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Viaggio n. 36 DL NEWS VOL IX
DL NEWS
economia storia attualità
Foglio telematico a cura di Decio Lucano 21 novembre 2016
La lettera del Capitano stanco- Professione navigante del precedente
DL NEWS n. 35 è stata ripresa da vari siti ( ce ne sono milioni), blog,
Facebook senza citare la fonte DL NEWS. Peccato, la prassi corretta
vuole il riconoscimento del lavoro altrui ; ma è stata sicuramente una
“svista “ in buona fede da chi l'ha “ postata “ assicurandone anche la
massima diffusione. Per noi è la dimostrazione che il nostro foglio di
contenuti senza immagini che pubblichiamo ormai dal 2008 , dopo aver
ceduto TTM , il web e l'agenzia diffusione e comunicazione, sta sempre
sulla “ notizia “, denunciando soprattutto le difficoltà oggettive di chi
lavora sul mare e l'indifferenza ormai cronica di chi stabilisce e
coordina la normativa professionale dei naviganti .
Decio Lucano
DL NEWS é ospitato nel profilo Facebook del dottor Stefano Briata, storico dell'arte ed esperto
antiquario, al www.facebook.com/briata stefano e facebook.com/dlnews2008/ Sono graditi i
commenti agli articoli nella pagina DL NEWS, scriveteci se siete già in Fb.
Una scuola che pochi conoscono in una città di mare
GENOVA . In occasione del bicentenario dell'istruzione nautica 1816-2016 sono stati
pubblicati alcuni ottimi testi che riguardano le realtà locali ( che fanno testo ) , come Genova,
Camogli, Imperia. Al momento non riceviamo da altri istituti testimonianze letterarie. A
Genova, di questa scuola nonostante tutte le picconate date dalle varie riforme per
smantellarne la struttura tradizionale storica e tecnica , esiste un saldo nucleo, l' Associazione
ex allievi e docenti del Nautico San Giorgio (così chiamato e che chiameremo sempre), che
quest'anno hanno organizzato insieme al Collegio Capitani lc e dm, una serie di
manifestazioni: dal Premio San Giorgio, ex Targa Attilio Traversa e Targa Guglielmo Levi , a
incontri e dibattiti sulla formazione per il futuro diplomato ( segue lettera della nostra
collaboratrice ). Festeggiamenti e ricorrenze , a cui si è aggiunta la commemorazione della
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tragedia della London Valour (1970 ) per coinvolgere le istituzioni come la Capitaneria di
Porto e i benemeriti Vigili del Fuoco, oltre a piloti e rimorchiatori che in quella circostanza
diedero prova di eccezionale coraggio e bravura professionale. Ne parleremo ancora, appena
riceveremo contributi scritti che abbiano spessore intellettuale. Intanto registriamo la
pubblicazione di due volumi, Il mio Nautico , storia dell'Istituto Nautico di Imperia, allievi e
docenti ricordano, editore CLD Libri, di Flavio Serafini, 432 pagine , un volume di gran classe
, carico di storia e di testimonianze , fotografie, documenti e un libretto più modesto ma dal
peso morale e intellettuale identico intitolato I 200 anni dell'istruzione nautica statale a
Genova a cura di Virgilio Bozzo e Armando Fiioravanti, edito dall' associazione ex allievi e
docenti dell'I.T.N. “ San Giorgio “- Genova. Un utilissimo testo ( 64 pagine ) di storia e di
ricerca che praticamente sono tratte dal libro La storia dell'Istituto Nautico San Giorgio di
Genova, due edizioni, curato da Bozzo e Fioravanti, 390 pagine, un'enciclopedia
dell'istruzione nautica. Leggendo l'ultimo numero di A&B Atti e Bollettino di informazione
degli Ordini degli Ingegneri della Liguria , trovo un “viaggio”nella scuola politecnica di
ingegneria/architettura di Genova nella storica sede di Albaro, una esaustiva disamina sugli
orientamenti professionali di questa scuola superiore che preparava i macchinisti navali
nell'800 . Un certo numero di diplomati nautici negli ultimi decenni si sono laureati in
ingegneria meccanica o navale . Una università con quattro dipartimenti , 2 poli decentrati, 30
corsi di laurea ( 11 triennale, 19 magistrale), 7000 studenti, un migliaio di laureati l'anno con
cui però non vi è stato mai un dialogo didattico propositivo con l'Istituto Nautico. Bisogna “
attraccare “ a Napoli all'università Parthenope per vedere uscire da questa scuola
diplomati/certificati ufficiali della marina mercantile. Che dire, il cammino deve essere lungo,
ognuno sta nel suo carruggetto . L'ing. Corradino Ciampa e i suoi collaboratori, che negli
anni '80/'90 avevano presentato un documentato studio per un percorso di collaborazione
Nautico/Università, non sono stati ascoltati. Forse era troppo presto, oggi con tanti corsi di
laurea, crediti formativi, triennale sarebbe stato più facile approdare a un completamente
diploma/laurea per lo studente del Nautico ed equiparare il diploma con gli altri paesi
europei. Materia che presuppone l'impegno di docenti ed esperti con il Miur e il Mit sui tavoli
della burocrazia e delle buone intenzioni. Ma la formazione di un buon capitano è un
processo professionale che nasce da un buon Nautico e dalla esperienza sul mare. ( DL )
L'Accademia e i Capitani coraggiosi
Buon giorno caro Decio, le mando un paio di impressioni sulla conferenza di mercoledì scorso
( Genova, Quale formazione per il futuro diplomato, Porto antico, 16 novembre )
La preside del Nautico San Giorgio, Angela Pastorino, lo ha chiamato un momento di
insegnamento scolastico fatto fuori dai banchi, in realtà, a mio avviso, senza togliere nulla alla
brava dirigente, è stato uno dei tanti pacchetti pronti già confezionati e ben indorati che
troppo spesso ci propinano.
Iniziando da quelli che sono stati definiti "capitani coraggiosi" : Elia Congiu, direttore HR
per MSC crociere e Neil Palomba, direttore generale di Costa Crociete. due uomini che hanno
cantato le lodi di se stessi attraverso slide e lunghi discorsi sull'apprendimento e l'importanza
di una formazione continua. (Entrambe le società vantano centri di formazione personali).
Non sono stati discorsi aperti ad un eventuale dibattito, non si è parlato di strade concrete e
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modi per iniziare la carriera con loro (Palomba ha subito detto che loro attingono personale
dall'Accademia e hanno assunto dal 2005 ad oggi "ben" 235 ufficiali di coperta e 198 di
macchine : è stato solo una vetrina dove sono comparsi Congiu e Palomba, così bravi, da
ricoprire oggi cariche così importanti.
"Mi raccomando - ha detto la dirigente dell'Istituto Nautico - dobbiamo fare tanta alternanza
scuola/ lavoro". L'Accademia ,si sa, può ospitare solo un certo numero e previo concorso di
candidati ai corsi ben strutturati. Ma gli interventi migliori sono stati quelli di Eugenio
Massolo ,, Presidente Accademia Marina Mercantile e Carlo Podenzana Bonvino.
Il primo si è “venduto” l'unificazione tra esame ITS e esame abilitante in Capitaneria.
Il secondo addirittura ha parlato di laurea breve professionalizzante in scienze nautiche così
strutturata: prima parte degli studi in università, seconda parte in accademia e la terza parte
prevede gli imbarchi (4 mesi). Il tutto con la speranza che parta già dal 2017.
L'Accademia dunque è dentro al percorso universitario...........
Ottimo invece l' intervento di Giovanni Lettich , Presidente Collegio Capitani Marittimi che
ha parlato di formazione obbligatoria evidenziando due aspetti.
1) cosa si intende per formazione: non è certo quella della corsa contro il tempo per
rinnovare le certificazioni già in possesso dei marittimi!
2) la formazione ha un costo notevole: quindi occorre stabilire chi si accollerà le spese della
formazione ( a questo proposito era uscito anche un articolo sul Secolo XIX )
Ad ogni modo il comandante Lettich è stato l'unico personaggio/ relatore vero e concreto che
ha detto cose utili per i marittimi di oggi.
Gianna Camalich
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Replichiamo una importante lettera di Ferruccio Repetti
ENZO MAIORCA, L'IMMERSIONE PIU'PROFONDA
“...Non si può battere , è troppo forte per noi, noi siamo piccoli uomini, lui è
immenso...” ( E.M. )
All'amico Ferruccio, perchè l'amicizia non dipende dalla frequentazione
( E.M. )
La morte del grande apneista Enzo Maiorca, 85 anni, mancato qualche settimana fa mi ha
lasciato addolorato. Volevo scrivere quanto fossi dispiaciuto di questa notizia, di quanto ho
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apprezzato carattere, umanità e integrità morale di quest'uomo figlio della sua terra , la Sicilia.
Un atleta del fisico ma anche dello spirito, il cui insegnamento non è mai stato esplorato
abbastanza come lui esplorava le profondità del suo mare , nel rispetto della vita e della morte
che il mare protegge o ghermisce con tutte le sue creature che devono essere protette dall'uomo
sempre più distruttore.. nonostante il progresso tecnologico . Ma l'amico giornalista Ferrucciio
Repetti mi ha preceduto, ed ecco la sua testimonianza che pubblichiamo condividendo il suo
pensiero totalmente. ( DL )
“All’amico Ferruccio, perché l’amicizia non dipende dalla frequentazione”: me l’ha scritto di
suo pugno lui, Enzo Maiorca, nella prima pagina bianca del libro “Il Mare con la M
maiuscola”. E’ vero, e sarà sempre vero, il principio: per noi come per altri che scelgono – una
scelta di vita! – di incontrarsi e frequentarsi con la mente e con il cuore, anche a mille miglia
di distanza, piuttosto che ricorrere ai succedanei dei “social”, sms, whatsapp, facebook e
compagnia twittante.
Non che lui fosse un retrogrado, per carità! Anzi: Vincenzo, detto Enzo, da Siracusa, classe di
ferro 1931, ha cercato e coltivato sempre la Comunicazione, nel suo significato più vero, fin
dai tempi dei confronti – sbagliato parlare di “competizioni” - con Santarelli, poi con Majol, e
poi soprattutto con se stesso, per la supremazia nel grande blu profondo, i record di
immersione in apnea, -45 metri, poi sempre più giù. Cioè, sempre più su: più su nel rispetto
della Natura, più su nella conoscenza dei limiti, più su, sempre più su nella sperimentazione
scientifica e nell’Amore vero per il Mare.
Quel mare che -- Decio Lucano e Ferruccio Repetti, all’unisono, nella prefazione del libro “Il
Mare e l’Uomo-Lettere ai marinai di Vittorio G. Rossi” – per Enzo “non si può battere, è
troppo forte per noi, noi siamo piccoli uomini, lui è immenso”. Ecco la sua costante
Comunicazione, rivolta ai giovani di età e di spirito, tramite i libri, le conferenze, l’esempio: il
mare, tu lo devi amare e rispettare, e quindi anche temere, per poterne apprezzare i doni e
sopportarne quello che ti prende, in nome delle leggi di natura che a volte possono sembrare
spietate, ma sono “solo” e sempre autentiche, chiare, didascaliche (s’intende: per chi le vuol
capire…).
Ora che se n’è andato, Enzo, per la sua immersione più profonda, non si possono dimenticare
le tante lezioni che ci ha lasciato. Sì, certo, innanzi tutto quelle del suo rapporto con il mare e
con la gente di mare, in particolare con i suoi amici di Ognina: Ventidue, “compagno di mille
avventure”, Refola, Gionni Tuppetto, lo zio Jano Randafloscia, Tatai Tagliamare, immortalati
– o meglio, scolpiti nel corallo più prezioso – sulle pagine del suo ultimo volume: “L’ultima
emersione-Il ritrovamento del sommergibile Veniero” (Mursia). E poi ci sono, fondamentali,
le lezioni di vita: la difesa dell’ambiente (strenua, fra le altre iniziative, la battaglia a favore
della riserva marina del Plemmirio); la lealtà nei confronti degli amici, pesci compresi (per
“colpa” dei quali aveva abbandonato la pesca subacquea ed era diventato vegetariano); la
reazione, ferma eppure mai scomposta, nei confronti di ciò che considerava uno
stravolgimento dei fatti (da qui la polemica per il film Le Grand Bleu del regista Luc Besson);
il suo rapporto con la famiglia, con le figlie Patrizia e Rossana, entrambe primatiste di
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profondità in apnea, di cui parlava con orgoglio e, per Rossana, scomparsa prematuramente,
con la disponibilità e l’attenzione che si dedica a una persona ancora e sempre in vita. Come
se il distacco, per quanto doloroso e incolmabile, fosse comunque da accettare e sopportare
per quella “solita” legge di natura che nel Mare trova manifestazione piena ed espressione
sublime. Già, la famiglia: Enzo era il personaggio pubblico, energico, eloquente,
comunicativo. Ma a chi gli è stato vicino indicava lei, Maria, la sua compagna di vita, come la
vera guida, la timoniera della barca della vita, in grado di segnare la rotta per navigare in
mezzo ai marosi senza mai finire sugli scogli. “Si suole dire che nella vita di un uomo sia
importante il primo amore perché non si scorda mai. Nulla di più falso! E’ importante
l’ultimo amore perché è quello che ognuno porta con sé nella sua vita animica. A Maria,
dunque, il mio primo e ultimo amore”.Un’altra Lezione con la L maiuscola, da parte di chi,
come Enzo, guardava al Mare senza mai dimenticare l’Uomo.
Ferruccio Repetti
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Una corrispondenza con Flavio Scopinich
LO SQUALO BIANCO NEL MEDITERRANEO E LE BARCHE
D'EPOCA DI MOSCENICKA DRAGA
Gli squali mi hanno sempre interessato e fatto paura , forse è la paura dell'inconscio, il mare
profondo inaccessibile dalla superficie, forse i racconti dei miei parenti di Ika in Istria ( vicino
a Fiume ) mi hanno impressionato quando raccontavano degli attacchi a bagnanti nelle
profonde acque ( sottocosta ) del Quarnero di questi animali quasi mitologici. Sapevo che gli
squali in genere seguono i tonni e che nel Quarnero trovavano profondità e tonnare dove
cacciare queste bestie prelibate. Nel 1954 a Camogli fu pescato un grande squalo bianco nella
tonnara che esiste ancora e nel 2010 al largo di Savona il ritrovamento della carcassa di un
cetaceo rivelò agli attenti biologi i segni dei morsi inferti sul corpo dell'esemplare , morsi di
verdone e morsi inconfondibili dello squalo bianco. Segno della sua presenza nel Golfo Ligure
.Nel giugno del 2010 la Rivista Marittima di settembre uscì con un supplemento di 120 pagine
curato da Alessandro de Maddalena, dedicato allo squalo bianco del Mediterraneo. Altri
episodi nelle acque toscane dimostrano come la presenza di questi cacciatori, pericolosimper
l'uomo, è diffusa, ma in particolare mi interessava la costa davanti a Fiume . Nel 1968 ad
Abbazia località turistica amena e storica perchè meta preferita dagli Asburgo, vidi sulla
spiaggia davanti ad un grande albergo le reti antisqualo , un sistema dissuasivo sia per i
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cacciatori che per i bagnanti... Ma sembra che qualcuno anni dopo a cui ho chiesto maggiori
informazioni non ne sapesse nulla, eppure se andate in Internet troverete tanta
documentazione sulle rotte degli squali lungo l'itinerario dei tonni in quelle acque e anche
attorno all'Istria fino al golfo di Trieste. L'ultima volta è stato quest'anno , quando ho chiesto
al mio caro amico ingegner Flavio Scopinich se ci sono ancora le reti antisqualo nel golfo del
Quarnero. Flavio si trovava a Fiume per il suo lavoro e poi la sua origine di Lussino ne
garantiva una conoscenza sicura del problema che gli avevo posto.
“Che io sappia questa notizia mi giunge nuova- mi rispose - Attualmente, io faccio il bagno
tranquillamente a Moschenicka Draga 10 Km. a sud di Abbazia, e non ho mai visto tali reti. Solo
avvistamenti di Delfini lungo la costa, e nella baia di Buccari ci sono solo le scalette per
l'avvistamento dei tonni”.
In compenso Scopinich mi inviò una splendida descrizione di imbarcazioni d'epoca , un
reportage che sembra venire dal lontano passato e c he lui ha fotografato inviandomi anche le
immagini, che non metterò in questo viaggio n. 36 , ma che come le ha descritte Flavio
sembrano saltare sull'acqua vive e ben governate, con descrizione talmente minuziosa e chiara
che te le immagini sfilare davanti agli occhi. La fotografia nelle parole e l'immaginazione.
E mi scrive: “ Sono contento che il mio reportage ti sia piaciuto, ho avuto modo di unire le mie
principali passioni per: Il mare, La vela, La fotografia e la storia delle costruzioni navali”. ( DL )
IN UN PICCOLO VILLAGGIO DI PESCATORI ALLA RICERCA DELLE BARCHE DEL
PASSATO RIVISITATE DA UN OSSERVATORE DI ECCEZIONE E DI TRADIZIONE DI
FAMIGLIA SULLA RIVIERA QUARNERINA
di
Flavio Scopinich
In questa settimana sono rimasto “Single” in quanto Hyun-Ju e’ andata a fare un giro per
l’Italia con Furio ed alcuni nostri amici coreani che erano con noi a Jakarta. Considerando che
questo sabato non avevo tanto da lavorare mi sono concesso un po’ di relax e sono andato a
“Moscenicka Draga”, un piccolo villaggio di pescatori, molto popolare a Fiume, per la sua bella
spiaggia.
Spiaggia attrezzata di “Moshenicka Draga”
Dato che la fortuna aiuta gli audaci e le persone per bene, mi sono trovato nella felice
situazione di potere assistere ad una regata a vela, dove diversi tipi di antiche e tipiche barche
istriane armate di vela latina, si sfidavano su un breve percorso, lungo la costa prospiciente
“Moscenicka Draga”.
Regata di barche “vintage” di fronte alla spiaggia di “Moscenicka Draga”
Non capita sovente di potere assistere a regate di queste barche “Vintage”, ho avuto quindi la
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fortuna, passeggiando per il porticciolo, di potere osservare da vicino, ed in poco spazio, una
ampia panoramica di modelli caratteristici, quali: Gozzi, Passere, Gozzi di Laurana, Tartane e
Battane; potendo constatare piacevolmente di persona, che quando hai il mare “nel sangue”
(sarà colpa del DNA?), il tempo non passa mai, ma anzi, per i fortunati possessori di tali
barche, la passione “aumenta” con il passare del tempo.
Gruppo di barche “vintage” all’interno del porticciolo di “Moscenicka Draga”
Sperando di farvi piacere, cercherò di illustrare le caratteristiche peculiari, e la storia, di
queste barche “Vintage”, ( Flavio ci aveva mandato anche le foto, ma la sua descrizione sembra
farle vivere sotto gli occhi , DL ) che sono accomunate dal potersi muovere anche a vela, pur
non disponendo di una chiglia pronunciata (oppure di una deriva), atta ad annullare lo
“scarroccio” della barca, quando naviga con il vento al traverso o di bolina.
Cominciamo dal “Gozzo” che è una barca dalle linee appuntite a prua e poppa, a volte è
anche dotata di un piccolo ponte di coperta. In Istria le barche piccole sono completamente
aperte senza il classico ponte, ma solamente con un piccolo riparo/ripostiglio ricavato a prua,
mentre quelle più grandi sono dotate di un ponte, ma solo parziale, a prua.
Piano di costruzione di un “Gozzo”
All’origine i gozzi erano con propulsione a remi, poi furono dotati di una vela latina, ed alla
fine dei giorni nostri, il motore ha fatto fare al gozzo il “Salto di qualità ”.
Questa imbarcazione era principalmente destinata alla pesca, al trasporto di persone e di
merci, ed in alcuni casi per potere veleggiare per diporto.
Gozzo
Così come in Liguria si possono distinguere 2 tipi diversi di Gozzo, (quello di Levante e quello
di ponente) diversificati per il tipo di poppa più o meno slanciata; anche in Istria si possono
distinguere quello del Quarnero e quello di Abazia.
Il Gozzo del Quarnero, fino ad oggi è quello meglio conservato ed utilizzato, lungo il litorale
quarnerino della Liburnia; questo gozzo è privo di ponte e le sue linee di prua e di poppa sono
meno appuntite di quello classico. All’origine era fondamentalmente usato per la pesca, e per
questo motivo è caratterizzato da uno scafo esile dalle linee sottili nella parte immersa.
Il Gozzo di Abbazia, è nato con lo sviluppo del turismo, quando fu utilizzato per attività
ricreative, e come mezzo di trasporto di persone di un certo rango e turisti, per questa ragione
aveva una forma specifica e ben riconoscibile.
La Passera
Un po’ più lunga del Gozzo ma dotata di una poppa a specchio, la “Passera”, è una piccola
barca con una prua dalla forma slanciata con linee più o meno curve dello scafo. Questa barca
ha una poppa più larga ed è adatta al trasporto di merci o di persone, ma anche alla pesca.
Passera a motore “fuoribordo” Passera a motore “fuoribordo” e vela
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Secondo la zona di costruzione e l’utilizzo, questa imbarcazione cambiava aspetto e
funzionalità.
Le passere analogamente ai gozzi, potevano essere aperte o parzialmente dotate di ponte.
Quelle di piccole dimensioni erano governate da remi mentre le più grandi erano a vela. Più
tardi vennero introdotti i motori. ed è per questo motivo che la linea di poppa venne via via
modificata, assumendo una forma più “piena”.
Per delle escursioni in famiglia, si costruivano delle passere di dimensioni maggiori, dotate di
piccole cabine e tughe a misura d’uomo, con dei letti a prua ed in alcuni casi addirittura con
un piccolo cucinino per aumentarne il comfort o l’autonomia del viaggio. Frequentemente
questo tipo di imbarcazione veniva impiegato per pescare gli scampi con le nasse. In quel caso
avevano delle piccole cabine poste principalmente a poppa.
Piano velico di una “Passera”
Per il suo particolare tipo di costruzione, la versione velica della passera ha due versioni; la
prima (la più antica) ha una vela latina, che però ha il difetto principale di avere il centro di
spinta velico, spostato verso poppa che tende a fare “orzare” in continuazione la barca alle
andature di bolina.
Al fine di spostare il centro velico verso prua, ed aumentare contemporaneamente la
superficie velica, per potere dare maggiore “spinta” alla barca, alla vela latina originale, è
stato aggiunto un “fiocco” a prua. Per potere spostare ulteriormente verso prua il centro di
spinta del fiocco, lo si è collegato ad uno strallo metallico collegato: ad un “bompresso” (fissato
rigidamente allo scafo) ed alla parte superiore dell’albero. L’adozione del bompresso
consentiva di mantenere quasi tutto il fiocco ed il suo centro di spinta, a prua
dell’imbarcazione; conferendo un maggiore equilibrio al centro velico complessivo della
imbarcazione (vedere piano velico sopra), centro velico di spinta, che risultava essere più
centrale rispetto alla lunghezza della barca, diminuendo così di molto l’effetto indesiderato
della tendenza ad orzare durante le andature di bolina. Ultimo vantaggio non trascurabile
dovuta all’adozione del fiocco era la possibilità con il vento in poppa di usare una
configurazione a “farfalla” con fiocco e vela latine disposte sui lati opposti della passera.
Gozzo di Laurana
Passando a barche di maggiori dimensioni, c’erano dei bellissimi esemplari di “Gozzo di
Laurana”, che, come tipologia, è più vicino alla “gajeta”. Questo grosso e robusto gozzo,
possiede un ampio ponte semi-circolare a prua ed a poppa, la forma piena delle fiancate
(murate), con un fondo relativamente piatto ed una brusca transizione dal fasciame del fondo
al fasciame laterale, ne completa le peculiari caratteristiche. Il gozzo di Laurana è nato negli
anni 50 del XX Secolo dalle mani di un famoso costruttore d’imbarcazioni in legno Ivan
Nino Gasparinic, al fine di creare per i pescatori, una barca a motore: robusta, affidabile,
capiente e dalle notevoli doti marine. Si distingue per la poppa ovale, per le linee della prua
ben definite e specialmente per il prolungamento dell’asta di prua particolarmente alta e
robusta, la cosiddetta “pernaccia”. Importante estremità dai molteplici usi, che vanno dal
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collegamento del bompresso se armata a vela, ad un punto sicuro di ancoraggio sia che la
barca sia al traino di un mezzo più potente, oppure alla fonda.
Piano di costruzione di un “Gozzo di Laurana”
La prua è ricoperta dal ponte, mentre il centro e la poppa sono aperti per lasciare il posto al
vogatore, all’attrezzatura oppure ad un carico ridotto. Questo tipo di imbarcazione è spesso
usato per trasportare i turisti lungo la riviera di Abbazia.
In porto c’era un bel gozzo di Laurana con alcune interessanti soluzioni di armamento
“velico”
Gozzo di Laurana armato a vela con la tipica “Pernaccia” Mezzo ponte con motore
entrobordo
Decisamente di dimensioni superiori al gozzo di Laurana, c’era in porto un esemplare di
“Tartana” o “Tartane” (In croato “Tratarice”) . Con questo nome, si intende definire un tipo
di imbarcazioni, utilizzate per la pesca con reti a strascico o traino, un tipo di pesca definita:
“Alla Trattana” oppure “Alla tratta” (probabilmente una derivazione dal verbo “trarre”). A
questo scopo, erano usati i gozzi più grandi, le “gajete” oppure i “Leuti” (Imbarcazioni simili
al “Leudo” ligure).
Piano di costruzione di una Tartana (versione a vela latina)
Per poterle rendere: più sicure in mare aperto, più funzionali ed adatte alla pesca, queste
imbarcazioni erano dotate di un ponte continuo lungo tutta la loro lunghezza, ponte dotato di
un piccolo boccaporto per l’accesso alla parte inferiore. La rete era posizionata nella parte
anteriore della barca da dove veniva calata in mare. Durante questa operazione di alaggio
della rete, la imbarcazione era governata dai remi di poppa. Le reti, una volta stese in mare,
venivano recuperate a mano sul ponte. Più tardi su queste barche da pesca vennero usate reti
da pesca di dimensioni inferiori dette “imbrogli” . A quel tempo sul ponte al fine di
riavvolgere l’imbroglio oppure a recuperare cime e catene, era installato un argano
(inizialmente azionato a mano, in seguito motorizzato). Il resto della rete veniva recuperato a
mano, mentre la propulsione a remi (usata per muoversi in porto e nelle fasi delicate della
pesca quando per calare le reti di prua andavano lentamente indietro), da vela si evolse
finalmente a motore.
Battana di Rovigno
Ultima della serie di barche viste, ed anche la più “Vintage” nell’aspetto, era una “Battana”di
Rovigno. La battana è veramente una imbarcazione di costruzione molto semplice, dal fondo
piatto leggermente rialzato verso la prua e la poppa. La prua è appuntita mentre la poppa è a
specchio. Le fiancate sono ricurve e rendono la barca più larga nella parte alta. E’
interessante sapere che grazie alla semplicità del disegno, spesso le battane non erano
costruite da veri costruttori navali, ma bensì da persone comuni che per la costruzione
utilizzavano a volte anche materiali meno classici e più economici. Le battane di piccole
dimensioni venivano usate per la pesca lungo la costa ed erano completamente aperte, senza
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ponte e chiglia; quelle più grandi erano dotate di ponte e costruite in modo più solido per
potere navigare in sicurezza in mare aperto. Prima dell’introduzione dei motori, le battane
erano propulse a remi od a vela. Oggigiorno vengono usati motori fuoribordo.
Nella grande varietà di modelli di battane, le più usate nell’Adriatico settentrionale, erano
quelle con le fiancate raccordate, ma c’erano anche quelle con le fiancate inclinate. Dal punto
di vista dell’armamento velico possono essere senza o con il fiocco, in quest’ultimo caso
l’adozione di un bompresso ed uno strallo metallico, sono quasi obbligatori.
Battana in versione col fiocco
Le più famose sono le battane di Rovigno, caratterizzate da una forma specifica e larga, dal
fondo piatto ricurvo verso la prua e la poppa, senza chiglia e con la poppa a specchio
estremamente stretta. Ce ne era una con una vela giallognola con stampato lo stemma di
Rovigno (Una croce Rossa in campo Bianco), che faceva bella mostra di sé.
Battana di Rovigno in versione senza fiocco.
Dal punto di vista strettamente tecnico-velico, era interessante vedere come erano stati risolti
alcuni problemi basilari quali: l’installazione di un bompresso, la regolazione della vela
principale . La soluzione tecnica adottata per installare un bompresso, dipende molto dal tipo
di barca considerata, ad esempio nel gozzo, il bompresso presenta una estremità a forcella che
spinge contro l’albero, ed un tirante metallico fissato sulla prua consentono l’installazione di
uno strallo metallico dove potere collegare il fiocco. Mentre su di una Battana si preferisce
utilizzare una legatura stretta fra il dritto di prua ed il bompresso medesimo.
Gozzo bompresso fissato con forcella e tiranti Battana bompresso fissato con legatura e tiranti
Invece, su di un gozzo di Laurana per il fissaggio del bompresso, veniva adottata una
soluzione mista: una forcella sull’albero come il gozzo, ed il bompresso legato di lato alla
pernaccia.
Gozzo bompresso fissato con forcella e con legatura sulla pernaccia
Data la modesta dimensione della superficie velica della vela principale, il fissaggio: del Boma,
della vela, e relativa regolazione, sono realizzate in modo molto semplice quanto efficace.
Il Boma non è incernierato, ma è solamente fissato di lato, in modo che con “mure a sinistra”
il boma si allontana dall’albero, mentre con “mure a dritta” ci si appoggia, e la spinta
longitudinale è contrastata da un cavo passato a doppino in un foro praticato nel boma. La
parte superiore della vela è “tirata” da un cavo che passa in una puleggia fissata sulla parte
alta del albero.
Metodi di fissaggio del boma e della vela, su di un Gozzo di Laurana.
In fine la regolazione di quanto “cazzare” la vela durante le varie andature è affidata ad un
sistema di paranco a 3 fili, con il punto morto della scotta, fissato alla estremità esterna del
boma.
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La scotta passa in una doppia puleggia verticale, fissata al boma con un bracciale scorrevole,
che guida la scotta nella puleggia inferiore dotata di un “Mordi scotta” per il bloccaggio della
scotta medesima
Metodi di regolazione del boma e della vela, su di un Gozzo di Laurana.
Sono ancora molte altre, le cose viste ed osservate su queste barche “vintage”, ma mi sono
volutamente limitato alle principali e più semplici, per non annoiare coloro che potrebbero
essere meno interessati alle cose nautiche; spero di avervi dato qualche informazione curiosa e
vi rimando al prossimo reportage.
Flavio Scopinich
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I GRANDI NAVIGATORI DEL PASSATO
Edmund Kennedy – Esploratore britannico – Sovrintendente
Generale del Dipartimento Statale del New South Wales.
Edmund Kennedy nacque il 5 settembre a Guernsey (Great Britain) dal Colonnello Thomas
Kennedy (Esercito Britannico) e da Mary Ann Smith Kennedy. Egli fu il sesto di nove figli, di
cui 4 femmine e 5 maschi. Kennedy morì nel dicembre del 1848 trafitto da una lancia degli
aborigeni nel nord Queensland vicino a Cape York.
Kennedy venne educato nell’Elisabeth College di Guernsey e sin dall’inizio dimostrò interesse
nello studio della sorveglianza, dell’ispezione e del controllo. Nel 1837 si recò a Rio de Janeiro,
ma ritornò in Patria poichè l’impresa commerciale per la quale lavorava chiuse i battenti nel
1838. Un Ufficiale della flotta militare navale amico della famiglia, il Cap. Charles James
Tyers suggerì a Edmund che, se egli avesse ottenuto le opportune qualificazioni, avrebbe
potuto trovargli un idoneo impiego in Australia.
Nel corso del 1839 Edmund Kennedy frequentò lezioni in materia di sorveglianza, ispezione e
di dirigenza al King’s College of London, ottenendo così un “ Certificate “ dal suo Tutore.
Nel novembre del 1839, Kennedy salpò per Sydney con la nave “Globe” arrivando a
destinazione nel marzo del 1840. Un’altra famiglia di sua conoscenza contattò il Cap. Perry,
portavoce di Sir Thomas Mitchell, per un impiego adeguato per Edmund quale Assistente
Sovrintendente nel Dipartimento di Controllo del New Wales, naturalmente dopo che lo stesso
Edmund avesse passato il necessario esame di abilitazione. Kennedy fu poi unito al Cap. Tyers
in un viaggio all’interno in direzione di Melbourne e poi alla baia di Portland per compiti di
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sorveglianza. Nel mentre si trovava in quella località, egli incontrò una immigrante irlandese
Margaret Murphy con la quale, pur non essendo sposati, ebbe una figlia di nome Eliza che
purtroppo morì all’età di cinque anni. Durante questo periodo Kennedy diede mostra delle
sue qualità professionali, ma, un disaccordo col locale Magistrato del Porto James Blair
provocò come conseguenza il suo ritorno a Sydney nel maggio 1843. Ciò nonostante,venne
elogiato per il suo lavoro a Portland Bay e ben considerato da Sir Thomas Mitchell, che di
conseguenza lo selezionò per la prossima spedizione.
Fine della prima parte – seguirà sul prossimo DL News
( ricerche e traduzione dall’inglese di Ugo Dodero )
LE NOTE DI CARLA MANGINI
Jonathan Swift (?) frammenti da "The art of political lies"pubblicato
nel 1710
Dal Cap. 5°
Vi sono regole specifiche per le Menzogne
detrattive o diffamatorie....
...Ma se è necessario che, all'inizio del tentativo di diffamarla, ad una persona si attribuisca
qualche buona qualità secondaria, così come viene consigliato, non bisogna però eccedere. Per
esempio di un ministro schietto e magnanimo non si potrà dire che è stati immischiato in un
complotto per tradire il suo Paese, ma si potrà dire che è stato coinvolto in una tresca con una
signora. Un uomo il cui coraggio personale è in dubbio, non sarà il condottiero capace di
respingere interi squadroni, ma gli potrà attribuire il merito di qualche battibecco o del lancio
di una bottiglia in testa ad un avversario...Non si approderà a nulla dicendo che un uomo
grande e famoso per la sua frugalità nella spesa pubblica sperpera il denaro della nazione,
ma si potrà liberamente riferire che lo accumula. Non si potrà affermare che si è fatto
corrompere per denaro, ma si potrà accusarlo liberamente di essere in ritardo con i
pagamenti perchè, anche se non è vero, la seconda menzogna è credibile, la prima no.
Dal Cap. 6°
Il sesto capitolo parla delle Menzogne terrificanti e delle Menzogne rincuoranti o
incoraggianti, entrambe le tipologie essendo molto utili nelle occasioni appropriate...
"...Per quanto riguarda le Menzogne terrificanti sono stabilite delle regole, una di queste è che
esse non vengano divulgate troppo frequentemente, altrimenti sopravviene l'abitudine: è
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assolutamente necessario che il popolo inglese provi paura per una Menzogna terrificante
propagata solo una volta all'anno perchè poi sarebbe controproducente vedersela propinata
ancora per almeno dodici mesi. Per quanto concerne le Menzogne rincuoranto o
incoraggianti si devono seguire altre regole. In questo caso non si dovrebbero superare i
limiti della possibile veridicità. Vi dovrebbe essere una certa varietà. Non bisogna insistere
troppo sulla stessa Menzogna. Le Menzogne rincuoranti che promettono, che preannunciano
qualcosa non dovrebbero essere a breve termine per evitare che gli autori vadano incontro
all'imbarazzo e alla vergogna di vedersi a a breve termine contraddetti..."
FINE
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