Messaggio per la Santa Pasqua

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MESSAGGIO DEL VESCOVO ALLA DIOCESI
IN OCCASIONE DELLA SANTA PASQUA 2013
Carissimi,
celebrare la Pasqua è come piantare un nuovo albero, un gesto di speranza e di fiducia nel futuro.
Così fa il Signore con noi di anno in anno. Egli pianta e ripianta nel terreno della nostra vita l’albero della
croce da cui scaturiscono la sua parola e la sua grazia, confidando che possa crescere in noi e portare frutti di
opere buone. Sì, celebrare la Pasqua significa celebrare la fiducia che Dio ripone nei suoi figli, offrendo loro
un sempre nuovo inizio in Gesù morto e risorto: In lui, vincitore del peccato e della morte, l’universo risorge
e si rinnova, e l’uomo ritorna alle sorgenti della vita (Liturgia). L’universo risorge: dal giorno della
risurrezione di Gesù la storia dell’umanità è storia di grazia e, se pure persistono cattiveria e sofferenza,
povertà e violenza, il male ha perso il potere dell’ultima parola. L’ultima parola è già stata pronunciata ed è
una parola di bene, di pace e di salvezza: Dio … ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché
chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel
mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui (Gv 3, 16-17). E questa
parola va crescendo dentro i solchi della storia. Per questo, a Pasqua, l’uomo ritorna alle sorgenti della vita
che sono in Dio. Da qui la gioia, la luce e la solennità che accompagnano la Liturgia pasquale. Dalla Liturgia
questa gioia, questa luce e questa solennità devono riempire tutta intera l’esistenza dei cristiani come un
albero che davvero cresce e diventa più grande di tutte le piante dell'orto e fa rami così grandi che gli
uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra (Mc 4, 32). Quest’albero è la nostra vita e i rami sono le
nostre buone opere e gli uccelli del cielo sono fratelli e sorelle che trovano in noi un segno dell’amore di Dio.
Suoneranno gioiose le campane nella notte di Pasqua e quanti saremo radunati in chiesa vivremo un
sussulto di gioia, un momento di emozione nello Spirito. Ma chi è fuori? Qualcuno - penso ai malati, agli
anziani che non possono uscire di casa, a chi li assiste - vivrà forse nostalgia e preghiera. Altri invece
saranno infastiditi da quel suono, oppure resteranno indifferenti. Qualcuno forse si porrà una domanda.
Sarebbe bello che quel suono potesse portare speranza a tutti! E questo potrebbe effettivamente accadere se a
partire da quella notte ognuno di noi facesse suonare come campana gioiosa la propria generosità e bontà
attraverso gesti di vicinanza, di carità, attraverso anche solo la gentilezza di un saluto.
Ci sarà luce nelle nostre chiese a partire dal fuoco nuovo che divamperà per ridire che Cristo è
risorto. Le pareti del tempio non trattengano quella luce e quel calore: attraverso una nostra visita, un farci
presenti, un gesto di attenzione possa essa illuminare e riscaldare la solitudine di chi soffre, di chi è stanco
della vita. Anche così, con tanta semplicità e con altrettanta verità, si proclama che Gesù è davvero risorto!
La nostra Liturgia si vestirà di solennità per cantare la bellezza di credere in un Dio che è più forte
del male e della morte. Ma il nostro canto sarà perfettamente intonato ed armonioso solo nel momento in cui
la risurrezione di Cristo accadrà ancora nella vita di chi è povero e in difficoltà, di chi è lontano. La solennità
della Liturgia che canta la bellezza della risurrezione di Gesù si riflette nelle opere di misericordia: ho avuto
fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto,
nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi (Mt 25, 35-36).
Ecco come celebrare la Pasqua, ecco come far crescere e diventare produttivo quell’albero di gioia e
di grazia che è la croce gloriosa di Gesù e che Dio instancabilmente pianta in questo nostro mondo e in
questa nostra chiesa, nel cuore di ognuno di noi!
Buona e Santa Pasqua a tutti.
Franco, vescovo