STATO E GIUSTIZIA: UTOPIA O REALTÀ? Immagina

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STATO E GIUSTIZIA: UTOPIA O REALTÀ? Immagina di svegliarti una mattina, prepararti per andare a lavoro, salutare i tuoi cari, come sempre, come un giorno qualunque; arrivare in ufficio, immergerti nelle faccende quotidiane che comprendono anche l’

arduo

compito di dare una scorsa alla posta, talvolta noiosa, fatta di tante lettere provenienti dai numerosi clienti, più o meno soddisfatti del tuo lavoro. Immagina che una di queste, più delle altre, catturi la tua attenzione: tanto concisa quanto allarmante , tre parole che non lasciano scanso ad equivoci. “Meriti il piombo". E adesso, cosa immagini di fare? Questa situazio ne è tutt’altro che paradossale: nel nostro Paese infatti non è raro che ai lavoratori, in primis a quelli statali, accada un fatto come questo, un fatto che ti rende inerme al punto da essere disposto a tutto pur di uscire da questa condizione di vulnerabilità, che opprime e paralizza non te solo, ma anche chi a te è strettamente connesso.

Quand’anche

tali intimidazioni siano fittizie o non trovino riscontro effettivo nella realtà, esse ti pongono inevitabilmente di fronte alla scelta, per nulla scontata, di affidarti o meno alla giustizia. Una parola

ardita

, di cui si dovrebbe fare garante uno Stato che ai più appare invece quasi un’entità vaga,

fatua

, evanescente. I retaggi di una diffidenza ormai sempre più diffusa nei confronti dello Stato si possono far coincidere con la nascita dello stesso, che non si è mai mostrato integralmente unitario, né in grado di garantire il rispetto delle leggi vigenti da parte dei cittadini.

Ebbene

, a chi bisogna attribuire questa responsabilità? E come si può parlare di Stato se non facendo riferimento ai cittadini che lo compongono? Sicuramente lo Stato nel corso degli anni non è stato identificato, e non lo è tuttora, come un sistema organizzato capace di assicurare a chi ne fa parte una qualsiasi forma di tutela, anzi, esso viene fuggito, raggirato, confuso con un organo astratto, una pura formalità costituzionale senza effettiva risonanza nella vita dei suoi cittadini, i quali, d’altro canto, non sono esenti da un dovere di tipo etico, che si realizza nel perseguire la giustizia, cercando di non ostacolarla, e, ancor di più, realizzandola per quanto possibile nel proprio piccolo . Alla luce di questi settant’anni dalla nascita della nostra Repubblica, una riflessione rispetto agli obbiettivi perseguiti sinora sorge spontanea: gli ideali che hanno mosso la stesura della Costituzione appaiono oggi lontani e gli articoli che la costituiscono

obsoleti

e distanti. Se prendiamo però in esame i punti salienti di quella che possiamo definire la “carta dei nostri diritti”, si può notare com e in realtà i principi che ne stanno alla base siano attuali e volti a garantire la piena realizzazione di ciascun cittadino, in uno stato ideato come potenzialmente perfetto ma che in atto non si rivela tale, per motivi dovuti talvolta alla condotta dei cittadini, talvolta a circostanze che sono frutto di processi casuali incontrollabili e imprevedibili. Pure in queste circostanze non deve venir meno la partecipazione attiva e l’impegno di ciascuno, in quanto sono i cittadini a creare lo Stato e non viceversa e non si è dunque legittimati a pensare di non essere i protagonisti della società in cui viviamo. Secondo le parole di P. Calamandrei, politico e giurista che ha preso parte all’Assemblea Costituente del 1947, riportate nella sua opera “Lo stato siamo noi”, per riuscire nell'impresa occorre “ riscoprirsi partecipi di un comune destino e recuperare la coscienza morale dei Costituenti ” e far rifiorire l’idea che se la giustizia non viene rispettata è in buona parte nostra responsabilità. Se vogliamo pensare di ottenere giustizia, dobbiamo infatti avere il coraggio di fare affidamento sulla nostra Magna Carta, che il mondo meritatamente ci invidia, e sulle leggi del nostro Stato che su di essa si basano. Dietro agli articoli della Costituzione italiana possiamo rivedere Mazzini, Cattaneo, Cavour e molte altre grandi personalità che sono state prese com e esempio dall’Assemblea Costituente del ’47, la qua le ha elaborato per noi una “carta viva” , ci ha lasciato un testamento che garantisce la libertà e la felicità di ogni uomo. Con questo testamento in mano, non possiamo lasciarci convincere che la via più facile e comoda sia quella di aggirare il sistema, o diffidare a prescindere dalla giustizia: sarebbe rifiutare ciò per cui uomini comuni hanno combattuto e togliere a noi stessi quella libertà che ci è stata consegnata in eredità. Immagina allora che quella lettera portavoce di un sopruso non ti tolga la speranza ma che scaturisca in te la voglia di lottare in nome della giustizia. Immagina che tutti i cittadini, in particolare i giovani, risveglino il loro senso civico e rendano onore a chi per la costituzione ha dato la vita, facendo in modo che l’ affidamento alla giustizia non sia un

azzardo

, bensì una garanzia. Immagina che tutto questa sia realtà.