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CONTRASTO AL CAMBIAMENTO CLIMATICO:
ARRIVA IL BIOCHAR DEL CREA
A cura dell’Ufficio Stampa
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Nasce birra salva-clima, da scarti
pellet e carbone vegetale
Crea, riutilizzo del 90% di trebbie, lieviti esausti e acque
Redazione ANSA
15 novembre 201609:46
Pellet e carbone vegetale prodotto con gli scarti delle materie prime utilizzate per la birra. E' la soluzione
messa a punto dal Crea nell'ambito delle attività del progetto Birraverde della Rete Rurale Nazionale, per
contribuire alla lotta contro il cambiamento climatico. I ricercatori, secondo un modello di un'economia
circolare, sono riusciti a riutilizzare circa il 90% di scarti quali trebbie, lieviti esausti e acque di processo. Dal
punto di vista energetico sono proprio le trebbie, una volta essiccate, a poter divenire pellet per la produzione
di calore reimpiegabile nel ciclo produttivo della birra. I ricercatori hanno sottoposto dei campioni di trebbie
di alcuni birrifici artigianali laziali ad analisi chimica per valutarne il potere calorifico e il contenuto in
ceneri, confermandone l'impiego quali combustibile grazie agli alti contenuti di carbonio e idrogeno, che
conferiscono un elevato potere calorifico. Il modello impiegato, basato su impianti di produzione di piccola
scala, adatti per l'impiego nei microbirrifici, consente anche di contenere i costi dell'acquisto di pellet,
producendo dei margini economici anche in condizioni di scarso sfruttamento dell'impianto (160 h/anno di
utilizzo). Il Crea ha inoltre effettuato alcuni test per verificare la possibilità di produrre carbone vegetale,
biochar da trebbie sfuse e da pellet 100% di trebbie, considerato un buon ammendante agricolo, con alto
contenuto di carbonio e azoto, in grado di favorire la ritenzione idrica e degli elementi nutritivi, riducendo
quindi il fabbisogno di acqua e di fertilizzanti chimici. Il biochar, pertanto, risulta l'unica tecnica di
mitigazione dei cambiamenti climatici carbon negative, in grado di sequestrare più carbonio di quanto ne
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emetta per produrre energia; (ad ogni kg di biochar prodotto corrispondono 3 kg di CO2 sottratti
dall'atmosfera.
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Energia dalla birra? Basta sfruttare
gli scarti
Pubblicato il: 14/11/2016 14:15
Produrre energia dagli scarti, secondo la filosofia dell'economia circolare. In questo
caso, ad essere protagonista è la filiera della birra. Il Crea, nell’ambito delle attività
del progetto Birraverde della Rete Rurale Nazionale, ha sviluppato alcune soluzioni
per il recupero e riutilizzo degli scarti di produzione della birra (trebbie, lieviti
esausti e acque di processo), pari circa al 90% delle materie prime utilizzate.
Le trebbie se trattate (essiccate) possono divenire pellet per la produzione di calore
reimpiegabile nel ciclo produttivo della birra o biochar (carbone vegetale) a seguito
di un processo termochimico di pirogassificazione condotto con reattore pirolitico
su piccolissima scala.
Per quanto riguarda il pellet, i ricercatori del Crea, dopo aver sottoposto i campioni
di trebbie di alcuni birrifici artigianali laziali ad analisi chimica per valutarne il
potere calorifico e il contenuto in ceneri, hanno confermato il loro impiego quale
combustibile grazie agli alti contenuti di carbonio e idrogeno, che conferiscono alle
trebbie un elevato potere calorifico.
Il modello impiegato è basato su impianti di produzione di piccola scala, adatti per
l’impiego nei microbirrifici. Un modello di trasformazione che consente anche di
contenere i costi derivanti dall’acquisto di pellet presenti sul mercato, producendo
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dei margini economici anche in condizioni di scarso sfruttamento dell’impianto
(160 h/anno di utilizzo).
I ricercatori hanno anche effettuato alcuni test preliminari per verificare la
possibilità di produrre biochar da trebbie sfuse e da pellet 100% di trebbie.
Attraverso un processo di pirolisi le trebbie disidratate e quelle pellettizzate hanno
prodotto il biochar in un processo cosiddetto 'zero waste'. Ad oggi il biochar viene
considerato un buon ammendante agricolo, con alto contenuto di carbonio e azoto,
in grado di favorire la ritenzione idrica e degli elementi nutritivi, riducendo quindi il
fabbisogno di acqua e di fertilizzanti chimici.
Grazie alla sua struttura compatta, non viene degradato dai microrganismi presenti
nel suolo, favorendo così lo stoccaggio del carbonio nel terreno, evitandone quindi il
ritorno in atmosfera sotto forma di Co2 (come nel caso dei residui di potatura). Il
biochar, pertanto, risulta l’unica tecnica di mitigazione dei cambiamenti climatici
carbon negative, in grado cioè di sequestrare più carbonio di quanto ne emetta per
produrre energia (ad ogni kg di biochar prodotto corrispondono 3 kg di Co2
sottratti dall’atmosfera).
Queste sue peculiarità hanno fatto sì che venisse inserito nell’agenda dei prossimi
negoziati internazionali sui cambiamenti climatici come strategia di mitigazione del
cambiamento climatico. Il Crea è attualmente impegnato in ulteriori prove per la
caratterizzazione del biochar ottenuto e il suo impiego in agricoltura.
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CONTRASTO AL CAMBIAMENTO CLIMATICO: ARRIVA IL BIOCHAR
DEL CREA
Pubblicato il 14/11/2016 at 13:14
Il contrasto al cambiamento climatico può passare perfino attraverso la filiera della birra. Il CREA,
nell’ambito delle attività del progetto Birraverde della Rete Rurale Nazionale ha sviluppato, secondo un
modello di economia circolare, alcune soluzioni per il recupero e riutilizzo degli scarti di produzione
della birra (trebbie, lieviti esausti e acque di processo), pari circa al 90% delle materie prime utilizzate.
In particolar modo, dal punto di vista energetico, le trebbie se trattate (essiccate) possono divenire
pellet per la produzione di calore reimpiegabile nel ciclo produttivo della birra o biochar (carbone
vegetale) a seguito di un processo termochimico di pirogassificazione condotto con reattore pirolitico su
piccolissima scala.
Per quanto riguarda il pellet i ricercatori del CREA, dopo aver sottoposto i campioni di trebbie di alcuni
birrifici artigianali laziali ad analisi chimica per valutarne il potere calorifico e il contenuto in ceneri,
hanno confermato l’impiego delle stesse quali combustibile per uso energetico grazie agli alti contenuti
di carbonio e idrogeno, che conferiscono alle trebbie un elevato potere calorifico. Il modello impiegato è
basato su impianti di produzione di piccola scala, adatti per l’impiego nei microbirrifici. Tale modello di
trasformazione consente anche di contenere i costi derivanti dall’acquisto di pellet presenti sul mercato,
producendo dei margini economici anche in condizioni di scarso sfruttamento dell’impianto (160 h/anno
di utilizzo).
I ricercatori del CREA, inoltre, hanno effettuato alcuni test preliminari per verificare la possibilità di
produrre biochar da trebbie sfuse e da pellet 100% di trebbie. Attraverso un processo di pirolisi le
trebbie disidratate e quelle pellettizzate hanno prodotto il biochar (contenuto in Carbonio= 90%), in un
processo cosiddetto zero waste. Ad oggi il biochar viene considerato un buon ammendante agricolo,
con alto contenuto di carbonio e azoto, in grado di favorire la ritenzione idrica e degli elementi nutritivi,
riducendo quindi il fabbisogno di acqua e di fertilizzanti chimici. Grazie alla sua struttura compatta, non
viene degradato dai microrganismi presenti nel suolo, favorendo così lo stoccaggio del carbonio nel
terreno, evitandone quindi il ritorno in atmosfera sotto forma di CO2 (come nel caso dei residui di
potatura). Il biochar, pertanto, risulta l’unica tecnica di mitigazione dei cambiamenti climatici carbon
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negative, in grado cioè di sequestrare più carbonio di quanto ne emetta per produrre energia (ad ogni
kg di biochar prodotto corrispondono 3 kg di CO2 sottratti dall’atmosfera). Queste sue peculiarità hanno
fatto sì che venisse inserito nell’agenda dei prossimi negoziati internazionali sui cambiamenti climatici
come strategia di mitigazione del cambiamento climatico. Il CREA è attualmente impegnato in ulteriori
prove per la caratterizzazione del biochar ottenuto e il suo impiego in agricoltura.
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AMBIENTE: CONTRASTO A CAMBIAMENTO CLIMATICO, ARRIVA IL
BIOCHAR DEL CREA
ROMA (ITALPRESS) - Il contrasto al cambiamento climatico puo' passare perfino attraverso la filiera della birra.
Il CREA, nell'ambito delle attivita' del progetto Birraverde della Rete Rurale Nazionale ha sviluppato, secondo un
modello di economia circolare, alcune soluzioni per il recupero e riutilizzo degli scarti di produzione della birra
(trebbie, lieviti esausti e acque di processo), pari circa al 90% delle materie prime utilizzate. In particolar modo,
dal punto di vista energetico, le trebbie se trattate (essiccate) possono divenire pellet per la produzione di calore
reimpiegabile nel ciclo produttivo della birra o biochar (carbone vegetale) a seguito di un processo
termochimico di pirogassificazione condotto con reattore pirolitico su piccolissima scala. Per quanto riguarda il
pellet i ricercatori del CREA, dopo aver sottoposto i campioni di trebbie di alcuni birrifici artigianali laziali ad
analisi chimica per valutarne il potere calorifico e il contenuto in ceneri, hanno confermato l'impiego delle
stesse quali combustibile per uso energetico grazie agli alti contenuti di carbonio e idrogeno, che conferiscono
alle trebbie un elevato potere calorifico. Il modello impiegato e' basato su impianti di produzione di piccola
scala, adatti per l'impiego nei microbirrifici. Tale modello di trasformazione consente anche di contenere i costi
derivanti dall'acquisto di pellet presenti sul mercato, producendo dei margini economici anche in condizioni di
scarso sfruttamento dell'impianto (160 h/anno di utilizzo). (ITALPRESS) - (SEGUE). sat/com 14-Nov-16 14:05
NNNN
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AMBIENTE: CONTRASTO A CAMBIAMENTO CLIMATICO, ARRIVA IL
BIOCHAR DEL CREA - 2
ricercatori del CREA, inoltre, hanno effettuato alcuni test preliminari per verificare la possibilita' di produrre
biochar da trebbie sfuse e da pellet 100% di trebbie. Attraverso un processo di pirolisi le trebbie disidratate e
quelle pellettizzate hanno prodotto il biochar (contenuto in Carbonio= 90%), in un processo cosiddetto zero
waste. Ad oggi il biochar viene considerato un buon ammendante agricolo, con alto contenuto di carbonio e
azoto, in grado di favorire la ritenzione idrica e degli elementi nutritivi, riducendo quindi il fabbisogno di acqua e
di fertilizzanti chimici. Grazie alla sua struttura compatta, non viene degradato dai microrganismi presenti nel
suolo, favorendo cosi' lo stoccaggio del carbonio nel terreno, evitandone quindi il ritorno in atmosfera sotto
forma di CO2 (come nel caso dei residui di potatura). Il biochar, pertanto, risulta l'unica tecnica di mitigazione
dei cambiamenti climatici carbon negative, in grado cioe' di sequestrare piu' carbonio di quanto ne emetta per
produrre energia (ad ogni kg di biochar prodotto corrispondono 3 kg di CO2 sottratti dall'atmosfera). Queste sue
peculiarita' hanno fatto si' che venisse inserito nell'agenda dei prossimi negoziati internazionali sui cambiamenti
climatici come strategia di mitigazione del cambiamento climatico. Il CREA e' attualmente impegnato in ulteriori
prove per la caratterizzazione del biochar ottenuto e il suo impiego in agricoltura. (ITALPRESS). sat/com 14-Nov16 14:05 NNNN
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CLIMA. CREA: DALLA BIRRA IL CONTRASTO AL CAMBIAMENTO,
ARRIVA BIOCHAR
(DIRE) Roma, 14 nov. - Il contrasto al cambiamento climatico puo'' passare perfino
attraverso la filiera della birra. Il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l''analisi
dell''economia (Crea) ha sviluppato, secondo un modello di economia circolare, alcune
soluzioni per il recupero e riutilizzo degli scarti di produzione della birra (trebbie, lieviti
esausti e acque di processo), pari circa al 90% delle materie prime utilizzate. In particolar
modo, dal punto di vista energetico, le trebbie se trattate, cioe'' essiccate, possono
divenire pellet per la produzione di calore reimpiegabile nel ciclo produttivo della birra o
biochar, ovvero carbone vegetale, a seguito di un processo termochimico di
pirogassificazione condotto con reattore pirolitico su piccolissima scala. Per quanto
riguarda il pellet, i ricercatori del Crea, dopo aver sottoposto i campioni di trebbie di alcuni
birrifici artigianali laziali ad analisi chimica per valutarne il potere calorifico e il contenuto
in ceneri, hanno confermato l''impiego delle stesse quali combustibile per uso energetico
grazie agli alti contenuti di carbonio e idrogeno, che conferiscono alle trebbie un elevato
potere calorifico. Il modello impiegato e'' basato su impianti di produzione di piccola scala,
adatti per l''impiego nei microbirrifici. Questo modello di trasformazione consente anche di
contenere i costi derivanti dall''acquisto di pellet presenti sul mercato, producendo dei
margini economici anche in condizioni di scarso sfruttamento dell''impianto.(SEGUE)
(Com/Sor/ Dire) 16:45 14-11-16 NNNN
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CLIMA. CREA: DALLA BIRRA IL CONTRASTO AL CAMBIAMENTO,
ARRIVA BIOCHAR -2(DIRE) Roma, 14 nov. - I ricercatori del Crea, inoltre, hanno effettuato alcuni test
preliminari per verificare la possibilita'' di produrre biochar da trebbie sfuse e da pellet
100% di trebbie. Attraverso un processo di pirolisi le trebbie disidratate e quelle
pellettizzate hanno prodotto il biochar in un processo cosiddetto zero waste. Ad oggi il
biochar viene considerato un buon ammendante agricolo, con alto contenuto di carbonio e
azoto, in grado di favorire la ritenzione idrica e degli elementi nutritivi, riducendo quindi il
fabbisogno di acqua e di fertilizzanti chimici. Grazie alla sua struttura compatta, non viene
degradato dai microrganismi presenti nel suolo, favorendo cosi'' lo stoccaggio del carbonio
nel terreno, evitandone quindi il ritorno in atmosfera sotto forma di CO2 . Il biochar,
pertanto, risulta l''unica tecnica di mitigazione dei cambiamenti climatici carbon negative,
in grado cioe'' di sequestrare piu'' carbonio di quanto ne emetta per produrre energia.
Queste sue peculiarita'' hanno fatto si'' che venisse inserito nell''agenda dei prossimi
negoziati internazionali sui cambiamenti climatici come strategia di mitigazione del
cambiamento climatico. (Com/Sor/ Dire) 16:45 14-11-16 NNNN
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Cambiamenti climatici, arriva il Biochar del
Crea. E’ carbon negative e viene dagli scarti
della birra
Consente anche di contenere i costi derivanti dall’acquisto di pellet presenti
sul mercato
di Agricolae 1319 20 ore fa fonte AGV NEWS/AGRICOLAE Roma
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Roma, 13:19 - 20 ore fa (AGV NEWS)
Il contrasto al cambiamento climatico può passare perfino attraverso la filiera
della birra. Il CREA, nell’ambito delle attività del progetto Birraverde della
Rete Rurale Nazionale ha sviluppato, secondo un modello di economia
circolare, alcune soluzioni per il recupero e riutilizzo degli scarti di produzione
della birra (trebbie, lieviti esausti e acque di processo), pari circa al 90% delle
materie prime utilizzate. In particolar modo, dal punto di vista energetico, le
trebbie se trattate (essiccate) possono divenire pellet per la produzione di
calore reimpiegabile nel ciclo produttivo della birra o biochar (carbone
vegetale) a seguito di un processo termochimico di pirogassificazione
condotto con reattore pirolitico su piccolissima scala.
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Per quanto riguarda il pellet i ricercatori del CREA, dopo aver sottoposto i
campioni di trebbie di alcuni birrifici artigianali laziali ad analisi chimica per
valutarne il potere calorifico e il contenuto in ceneri, hanno confermato
l’impiego delle stesse quali combustibile per uso energetico grazie agli alti
contenuti di carbonio e idrogeno, che conferiscono alle trebbie un elevato
potere calorifico. Il modello impiegato è basato su impianti di produzione di
piccola scala, adatti per l’impiego nei microbirrifici. Tale modello di
trasformazione consente anche di contenere i costi derivanti dall’acquisto di
pellet presenti sul mercato, producendo dei margini economici anche in
condizioni di scarso sfruttamento dell’impianto (160 h/anno di utilizzo).
I ricercatori del CREA, inoltre, hanno effettuato alcuni test preliminari per
verificare la possibilità di produrre biochar da trebbie sfuse e da pellet 100%
di trebbie. Attraverso un processo di pirolisi le trebbie disidratate e quelle
pellettizzate hanno prodotto il biochar (contenuto in Carbonio= 90%), in un
processo cosiddetto zero waste. Ad oggi il biochar viene considerato un buon
ammendante agricolo, con alto contenuto di carbonio e azoto, in grado di
favorire la ritenzione idrica e degli elementi nutritivi, riducendo quindi il
fabbisogno di acqua e di fertilizzanti chimici.
Grazie alla sua struttura compatta, non viene degradato dai microrganismi
presenti nel suolo, favorendo così lo stoccaggio del carbonio nel terreno,
evitandone quindi il ritorno in atmosfera sotto forma di CO2 (come nel caso
dei residui di potatura). Il biochar, pertanto, risulta l’unica tecnica di
mitigazione dei cambiamenti climatici carbon negative, in grado cioè di
sequestrare più carbonio di quanto ne emetta per produrre energia (ad ogni
kg di biochar prodotto corrispondono 3 kg di CO2 sottratti dall’atmosfera).
Queste sue peculiarità hanno fatto sì che venisse inserito nell’agenda dei
prossimi negoziati internazionali sui cambiamenti climatici come strategia di
mitigazione del cambiamento climatico. Il CREA è attualmente impegnato in
ulteriori prove per la caratterizzazione del biochar ottenuto e il suo impiego in
agricoltura.
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CONTRASTO AL CAMBIAMENTO CLIMATICO: ARRIVA IL BIOCHAR DEL CREA
È carbon negative e proviene dagli scarti della birra
Il contrasto al cambiamento climatico può passare perfino attraverso la filiera della birra. Il CREA,
nell’ambito delle attività del progetto Birraverde della Rete Rurale Nazionale ha sviluppato,
secondo un modello di economia circolare, alcune soluzioni per il recupero e riutilizzo degli scarti di
produzione della birra (trebbie, lieviti esausti e acque di processo), pari circa al 90% delle materie
prime utilizzate. In particolar modo, dal punto di vista energetico, le trebbie se trattate (essiccate)
possono divenire pellet per la produzione di calore reimpiegabile nel ciclo produttivo della birra o
biochar (carbone vegetale) a seguito di un processo termochimico di pirogassificazione condotto
con reattore pirolitico su piccolissima scala.
Per quanto riguarda il pellet i ricercatori del CREA, dopo aver sottoposto i campioni di trebbie di
alcuni birrifici artigianali laziali ad analisi chimica per valutarne il potere calorifico e il contenuto in
ceneri, hanno confermato l’impiego delle stesse quali combustibile per uso energetico grazie agli
alti contenuti di carbonio e idrogeno, che conferiscono alle trebbie un elevato potere calorifico. Il
modello impiegato è basato su impianti di produzione di piccola scala, adatti per l’impiego nei
microbirrifici. Tale modello di trasformazione consente anche di contenere i costi derivanti
dall’acquisto di pellet presenti sul mercato, producendo dei margini economici anche in condizioni
di scarso sfruttamento dell’impianto (160 h/anno di utilizzo).
I ricercatori del CREA, inoltre, hanno effettuato alcuni test preliminari per verificare la possibilità di
produrre biochar da trebbie sfuse e da pellet 100% di trebbie. Attraverso un processo di pirolisi le
trebbie disidratate e quelle pellettizzate hanno prodotto il biochar (contenuto in Carbonio= 90%), in
un processo cosiddetto zero waste. Ad oggi il biochar viene considerato un buon ammendante
agricolo, con alto contenuto di carbonio e azoto, in grado di favorire la ritenzione idrica e degli
elementi nutritivi, riducendo quindi il fabbisogno di acqua e di fertilizzanti chimici. Grazie alla sua
struttura compatta, non viene degradato dai microrganismi presenti nel suolo, favorendo così lo
stoccaggio del carbonio nel terreno, evitandone quindi il ritorno in atmosfera sotto forma di CO2
(come nel caso dei residui di potatura). Il biochar, pertanto, risulta l’unica tecnica di mitigazione dei
cambiamenti climatici carbon negative, in grado cioè di sequestrare più carbonio di quanto ne
emetta per produrre energia (ad ogni kg di biochar prodotto corrispondono 3 kg di CO2 sottratti
dall’atmosfera). Queste sue peculiarità hanno fatto sì che venisse inserito nell’agenda dei prossimi
negoziati internazionali sui cambiamenti climatici come strategia di mitigazione del cambiamento
climatico. Il CREA èattualmente impegnato in ulteriori prove per la caratterizzazione del biochar
ottenuto e il suo impiego in agricoltura.
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on la birra per contrastare il
cambiamento climatico
Posted by: Redazione , novembre 14, 2016
Il contrasto al cambiamento climatico può passare perfino attraverso la filiera della birra. Il CREA, nell’ambito delle
attività del progetto Birraverde della Rete Rurale Nazionale ha sviluppato, secondo un modello di economia circolare,
alcune soluzioni per il recupero e riutilizzo degli scarti di produzione della birra (trebbie, lieviti esausti e acque di
processo), pari circa al 90% delle materie prime utilizzate. In particolar modo, dal punto di vista energetico, le trebbie se
trattate (essiccate) possono divenire pellet per la produzione di calore reimpiegabile nel ciclo produttivo della birra o
biochar (carbone vegetale) a seguito di un processo termochimico di pirogassificazione condotto con reattore pirolitico
su piccolissima scala.
Per quanto riguarda il pellet i ricercatori del CREA, dopo aver sottoposto i campioni di trebbie di alcuni birrifici
artigianali laziali ad analisi chimica per valutarne il potere calorifico e il contenuto in ceneri, hanno confermato
l’impiego delle stesse quali combustibile per uso energetico grazie agli alti contenuti di carbonio e idrogeno, che
conferiscono alle trebbie un elevato potere calorifico. Il modello impiegato è basato su impianti di produzione di piccola
scala, adatti per l’impiego nei microbirrifici. Tale modello di trasformazione consente anche di contenere i costi
derivanti dall’acquisto di pellet presenti sul mercato, producendo dei margini economici anche in condizioni di scarso
sfruttamento dell’impianto (160 h/anno di utilizzo).
I ricercatori del CREA, inoltre, hanno effettuato alcuni test preliminari per verificare la possibilità di produrre biochar
da trebbie sfuse e da pellet 100% di trebbie. Attraverso un processo di pirolisi le trebbie disidratate e quelle pellettizzate
hanno prodotto il biochar (contenuto in Carbonio= 90%), in un processo cosiddetto zero waste. Ad oggi il biochar viene
considerato un buon ammendante agricolo, con alto contenuto di carbonio e azoto, in grado di favorire la ritenzione
idrica e degli elementi nutritivi, riducendo quindi il fabbisogno di acqua e di fertilizzanti chimici. Grazie alla sua
struttura compatta, non viene degradato dai microrganismi presenti nel suolo, favorendo così lo stoccaggio del carbonio
nel terreno, evitandone quindi il ritorno in atmosfera sotto forma di CO2 (come nel caso dei residui di potatura). Il
biochar, pertanto, risulta l’unica tecnica di mitigazione dei cambiamenti climatici carbon negative, in grado cioè di
sequestrare più carbonio di quanto ne emetta per produrre energia (ad ogni kg di biochar prodotto corrispondono 3 kg di
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CO2 sottratti dall’atmosfera). Queste sue peculiarità hanno fatto sì che venisse inserito nell’agenda dei prossimi
negoziati internazionali sui cambiamenti climatici come strategia di mitigazione del cambiamento climatico. Il CREA è
attualmente impegnato in ulteriori prove per la caratterizzazione del biochar ottenuto e il suo impiego in agricoltura.
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Produrre energia dagli scarti della birra: il biochar
Crea, il Consiglio per la ricerca in agricoltura, nell’ambitodel progetto "Birraverde"
della Rete Rurale Nazionale ha sviluppato alcune soluzioni per il recupero e
riutilizzo degli scarti di produzione della birra. Le trebbie disidratate e quelle
pellettizzate hanno prodotto il biochar in un processo cosiddetto ‘zero waste’.
14 novembre 2016
Il Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura) nell’ambito delle attività
del progetto Birraverde della Rete Rurale Nazionale ha sviluppato
alcune soluzioni per il recupero e riutilizzo degli scarti di produzione della
birra (trebbie, lieviti esausti e acque di processo), pari circa al 90% delle
materie prime utilizzate.
Dal punto di vista energetico, le trebbie essiccate possono diventare
pellet per la produzione di calore reimpiegabile nel ciclo produttivo della
birra o biochar (carbone vegetale) a seguito di un processo
termochimico di pirogassificazione condotto con reattore pirolitico su
piccolissima scala.
Per quanto riguarda il pellet i ricercatori del Crea, dopo aver sottoposto i
campioni di trebbie di alcuni birrifici artigianali laziali ad analisi chimica per
valutarne il potere calorifico e il contenuto in ceneri, hanno confermato
l’impiego delle stesse quali combustibile per uso energetico grazie agli alti
contenuti di carbonio e idrogeno, che conferiscono alle trebbie un
elevato potere calorifico.
Il modello impiegato è basato su impianti di produzione di piccola scala,
adatti per l’impiego nei microbirrifici.
Tale modello di trasformazione consente anche di contenere i costi
derivanti dall’acquisto di pellet presenti sul mercato, producendo dei
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margini economici anche in condizioni di scarso sfruttamento dell’impianto
(160 h/anno di utilizzo).
I ricercatori del Crea, inoltre, hanno effettuato alcuni test preliminari per
verificare la possibilità di produrre biochar da trebbie sfuse e da pellet
100% di trebbie. Attraverso un processo di pirolisi le trebbie disidratate e
quelle pellettizzate hanno prodotto il biochar (contenuto in carbonio pari
al 90%), in un processo cosiddetto zero waste.
Ad oggi il biochar viene considerato un buon ammendante agricolo, con
alto contenuto di carbonio e azoto, in grado di favorire la ritenzione idrica e
degli elementi nutritivi, riducendo quindi il fabbisogno di acqua e di
fertilizzanti chimici. Grazie alla sua struttura compatta, non viene
degradato dai microrganismi presenti nel suolo, favorendo così lo
stoccaggio del carbonio nel terreno, evitandone quindi il ritorno in
atmosfera sotto forma di CO2 (come nel caso dei residui di potatura).
Il biochar, pertanto, risulta carbon negative, in grado cioè di sequestrare
più carbonio di quanto ne emetta per produrre energia (ad ogni kg di
biochar prodotto corrispondono 3 kg di CO2 sottratti dall’atmosfera).
Queste sue peculiarità hanno fatto sì che venisse inserito nell’agenda dei
prossimi negoziati internazionali sui cambiamenti climatici come strategia
di mitigazione del cambiamento climatico.
Il Crea è attualmente impegnato in ulteriori prove per la caratterizzazione
del biochar ottenuto e il suo impiego in agricoltura.
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Contrasto al cambiamento climatico: arriva il biochar
del Crea
È carbon negative e proviene dagli scarti della birra.
Il contrasto al cambiamento climatico può passare perfino attraverso la filiera della birra. Il CREA, nell’ambito delle
attività del progetto Birraverde della Rete Rurale Nazionale ha sviluppato, secondo un modello di economia circolare,
alcune soluzioni per il recupero e riutilizzo degli scarti di produzione della birra (trebbie, lieviti esausti e acque di...
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Energia: Crea, si può produrre
dagli scarti della birra
14 novembre 2016
Pubblicato il: 14/11/2016 14:15
Produrre energia dagli scarti, secondo la filosofia dell’economia circolare. In questo caso,
ad essere protagonista è la filiera della birra. Il Crea, nell’ambito delle attività del progetto
Birraverde della Rete Rurale Nazionale, ha sviluppato alcune soluzioni per il recupero e
riutilizzo degli scarti di produzione della birra (trebbie, lieviti esausti e acque di processo),
pari circa al 90% delle materie prime utilizzate.
Le trebbie se trattate (essiccate) possono divenire pellet per la produzione di calore
reimpiegabile nel ciclo produttivo della birra o biochar (carbone vegetale) a seguito di un
processo termochimico di pirogassificazione condotto con reattore pirolitico su piccolissima
scala.
Per quanto riguarda il pellet, i ricercatori del Crea, dopo aver sottoposto i campioni di
trebbie di alcuni birrifici artigianali laziali ad analisi chimica per valutarne il potere
calorifico e il contenuto in ceneri, hanno confermato il loro impiego quale combustibile
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grazie agli alti contenuti di carbonio e idrogeno, che conferiscono alle trebbie un elevato
potere calorifico.
Il modello impiegato è basato su impianti di produzione di piccola scala, adatti per
l’impiego nei microbirrifici. Un modello di trasformazione che consente anche di contenere
i costi derivanti dall’acquisto di pellet presenti sul mercato, producendo dei margini
economici anche in condizioni di scarso sfruttamento dell’impianto (160 h/anno di
utilizzo).
I ricercatori hanno anche effettuato alcuni test preliminari per verificare la possibilità di
produrre biochar da trebbie sfuse e da pellet 100% di trebbie. Attraverso un processo di
pirolisi le trebbie disidratate e quelle pellettizzate hanno prodotto il biochar in un processo
cosiddetto ‘zero waste’. Ad oggi il biochar viene considerato un buon ammendante
agricolo, con alto contenuto di carbonio e azoto, in grado di favorire la ritenzione idrica e
degli elementi nutritivi, riducendo quindi il fabbisogno di acqua e di fertilizzanti chimici.
Grazie alla sua struttura compatta, non viene degradato dai microrganismi presenti nel
suolo, favorendo così lo stoccaggio del carbonio nel terreno, evitandone quindi il ritorno in
atmosfera sotto forma di Co2 (come nel caso dei residui di potatura). Il biochar, pertanto,
risulta l’unica tecnica di mitigazione dei cambiamenti climatici carbon negative, in grado
cioè di sequestrare più carbonio di quanto ne emetta per produrre energia (ad ogni kg di
biochar prodotto corrispondono 3 kg di Co2 sottratti dall’atmosfera).
Queste sue peculiarità hanno fatto sì che venisse inserito nell’agenda dei prossimi
negoziati internazionali sui cambiamenti climatici come strategia di mitigazione del
cambiamento climatico. Il Crea è attualmente impegnato in ulteriori prove per la
caratterizzazione del biochar ottenuto e il suo impiego in agricoltura.
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ENERGIA DALLA BIRRA? BASTA SFRUTTARE GLI SCARTI
di Adnkronos 14 novembre 2016 - 15:24
Roma, 14 nov. - (AdnKronos) - Produrre energia dagli scarti, secondo la filosofia
dell'economia circolare. In questo caso, ad essere protagonista è la filiera della birra. Il
Crea, nell'ambito delle attività del progetto Birraverde della Rete Rurale Nazionale, ha
sviluppato alcune soluzioni per il recupero e riutilizzo degli scarti di produzione della birra
(trebbie, lieviti esausti e acque di processo), pari circa al 90% delle materie prime
utilizzate. Le trebbie se trattate (essiccate) possono divenire pellet per la produzione di
calore reimpiegabile nel ciclo produttivo della birra o biochar (carbone vegetale) a seguito
di un processo termochimico di pirogassificazione condotto con reattore pirolitico su
piccolissima scala. Per quanto riguarda il pellet, i ricercatori del Crea, dopo aver
sottoposto i campioni di trebbie di alcuni birrifici artigianali laziali ad analisi chimica per
valutarne il potere calorifico e il contenuto in ceneri, hanno confermato il loro impiego
quale combustibile grazie agli alti contenuti di carbonio e idrogeno, che conferiscono alle
trebbie un elevato potere calorifico. Il modello impiegato è basato su impianti di
produzione di piccola scala, adatti per l'impiego nei microbirrifici. Un modello di
trasformazione che consente anche di contenere i costi derivanti dall'acquisto di pellet
presenti sul mercato, producendo dei margini economici anche in condizioni di scarso
sfruttamento dell'impianto (160 h/anno di utilizzo). I ricercatori hanno anche effettuato
alcuni test preliminari per verificare la possibilità di produrre biochar da trebbie sfuse e da
pellet 100% di trebbie. Attraverso un processo di pirolisi le trebbie disidratate e quelle
pellettizzate hanno prodotto il biochar in un processo cosiddetto 'zero waste'. Ad oggi il
biochar viene considerato un buon ammendante agricolo, con alto contenuto di carbonio e
azoto, in grado di favorire la ritenzione idrica e degli elementi nutritivi, riducendo quindi il
fabbisogno di acqua e di fertilizzanti chimici. Grazie alla sua struttura compatta, non viene
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degradato dai microrganismi presenti nel suolo, favorendo così lo stoccaggio del carbonio
nel terreno, evitandone quindi il ritorno in atmosfera sotto forma di Co2 (come nel caso
dei residui di potatura). Il biochar, pertanto, risulta l'unica tecnica di mitigazione dei
cambiamenti climatici carbon negative, in grado cioè di sequestrare più carbonio di quanto
ne emetta per produrre energia (ad ogni kg di biochar prodotto corrispondono 3 kg di Co2
sottratti dall'atmosfera). Queste sue peculiarità hanno fatto sì che venisse inserito
nell'agenda dei prossimi negoziati internazionali sui cambiamenti climatici come strategia
di mitigazione del cambiamento climatico. Il Crea è attualmente impegnato in ulteriori
prove per la caratterizzazione del biochar ottenuto e il suo impiego in agricoltura.
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