Vertice APEC: no al protezionismo, e chi non ci sta è fuori

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venerdì 18 novembre 2016, 12:00
Vertice APEC: no al protezionismo, e chi non ci sta è
fuori
L'APEC si riunisce nel fine settimana a Lima: libero mercato, no al protezionismo di Trump e avanti da soli
di Jeta Gamerro
Si apre ufficialmente domani, ma i lavori preparatori sono già in corso da alcuni giorni, a Lima, in Perù, il vertice APEC
(Asia-Pacific Economic Cooperation) l’organismo di cooperazione economica, libero scambio e investimenti nell'area
asiatico-pacifica, al quale aderiscono 21 Paesi (Australia, Brunei, Canada, Cile, Cina, Corea del Sud, Stati Uniti d'America,
Hong Kong, Indonesia, Giappone, Malesia, Messico, Nuova Zelanda, Papua Nuova Guinea, Perù, Filippine, Russia, Singapore,
Taiwan, Thailandia e Vietnam) e che oggi rappresenta uno dei blocchi economici sicuramente più interessanti, e non
solo per i numeri che esprime -3 miliardi di consumatori, 49 per cento di commercio mondiale e 57 per cento di
PIL mondiale- ma anche per il peso geopolitico che riveste e per il potenziale di vision e strategia a lungo termine che ha al
suo interno. Il vertice, che promette di riservare particolare attenzione per quei Paesi che sono rimasti indietro nel mettere
a frutto il potenziale che deriva dalla cooperazione, con l’obiettivo di migliorare il tasso d'integrazione dei mercati e di
crescita economica, avrà come filo conduttore la globalizzazione, ovvero, quale globalizzazione -non sono pochi i
Paesi che nell'organizzazione conducono una ricerca critica sul tema- e la minaccia che ad essa deriva dal
protezionismo che si sta affermando anche all'interno dello stesso APEC. Sotto l'ombrello della globalizzazione, alcune
priorità sono state individuate come essenziali, in particolare per i Paesi che meno stanno brillando in termini di sviluppo. La
prima priorità è l'investimento nelle risorse umane per coltivare una forza lavoro adeguata per il 21° secolo,
soprattutto in termini di innovazione e nuove tecnologie. I colloqui che hanno preceduto il vertice sono stati incentrati
sulle strategie e i tecnicismi di supporto per lo sviluppo del business sostenibile. Attenzione è stata riservata anche
sulla formazione della forza lavoro, dall’istruzione di base alla formazione professionale. La seconda priorità riguarda
l'ammodernamento delle piccole e medie imprese (PMI), che per APEC sono un pilastro, sia delle economie sviluppate
che di quelle in via di sviluppo, così come la loro integrazione nelle catene globali del valore. Si è guardato con molta
attenzione al lavoro condotto dall’ASEAN (Association of South-East Asian Nations) in favore della crescita del
potenziale che le PMI possono esprimere, come modello per i Paesi APEC. Le PMI rappresentano oltre il 97% delle
aziende della regione, e assorbono la fetta più importante di forza lavoro. Altro tema cruciale per i Paesi APEC è la sicurezza
alimentare e l'accesso all'acqua. Tema che intreccia l'altro problema aperto, quello rappresentato dai prezzi dei
prodotti agro-alimentari: mentre molto lavoro è stato fatto per la crescita della produzione, una ferita aperta è quella del
miglioramento dei prezzi. E’ necessario, secondo i tecnici, agire per migliorare la redittività della produzione e nello
stesso tempo per garantire ai consumatori un migliore accesso a una più ampia gamma di scelte alimentari,
Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su
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migliorandone anche la sicurezza alimentare. Tutte queste priorità saranno discusse sotto l'ombrello della globalizzazione,
soprattutto quando i membri dell'APEC inizieranno a riflettere sulla zona di libero scambio del Asia-Pacifico (FTAAP Free Trade Area of the Asia-Pacific, sul tavolo delle discussioni dal 2006. L’ondata di protezionismo che sta
attraversando un pezzo sempre più grande di mondo, impostasi dopo Brexit e ora con la vittoria di Donald Trump alle
presidenziali americane, sta portando i membri dell'APEC a considerare come continuare le politiche di
globalizzazione. «Non vi è una ferma convinzione in tutto APEC nel potere duraturo della globalizzazione e
della liberalizzazione del commercio per costruire la prosperità nella regione», sostengono alcuni sherpa, già al
lavoro da giorni sull’agenda che andrà in scena nel fine settimana nella capitale peruviana, e che di certo non avevano
lavorato nei mesi scorsi tenendo in seria considerazione l'eventualità di trovare tra i 21 il campione del protezionismo, come
tutti davano per scontato di avere al tavolo Hillary Clinton. «I vantaggi della globalizzazione devono essere più
uniformemente percepiti concretamente per poter contare sulla fiducia dei cittadini». Secondo Alan Bollard, Direttore
esecutivo del Segretariato APEC, la piattaforma non giuridicamente vincolante di APEC protegge l’organismo dai
sentimenti protezionistici che più facilmente esplodono in meccanismi di integrazione rigidi, come può essere
quello dell’Unione Europea. «Nel contesto attuale, l'approccio morbido della regione alla globalizzazione e alla
liberalizzazione del commercio potrebbe essere il modo migliore di procedere». Più ancora che i burocrati e i politici, sono i
responsabili del sistema delle imprese, presenti a Lima, a dirsi «molto preoccupati» per le politiche che potrebbe
mettere in campo Donald Trump. Mentre sono pronti a scommettere che il futuro sta nella liberalizzazione del
commercio e negli accordi di libero scambio «con o senza di lui», lui, il tycoon. Juan Francisco Raffo, Presidente della
Business Advisory Council di APEC (ABAC), il forum di imprenditori delle 21 economie che compongono l'organizzazione,
invita i leader politici e gli imprenditori a mandare un messagio chiaro agli USA e a tutti coloro che si fanno
tentare dal protezionismo: un «messaggio di apertura», facendo passare l'idea che se a qualcuno «non piace», loro, i
Paesi APEC, andranno avanti da soli, e chi non si sta a questi valori semplicemente sarà fuori. «Se gli Stati Uniti
rifiutano l'accordo transpacifico (TPP), non ci resta se non lo scenario di procedere con un minor numero di
persone». In ogni caso, il trattato cinese «seguirà il suo corso e avrà più forza». La Cina è la seconda potenza
economica e presto sarà la prima, «non si può tornare indietro», ha detto Raffo. Il quale considera come «buona notizia» la
volontà espressa dei cinesi a perseguire con gli accordi di liberalizzazione commerciale e ha bollato come «pazzo» chi, gli
Stati Uniti, vuole uscire degli accordi già in essere. «Gli Stati Uniti partecipano da anni il NAFTA, che è stato l'alfiere di
apertura politica, un centro di innovazione e tecnologia di grande successo», la sua economia, prosegue Raffo riferendosi
agli Stati Uniti, «non sono più le fabbriche di Pittsburgh». Non si sa ancora cosa, Trump, metterà in pratica delle sue
promesse elettorali, ma, in ogni caso, «uscire dalla situazione sarà difficile», basterà, appunto, proseguire senza gli USA. In
effetti, il percorso potrebbe non essere così indolore. Le misure protezionistiche proposte da Trump possono esporre
diversi Paesi dell'America centrale e dei Caraibi a rischi economici. E' quanto sottolinea l'agenzia Standard & Poor
che ha sviluppato un indice lo US Protectionism Exposure Index, che indica la vulnerabilità dei Paesi in via di sviluppo per
l'aumento del protezionismo negli Stati Uniti. L'indice include la quota del Pil riguardante le esportazioni verso gli Stati Uniti,
così come le rimesse dagli Stati Uniti ad un determinato Paese. America Centrale e Caraibi hanno più da perdere dal
punto di vista economico da una politica protezionistica degli Stati Uniti. A seconda della gravità del cambiamento i
rating sovrani potrebbero diventare oggetto di una pressione al ribasso, ha avvertito S & P. I primi tre Paesi più
vulnerabili sono l'Honduras, El Salvador e Nicaragua, seguiti dal Messico, membro APEC, che ha limitato la dipendenza
dalle rimesse. Nazionalismo economico e fine delle politiche di libero scambio: il nuovo protezionismo di Trump ha
orientato verso il magnate repubblicano i voti degli elettori della classe operaia, che in questi anni hanno visto i loro posti di
lavoro scomparire nel quadro di un'economia Usa sempre più globalizzata, ma è stato subito evidente che si tratta di uno
spettro che agita i mercati mondiali. Sull'immediato i mercati hanno reagito bene, però, gli esperti avvisano che
l'assorbimento del trauma è destinato essere momentaneo. L'APEC se anche raccogliesse l'invito di Juan Francisco
Raffo sarà costretta tenerne conto.
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