il percorso verso l`obiettivo 1.5°c

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IL PERCORSO VERSO L’OBIETTVO 1.5°C
IL PERCORSO VERSO L’OBIETTIVO 1.5°C
UNA ANALISI DELLA SOCIETA’ CIVILE PER UNA RIDUZIONE EQUA E
AMBIZIOSA DELL’EMISSIONE DI GAS SERRA PRE 2020
REPORT SPECIALE IN OCCASIONE DI COP 22
NOVEMBRE 2016
I principali autori che hanno partecipato alla redazione del paper sono Sivan Kartha, Tom Athanasiou, Christian
Holz, Alison Doig, Nathan Thanki, Niclas Hällström, Kate Dooley, Matthew Stilwell, Asad Rehman, and Lidy Nacpil.
Il rapporto è stato prodotto da una vasta coalizione di organizzazioni della società civile, gruppi e movimenti sociali
da tutto il mondo; tra i primi firmatari 350.org, Action Aid, Asian Peoples Movement on Debt and Development, CAN
South Asia, Christian Aid, Cidse, EcoEquity, Friends of the Earth International, LDC Watch, Pan African Climate
Justice Alliance, What Next? Forum.
FOCSIV, in quanto partner di CIDSE, ne ha curato la traduzione e l’adattamento in italiano.
pagina 1
IL PERCORSO VERSO L’OBIETTIVO 1.5 °C
INDICE
SOMMARIO………………………………………………………..……………………..3
CAMBIARE È URGENTE………………………………………………………………3
IMPEGNI E QUOTE EQUE – ANALISI E RISULTATI………………………………4
IMPLICAZIONI…………………………..……………………….……….……………7
IN CHE MODO VA REALIZZATA L’URGENTE AMBIZIONE PRE 2020………… 6
CONCLUSIONI……………………………….…………………………………………9
APPENDICE ONLINE…………………………………………………………………..10
NOTE………………………………………………………………………….…………10
pagina 2
IL PERCORSO VERSO L’OBIETTVO 1.5°C
SOMMARIO
Non possiamo aspettare fino al 2020 per agire a livello
globale e in maniera accelerata per il clima.
Il seguente documento è a favore di un aumento urgente nelle
ambizioni di mitigazione. Lo fa tramite un’analisi basata sul
principio di quote eque di riduzione delle emissioni di gas
serra tra paesi ricchi e paesi impoveriti, e cioè di quote di
riduzione che dovrebbero tener conto delle responsabilità di
emissione e delle capacità di cambiare i propri sistemi
energetici, relativamente agli impegni di riduzione che i paesi
hanno effettivamente preso in vista del 2020, prendendo
quest’anno come un reale punto di riferimento per il
raggiungimento dell’obiettivo di un aumento della
temperatura di 1,5 °C. Dall’analisi possono essere tratte
conclusioni semplici ma ambiziose circa i cambiamenti che si
rendono necessari qualora intendessimo compiere, prima del
2020, una transizione giusta verso un mondo a zero emissioni
di carbonio.
Un basso livello di ambizioni pre-2020 renderà terribilmente
più ardua la sfida post-2020 costituendo così un ostacolo per
i poveri, le popolazioni vulnerabili, le generazioni future e le
specie animali. Si rimarrebbe bloccati in sistemi energetici ad
alto tenore di carbonio e si prolungherebbe la dipendenza dai
combustibili fossili, aumentando le probabilità che i futuri
decisori possano ricorrere a tecnologie ad "emissioni
negative" (e cioè capaci di rimuovere il carbonio
dall’atmosfera per stoccarlo nel sottosuolo); tecnologie
dannose e non idonee al raggiungimento degli obiettivi
concordati sui cambiamenti climatici. La transizione verso
regimi a più basse emissioni di carbonio deve essere
accelerata, e questo significa per i paesi ricchi aumentare i
propri impegni nazionali per un mondo libero dai
combustibili fossili, cooperando secondo una chiara visione
politica ed economica per un futuro equo. Ciò implica anche
prevedere una cooperazione tecnologica e un supporto
finanziario significativo a favore dei paesi a basso reddito,
per aiutarli nel pianificare e nel realizzare rapide ed
ambiziose transizioni verso percorsi di sviluppo sostenibile a
basso tenore di carbonio. Queste transizioni devono iniziare
immediatamente, con urgenza, e i benefici devono essere
equamente condivisi tra paesi ricchi ed impoveriti.
CAMBIARE E’ URGENTE
L'Accordo di Parigi ha stabilito
l’ambizione a livello mondiale di
limitare
l'aumento
della
temperatura media globale ben al
di sotto di 2 °C, e di attuare tutti gli
sforzi necessari per contenerlo a
1,5 °C. Tuttavia, come numerosi
studi hanno dimostrato, tra cui
“Pre-Paris Fair Shares: A Civil
Society Equity Review of INDCs”4,
l'azione collettiva frutto dei singoli
contributi nazionali (Nationally
Determined Contributions, NDC) è
insufficiente a contenere il
riscaldamento al di sotto di 2°C, e
di gran lunga lontana da ciò che è
necessario per contenerlo nei
1.5°C. Infatti, anche se venissero
rispettati tutti gli impegni previsti
negli
attuali
NDCs,
senza
prenderne altri aggiuntivi, si
raggiungerebbe un riscaldamento
di circa 3,5°C.5
Il percorso più equo, tecnicamente
fattibile ed efficace rispetto ai costi
da sostenere verso l'obiettivo
fissato a Parigi mostra che le
emissioni globali di carbonio
devono raggiungere il picco e
cominciare a decrescere prima del
20206. Ciò significa che c'è
urgentemente bisogno di accelerare
la riduzione delle emissioni nei
pagina 3
L’urgenza di 1.5 °C
Non è necessario sottolineare quanto sia importante rimanere al di sotto di un aumento
della temperatura di 2°C, e fare tutto ciò che è umanamente possibile per mantenersi
attorno ai 1.5°C. Ciò è particolarmente importante per i piccoli Stati insulari e i Paesi più
vulnerabili che già soffrono degli impatti climatici che mettono in pericolo le popolazioni,
le economie, gli ecosistemi e il futuro di questi Paesi. E’ necessario non solo per loro ma
per tutti noi.
Non dobbiamo neanche aspettare la relazione speciale dell'IPCC sull’obiettivo 1,5°C per
capire l'importanza di elevare subito il grado di ambizione riducendo di più le emissioni di
gas serra L'evidenza attuale è abbastanza chiara: è probabile che il percorso verso i 2°C ci
conduca in un nuovo ed estremamente pericoloso regime climatico, con conseguenze
immediate catastrofiche nelle regioni tropicali e polari, negli ecosistemi critici e nelle aree
agricole.1
Alcuni sostengono che contenere il riscaldamento a 1,5°C non sia realistico. In effetti
potremmo discutere all'infinito sulla dimensione del restante budget di carbonio (il budget
di carbonio è l’ammontare di carbonio che si può ancora immettere) per raggiungere
l’obiettivo 1,5°C. La verità però è che già sappiamo quanto infinitamente piccolo sia questo
budget e come vada restringendosi rapidamente. In effetti, il Segretariato dell' UNFCCC,
nel valutare l'effetto complessivo delle promesse di Parigi, ha concluso che, anche se gli
INDCs (Intended Nationally Determined Contributions, ossia gli iniziali contributi
nazionali base degli Stati per ridurre le emissioni, così come dichiarati in sede UNFCCC),
fossero pienamente raggiunti, il budget di carbonio rimanente a disposizione per mantenere
il riscaldamento a 1,5°C (con il 50% di probabilità) si esaurirebbe nel 2025.2 Quel che è
certo è che fare tutto il possibile è un imperativo politico e morale. Dopo tutto, provare a
raggiungere l’obiettivo e quasi riuscirci è molto meglio che fallire catastroficamente.
Il nostro obiettivo deve essere per un'azione immediata. Questo significa stabilire delle
condizioni (solida cooperazione, finanza prevedibile e supporto tecnologico) che
permettano a tutti i paesi di pianificare e realizzare un futuro low carbon. Questo significa
bloccare tutti i nuovi investimenti in infrastrutture di estrazione, produzione e commercio
di combustibili fossili, investimenti che saranno bloccati solo in un mondo che guarda
all’obiettivo di 1,5°C.3 Ciò significa raggiungere un picco delle emissioni globali prima del
2020, un picco che sia ampiamente compreso e accolto con favore come segnale di un
percorso per un futuro a basso carbonio. ossia un futuro di equo sviluppo per tutti.
IL PERCORSO VERSO L’OBIETTIVO 1.5 °C
prossimi quattro anni. È necessaria un’enorme pressione
perché venga raggiunto un rapido picco di emissioni globali, e
questo deve accadere tenendo conto della realtà, ossia del
fatto che le nazioni hanno livelli radicalmente diversi di
sviluppo economico e materiale.
accadere post-2020, sia sul piano politico (possiamo lavorare
insieme per risolvere questo problema?) e in termini di dati
alla mano (è rimasto abbastanza budget di carbonio?). Alcuni
di questi numeri sono illustrati di seguito nel report in cui
trattiamo anche questioni politiche chiave che devono essere
affrontate alla COP22 di Marrakech.
Il grado di ambizione per ridurre le emissioni di carbonio sta
sicuramente aumentando in tutto il mondo, ma la
mobilitazione necessaria non può essere raggiunta senza tener
conto del principio di equità tra i paesi e i popoli. Affinché si
abbia successo, è necessario che la transizione low carbon sia
riconosciuta come un processo giusto e positivo. Inoltre, il
periodo pre-2020 sarà determinante per quello che potrà
IMPEGNI PER IL 2020 E QUOTE EQUE – ANALISI E
RISULTATI
Questa breve relazione si basa sul documento "A Civil Society Equity Review" del 2015. Per una spiegazione dettagliata
dell'approccio e della metodologia qui utilizzata, è possibile vedere il rapporto più dettagliato appena citato e anche il sito web
Climate Equity Reference Project7. Si noti che, a differenza del rapporto del 2015 che esaminava gli impegni INDCs dei Paesi per
il periodo successivo al 2020, la presente relazione si concentra sugli impegni per il 2020.
Gli sforzi per l’obiettivo 1.5°C
Qualsiasi percorso che abbia una ragionevole possibilità di
contenere il riscaldamento a 1,5°C richiede uno sforzo di
mitigazione estremamente ambizioso che inizi molto, molto
presto. In questo rapporto consideriamo 40 GtCO2eq (giga
tonnellate equivalenti di carbonio) come il livello di emissioni per
il 2020 coerente con un rapido passaggio ad un percorso verso 1,5
°C11. Sulla base di un’economia con gli attuali livelli di emissione
(circa 54 GtCO2eq nel 2020; si veda la discussione di seguito), il
raggiungimento del livello di 40 GtCO2eq richiede che debba
essere messa in atto una mitigazione annua di circa 14 GtCO2eq
entro il 2020. Si tratta naturalmente di una prospettiva
estremamente impegnativa, dato che le emissioni oggi sono vicine
ai 50 GtCO2eq, ma è tanto più importante raggiungerla al più
presto se cerchiamo un futuro che non porti all'utilizzo con livelli
pericolosi di tecnologie di "emissioni negative" (e cioè di
tecnologie capaci di rimuovere il carbonio dall’atmosfera e di
stoccarlo nel sottosuolo), che altrimenti verrebbero viste come
indispensabili per compensare il fatto di avere ampiamente
superato il budget di carbonio a disposizione.12
Il bisogno di risorse finanziarie per la mitigazione
Il bisogno di risorse finanziare per l’adattamento
Anche se il riscaldamento rimanesse al di sotto di 1,5°C,
ci sarà un immenso bisogno di sostegno tecnico e di
finanze per l'adattamento (e per le perdite e i danni che vi
saranno a causa del cambiamento climatico), bisogno che
è sicuramente più forte nei Paesi in via di sviluppo.
L'Uragano Matthew ha causato un enorme danno nel
South Carolina e tra la popolazione di quello Stato, ma
questo danno impallidisce di fronte alla distruzione e alla
sofferenza di Haiti.
A quanto ammonta la cifra per l’adattamento ancora non è
stato valutato. Nel Civil Society Equity Review del 2015,
basandosi sul Adaptation Finance Gap Report del 20148 si
legge "Per tutti i Paesi in via di sviluppo i costi sono sui
150 miliardi di dollari all'anno entro il 2025/2030, e da
250 a 500 miliardi di dollari all'anno entro il 2050 (per
uno scenario di aumento di 2°C entro il 2050)." Questi
numeri sono stati sostituiti dall’ “Adaptation Finance Gap
Report” del 20169 che ci dice che entro il 2030 i costi di
adattamento raggiungeranno i 140-300 miliardi di dollari
ogni anno, con la possibilità che questa somma possa
essere cinque volte superiore entro il 2050. Da ciò si
arriva ad un range tra i 700 miliardi di dollari e l’1,5
trilione di dollari, un intervallo sicuramente più ampio.
Parte integrante dell’azione di mitigazione è il sostegno
finanziario internazionale necessario per consentire una rapida
riduzione delle emissioni nei Paesi in via di sviluppo. Anche se
non esiste una metodologia universalmente riconosciuta per
calcolare precisamente le risorse finanziarie necessarie, diverse Questo rapporto si concentra sul 2020 e possiamo
fonti indicano degli intervalli plausibili entro i quali le somme affermare che gli impegni finanziari per quest’anno sono
potrebbero variare.13 Una tale stima si trova nel documento completamente inadeguati, anche se fossero dedicati
dell'Agenzia Internazionale per l'Energia World Energy Investment esclusivamente all'adattamento. Oxfam stima che solo il
Outlook 201414 che ha concluso che, in uno scenario di 450 ppm 16% dei finanziamenti internazionali per il clima è
con un range di 4-6
(parti per milioni di CO2), che è un debole scenario per i 2°C, gli attualmente dedicato all'adattamento,
.10
investimenti per la mitigazione nel settore energetico dovrebbero miliardi di dollari all'anno
ammontare a 790 miliardi di dollari all'anno nel 2020, passando a
2 mila miliardi di dollari l'anno nel 2030. Un altro recente studio ha stimato che la mitigazione necessaria per percorsi coerenti con
l’obiettivo di 1,5°C costerà minino 2,2 volte tanto quanto previsto per lo scenario dei 2°C o più, suggerendo che sarebbe
necessario almeno 1,7 trilione di dollari di investimenti in mitigazione per il 2020.15
pagina 4
IL PERCORSO VERSO L’OBIETTVO 1.5°C
Quote eque
L'equità conta, non solo perché è un principio positivo in sé ma anche perché è una chiave per la cooperazione. Il cambiamento
climatico è uno dei problemi comuni più grandi e difficili che l'umanità abbia mai affrontato, e non sarà risolto senza efficaci
sistemi di coordinamento e solidarietà, sistemi che necessitano di azioni concertate. Sarà estremamente impegnativo concordare un
indirizzo globale per realizzare il percorso verso 1.5°C, ed il successo è possibile solo se gli sforzi richiesti saranno considerati da
tutti come equamente distribuiti tra i diversi paesi. Così, finché c'è ancora spazio per il dibattito sulla definizione precisa di eque
quote nazionali, e finché le nazioni del mondo non si accorderanno per una quantificazione espressa in formule condivise, la
giustizia climatica non sarà in definitiva qualcosa che ogni paese potrà giudicare da sé. Sono necessarie intese condivise su ciriteri,
tra cui criteri di equità, che non possono essere semplici questioni di opinione.
La premessa è che quote eque di riduzione delle emissioni
distribuite tra i paesi possono essere definite e quantificate in una
maniera solida, rigorosa, trasparente e scientifica, se sono ancorate
ai principi fondamentali della Convenzione quadro delle Nazioni
Unite sui cambiamenti climatici, e questo può essere fatto sulla
base di una interpretazione condivisa di questi principi. La
premessa è che le quantificazioni possono essere utili, perché
offrono ai decisori politici e ai cittadini dei benchmark di equità
(o livelli di riferimento di equità) che possano ragionevolmente
rappresentare un ampio spettro di interpretazioni legittime dei
principi fondamentali di equità della Convenzione.
L'approccio di modellizzazione dell’equità che è alla base della
presente relazione16 sostiene alcuni benchmark difendibili come
veramente equi. La posta in gioco diventerà chiaro di seguito,
dove si mostrano le valutazioni degli impegni nazionali di
mitigazione per il 2020 relativi ai due benchmark che definiscono
la nostra gamma o intervallo di equità - più un terzo livello di
riferimento che non rientra nell'intervallo, ma è politicamente
saliente – e che è stato presentato nel Civil Society Equity Review
prima di Parigi. Il nostro intervallo di equità è definito da una
serie di proiezioni sulla capacità di ridurre le emissioni e sulla
responsabilità storica dei paesi nell’emissione di gas serra, che è
stata condivisa dalle organizzazioni della società civile coinvolte
in questo report, sulla base di ampie discussioni prima di Parigi
(vedere il box Spiegazione dei banchmark di equità e il confronto
tra questi e altri benchmark definiti di pura capacità e pura
responsabilità, con i cursori per approfondire l’analisi e il relativo
calcolatore di equità online)
Grafico 1. Confronto delle quote eque e degli impegni di
mitigazione (in milioni di tonnellate di CO2eq di mitigazione
al di sotto del livello base nel 2020). Nota: sono rappresentate
tre regioni: i paesi sviluppati, i paesi in via di sviluppo, e il
mondo intero.
Quote eque ed impegni nel 2020 (in miliardi di tonnellate di
CO2eq al di sotto del livello di base)
1850 / High Progressivity
1950 / Medium Progressivity
1990 / Low Progressivity
Low End of Pledge Range
High End of Pledge Range
… plus mitigation finance
Il quadro globale
11.0
9.9
8.3
1.4
2.0
2.2
Il grafico 1 mostra i risultati a livello aggregato dei paesi
sviluppati, dei paesi in via di sviluppo e del mondo intero,
presentati in termini di tonnellate totali di mitigazione nel 2020 in
assenza di ulteriori interventi17. Per ciascuna delle due "regioni",
le colonne verdi mostrano i limiti dell'intervallo di equità. La
prima (verde scuro) rappresenta la quota equa di mitigazione
Questo risultato trova riscontro anche nella
secondo un benchmark di equità che riflette la responsabilità totale
valutazione degli INDCs per il 2030 del
(cioè le emissioni storiche dal 1850) e la capacità di ridurre le
Segretariato dell’UNFCCC che ha rilevato
18
emissioni in maniera altamente progressiva . La seconda colonna
come gli INDCs rappresentino impegni che
(verde chiaro) rappresenta la quota equa che considera le
in totale ammontano ad un quarto di quanto
emissioni storiche dal 1950 con una capacità secondo una
necessario per la mitigazione.
progressività media. Il grafico inoltre mostra (in grigio) una terza
colonna che rappresenta un calcolo di quote eque relativo al 1990 con una bassa progressività nella capacità. Il colore grigio indica
il fatto che, nonostante questa quota sia comunemente considerata degna di importanza, noi non la consideriamo un benchmark
veramente equo. Le linee nere orizzontali riflettono gli impegni di mitigazione per ogni regione, che comprende sia gli impegni
più ambiziosi che quelli meno ambiziosi.
“
pagina 5
”
2.9
4.0
5.6
2.3
3.5
IL PERCORSO VERSO L’OBIETTIVO 1.5 °C
Il risultato sorprendente è che i paesi sviluppati, nonostante
abbiano quote eque di riduzione delle emissioni maggiori in
base a qualsiasi di questi benchmark (si veda il box
Spiegazione dei benchmark di equità), offrono un livello di
mitigazione considerevolmente poco ambizioso. Mentre i
paesi in via di sviluppo, sebbene non raggiungano quella che
sarebbe la loro quota equa di riduzione, sono sensibilmente
più vicini a farlo. Comunque, in forma aggregata a livello
mondiale è stato promesso meno di un quarto della
mitigazione necessaria per raggiungere rapidamente un
percorso verso 1.5°C
Confronto degli impegni nazionali per il 2020 per i principali
Paesi
Spiegazione dei benchmark di equità
I benchmark presentati in questo rapporto sono tutti basati sui principi
cardine di equità definiti dall’UNFCCC, secondo cui i paesi si
dovrebbero impegnare a contribuire alla riduzione delle emissioni in
base, da un lato, alle loro responsabilità nel causare il problema e,
dall’altro, alla loro capacità di risolverlo. I livelli combinano gli
indicatori di responsabilità nel causare le emissioni (emissioni
storiche da uno specifico anno di inizio) e di capacità nel sostenere la
riduzione delle emissioni (ovvero il reddito, calcolato più o meno in
modo progressivo), i livelli sono derivati da set di dati standard
(maggiori informazioni al link http://gdrights.org/about-the-climateequity-reference-project-effort-sharing-approach/)
Il limite superiore e quello inferiore della gamma dei livelli di equità
sono definiti dalle due colonne verdi. La colonna colorata di verde
scuro indica la responsabilità nell’emissione di carbonio che ha un
paese o un gruppo di paesi avendo come anno d’inizio il 1850, e
calcola la capacità nazionale di applicare la riduzione in modo
progressivo, mentre la colonna in verde chiaro ha come anno di inizio
della responsabilità il 1950 e calcola la capacità nazionale in modo
meno progressivo. In ogni caso, la responsabilità storica e la capacità
sono trattate come fattori ugualmente importanti e di conseguenza
hanno lo stesso peso (cioè facendo la media dei due indicatori).
Grafico 2. Confronto delle quote eque di mitigazione e degli
impegni di riduzione (in tonnellate di CO2eq pro capite sotto il
livello di base nel 2020) Nota: i paesi riportati sono (da sinistra a
destra) USA, UE28, Giappone, Russia, Corea del Sud, Brasile, Cina
e India.
Il grafico 2 mostra i risultati di una valutazione di equità sugli
impegni di mitigazione per il 2020 per sei paesi (o regioni),
confrontando gli impegni rispetto ai benchmark di equità (per
dati precisi su un’ampia gamma di paesi, vedere
https://climateequityreference.org/cop22-review/finance). Il
grafico riporta i risultati in termini di mitigazione pro-capite al
di sotto del livello di base per il 2020 – fatto che ci permette
di comparare direttamente gli impegni nazionali, senza che i
risultati siano influenzati dalla grandezza relativa delle
popolazioni nazionali. Le linee nere mostrano la quantità di
mitigazione nazionale secondo la promessa di impegno di
ogni paese per il 2020. Alcuni paesi hanno espresso la loro
promessa sotto forma di gamma di impegni, associando a
volte l’impegno più alto (the high end) di questa gamma al
concretizzarsi di una condizione o più condizioni di vario tipo.
In tali casi, sono riportate due linee, la più bassa
rappresentando l’impegno meno ambizioso della gamma
promessa.
Se si confrontano gli impegni di mitigazione promessi rispetto
alle quote eque dei singoli paesi, possono essere avanzate le
seguenti osservazioni. In particolare, per molti paesi, inclusi
gli Stati Uniti, l’UE28, il Giappone, la Russia e il Brasile,
l’azione promessa è ben inferiore a qualsiasi definizione di
quota equa di riduzione (gli ultimi tre paesi, a dire il vero,
Grafico 3. Confronto delle quote eque e degli impegni di mitigazione.
Come nel grafico 1, con l’aggiunta di due nuovi benchmark di equità
Per vedere le implicazioni di un diverso peso, si veda il grafico 3, che
mostra le valutazioni di equità per quattro paesi campione. Qui, oltre
ai due livelli di riferimento standard dell’equità (e la colonna grigia
che parte dal 1990 con una bassa progressività), si sono aggiunte due
colonne blu, una delle quali rappresenta un livello di sola Grande
Responsabilità (con la data di inizio di responsabilità per il 1850,
senza considerare il fattore capacità) e una che rappresenta il livello
di Grande Capacità (con la capacità considerata in modo progressivo,
senza il fattore responsabilità). Si noti come l’altezza della colonna
verde scuro si inserisca equamente tra quelle delle due colonne blu.
Similmente, se un livello di riferimento di “Bassa Responsabilità” e
uno di “Bassa Capacità” fossero sommati, la colonna grigia si
posizionerebbe equamente tra di essi.
Per ulteriori esempi, e per una discussione dettagliata, si veda
https://climateequityreference.org/cop22-review/equity-explained.
Per un’esperienza interattiva e un migliore set di controlli, vedere
Climate
Equity
Reference
Calculator
(calculator.climateequityreference.org).
pagina 6
IL PERCORSO VERSO L’OBIETTVO 1.5°C
hanno presentato delle promesse che potrebbero essere onorate senza alcuno sforzo di mitigazione). Per altri paesi, invece, come la
Cina e la Corea del Sud, la riduzione promessa rientra, o addirittura supera, ciò che è richiesto per rispettare le quote eque.
La finanza per la riduzione delle emissioni
In un mondo dinamico come il nostro, è importante a volte affermare ciò che è ovvio. La responsabilità più grande dei problemi
climatici e la capacità maggiore per risolverli risiedono ancora nei paesi più ricchi, e i loro obiettivi di riduzione delle emissioni
per il 2020 devono essere alzati significativamente. D’altra parte, la maggior parte dei paesi ricchi ha delle quote eque di riduzione
delle emissioni che sono troppo grandi per essere onorate solamente all’interno dei propri confini, anche con delle politiche
nazionali estremamente ambiziose. Ciò deriva dal fatto che la loro quota di responsabilità e capacità globale di ridurre le emissioni
supera di gran lunga la loro quota di mitigazione potenziale. I paesi ricchi, sulla base del principio di equità, devono impegnarsi a
sostenere la mitigazione a livello internazionale, finanziando gli sforzi dei paesi in via di sviluppo.
Così, affinché i paesi ricchi rispettino la loro quota equa di riduzione delle emissioni a livello globale, essi devono, oltre a mettere
in atto riduzioni nazionali molto ambiziose, finanziare e sostenere una quantità considerevole di riduzioni di emissioni nei paesi in
via di sviluppo. Queste riduzioni rappresentano quasi la metà del bisogno di mitigazione mondiale, il che indica la necessità di
costruire un sistema di finanza internazionale, sostegno tecnologico e di capacity-building, maggiormente esteso ed interconnesso.
A sua volta, questa necessità evidenzia l’importanza di adottare un approccio profondamente cooperativo (tra i paesi che
sostengono e quelli che ricevono questo sostegno) per rendere possibile una riduzione delle emissioni più ampia e ambiziosa.
Nonostante l’importanza di questa cooperazione, la quantità totale del sostegno finanziario che i paesi ricchi hanno promesso a
quelli in via di sviluppo per il 2020 è assolutamente minimale. Non è abbastanza sufficiente a sostenere uno sforzo significativo
addizionale da parte dei paesi sviluppati relativamente alle loro quote eque, e neanche abbastanza – se si ricordano gli obiettivi di
Parigi – a permettere un livello sufficientemente rapido di riduzione delle emissioni nei paesi in via di sviluppo. Degno di nota è
anche il fatto che alcuni paesi emergenti hanno promesso dei finanziamenti per il clima, soprattutto la Cina, che si è impegnata ad
erogare circa 3 miliardi di dollari negli anni a venire.
Secondo le dichiarazioni sugli impegni per il clima raccolte dall’UNFCCC nel 201519, si stima che i paesi sviluppati abbiano
promesso un finanziamento totale di 12,2 miliardi di dollari per l’investimento in attività di riduzione delle emissioni nei paesi in
via di sviluppo per il 2020. Assumendo un coefficiente di leva finanziaria ottimistico, ciò rappresenta per i paesi sviluppati uno
sforzo addizionale di riduzione delle emissioni fino a 267 Mt (megatonnellate, ovvero un milione di tonnellate) di anidride
carbonica. In altre parole, se si somma la riduzione sostenuta a livello internazionale pre-2020 con quella interna dei paesi
sviluppati (somma rappresentata con una linea tratteggiata nel grafico 1), lo sforzo totale si avvicina solo marginalmente alla quota
equa di riduzione che dovrebbero garantire i paesi sviluppati, e aiuta poco a colmare il divario in termini di una mitigazione
ambiziosa.20
IMPLICAZIONI
L’Accordo di Parigi ha segnato una nuova era di azione
multilaterale, ma ha anche posto una sfida enorme per la
comunità internazionale. L’obiettivo ambizioso di Parigi di
1,5°C, per il quale tale accordo è stato ampiamente elogiato,
non verrà raggiunto se il livello di ambizione globale
corrisponde agli attuali impegni per il 2020 e agli NDC di
Parigi. Dato il carattere fragile degli impegni e degli NDC
(anche qualora tutte le nazioni rispettassero questi impegni) è
probabile che (se non si aggiungono ulteriori impegni) la
temperatura mondiale subirà un aumento devastante di
3,5°C.21 Con questa temperatura esiste una grande probabilità
che il sistema climatico globale giunga ad un punto critico
provocando un surriscaldamento fuori controllo.
L’ambizione deve essere maggiore. E mentre si aprono i
negoziati formali (in particolare il “dialogo facilitatore” del
2018) che potrebbero permettere di revisionare e rafforzare
gli impegni per il post 2020, sarà estremamente difficile
sfruttare positivamente queste negoziazioni se già non si
inizia ad intensificare l’ambizione nel periodo pre-2020. Ecco
perché la COP22 è così importante, perché non possiamo
pensare che nel 2018, quando le parti si incontreranno per
fare una valutazione formale dei loro sforzi collettivi per gli
pagina 7
obiettivi a lungo termine dell’Accodo di Parigi, potrebbero
esserci opportunità maggiori di quelle che abbiamo oggi. Al
contrario, dobbiamo sfruttare al meglio i negoziati del 2018,
ma il percorso per aumentare l’ambizione deve iniziare già
nel 2016.
La dura verità è che le spese per un necessario intervento
climatico superano già di gran lunga le possibilità di molti
Paesi in via di sviluppo, per non parlare dei costi di
adattamento, delle perdite e dei danni causati da inondazioni e
siccità. Inoltre, il ripetuto fallimento dei paesi avanzati nel
dare il loro giusto contributo alla riduzione delle emissioni
mondiali, sia in termini di alte riduzioni nazionali che in
termini di sostegno internazionale, porterà ad un ulteriore
peso sulle spalle delle nazioni più povere negli anni a venire.
In parole povere, un intervento ritardato ha dei costi maggiori,
e l’azione è già stata ritardata per troppo tempo. Quindi, un
intervento cooperativo internazionale a favore di una
riduzione delle emissioni di carbonio nei paesi in via di
sviluppo, risulta essere di primaria importanza. Se questo
sostegno non venisse attuato entro il 2020, qualsiasi azione
volta a regolare il sistema energetico faticherebbe molto a
realizzare gli obiettivi a lungo termine dell’Accordo di Parigi.
IL PERCORSO VERSO L’OBIETTIVO 1.5 °C
Inoltre, in mancanza di una solida azione pre-2020, il
processo, ancora in corso, di legarsi ai combustibili fossili
continuerà. Dove c’è bisogno di maggiore energia – e ce n’è
bisogno in molte aree del mondo – si costruiranno nuove
infrastrutture ad alte emissioni di carbonio, cioè esattamente il
contrario rispetto all’esaurimento dei combustibili fossili di
cui abbiamo bisogno, causando così il rischio di rendere le
ambiziose riduzioni post 2020 ancora più lontane. Nel
peggiore dei casi, gli NDC avranno da sfondo un mondo in
cui le emissioni del 2030 saranno maggiori di quelle attuali,
mentre gli obiettivi di Parigi diverranno sempre più
irraggiungibili.
In questo mondo dove tutto è possibile, la tentazione di
sperimentare soluzioni pericolosamente negative, come l’uso
di tecnologie di geo-ingegneria di immagazzinamento del
carbonio, potrebbe soltanto crescere. La mancanza di una
mitigazione sufficiente pre-2020 viene, paradossalmente, già
utilizzata come giustificazione per queste tecnologie, molte
delle quali minacciano di avere un grande e negativo impatto
sociale ed ecologico. Allo stesso tempo, le valutazioni
esagerate del potenziale di queste tecnologie vengono
utilizzate per giustificare l’inazione durante il periodo pre2020. E tutto ciò provocando soltanto ulteriori paure. Il
pericolo, reale, è l’accaparramento di terre a favore di
programmi di emissioni negative, per il sequestro e
immagazzinamento di carbonio, un accaparramento di terre
che servirebbe soltanto a punire le fasce di popolazione più
deboli del mondo a causa dell’inazione dei governi e delle
aziende.
Le implicazioni di tutto questo? Che tutte le nazioni devono
mobilitarsi a favore di forti riduzioni delle emissioni. Più
specificatamente, tutte le nazioni devono perlomeno dare il
loro giusto contributo, e allo stesso tempo i paesi sviluppati e
in via di sviluppo devono entrare in una nuova tappa di
cooperazione globale, in modo tale che tutte le nazioni
possano liberarsi dal carbonio velocemente e nel modo
necessario. In un contesto del genere – l’unico contesto in cui
è probabile attuare gli obiettivi di Parigi – non può esistere
alcun conflitto tra ambizione e giustizia. Bensì l’opposto.
IN CHE MODO VA
REALIZZATA L’URGENTE
AMBIZIONE PRE-2020
La COP22 a Marrakech è stata denominata come la “COP di
Azione,” in cui gli impegni di Parigi devono essere tradotti in
azioni nazionali e globali. In sostanza un lavoro di
collaborazione tra tutte le nazioni per costruire un percorso
credibile verso un mondo a 1,5 °C.
Per l’accordo globale: Nessun paese ha già iniziato il
percorso verso gli 1,5°C. Questo fatto deve essere
riconosciuto in toto e convertito in azione, per incrementare
sia gli sforzi precedenti che quelli successivi al 2020. Tutti i
paesi del mondo sono tenuti a fornire ognuno il proprio giusto
contributo.
Gli Insegnamenti dell’Iniziativa Africana per l’
Energia Rinnovabile
L’Iniziativa Africana per l’Energia Rinnovabile
(AREI, www.arei.org) ci dà un ottimo esempio degli
sforzi tempestivi di cui abbiamo bisogno ovunque, e
una chiara immagine del tipo di cooperazione che
potrebbe portare ad uno sviluppo concreto, reale e a
basso consumo di carbonio, proprio dove ce n’è più
bisogno. L’AREI promette nell’immediato la
produzione di 10 GW di rinnovabili nuove e
aggiuntive, e di raggiungere i 300 GW entro il 2030.
Ciò si traduce nel doppio delle quote di installazione
del periodo pre-2020, e come minimo nel raddoppio
della capacità di generare energia per l’intero
continente, esclusivamente per mezzo delle
rinnovabili, entro il 2030. In meno di 15 anni un
miliardo di persone potrebbero beneficiare per la
prima volta dell’elettricità. Tuttavia, niente di tutto
questo sarebbe possibile senza il giusto sostegno
finanziario pubblico internazionale, che attualmente
è di 10 miliardi di dollari pre 2020. Si tratta di un
ottimo segno, dal momento che permette all’AREI di
dimostrare in che modo i paesi in via di sviluppo
sono in grado di pianificare e mettere in pratica
soluzioni intelligenti, diffuse e a misura d’uomo
basate sull’energia sostenibile, che permettono la
creazione di lavoro e sostengano le economie locali.
Di seguito i punti fondamentali dell’azione.
1. L’AREI inizia con un’azione pre-2020
significativa, esplicitamente pianificata per
attivare politiche e programmi più ampi e
realmente innovativi.
2. L’AREI mostra in che modo i paesi in via di
sviluppo possono, autonomamente, svolgere il
pieno esercizio della mitigazione che deve avere
luogo all’interno dei propri confini – includendo
sia i loro “giusti contributi” sia l’ulteriore
“mitigazione internazionale” che deve essere
intrapresa col sostegno dei paesi sviluppati.
3. L’AREI dimostra che i paesi in via di sviluppo,
con un ruolo di leadership e con sforzi nazionali
ambiziosi, possono agire nella misura necessaria
se ricevono un sostegno reale da parte dei paesi
ricchi. Essa dimostra, al contempo, l’importanza
di un approccio di autentica cooperazione.
L’AREI dà un apporto concreto al dibattito sui
finanziamenti climatici. Per portare l’ambizione al
giusto grado, sono necessari livelli significativi di
sostegno internazionale. Progetti una tantum, doppio
conteggio dei sussidi esistenti ed un forzato
ottimismo sulla leadership del settore privato non
bastano. Per avere certezze, è sì indispensabile il
capitale privato in ampia misura, ma occorrono
centinaia di miliardi di dollari da investire per
gestirlo sensatamente e per dare forza a
pianificazioni pubbliche che possano assicurare che
questo capitale venga speso a favore dello sviluppo
sostenibile e a misura d’uomo.
pagina 8
IL PERCORSO VERSO L’OBIETTVO 1.5°C
Nessuna contabilità creativa: Dobbiamo guardare in faccia
la realtà. Non possiamo pretendere di guadagnare tempo con
le cosiddette emissioni negative. Né possono esistere
“operazioni bancarie” sulla riduzione “extra” delle emissioni
pre-2020, come se queste potessero essere considerate a
ragione delle emissioni post-2020. Ogni singola molecola di
CO2 si assomma al problema. Tutte le emissioni delle nazioni
ricche e privilegiate si traducono in un aumento delle morti e
nella distruzione dei mezzi di sostentamento dei poveri e dei
vulnerabili nel mondo. La contabilità creativa non
regolarizzerà il clima.
Nazioni e popolazioni benestanti: la transizione pre-2020
prevede che i ricchi ed i privilegiati assumano un ruolo guida
nell’attuare interventi urgenti e potenziati per ridurre le
proprie emissioni di carbonio oltre gli impegni attuali. Ciò
significa una transizione molto veloce e completa verso le
rinnovabili. Significa anche politiche di transizione a tutti i
livelli, politiche che possono permettere agli abitanti
benestanti del mondo di adottare quei cambiamenti normativi
e di stili di vita relativi al consumo che sono ormai inevitabili.
Finanza Climatica: i paesi sviluppati devono consegnare la
loro giusta quota di finanziamento climatico pubblico a
sostegno delle necessarie trasformazioni in tutti i settori. Dal
punto di vista della mitigazione, a tutte le nazioni deve essere
data la possibilità di passare velocemente all’energia
rinnovabile, attraverso l’uso delle finanze pubbliche sul
clima, in particolare per ridurre i costi ed i rischi degli
investimenti sulle energie rinnovabili. Dal punto di vista
dell’adattamento, la necessità di risorse sarà enorme. Non
dobbiamo mai dimenticarlo.
Paesi in via di sviluppo: i paesi in via di sviluppo possono e
devono intraprendere la loro azione ambiziosa di riduzione
delle emissioni, ma ciò richiederà cooperazione e sostegno da
parte delle nazioni benestanti perché agiscano abbastanza
velocemente. Essi devono, a seconda delle loro priorità e
realtà, organizzarsi per attuare sia le loro quote eque di
riduzione a livello nazionale, che la mitigazione
“internazionale” che le nazioni benestanti devono sostenere.
Ciò significa mirare ad un ambizioso avanzamento verso
società a zero emissioni di carbonio, valutando il sostegno
necessario e consapevoli che questi percorsi di cambiamento
possono migliorare il benessere e fornire uno sviluppo
sostenibile concreto.
Ciò si traduce sia in cambiamenti istituzionali che di
mentalità nell’economia reale:
 Tutti i governi del G20 devono immediatamente tagliare
tutti i tipi di sovvenzioni ai combustibili fossili.
rafforzati per sostenere tali programmi, identificando il
sostegno necessario degli altri partner di sviluppo.
 Deve essere stabilita una collaborazione globale per
l’energia rinnovabile al fine di scambiarsi buone pratiche,
spronare una competizione sana e condividere tecnologie e
soluzioni, oltre ad organizzare un programma di sostegno
ambizioso e sufficientemente finanziato per i paesi in via di
sviluppo.
 Sforzi di questo stesso tipo vanno introdotti in altri settori
come il trasporto pubblico e le abitazioni, e va incoraggiato
un passaggio a pratiche agro-ecologiche di coltivazioni
resilienti, indipendenti dai combustibili fossili.
 Per spostare miliardi di miliardi verso investimenti in
nuove infrastrutture, sia la finanza pubblica che la privata
devono essere completamente trasparenti riguardo ai rischi
a cui il cambiamento climatico ci espone, consentendo una
valutazione di tutti gli investimenti in termini di impatto sul
clima.
CONCLUSIONI
L’unica possibile conclusione è che dobbiamo agire
urgentemente ed equamente.
Sappiamo che la crisi climatica mette in pericolo tutta la
civiltà come gran parte del mondo naturale. Sappiamo come
interfacciarci con la crisi, evitando il peggio e proteggendo i
più vulnerabili. Solo le azioni precedenti il 2020 possono
creare le condizioni per la necessaria mobilitazione post 2020.
Non ci sono più scuse per ritardare.
Ci sono sicuramente coalizioni di interessi capaci di bloccare
i negoziati su molti fronti, che stanno creando non soltanto
ritardi ma anche danni e confusione e rischi su larga scala.
Già gli impatti sono estremi, ed i rischi - per i vulnerabili, per
le nostre economie, per la nostra sicurezza collettiva ed
individuale - sono incalcolabili. In questo contesto non ci
sono scuse per trascurare l’ovvia verità per cui l’iniquità
rende possibili coalizioni conservatrici.
Abbiamo bisogno di azioni reali, che inizino all’interno dei
paesi ma non restino ancorate nei confini nazionali. La crisi è
globale, e solo una risposta globale può essere sufficiente.
Condividere visioni, partenariati internazionali, meccanismi
di sostegno finanziario, condivisione di tecnologie - si tratta
di azioni importanti quanto le azioni interne, tutte cruciali per
una giusta transizione.
 Tutto il sostegno internazionale per lo sviluppo energetico
attraverso canali bilaterali e multilaterali deve dare priorità
al settimo Obiettivo dello Sviluppo Sostenibile, assicurare
l’accesso ad un’energia affidabile, sostenibile, moderna e a
prezzi convenienti per tutti.
L’equità è essenziale, e non deve essere vista come un
ostacolo per la mobilitazione. Nemmeno le sfide che pone
l’equità saranno facilmente soddisfatte. La valutazione
dell’equità, per esempio, può solamente essere compresa in
termini di fasi di sviluppo, e gli Stati nazionali non sembrano
ancora in grado di negoziare un intesa a proposito di queste
fasi. Si tratta di una sfida che dobbiamo cogliere perché è
essenziale affinché funzioni un concreto e ambizioso
meccanismo di riduzione delle emissioni.
 Tutti i paesi devono sviluppare programmi concreti per un
cambiamento energetico giusto e sostenibile, che sia in
linea sia con gli obiettivi di Parigi che con gli Obiettivi di
Sviluppo Sostenibile. Gli NDC devono perciò essere
Fortunatamente, adesso abbiamo almeno una visione comune.
Gli obiettivi di sviluppo sostenibile, in particolare,
annunciano un ampio consenso su un futuro senza povertà, in
 Tutte le forme di sussidio pubblico a favore dell’espansione
della produzione di carbone devono essere gradualmente
eliminate.
pagina 9
IL PERCORSO VERSO L’OBIETTIVO 1.5 °C
cui l’economia e l’ambiente fioriscono insieme. Questa
visione, ahimè, rimarrà solamente un sogno senza il
proseguimento dell’Accordo di Parigi, e questo dipenderà da
cosa sarà deciso prima del 2020, non dopo.
una tabella completa delle equivalenze di contributi
per gli impegni di finanziamento 2020, come stimato
da questa metodologia.

L'appendice contiene gli Indici di Responsabilità e
Capacità 2020 (Responsibility and Capability
Indexes, RCIs) per tutti i Paesi, calcolati per il
percorso a 1.5 °C e 2°C, e fa riferimento anche ad
altre impostazioni di calcolo dell'equità, come quelle
usate in questa relazione, nonché a ulteriori casi di
"pura" responsabilità e capacità, per servire come
analisi di sensibilità e consentire diverse esplorazioni
nella dimensione dell'equità.

Infine, essa evidenzia le implicazioni che il lato della
produzione, piuttosto che quello del consumo,
avrebbe sui nostri risultati. Questo per due motivi: 1)
il lato del consumo è importante nel dibattito
sull'equità e 2) questo mette in evidenza la
flessibilità dell'approccio sull' equità utilizzato in
questa indagine.
Gli impegni devono essere rafforzati, adesso.
Più degli impegni, abbiamo bisogno di azioni, senza cui gli
obiettivi di Parigi sulla temperatura svaniranno davanti ai
nostri occhi. Per questo la società civile deve chiedere
ulteriori sforzi sulla finanza e nel prendere sul serio la
valutazione d’equità. Per questo invitiamo i Governi ad
assicurare che il dialogo facilitato del 2018 non sia solo
una vuota pantomima, ma un momento di verità, per
mezzo del quale guardare e preparare il Bilancio Globale
sull’impatto delle azioni di mitigazione previsto per il
2023, che include l’attuazione del principio dell’equità.
Abbiamo solo due anni per realizzarlo.
APPENDICE ONLINE
Un'appendice online è disponibile all'indirizzo https:
https://climateequityreference.org/cop22-review/appendix

Essa contiene una descrizione della metodologia
utilizzata per la stima degli impegni finanziari 2020.
Si fa riferimento a ricerche Oxfam e OCSE, così
come a informazioni tratte dalla Roadmap per i 100
miliardi di dollari in finanza climatica, ed include
NOTE
1
Differential climate impacts for policy-relevant limits to
global warming: the case of 1.5°C and 2°C, Schleussner et
al., 2016. http://www.earth-systdynam.net/7/327/2016/
2
Aggregate effect of the intended nationally determined
contributions: an update. Report di sintesi del Segretariato.
Documento FCCC/CP/2016/2. Il restante budget disponibile
per stare sotto i 2°C (con il 66% di probabilità) si esaurirebbe
nell’arco di pochi anni entro il 2030
3
Vedi Oil Change International, The sky’s limit: Why The
Paris Climate Goals Require a Managed Decline of Fossil
Fuel Production, Settembre 2016
4
Fair shares: A Civil Society equity Review of INDCs,
Novembre 2015, http://civilsocietyreview.org/report
5
La stima di 3.5°C è stata prodotta da Climate Interactive con
l’assunzione di "nessuna ulteriore azione dopo la fine del
periodo
di
impegno
del
Paese".
Vedi
https://www.climateinteractive.org/programs/scoreboard/. La
stima più bassa, spesso citata, di 2,7°C è stata fatta da
Climate Analytics, e, in modo critico, dipende da ulteriori
ipotesi - che il primo round degli NDCs sia pienamente
implementato e che questi impegni siano seguiti da “un
livello continuato e comparabile di sforzi per il resto del
secolo."
(Vedi
http://climateactiontracker.org/assets/publications/CAT_globa
l_temperature_update_October_2015.pdf.)
6
Ad esempio, "Abbiamo visto che negli scenari di 1,5°C le
trasformazioni dei sistemi energetici sono in molti aspetti
simili agli scenari consistenti con 2°C, ma mostrano un
aumento più veloce di azioni di mitigazione in molti settori,
con conseguenti differenze osservabili in riduzione delle
emissioni nel 2030 e nel 2050. Rogelj, Joeri. et al. (2015).
Energy System Transformations for Limiting End-Of-Century
Warming to Below 1.5°C, Nature Climate Change, 5(6), pp.
519–527.
7 https://climateequityreference.org/
8
Adaptation GAP Report del 2014,
http://web.unep.org/adaptationgapreport/2014
9
Adaptation Gap Report 2016,
http://web.unep.org/adaptationgapreport/2016
10
Vedi Oxfam, 2016.Unifished Business: How to close the
post Paris adaptation finance gap,
www.oxfam.org/en/research/unfinished-business
11
Questo benchmark 2020 di 40 GtCO2eq corrisponde al
"Percorso 1,5°C" tratto dal database dello scenario IPCC e
presentato
da
Climate
Action
Tracker
(http://climateactiontracker.org/global.html). Oltre il 2020,
tuttavia, sosteniamo un percorso di mitigazione che riflette un
più alto livello di riduzione delle emissioni, sia per migliorare
questa possibilità di mantenere il surriscaldamento al di sotto
di 1,5°C (il citato Percorso 1,5°C ha solo una probabilità del
50% di limitare il riscaldamento a 1,5°C nel 2100), sia per
pagina 10
IL PERCORSO VERSO L’OBIETTVO 1.5°C
evitare una pesante dipendenza dalle emissioni negative. Si
noti inoltre che un benchmark delle emissioni 2020 di 40
GtCO2eq è più ambizioso dell’ "azione ritardata" dei percorsi
a 1,5°C e 2°C utilizzata in vari studi recenti (ad esempio,
l’Emission Gap Report dell’UNEP, 2015), in cui la riduzione
delle emissioni nel 2020 è limitata agli impegni di
mitigazione di Cancun. Per ulteriori dettagli, vedere A Civil
Society Equity Review of INDCs,2015.
12
Sempre più spesso, gli scienziati stanno puntando
l'attenzione sulle assunzioni prodotte in molti degli scenari di
mitigazione secondo cui le tecnologie ad emissione negative
(come la bioenergia con CCS: Carbon Capture and
Sequestration) saranno disponibili in abbondanza in futuro
(per una recente critica, per esempio, vedere Anderson e
Peters, 2016). In poche parole, è estremamente rischioso fare
affidamento sulla futura distribuzione su larga scala delle
emissioni negative senza che si possa essere sicuri sul fatto
che le opzioni assunte si riveleranno tecnicamente fattibili,
impiegabili su scala desiderata in modo ecologicamente e
socialmente accettabile, e in grado di riuscire davvero a
neutralizzare gli effetti delle emissioni precedenti. Vedere
Kartha e Dooley, The risks of relying on tomorrow’s negative
emissions’ to guide today’s mitigation action, Working paper
SEI No 2016-08. Per informare utilmente la politica oggi, i
modelli di mitigazione dovrebbero per lo meno essere
pienamente trasparenti nelle loro ipotesi di emissioni
negative, riportando esattamente quante emissioni negative
stanno supponendo, quando, e in base a quali tecnologie.
Questo almeno rende possibile per altri ricercatori valutare le
loro ipotesi sociali e ambientali.
13
Vedere per esempio Pre-Paris A Civil Society Equity
Review of INDCs o Brief Estimating international mitigation
finance needs 2014 dello Stockholm Environment Institute’
14
IEA (International Energy Agency) (2014). World Energy
Investment Outlook. Special Report. Pubblicazione OCSE,
Parigi
https://www.iea.org/publications/freepublications/publication/
WEIO2014.pdf, pagina 44.
15
Gli autori dello studio (Rogelj, Joeri et. Al., Op. Cit, pp.
519-527) affermano che i costi del percorso verso 1,5°C sono
in una gamma di 2.2 - 3.7 volte superiori a quello di un medio
scenario di 2°C come quello dell’IEA. Tuttavia, questo
intervallo si riferisce alla proporzione del costo di mitigazione
cumulato dal 2010 al 2100. Abbiamo prudentemente preso
l'estremità inferiore di questo intervallo come proporzione dei
costi per il breve periodo, com’è ragionevole assumere che i
costi di mitigazione aumentino più velocemente per i percorsi
più ambiziosi.
16
Il modo migliore per esplorare l'intera gamma di possibilità
e valutarne le implicazioni in termini di quote eque, è quello
di provare il Climate Equity Reference Calculator ,
https://calculator.climateequityreference.org/
17
Questo divario di mitigazione è definito rispetto ad un
percorso globale di emissioni in assenza di ulteriori interventi.
I sistemi di condivisione degli sforzi, a differenza di quelli di
condivisione delle risorse che prevedono la spartizione di un
budget fisso di emissioni, richiedono delle emissioni baseline
(ossia quelle emissioni che si avrebbero in assenza di un
progetto di abbattimento), perché uno "sforzo" deve essere
misurato nei confronti di un percorso che riflette "nessuno
sforzo" o "nessuna politica”. In questo rapporto, i calcoli si
pagina 11
basano su una serie baseline “non-sforzo” che, a loro volta, si
affidano il più possibile sulle già esistenti, ampiamente note e
ben controllate proiezioni nazionali per tutti gli indicatori
chiave (ad esempio proiezioni della popolazione, proiezioni
del PIL , proiezioni di intensità di carbonio) aggiornati per la
storia recente. Per saperne di più su tutto questo, vedere
Definition, sourcing and updating of the emissions baselines.
18
Progressivo è qui utilizzato nello stesso modo come, ad
esempio, sono progressivi i sistemi di tassazione del reddito
in molti paesi: con esenzioni per i più poveri ed aliquote
fiscali progressivamente più alte man mano che i redditi
diventano più elevati. Allo stesso modo, i benchmark più
progressivi in questo rapporto presuppongono che gli
individui più ricchi siano in grado di contribuire con più
capacità per affrontare la sfida climatica.
20
Come possiamo ricavare questi dati? Qui, in estrema
sintesi, la metodologia generale (per maggiori dettagli sulla
metodologia e sui dati paese per paese, vedere
https://climateequityreference.org/cop22-review/finance):
1. Supponiamo che il Paese immaginario di Northeros
impegni un totale di 5 miliardi di dollari in finanziamenti per
il clima nel 2020. Usiamo la divisione storica tra adattamento
e mitigazione (utilizzando l'analisi di Oxfam in Unfinished
Business, op. Cit.) e, utilizzando i dati OCSE per i flussi
bilaterali di finanza climatica nel 2013 e 2014, estraiamo la
somma dedicata alla mitigazione nel 2020, ossia 2 miliardi di
dollari.
2. Poi supponiamo un ottimistico coefficiente di leva
finanziaria di 1:3. In altre parole, si assume che i 2 miliardi in
finanza per la mitigazione faranno leva per un supplemento di
6 miliardi di dollari per una nuova o reindirizzata finanza per
la mitigazione. Così, Northeros, mobilita un totale di 8
miliardi di dollari.
3. Poi prendiamo la stima dell'IEA per cui, per il 2020 e
secondo lo scenario 450 ppm, sono necessari 790 miliardi di
dollari di investimenti in energie rinnovabili ed efficienza
energetica. (Si tratta di uno scenario per 2°C molto debole
ma ha il pregio di essere stato accuratamente valutato dalla
IEA.) La quantità della mitigazione per il 2020 del settore
energetico ammonta a 4.3Gt CO2.
4. Questi dati possono poi essere utilizzati per stimare gli
sforzi aggiuntivi che possono essere assimilati al totale degli
8 miliardi mobilitati da Northeros Poiché 8 miliardi è circa
l'1% di 790 miliardi, si stima che il contributo finanziario di
Northeros rappresenta l'1% di 4.3 Gt.
21
Vedi nota numero 2.