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$ Il corsivo dei giunto
di Sergio Rizzo
LUDOPATIA,
QUEL DECRETO
SVANITO
TRA PROMESSE
E IPOCRISIE
ove sarà finito quel
decreto, è mistero.
Forse in un
polveroso cassetto
del ministero del Tesoro, o
,fra le carte assiepate in
disordine su qualche
scrivana di palazzo Chigi.
Giace lì, da qualche parte,
ormai da mesi. A maggio,
dicono i bene informati, era
pronto. Poi si è inabissato.
Normale, penserete: siamo
o no il Paese dove la
burocrazia riesce a
confondere perfino se
stessa? Peccato che quel
decreto ministeriale,
espressamente previsto dal
comma 943 della legge di
Stabilità approvata un
anno fa, doveva servire a
combattere una piaga
sociale drammatica: la
ludopatia. In che modo?
Semplice: attuando il taglio
del 30 per cento delle slot
macchine stabilito proprio
da quella legge. Che quindi,
senza il decreto attuativo, è
rimasto ancora lettera
morta al punto da essere
ora ipocritamente
riproposto nella nuova
legge di Stabilità (che però,
guarda caso, si attende
addirittura un aumento
delle entrate dal gioco
d'azzardo). Riproposto, si
badi bene, con le dovute
cautele se è vero che un
emendamento del Pd teso
ad accelerare la sforbiciata
è stato ritirato ancor prima
di essere presentato. E
mentre questa commedia
va in scena, e í governanti
si affannano a promettere
che le macchinette infernali
saranno vietate nei bar e
nelle tabaccherie, i Comuni
restano da soli in prima
linea. Con le poche armi a
disposizione combattono,
da Anacapri a Bergamo e
ora (speriamo) anche a
Roma, contro lo Stato che
promette di tagliare, ma fa
finta, e le potenti lobby del
settore. Ne sa qualcosa il
sindaco di Bergamo Giorgio
Gori che per aver vietato
l'azzardo in alcune fasce
orarie deve fronteggiare un
ricorso al Tardi società del
gruppo Lottomatica:
sorretto dal parere di un
esperto qual è Claudio
Barbaranelli. Così esperto
da meritare un posto nel
comitato scienti fico
incaricato di sovrintendere
uno studio sulla ludopatia
commissionato dall'Istituto
superiore della Sanità. Cioè
dallo Stato.