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Educare alla cittadinanza
PARTECIPAZIONE, CONDIZIONE DI CITTADINANZA
Relatore Giacomo Lombardi
Breve presentazione di Giancarlo Lombardi
Commissario Centrale alla Branca Rover ASCI dal 1972 al 1974 e poi Incaricato nazionale di
Branca R/S nell’Agesci dal 1974 al 1975.
Presidente del Comitato Centrale Agesci dal 1976 al 1982.
Imprenditore nell’ambito tessile, ha ricoperto importanti ruoli all’interno della Confindustria.
Ministro della Pubblica Istruzione nel 1995, poi Deputato nella legislatura 1996/2001.
Dirige la rivista “R/S Servire”.
La Cittadinanza nasce dalla coscienza di essere inseriti in un contesto sociale dove ci sono altre
persone che accanto a noi vivono, crescono, cercano di realizzare se stessi. Ogni persona è
portatrice di diritti, che sono sanciti dalle leggi e soprattutto dalla Carta Costituzionale, e
contemporaneamente è soggetta a doveri proprio per garantire agli altri i diritti che essa
stessa rivendica.
La Cittadinanza non è perciò un vincolo negativo imposto al cittadino da qualche ente superiore
che vuole limitare la libertà degli uomini ma, al contrario, è la garanzia perché ciascuno possa
cercare di realizzare se stesso ed è per questo che assume un valore positivo e giustifica
l’impegno a una “educazione alla cittadinanza”.
Altri articoli di questo forum affrontano vari aspetti di questa educazione e ne mettono in
evidenza le caratteristiche più significative. In questo intervento intendo affrontare il tema
della “partecipazione” come condizione importante per esercitare la cittadinanza e per
contribuire alle decisioni che ne costituiscono la sostanza. La partecipazione è evidentemente
un diritto-dovere che va esercitato da ogni cittadino e che deve essere favorita da regole e
leggi che lo disciplinano.
L’esempio più chiaro è espresso evidentemente dalle “elezioni” dove ogni cittadino ha il
“diritto” di scegliere le persone che ritiene più idonee alla gestione dei problemi di interesse
generale e d’altra parte ha il “dovere” di partecipare a queste scelte per dare alla vita
democratica il proprio contributo e rendere perciò la scelta la più completa possibile.
Come prima ho detto le regole e le leggi devono favorire questo esercizio di partecipazione e
ciò purtroppo non avviene, per esempio, con la legge elettorale attuale che impedisce al
cittadino la scelta dei candidati che ritiene migliori obbligandolo a votare una lista di persone
scelte dai “partiti” secondo le loro logiche spesso più rispondenti a interessi particolari che non
generali.
Le “elezioni” non sono però certamente l’unica modalità di “partecipazione” alla vita
democratica del proprio paese, e della società in cui viviamo, e non possono esaurire il proprio
diritto-dovere di contribuire alla costruzione di una più completa cittadinanza.
La partecipazione è in qualche modo un dovere quotidiano che si esercita nei luoghi in cui ci si
trova ad operare: la scuola, il mondo del lavoro, la chiesa, il paese in cui si vive, le associazioni
o i gruppi cui si partecipa.
Tutte queste realtà vivono del contributo intelligente e appassionato di chi le anima e
contribuiscono, a loro volta, alla costituzione della società in cui viviamo.
E’ certamente vero che molti problemi e molte scelte, per la loro complessità e per la loro
dimensione, non possono essere affrontate dai singoli cittadini ma è assolutamente vero che
una maggiore partecipazione nelle forme possibili può contribuire a indirizzare anche scelte di
grande importanza politica in una direzione piuttosto che in direzione opposta. Si pensi al caso,
certamente eccezionale ma emblematico, dei referendum nel quale i cittadini sono chiamati a
esprimere le proprie scelte su temi di particolare importanza e gravità.
E’ evidente, ma va seriamente pensato, affrontando un tema quale la “cittadinanza”, che il
nodo di fondo che dobbiamo affrontare e scegliere è se vogliamo essere cittadini liberi, attivi e
pensanti o se riteniamo che la vita sociale in cui siamo inseriti debba o possa essere
determinata da altri e a noi competa solo il diritto della critica e del “mugugno”.
Non vi è dubbio che lo stile e lo spirito Scout vanno nella direzione: di chi guida la sua canoa
lungo il fiume e cerca di costruire la propria vita non solo nei termini personali, ove nessuno
può interferire, ma anche nel contesto sociale che, d’altra parte, influenza gravemente anche
la vita personale di ciascuno.
Si capisce, seguendo questo ragionamento, che è in gioco, parlando della cittadinanza e della
partecipazione, qualcosa di assai più importante che non solo alcune buone regole di
convivenza. E’ in gioco l’ambito di costruzione della propria vita cui non possiamo abdicare per
pigrizia o indifferenza. Ciò è tanto più evidente se si riflette al diritto degli altri, soprattutto dei
più deboli, che solo una cittadinanza piena può proteggere dalla sopraffazione dei più forti e
dei più prepotenti.
E’ in gioco perciò anche la coerenza con gli ideali scout di convivenza, di rispetto degli altri, di
aiuto a chi ne ha bisogno.
La partecipazione non è perciò un lusso o un optional, ma è un dovere civico e morale. Le
modalità con cui esercitarla possono naturalmente essere diverse secondo il carattere e la
vocazione di ciascuno ma nessuno può chiamarsi fuori, soprattutto nessuno fra gli scout, senza
commettere un peccato di “omissione”.