lascia in eredità circa 50 milioni di euro. «Ventisei - ha spiegato ieri il presidente
Gherghetta - sono il frutto dell’avanzo di amministrazione. I restanti fanno parte della partita Apt,
l’Azienda provinciale trasporti». Ieri pomeriggio, si è riunito il Consiglio provinciale. Per l’ultima
volta («Almeno per ora. La vita riserva sempre delle sorprese», ha osservato il presidente). Lo start
era fissato per le 15 ma, alla fine, i lavori sono iniziati mezz’ora dopo. In aula, si respirava un po’ di
emozione. Ma a prevalere, ormai, era la rassegnazione per la chiusura dell’ente intermedio.
Gennaro Falanga, presidente del Consiglio provinciale, ha accolto la proposta di dedicare un minuto
di raccoglimento alle donne vittime di violenza. Poi, è stata la volta di un incontenibile Gherghetta.
«L’ho sempre detto e lo ribadisco pure oggi: chiudere le Province è stato un errore. Questo ente
svolgeva funzioni di “area vasta” e lo si è voluto cancellare. Ed è una iattura anche avere dato vita a
due Unione territoriali intercomunali (Uti). Questo territorio, già piccolo, ha bisogno di essere unito,
altrimenti non si va da nessuna parte». Il bilancio di due mandati Ma il Consiglio di ieri è servito
soprattutto per tirare un bilancio non solo dell’ultimo mandato ma dei due a guida Gherghetta. «In
questi anni siamo riusciti a realizzare il 95% del programma di mandato 2011-2016 e mi sembra un
ottimo risultato. L’indebitamento è stato ridotto notevolmente e ammonta oggi a 10 milioni e mezzo
di euro reali. Inoltre, mi piace sottolineare che all’Oscar nazionale del bilancio siamo stati per
quattro volte finalisti e in un’occasione vincitori. Questo conferma quanta trasparenza abbiamo
messo nella nostra attività: a riprova di quanto dicendo il nostro sito Internet è stato il primo ad
ospitare foto, video, i link di Facebook». Gherghetta, per non perdere il filo, aveva elaborato prima
della seduta consiliare un veloce resoconto dell’attività per punti: 166 in tutto. E ha ricordato la
realizzazione di circa mille progetti «grandi e piccoli», più di 250 giunte aperte, più di 80 giunte
itineranti, il 14mo posto in Italia per “velocità nei pagamenti”, i 50 progetti europei e di
cooperazione decentrata passando per la promozione turistica dell’Isontino, la sistemazione della
Casa per ferie di Bagni di Lusnizza, l’iniziativa “Libri in libertà” (più di 30mila libri liberati sul
territorio con il Book-crossing), Overnight, la nascita del Forum giovani e le tante iniziative in
favore del lavoro, del welfare e dei giovani. Stoccata al Comune Non è mancata la stoccata al
Comune di Gorizia. Anche se Gherghetta non l’ha mai citato. Ad un certo punto, ha voluto
ricordare la realizzazione della tendopoli provvisoria di via Brass per dare accoglienza ai richiedenti
asilo. «Un’iniziativa che andrebbe bene pure oggi. L’abbiamo messa in piedi quando altri non
sapevano nulla di immigrazione. La situazione che si è venuta a creare oggi coincide con il
fallimento dello Stato». Ma Gherghetta ha voluto ricordare anche il grosso lavoro in campo turistico
con “Carso 2014”. «Senza dimenticare il marketing del Collio e la realizzazione di una rete di piste
ciclabili importante». Alle associazioni ai cittadini sono stati elargiti, in questi anni, qualcosa come
15 milioni di euro sino a passare ai 60 milioni impiegati nel campo delle opere pubbliche.
«Venticinque milioni sono stati destinati all’edilizia scolastica - ha ricordato il presidente - mentre
10 sono serviti al miglioramento dell’impiantistica sportiva. Il resto delle risorse sono state
utilizzate per migliorare la viabilità: oggi le nostre strade sono come il telo di un tavolo da biliardo».
Il campo ambientale Gherghetta ha dedicato un focus alle tematiche del campo ambientale.
Partendo dalla raccolta differenziata. «Al nostro arrivo era a quota 50 per cento, oggi abbiamo
raggiunto il 66%. Significa che è aumentata la coscienza ambientale e un pizzico di merito è pure
della Provincia. E non dimenticherei il grosso lavoro che ha portato alla chiusura della discarica di
Pecol dei Lupi». Infine, i fondi ai privati per lo smaltimento e la bonifica della “fibra killer”,
l’amianto. In questi anni sono arrivate 500 richieste di contributo. «Un grande risultato», la
conclusione di Gherghetta.
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