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Alberto Di Vita 10/11/2016

Cosa vi dicevamo quando vi parlavamo degli amici? Non di tutti gli amici, ma di qualcuno in particolare… Ovvero di quelli che hanno un unico obiettivo: usarti finché servi, finché gli servi. Sono

quelle amicizie che nascono e muoiono per reciproca convenienza, perché in quel momento va bene così: ben sapendo, o almeno si dovrebbe sapere, che prima o poi si torna distanti e magari anche nemici.

Lo scrivevamo il 2 novembre, ancora inconsapevoli ciò che sarebbe accaduto. E nei giorni successivi si è visto l’effetto degli “amici”: i media italiani si sono scagliati con violenza contro l’Inter e contro la proprietà cinese. In tutti i modi, con ogni possibile mezzo. Sono partiti soprattutto missili sulla scelta della proprietà di sentire prima i tecnici papabili per la panchina: cosa che, lo abbiamo scritto in mille salse, negli altri paesi e in altri sport è una pratica normale (e anzi, persino richiesta), mentre qui in Italia è stata banalizzata col termine “casting”, colorando il tutto con la solita imbecilleria italiota, la solita fuffa figlia del provincialismo più spinto che ci rende quel paese satollo e senza idee, senza nerbo che siamo oggi.

Così, viene fuori il titolo “Inter, cose mai viste” della Gazzetta dello Sport (prendiamo ad esempio solo lei, ma erano tutti sullo stesso tono). E all’interno, un articolo livoroso e pieno di acrimonia: ” Non è difficile capire quello che sta succedendo: un gruppo di imprenditori cinesi, che del calcio ha

poca esperienza (e del calcio italiano, nulla), si è trovato in mezzo a un gioco che fatica a governare.

All’orecchio destro del padrone arrivano le voci e i suggerimenti dei dirigenti italiani (Ausilio e Gardini, quelli che spingono per la soluzione Pioli), all’orecchio sinistro giunge l’interessato consiglio di un procuratoreamicosocio, Kia Joorabchian, quello che prima ha portato sulla panchina De Boer e adesso sponsorizza Marcelino. Di certo, dopo un fallimento tanto clamoroso sarebbe un gesto di saggezza farsi da parte, però qui stiamo parlando di uomini d’affari… Ecco, l’Inter è vittima di questo teatrino, prigioniera di qualcuno che la considera uno strumento per aumentare il fatturato e non un veicolo di emozioni. La settimana più assurda (e triste) della storia nerazzurra è figlia di questi personaggi, che devono scegliere un allenatore per dare un senso a una stagione finora

nerissima e magari non hanno mai giocato nemmeno una partitella all’oratorio“.

Non vado oltre, perché non potremmo e perché avremmo delle difficoltà umane. “Un tempo era Beneamata”. Un tempo eravate un giornale e scriveva Brera, ma vabbe’.

Al netto dell’errore di fondo (Kia non stava spingendo per Marcelino, ma per Pioli stesso o, in seconda battuta, Zola), il problema vero è che l’Inter stava facendo una scelta contraria a un

certo modo di pensare (ricordate Mazzarri? Il tecnico più difeso dai media nella storia

interista): quando erano stati scritti gli articoli e decisi i titoli, l’impressione era che l’Inter stava scegliendo Marcelino.

Le cose, però, si sono evolute nell’arco di poche ore, pochissime ore: l’Inter vira decisamente su

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Pioli e improvvisamente ci si trova con tanto livore sparso in giro per niente. Neanche la Curva, durante la partita col Crotone, ha più messo in atto quella protesta tanto anticipata e tanto temuta, eccezion fatta per qualche striscione, che si cura di salvare chi deve essere salvato: “c’è ci sono un inglese, un cinese e un indonesiano“.

Insomma, l’Inter che meritava tutti gli insulti possibili per la scelta di Marcelino si era ravveduta.

E così, già il giorno stesso era tutto un fiorire di complimenti e di compiacenze: qualcuno aveva persino la faccia di chi avrebbe voluto chiedere scusa. Insomma, gli amici erano stati un po’ troppo frettolosi e zelanti.

L’indomani, Gazzetta dello Sport “l’Inter riparte”, titolo da pravda: improvvisamente spariti

tutti i riferimenti al casting, alle lotte, ai lunghi coltelli e al caos. Improvvisamente tutto diventava più bello, più sereno.

Alla fine l’audizione migliore sembra essere stata quella di Stefano Pioli. E’ questo il riassunto del weekend di consultazioni avvenute a Milano per l’assegnazione della panchina dell’Inter“.

Ma come “consultazioni”? Non erano casting? Dove sono finiti i casting? Gli errori di questi cinesi incompetenti e presuntuosi?

Sia chiaro: Suning avrebbe scelto Marcelino, ma appoggerà comunque Pioli. Un grande attestato di

stima nei confronti dell’area tecnica nerazzurra, ma a questo punto anche una pesante

responsabilità“. Dov’è finita la guerra, il sangue, tutta quella roba là, quella mai vista?

E via di osanna a Stefano Pioli: parte dal 4-3-3, lui è un riformatore (ma non era un normalizzatore?), si può fare, deve sistemare la difesa (maddeché? Ma li avete visti i numeri? I gol subiti? I gollonzi?

Dài, siate seri!)… tutto rose e fiori, futuro di grande prospettiva.

Pensi che è la sbornia della domenica, che domani si risistema tutto e torneranno a parlar

male: non dirai davvero che avranno accontentato qualcuno e ora si deve tirare la carretta dall’altra parte? No dài, non si può essere così malpensanti.

Invece sì.

Pioli è interista dentro.

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Sono tutti interisti, tutta la famiglia fino alla settima generazione. Nel DNA proprio eh: c’hanno proprio il sangue nerazzurro, altro che rosso, altro che blu: è un predestinato, l’uomo giusto al posto giusto.

Arriva anche l’endorsement (in periodo di elezioni USA ci sta) di Bergomi: l’Inter con lui può risalire. E via con tutti i peana e le carezze possibili: è chiaro il presente e il futuro, tutto va bene. Finalmente l’Inter segue la strada giusta, quella indicata dai più bravi. Quando non ci sono osanna, c’è fredda cronaca di quello che succede: insomma, gli amici reagiscono bene e rasserenano gli animi.

Come sono lontani i tempi in cui tutto andava storto, tutto era terribilmente brutto e olandese, ogni scusa era un buon pretesto per parlare male dell’Inter! Lontani lontani lontani.

Al punto che sembra necessario sdoganare in qualche modo e mondare dall’aria cattiva anche quelle “consultazioni” che una volta si chiamavano “casting”. Eh, mica roba semplice. Come si fa?

Tra i tanti articoli, uno mi era sfuggito. Ma un amico… oh, sapete com’è, no? Visto che ci siamo sbilanciati tanto con la medicina, aggiungiamo: anche la “malapinsàta” è una malattia, un virus. Appena ti entra in circolo diventa una cosa disdicevole: ti fa vedere roba maligna ovunque, e ti ricorda sempre il detto andreottiano che “a pensar male…”.

Dicevamo, un caro amico, malpensante pure lui e più profondo conoscitore di soggetti e intrecci, mi segnala un articolo: giorno 8 novembre, in prima pagina sulla Gazzetta c’è un titolo, nient’altro, che rimanda direttamente a pagina 21 all’interno. Il titolo dice “casting, non barzelletta”.

Oh, vuoi vedere che la società Inter risponde finalmente?

Uff no, peccato: è di un professore, quella roba lì. La Gazzetta non può esporsi e forse neanche l’Inter. Ma vabbe’, ci accontentiamo del professore: l’occhiello dice “Il calcio che cambia”, il titolo “Il casting Inter più evoluzione che barzelletta”.

Eh, avrebbe dovuto farla l’Inter ‘sta cosa.

Leggiamo, anche se lo sappiamo cosa si dirà: gli altri sport, l’NBA, l’NFL e via discorrendo.

Grazie amico, lo sappiamo, l’abbiamo scritto, tutto giusto.

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Il fatto è che il pezzo, all’interno della rubrica “opinioni”, si chiude col botto.

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E allora vediamo il buono che c’è, pensiamo a lungo termine, comprendiamo che le società calcistiche hanno bisogno di nuove competenze manageriali e che ognuno di noi deve vederle con occhi diversi. Il cambiamento, in meglio, del nostro sistema passa anche attraverso i nuovi capitali stranieri, i loro errori e la capacità di vincere insieme per una sfida globale. […] Mettiamo allora da parte le facili battute che tendono a ridicolizzare proprietari e manager che forse non parlano (bene) l’italiano, ma che possono aiutarci a tornare protagonisti nel calcio internazionale.Dino Ruta Oh diamine, avresti dovuto scriverla tu ‘sta cosa, Inter! Amico, chi è mai questo?

Dino. Dino Ruta. www.google.it

Vado, ma senza virgolette, non vorrei perdermi qualche “Ruta Dino”.

Dino Ruta. SDA Bocconi School of Management. Direttore Scientifico dell’International Master in Management, Law and Humanities of Sport (FIFA Master).

Questo deve essere bravo.

Amico, ma a che serve ‘sta cosa?

Malpensa. Malpensa. Ma no, non l’aeroporto. Voce del verbo malpensare.

Dino.

Ruta.

Aggiungiamoci qualche nome. Inter, per esempio. O di qualcuno dell’Inter, uno nome a caso.

Cominciamo dalla A o dalla Z? Proviamo dài, vediamo che viene fuori.

Minchia.

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No dai, che vuoi che sia.

www.inter.it

Alberto Di Vita 10/11/2016 Che volete che sia! Non siate malpensanti: questo tocca a noi. Son solo coincidenze.

Chiudo tutto, portatile, cellulari, luce. Sai che cosa resta in mente? Che sarà tutto più bello,

difficile sì, ma più bello, tutto sarà normale (d’altra parte, c’è il normalizzatore), tutto

sarà… come dire? Più amichevole, più pacioso, più italiano mi verrebbe da dire. E che, sì, probabilmente per qualche tempo non ci sarà gran rumore di nemici, e la nostra guerra alla “prostituzione intellectuale” si mette nel cassetto.

Non può essere, dai: c’è anche una dignità nell’odio. Facciamo così, mettiamo da parte la promessa: accendi il portatile, apri chrome, www.gazzetta.it, un po’ di dissapore lo trovi sicuro. D’altra parte, deve essere una sorta di terapia psicologica che non conosci: “dagli all’Inter”, una roba del genere. Qualche crisi Inter, qualche scontento , Wanda Nara… Qualcosa ci sarà!

Stefano Pioli: “Voglio un calcio vincente. E solo qualità: siamo l’Inter“. Abbiamo un fenomeno in panchina, roba che Mou e Guardiola dovranno prendere appunti.

Sospiri, spegni il portatile, apri il cassetto (no, non quello della prostituzione): maalox o inibitore di pompa protonica? Vada per entrambi.

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