4 - canonici regolari

Download Report

Transcript 4 - canonici regolari

GENESI E FONTI DEL PENSIERO DI DOM GREA1 SUE ESPERIENZE SPIRITUALI La vita di Dom Gréa é talmente connessa ed in funzione della sua opera di restaurazione dei Canonici Regolari, che soltanto partendo da quest’ultima si é in grado di penetrare nella conoscenza della sua persona, del suo pensiero e della sua spiritualità. E’ difficile dire quando sia nata in lui l’idea di far risorgere l’istituto dei canonici regolari, completamente scomparso in Francia dal tempo della rivoluzione. Tale progetto é maturato in lui lentamente. Educato nel clima romantico della prima metà del secolo scorso, si può dire che il Gréa sia stato portato, quasi naturalmente, a guardare al passato cristiano della Francia con interesse e simpatia. Il Gréa si formò in un ambiente dove l’attaccamento alla Chiesa si confondeva con l’esaltazione del passato. Un prolungato contatto del Gréa con gli antichi autori cristiani, se da una parte arricchì la sua riflessione teologica di contenuti che erano andati perduti e che sembravano difficilmente ricuperabili dalla teologia contemporanea, dall’altra ebbe come risultato di rendere forse troppo univoca la direzione dei suoi interessi culturali e spirituali. Il passato, cioè, fu da lui ritenuto come il solo depositario di ciò che era stato vero e grande nella storia della civiltà e del cristianesimo. Il Gréa non ebbe abbastanza senso storico per capire che in una concezione cristiana, la storia deve essere considerata non solo come svolgimento, ma soprattutto come sviluppo e progresso effettivo, perché ‘storia di salvezza’ che si attua in un crescendo continuo. Il passato costituì per il Gréa un vertice dal quale il presente era disgraziatamente decaduto. Tale visione pessimista della società moderna caratterizza un po’ tutti i suoi scritti. Scrive, per esempio, all’abate Bouvet :2 « tempi veramente brutti e bui ! Sembra che anche la Francia, simile ad una nave alla deriva, stia per affondare ! Dio, per l’intercessione dei nostri santi antenati, santi che hanno dato vita ad una Francia cristiana e gloriosa, abbia pietà di questo misero popolo ! ».3 A tutto questo fa riscontro nel Gréa l’ammirata contemplazione dell’epoca medioevale, in cui vibra più la nostalgia dell’idealista e del romantico che l’oggettività dello storico. Non si deve inoltre perdere di vista che l’ammirazione del Gréa per l’epoca medioevale, era, in fin dei conti, perfettamente giustificata dall’innegabile contributo che il Medio Evo apportò alla creazione della cultura e della civiltà cristiana dell’Europa in generale e della Francia in particolare. E questo appariva al Gréa tanto più evidente, in quanto la Rivoluzione del 1789 che aveva voluto tagliare i ponti con tutto il passato, stava allora producendo gli amari frutti del liberalismo e del laicismo. Legato, per famiglia e formazione, all’antico regime monarchico che sembrava incarnare l’ideale dello Stato cristiano, il Gréa era portato a vedere nelle varie Repubbliche nate dalla Rivoluzione la causa di tutti i mali che travagliavano la Francia. Non troviamo così nessuna difficoltà a capire perché il Gréa, allorché le circostanze della sua vita e del suo ministero sacerdotale lo spinsero ad affrontare 1
Quanto contenuto in questa parte conclusiva riassume il capitolo: genesi e fonti del pensiero di dom Gréa nella tesi di dottorato di p. Mori Bruno: il contributo di dom Adriano Gréa allo sviluppo della dottrina teologica sull’episcopato collegiale e la chiesa particolare, Roma 1971, pp 12‐27. 2
R. BOUVET (1843‐1908) era stato alunno del Gréa nella "maîtrise" di Baudin. Entrò nel seminario diocesano e fu ordinato sacerdote nel 1867 a St. Claude. Fu per 30 parroco di Marigna. Rimase sempre un intimo amico del Gréa. Si conservano 58 lettere di Dom Gréa a Bouvet. 3
Lettera non datata conservata negli Archivi CRIC. 1 la necessità di dare una risposta a certi problemi e a certi bisogni spirituali del suo tempo, si sia messo quasi naturalmente ad interrogare il passato. Il progetto di restaurare i Canonici Regolari trova proprio in queste disposizioni spirituali del Gréa la sua origine e la sua spiegazione. Penso di non essere lontano dal vero nel credere che questo progetto si fosse già presentato alla mente del Gréa durante gli anni dei suoi studi parigini e che dovette essere determinante nella scelta della sua vocazione sacerdotale. Ciò che mi induce a questa supposizione, sono alcuni particolari trovati nelle “Note sulla maîtrise di Baudin”, scritte dal Bouvet. L’autore ci precisa che durante gli anni di Baudin, il Gréa aveva l’idea di suscitare « Un capitolo regolare di canonici, piuttosto che quella di formare una congregazione di canonici regolari… saranno in seguito gli avvenimenti, la forza delle cose, o piuttosto lo Spirito Santo, ad apportare modifiche all’impianto originario. » Troviamo una conferma di ciò in una lettera dello stesso Gréa al Bouvet, in data del 7 febbraio 1863. Dopo aver appreso la sua nomina a vicario generale, egli scrive: « Dio è venuto in mio aiuto : sia attraverso i consigli pervenutemi dall’esterno, sia per una certa luce interiore in forza della quale sempre più chiaramente vedo e mi rendo conto di quello che Dio vuole da me e ciò a cui mi chiama. Mi sento così ispirato dalla sua grazia, caro amico, che anche se dovessi lavorare fino a morirne senza tuttavia nulla raccogliere, lasciando così ad altri il raccolto, per nulla rinuncerei alla causa dei canonici regolari »4 Ciò che colpì il Gréa durante gli anni dei suoi studi parigini, fu una costatazione molto semplice: nei primi secoli cristiani, almeno fino al decimo secolo, la vita religiosa, intesa evidentemente in senso lato e comportante principalmente comunità di vita e di beni, non era una esclusiva dei monaci, ma era praticata in maniera abbastanza regolare e diffusa anche dal clero ordinario delle chiese particolari, incoraggiato a questo dai decreti di numerosi concili.5 Il Gréa aveva davanti a se gli esempi molto eloquenti delle antiche comunità di chierici, istituite da S. Agostino ad Ippona, da S. Eusebio a Vercelli, da S. Martino a Tours e le disposizioni emanate fra il 751 e il 755 da S. Crodegango per il suo clero di Metz.6 Il Gréa fu conquistato dalla sua scoperta. E fu al seguito di questa che egli accarezzò il sogno di poter essere prete a quella maniera antica, e che maturò il proposito di risuscitarla nel clero diocesano contemporaneo. Ma invece di creare dei canonici regolari per il suo tempo, con uno stile di vita adattato alle esigenze del XIX secolo, il Gréa si lasciò prendere dalla sua eccessiva stima per il Medio Evo e per alcune sue istituzioni, ritenute come il “non plus ultra” del cristianesimo. Diede così inizio ad un gruppo di canonici regolari che, nelle sue intenzioni, dovevano essere la copia perfetta di certe comunità medioevali: “per la restaurazione della vita canonicale, non mi resta che rivolgermi alle antiche osservanze di questo ordine”, diceva.7 Dom Gréa si rivelò qui troppo idealista. Con scarso senso pratico e storico, egli ritenne forme di vita possibili nel presente, solo perché lo furono nel passato. 4
Lettera manoscritta conservata negli Archivi CRIC Cfr. Conc. di Laodicea, can. 30: Labbe 1, 1512; Mansi 2, 569; Héfélé 1, 1016; Capitolari di Carlo Magno, L. 6, c. 301; Conc. di Aix‐la‐Chapelle del 1816; i Concili Romani del 1059 e 1063 che portarono decisamente alla distinzione fra canonici secolari e canonici regolari. Cfr. anche CH. DEREINE, Chanoines, in Dictionnaire d'Histoire et géogr. Ecclesiastique, 12 (1951), pp. 353‐405; La “vita Apostolica” dans 1'Ordre canonial du X° au XII siècle, in “Revue Mabillon” 51 (1961), pp. 47‐53; La Vita Comune del Clero nei secoli XI e XII, Atti della Settimana di Studio della Mendola, sett. 1959, voli. I‐II, Milano, 1962. 6
Cfr. P. L. 17, 720; 16, 1207 ss; S. Agostino, Serm. 255 e 256: P. L. 32, 1568‐1581; S. Paolino da Nola, Epist. IlI, 6: P. L. 61, 164; Gregorio di Tours, Vita Patrum, 9: P. L. 71, 1051; Hist. Franc., X, XXXI, 16: P. L. 71, 570. 7
Conferenza del 23 giugno 1887. 5
2 Non si accorse che la materiale trasposizione del passato nel presente é sempre innaturale ed artificiosa, e può tutt’al più creare un museo, ma mai una realtà vivente. Nell’istituto del Gréa tutto aveva sapore antico. Anche le piccole norme pratiche che determinavano lo svolgersi della vita quotidiana. Tanto che si é indotti a pensare che certi comportamenti non erano stati adottati per una loro reale funzionalità, ma unicamente perché l’archeologo o il romantico, che era in Dom Gréa, vi trovava un certo diletto estetico o culturale. Ciò era d’altronde riconosciuto ed espressamente voluto dal Gréa, il quale dichiarava : « il nostro è un ordine antico ; nostro scopo quello di far risuscitare l’antica gerarchia nella chiesa, e così facendo ripristinare anche tra i fedeli gli antichi custumi» 8 « non siamo nuovi, ma molto antichi. Non facciamo che ripristinare quanto hanno fatto gli Apostoli ; mettiamo in pratica quello che gli antichi concili hanno decretato »9 E altrove : « per poter ritrovare le tracce della nostra disciplina sono stato costretto a camminare soffiando su morte foglie ».10
Di conseguenza la regola che governava i canonici regolari del Gréa era alquanto complessa ed eclettica. Proveniva in parte dalla cosiddetta ‘regola di S. Agostino’, ma quasi tutte le osservanze erano tratte dalla regola di S. Benedetto,11 nella forma in cui era praticata in certe comunità di canonici regolari sorte dopo la riforma gregoriana: quali i canonici regolari di S. Vittore di Parigi (an, 1113), di S. Genoveffa, di S. Rufo ad Avignone (an. 1138), d’Arrouaise (an. 1090) ecc. Nella regola del Gréa, grande spazio era riservato alle osservanze ascetiche dell’astinenza perpetua, del digiuno, praticato secondo una forma stretta e rigorosa;12 alla ‘laus perennis’ della tradizione monastica, che comportava il canto integrale dell’Ufficio divino di giorno e di notte. In una interessantissima lettera scritta nei primi anni della sua fondazione (1873), così il Gréa descrive a Mons. de Ségur le caratteristiche della sua opera : «...in linea di principio nella santa chiesa esercitiamo diverse funzioni, per il fatto che noi in quanto chierici apparteniamo ‘essentialiter’ alla gerarchia, mentre i monaci lo sono per ‘accidens’. La nostra è una vita cenobitica ; avendo come punto di riferimento Sant’Agostino, mettiamo in pratica, quasi come i Domenicani, le norme della regola di San Benedetto. In quanto canonici l’ufficio corale del giorno e della notte occupa una gran parte della nostra giornata. In quanto cenobiti e monaci il silenzio, il ritiro, le astinenze e i non eccesivi digiuni della regola di San Benedetto, ecc… fanno parte del nostro modo di essere. Viviamo in silenziosa preghiera. Siamo chierici e in quanto tali ci dedichiamo allo studio, alla predicazione, alle confessioni, ad ogni funzione ecclesiale, compresa quella di parroco. Noi religiosi non la esercitiamo da soli, ma in tre, in modo da poter praticare la vita comune. » .13
Ed in una conferenza molto più tardiva del 1890, il Gréa ritorna ancora su queste idee direttive, mettendo però maggiormente in risaltò il carattere antico della sua fondazione: «non siamo una società di preti, ma un ordine di chierici, che vuole riprendere a vivere la vita canonicale secondo il suo antico stile. Per questo vogliamo che al nostro interno agli ordini gerarchici venga data l’importanza dei primi secoli…seguiamo le norme monastiche, infatti una volta i monaci e i chierici 8
Conferenza del 27 gennaio 1890, in P. BENOIT, o.c., p. 251. Conferenza del 29 settembre 1, in Bulletin CRIC “La Voix du père”, 2 (1947), p. 12. 10
F. VERNET, o.c., p. 53; cfr. anche p. 60. 11
Il soggiorno a Roma del 1856, presso il monastero benedettino di S. Paolo fuori le mura esercitò un influsso grandissimo sul giovane Gréa. Penso che, in buona parte, il suo amore e la sua ammirazione per la vita monastica trovino qui la loro origine e la loro spiegazione. 12
Nell'istituto di Dom Gréa si digiunava dal 14 settembre fino alla quaresima, eccettuato il tempo natalizio: era il digiuno di Ordine. Dalla quaresima in poi si iniziava il digiuno di Chiesa. Il digiuno consisteva nel prendere un solo pasto al giorno, la sera, verso l'ora del vespro. Il Gréa soleva dire che i canonici regolari erano degli uomini che avevano come missione di “relever et soutenir la bannière de la prière et de la pénitence dans le monde” (Conferenza del 23 settembre 1893; cfr. F. VERNET, o.c., p.198). 13
Lettera a Mons. de Ségur del 1873, citata in P. BENOIT, o.c., p. 133. 9
3 non si differenziavano quanto alle norme, ma per la clericatura. Pertanto, se qualcuno non vuole digiuni, e norme monastiche, lasci: entri tra le congregazioni moderne, non qui… Dio, infatti, ci ha chiamati, non a vivere secondo le istituzioni moderne, ma a ripristinare l’antica istituzione canonicale, nel suo primitivo splendore, come veniva praticata nelle congregazioni e comunità piene di entusiasmo, specialmente in quella di St. Victor».14
Le regole di S. Agostino e di S. Benedetto non erano però le sole a dirigere il nuovo istituto. Allorché il mondo moderno poneva i religiosi del Gréa davanti a situazioni ovviamente non contemplate dalle regole antiche, egli non esitava ad attingere direttive dalle costituzioni di congregazioni più recenti. E le norme così introdotte non avevano mai un carattere definitivo, perché potevano essere sostituite con altre ritenute più valide. Questo modo di procedere del Gréa suscitò delle perplessità nei suoi contemporanei. Non soltanto lo si rimproverava di instabilità,15 ma non si riusciva bene a capire perché volesse imporre ai suoi religiosi due regole. Mons. Pie, vescovo di Poitiers, riteneva l’aspetto monastico della regola del Gréa un “ajoutage bénédictin”, poco pratico e poco adatto per dei preti a vita pastorale.16 Dello stesso parere era anche il Card. Caverot. Alcuni, meno rispettosamente e con una certa ironia, chiamavano il Gréa “l’amphibie de St. Claude”.17 Altri trovavano che il suo continuo guardare al passato, la sua insistenza a non concedere nulla a tutto ciò che sapeva di moderno (ed il moderno era spesso per il Gréa sinonimo di modernismo, laicismo, liberalismo), la sua rigidezza sulla fedeltà alle osservanze, facevano di lui un uomo fuori del suo tempo,18 la cui opera non avrebbe sostenuto a lungo l’urto con la realtà. Un po’ ovunque si qualificava la sua fondazione come “non viable”;19 come destinata a scomparire con lui.20 Altri ritenevano il Gréa un uomo incompleto,21 “incapace di fodare qualche cosa di stabile”.22 Il Gréa si adoperava in ogni modo per tenere i suoi giovani religiosi lontani dall’influsso di queste critiche, ritenuto distruttivo e deleterio. Gli anni della vitalità fisica, spirituale e culturale del Gréa, furono anche quelli della vitalità e dello sviluppo della sua fondazione. Il suo fascino spirituale, la sua cultura brillante, le sue convinzioni profonde, la facilità e la vivacità della sua parola seppero, per un certo tempo, suscitare l’entusiasmo e mantenere l’unità. Conosceva il segreto di trascinare quanti gli vivevano accanto, tanto che una sua lettera ci informa che egli era perfino accusato di “ipnotizzare” i suoi religiosi.23 14
Conferenza del 27 gennaio 1890, in P. BENOIT, o.c., p. 241. Cfr. P. BENOIT, o.c., p. 181 : “M. Gréa change perpétuellement”. 16
Cfr. P. BENOIT, o.c., pp. 130‐131 ; F. VERNET, o.c., p. 59. 17
Cfr. P. BENOIT, o.c., pp. 182‐183. 18
BROUTIN. a.c., p. 476 : “Chose certaine : il ne fut pas l'homme de son temps” ; Card. Schuster, Lettera a C. Casimir, in Bulletin CRIC, “La voix du père”, 36 (1948), n. 36, p. 282 : “Un homme d’autre temps”. Dobbiamo far presente che lo spirito rigido ed in transigente di Paul Benoît che il Gréa ebbe accanto per diversi anni, ebbe una grande parte nel determinare questo atteggiamento del Gréa, tenuto anche conto del carattere facilmente influenzabile che egli possedeva. 19
È interessante a questo proposito una nota riportata dal BENOIT (o.c., p. 351): “Il n'y eut guère de jeune homme et surtout de prêtre qui voulût entrer dans son Institut sans qu'on lui dit, sous une forme ou sous une autre: cet Institut n'est pas viable”. 20
Cfr. P. BENOIT, o.c., p. 181. 21
Cfr. P. BENOIT, o.c., p. 180. 22
Ib., p. 180. 23
Dom Gréa, Lettera del 26 giugno 1899 al priore di Mannens (Svizzera), conservata negli Archivi CRIC. Erano state scritte lettere anonime da parte di alcuni membri del clero secolare svizzero alla Congregazione dei Vescovi e Religiosi, 15
4 In altra lettera a dom Brenier: “Senza contare le denunce anonime contro di noi, alcune delle quali inviate anche alla Sacra Congregazione dei Vescovi e dei religiosi (da questa rispedite al vescovo). Mi si accusa di praticare l’ipnosi sui miei confratelli (questo dietro suggerimento da parte di nostri, ci sono degli indizi quasi certi). Andiamocene da questo vespaio e limitiamoci, almeno per il momento, a Mannens; in seguito vedremo quello che sarà opportuno fare. Da parte nostra si cerchi solo di fare la volontà di Dio. Preghiamo, aspettiamo, e aspettando facciamo ogni cosa, come meglio possiamo, sotto lo sguardo di Dio e per il suo amore.”24 Ma il passare del tempo, mentre da una parte diminuiva la forza di incidenza del fondatore, dall’altra faceva affiorare sempre più le carenze e le deficienze della fondazione. Le rigide osservanze monastiche incominciarono ad essere avvertite come impossibili da conciliarsi con le esigenze del ministero pastorale, a cui, per vocazione, i canonici regolari del Gréa erano tuttavia destinati. Si incominciò a sentire la necessità di operare una scelta: o essere monaci o essere canonici. Nacque così in seno all’Istituto un movimento di reazione, il quale, a lungo andare, riuscì a prevalere e a dare all’opera iniziata dal Gréa delle costituzioni dalle quali l’elemento monastico veniva quasi completamente soppresso. L’opera del Gréa non fu però distrutta, ma soltanto purificata, o, se vogliamo, adattata, con senso realistico, alle disposizioni del diritto e alle esigenze dei tempi. Essa continua tutt’ora a vivere, conservando immutata l’intuizione originale e valida che l’aveva fatta nascere: introdurre la vita comune e religiosa nel clero ordinario delle chiese particolari, creando dei preti che siano i religiosi del vescovo.25 I continuatori dell’opera del Gréa sono i Canonici Regolari dell’Immacolata Concezione (C.R.I.C.), la cui casa madre ha sede in Roma, via Federico Torre, 21. riguardanti il Gréa ed i suoi religiosi in Svizzera. La Congregazione le aveva rimandate indietro al vescovo di Friburgo. In queste lettere ‐ notava il Gréa ‐ “on m'y accuse de pratiquer l'hypnotisme à l’égard de mes confrères”. 24
a dom Brenier, 26 giugno 1893 25
“… En tous cas nous sommes les religieux des évêques, qu'ils nous placent ou qu'ils nous retirent les places, nous l'acceptons avec une joie égale” (Dom Gréa, Lettera al priore di Mannens, 14 agosto 1900, conservata negli (Archivi CRIC). 5