Armando al Pantheon. La cucina romana oltre il

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Armando al Pantheon. La cucina
romana oltre il tempo.
CuDriEc
24 novembre, 2016
Armando al Pantheon. La cucina romana oltre il tempo.
“Come se fossi appena giunto a Roma,
e trovassi una immensa città sotto la pioggia,
con quartieri sconosciuti e inconoscibili,
di cui si sanno leggende”. (P.P. Pasolini)
E pesco a piene mani tra i versi di chi come me, ancorché di ben altra statura, è
forestiero a questa secolare città, per descrivere di Roma ogni bellezza e
contraddizione endemica.
Armando al Pantheon. La cucina romana oltre il tempo.
Lasciata alle spalle via del Seminario, nel Rione Pigna, il passo subisce un
rallentamento irriflesso. E non si tratta semplicemente di un cambio di calpestio,
sconnesso dai sampietrini ormai centenari. Questo è l’ingresso in un crogiolo di
idiomi e colori a cui non è mai assente una colonna sonora. Eppure, nonostante la
massa popolare, il brusio che ne deriva è sempre dimesso, quasi prostrato. È
indotto a muoversi in punta di piedi in una Piazza della Rotonda dominata da
quell’antichità che ha osato sfidare le regole della fisica e dell’architettura; ma
che non ha subito lo scorrere dei secoli, né il timore di ospitare le religioni che vi
si sono succedute.
Piazza della Rotonda e sullo sfondo il Pantheon. Foto: TV2000
Roma è spesso luogo conosciuto, ma impenetrabile; come una bella cartolina
ridotta a due uniche dimensioni spaziali. La sua anima più vera, la sua terza
dimensione, resta celata nei rioni, nella luce che li attraversa, nelle trattorie che
custodiscono fedeli le ricette di piatti che furono. In quei templi del bere e del
mangiare che tanto raccontano e tanto sono stati raccontati.
È a pochi metri dal Pantheon, in Salita de’ Crescenzi, che una parte di quel
racconto si svela: lì c’è Armando al Pantheon.
L’entrata dello storico Armando al Pantheon. Foto: Armand oal Pantheon
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Claudio Gargioli ne è il cuore pulsante. Cuoco appassionato, scrittore, autore
teatrale; studioso e conoscitore della cucina di Apicio, che già nel I secolo a.C.
riassumeva ricette di piatti e salse tipiche dell’Antica Roma. Claudio Gargioli,
insieme al fratello Fabrizio, sommelier e suo alter ego in cucina, ha saputo
raccogliere l’eredità del padre Armando, che fondò l’omonimo ristorante nel
1961. Quell’eredità i due fratelli hanno saputo rinnovarla, come colonne portanti
di un Pantheon tutto familiare, capaci di dare voce e spazio ad una nuova
generazione Gargioli, rappresentata in sala da Fabiana, sommelier intuitiva e dal
sorriso contagioso.
Armando al Pantheon. Da sx Fabiana Gargioli, Claudio Gargioli, Fabrizio Gargioli,
Mario Rinaldi. Foto: Andrea Federici Photographer
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Con 55 anni di storia alle spalle è inevitabile parlare di come è stato
Armando al Pantheon, dell’aria che si respirava in quegli anni. Quali sono
i suoi ricordi?
C: “Beh, Armando al Pantheon nasce come piccola bottiglieria. La cucina sempre
maiuscola; la tradizione romana rispettata in tutte le sue componenti. D’altra
parte la famiglia di mio padre sembra risieda a Roma dal 1700. Mia nonna e le
mie zie facevano della cucina una piccola arte. In fondo, all’epoca, poche erano le
distrazioni e nella tavola, dove la famiglia si ritrovava c’era contenuto tutto
l’amore, la storia, la gioia di stare insieme. Ecco, mio padre racchiudeva in lui
tutte queste cose e le trasmetteva ai clienti.
La cacio e pepe racconta la tradizione di Armando al Pantheon. Foto: Armando al
Pantheon
Che più che clienti erano amici, compagni, amanti della cucina e del buon vivere.
Certo, adesso un posto come era Armando al Pantheon sarebbe anacronistico:
segatura in terra, gatto di casa, clienti che fumavano e parlavano ad alta voce
come stessero al mercato. Certo non era il posto più tranquillo del mondo. Ma la
qualità del cibo. La simpatia. Il sentirsi a casa. Solo da “Armando” lo potevi
trovare. Ho scritto “Menù letterario tipico romano” proprio per rivivere certe
sensazioni e raccontare i miei ricordi. E’ stato bello. Unico”.
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Sono tanti i personaggi che hanno mangiato qui, da Dario Fo a Jean Paul
Sartre a Baricco. Chi le ha lasciato i ricordi più importanti?
C: “Questa domanda la passo direttamente al mio libro. In lui sono racchiuse tutte
le risposte”.
La sala interna dell’Armando al Pantheon. Foto: Armando al Pantheon
Fabiana, chi è e come è Claudio Gargioli?
F: “Papà l’ho sempre visto come un personaggio un po’ buffo, un po’ fantasioso,
ma anche molto concreto. Un uomo dalle mille anime. Fino a 10 anni credevo che
fosse uno scrittore: d’altronde lo vedevo sempre seduto alla sua Olivetti a
scrivere. Il ristorante per me era il lavoro di nonno. Papà è un sognatore che ti
spinge a sognare, ma ricordandoti di stare con i piedi per terra. Poi ha anche una
sua vena insolente; mi ricorda molto una frase del film La Grande Bellezza: “La
più consistente scoperta che ho fatto pochi giorni dopo aver compiuto 65 anni è
che non posso più perdere tempo a fare cose che non mi va di fare”.
Un gesto d’affetto tra i due fratelli Gargioli. Foto: Armando al Pantheon
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E alla stessa domanda cosa risponde Claudio Gargioli? Scrittore, chef,
drammaturgo. Chi è davvero?
C. “ A volte ho dei dubbi anche io sulla mia identità. Amo scrivere; molto,
moltissimo. Amo cucinare, riscoprire la storia, attualizzare le ricette antiche.
Stupire nel ricordare alla gente che è già stato tutto fatto. Ogni piatto, anche
quello che sembrerebbe più moderno, ha un’origine, una storia. E’ proprio questa
cosa che fa di una ricetta, un mito. Perché nel mito ci muoviamo; nel ricordo
archetipo, ancestrale, che ci risveglia a sensazioni provate nella nostra memoria
antica, nascosta. È questo che amo nel mio mestiere, nel mio essere. Io sono uno
scrittore che per hobby fa lo chef”.
“Menu letterario tipico romano”, scritto da Claudio Gargioli. Foto: Armando al
Pantheon
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Oggi si parla di cucina ovunque e il cibo è l’attrattiva massima degli
stranieri che guardano al bien vivre italiano; ma secondo lei quale è il
futuro della cucina italiana?
C. “La cucina italiana è una grande cucina. Credo che il territorio sia il suo
segreto. Un territorio variegato, un Paese che si è riunito in Nazione solo poco più
di un secolo fa. Tanti staterelli, tante cucine, tante abitudini territoriali. Una
natura bellissima da cui attingere a mani basse. Diamine, solo noi in Italia
abbiamo la fortuna di usufruire di queste grandi risorse. Poi noi Italiani siamo
fantasiosi, intelligenti, allegri. Ecco, io credo che, qualsiasi cosa potrà esserci nel
piatto del futuro, sarà condito con la fantasia e l’allegria”.
La trippa, ricetta tipica della tradizione culinaria romana. Foto: Armando al
Pantheon
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Cosa pensate di questo momento mediatico in cui essere chef si è ridotto
ad essere personaggio televisivo?
C. “Ognuno è quello che si sente di essere. Io sono un cuoco. Qualche volta la mia
vanità mi ha fatto apparire anche come chef televisivo, ma io amo essere un
cuoco. Un artigiano dentro la mia cucina. Degli altri non posso, né voglio dare
giudizi”.
F. “Quando vedo queste trasmissioni mi viene l’ansia: “Con questi quattro
ingredienti fammi un piatto in venti minuti”. Mi sembra una politica basata solo
sull’estetica. E’ come al mercato, dove la gente compra le mele più rosse, senza
chiedersi nient’altro. In realtà questo è un lavoro duro. A monte c’è una selezione
decisa e scelte che sono importanti”.
Quindi gli chef televisivi non ti piacciono?
F. “Dipende. Quando va in televisione, starei ore a sentir parlare Massimo
Bottura”.
Massimo Bottura, premiato come miglior chef al mondo. Foto da web
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Domanda “difficile”: Gambero Rosso. Quest’anno non c’è stata la
riconferma dei tre Gamberi. Vi siete dati una spiegazione?
C: “Posso glissare? Francamente non lo so perché ci hanno tolto un gambero.
Avranno avuto le loro ragioni. Speriamo di riguadagnarcelo il prossimo anno”.
F: “Spero solo abbiano tenuto presente la scelta e la tradizione che con fatica
portiamo avanti qui dentro. Armando è un trattoria. Sì, ci sono tovagliati e calici
da degustazione; ma è una trattoria storica, contraddistinta da sempre da una
severa scelta delle materie prime e da una cucina autentica. La tradizione non si
ferma ai piatti. Per stare in sala da noi dovresti prima conoscere i film di Magni e
di Sordi, come in Nome del Popolo Sovrano… poi viene il resto”.
Forchette, Gamberi, Bicchieri e Cocotte, la nuova edizione della guida Gambero
Rosso. Foto: Francesco Vignali Photography
Fabiana, come è contemplata la carta dei vini in quella che tu definisci
una trattoria?
F: “Con oltre 200 etichette. Vorrei dargli una bella limata e virare verso referenze
meno conosciute per caratterizzare ancor più la nostra selezione. Oggi a fare il
vino sono bravi tutti. Devi essere tu a scegliere e a capire se chi ha fatto quel vino
è un imprenditore, un contadino o una famiglia di vignaioli da venti generazioni. I
vini non devono essere “appiattiti” in cantina. Se ad oggi avessi la possibilità di
visitare tutte le aziende che ho in carta, sono certa che qualcuna la toglierei
sicuramente”.
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Se ne aveste la possibilità, chi nominereste oggi ministro del cibo?
C. “Il ministro del cibo per eccellenza? Voglio essere un po’ blasfemo: Papa
Francesco”.
Perché?
“Non lo so. Mi ispira. E forse lui non cadrebbe nella tentazione del peccato di
gola”.
La selezione degli ingredienti, per qualità e tipicità, è la forza di Armando al
Pantheon. Foto: Armando al Pantheon
E mentre un Gabriele Bonci sembra cogliere i favori della sala, si esprime in
maniera diversa la terza generazione Gargioli. Per Fabiana, Roberto Liberati,
della storica bottega romana, potrebbe essere un ottimo moderatore, ma dalla
grande sostanza. “Anche perché degli attuali uomini politici non ho molta
fiducia”.
Claudio, ultimissima domanda. Dove consiglierebbe di andare a mangiare
a Roma, escluso l’Armando ovviamente?
C. “Ho diversi amici in giro. Ma non posso fare torto a nessuno. I nomi? Me li
tengo per me”.
di Raffaele Marini