Messaggio di benvenuto al Convegno regionale

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Transcript Messaggio di benvenuto al Convegno regionale

Cari Seminaristi delle Diocesi del Piemonte,
siate i benvenuti in Valle d’Aosta assieme ai vostri Superiori e ai vostri Vescovi presenti per
l’annuale Convegno. La comunità del Seminario di Aosta vi accoglie e ha cercato di preparare al
meglio affinché questa giornata di riflessione e di fraternità sia non solo piacevole ma anche
fruttuosa. Il vostro cammino e la vostra crescita umana e spirituale stanno a cuore a tutti i Pastori e
a tutti i Fedeli delle nostre Diocesi, come dimostrano la simpatia e l’attenzione che vi dimostriamo
in diverse maniere e la preghiera che sale incessantemente per voi e per nuove vocazioni
sacerdotali.
La Diocesi di Aosta è antica e condivide le origini eusebiane con le altre Diocesi della regione
subalpina, anche se poi per molti secoli la sua storia l’ha piuttosto legata alle vicende politiche ed
ecclesiastiche d’oltralpe dal momento che dall’ottavo al diciannovesimo secolo è stata suffraganea
dell’Arcidiocesi di Tarantasia. Solo dal 1828 la Diocesi di Aosta è suffraganea di Torino. Oggi mi
pare che i legami siano molto buoni: i nostri Seminaristi da alcuni anni frequentano la facoltà di
Torino e il nostro Seminario collabora strettamente con quello di Ivrea.
La nostra Chiesa, come le vostre, cammina tra le consolazioni di Dio e le persecuzioni del
mondo. Le persecuzioni sono oggi le difficoltà legate alla secolarizzazione della nostra società e
alla trasmissione della fede, alla diminuzione e all’invecchiamento del Clero. Le consolazioni sono
la certezza che Dio non abbandona la sua Chiesa, l’interrogarsi e il riavvicinarsi alla fede di un
certo numero di adulti, e poi voi, i Seminaristi, che siete anche un fiore di speranza che il Signore ci
offre.
Il tema che affronteremo insieme con la conferenza di padre Carmine Arice tocca un ambito
pastorale delicato ed importante per la nuova evangelizzazione: l’attenzione per i piccoli e per gli
ultimi tra i quali si collocano e si devono collocare gli ammalati dona verità e consistenza
all’annuncio. Scriveva il beato Giovanni Paolo II nella Novo Millennio Ineunte: È l'ora di una nuova
“fantasia della carità”, che si dispieghi non tanto e non solo nell'efficacia dei soccorsi prestati, ma nella
capacità di farsi vicini, solidali con chi soffre, così che il gesto di aiuto sia sentito non come obolo umiliante,
ma come fraterna condivisione. Dobbiamo per questo fare in modo che i poveri si sentano, in ogni comunità
cristiana, come “a casa loro”. Non sarebbe, questo stile, la più grande ed efficace presentazione della buona
novella del Regno? Senza questa forma di evangelizzazione, compiuta attraverso la carità e la testimonianza
della povertà cristiana, l'annuncio del Vangelo, che pur è la prima carità, rischia di essere incompreso o di
affogare in quel mare di parole a cui l'odierna società della comunicazione quotidianamente ci espone. La
carità delle opere assicura una forza inequivocabile alla carità delle parole (n. 50).
Ecco l’augurio che faccio a me e tutti i partecipanti al Convegno dei Seminaristi Piemontesi: che
possiamo imparare a vivere così!
Franco Lovignana
Vescovo di Aosta