Il recupero dei beni pubblici inutilizzati e

Download Report

Transcript Il recupero dei beni pubblici inutilizzati e

il recupero dei beni pubblici
Roma, 5 Aprile 2016
inutilizzati e la valorizzazione del
territorio:
territ orio: l’art.24 come opportunità
per una gestione partecipata
partecip ata
attraverso la sussidiarietà circolare
Città dell’Altra Economia
Ex Mattatoio Testaccio
REPORT
Con questa iniziativa ci si è proposti di avviare un percorso condiviso tra amministrazioni comunali,
esperti e organizzazioni civiche per individuare, valorizzare e promuovere modalità e strumenti che
agevolino il recupero e riuso di beni pubblici inutilizzati e abbandonati, favorendo in tal modo la
valorizzazione del territorio, con particolare riferimento all’attuazione dell'art.24 della Legge 11
novembre 2014 n.164.
Crediamo che incontrarci possa essere anche l’occasione per comprendere, insieme, come questo
percorso in atto di assunzione di responsabilità sui beni comuni, possa essere ulteriormente favorito da
linee guida di intervento e di governance territoriale, da adeguati dispositivi amministrativi di indirizzo
(delibera quadro, schemi di convenzioni, ecc..), nonché da modelli di riuso e gestione dei beni e di
valorizzazione del territorio che riconoscano e favoriscano la dimensione partecipata e collettiva.
2
(Misure di agevolazione della partecipazione delle comunità locali in materia di tutela e
valorizzazione del territorio).
1. I comuni possono definire con apposita delibera i criteri e le condizioni per la realizzazione di
interventi su progetti presentati da cittadini singoli o associati, purché individuati in relazione
al territorio da riqualificare.
Gli interventi possono riguardare la pulizia, la manutenzione, l'abbellimento di aree verdi,
piazze, strade ovvero interventi di decoro urbano, di recupero e riuso, con finalità di interesse
generale, di aree e beni immobili inutilizzati, e in genere la valorizzazione di una limitata zona
del territorio urbano o extraurbano.
In relazione alla tipologia dei predetti interventi, i comuni possono deliberare riduzioni o
esenzioni di tributi inerenti al tipo di attività posta in essere. L'esenzione è concessa per un
periodo limitato e definito, per specifici tributi e per attività individuate dai comuni, in ragione
dell'esercizio sussidiario dell'attività posta in essere.
Tali riduzioni sono concesse prioritariamente a comunità di cittadini costituite in forme
associative stabili e giuridicamente riconosciute.
3
4
le persone
Albertazzi Werther
Alfonsi Sabrina
Amiconi Emma
Angelastro Nicola
Antonetti Emiliano
Bagnetti Chiara
Baldazzi Cristina
Bergamin Renato
Bernardi Laura
Bianchi Emanuele
Bincoletto Aurora
Bobbio Valentino
Bocacci Marialuisa
Bonfili Emanuela
Bongiovanni Francesco
Bruni Alessandro
Caddeddu Daniela
Caloni Roberto
Cantarella Giuseppe
Capalbi Monica
Capone Nicola
Caporossi Paola
Cardone Massimo
Careca Salvatore
Casetti Fabrizio
Cavalavaglio Stefania
Cavalieri Simonetta
i comuni e i soggetti rappresentati
Cellini Roberto
Ciaccio Saverio
Cipollini Claudio
Colasurdo Clara
Collobbattista Valeria
Cosso Anna Rita
Costantini Maria Paola
Covolo Roberto
Crema Ilenia
D'Elia Annibale
Di Gennaro Danilo
D'urso Dario
Fabbri Patrizia
Fava Anna Rosa
Florini Barbara
Fusi Flavio
Fussatelli Virginia
Gatti Stefania
Ghiggini Gabriele
Girardi Mara
Girotto Nuto
Giudiece Massimiliano
Goergen Rentae
Goycoolea Felipe
Grilli Valeria
Ietto Isabella
Inti Isabella
Levi Nicoletta
Lucchese Rossana
Maggi Valentina
Mancini Monia
Manenti Matteo
Mannello Matteo
Marchetti Francesca
Maretta Giuseppe
Marino Veronica
Martini Fabrizio
Mattera Pierluigi
Micciarelli Giuseppe
Monticone Cateterina
Mordeglia Isabella
Musicco Giacinto
Negri Marco
Nichinonni Stefania
Pascucci Alessio
Pirisi Luca
Porretta Chiara
Prestifilippo Benedetto
Ricceri Emanuela
Rosati Elio
Santini Giovanni Marco
Santoro Andrea
Santucci Gianguido
Scarpitti Luca
Sichi Antonio
Silvi Valeria
Simoncini Stefano
Sinagra Laura
Sorbi Anna Lisa
Tenti Maurizio
Tognetti Roberto
Toma Andrea
Toseroni Piero
Venezia Paolo
Venti Donatella
Vitellio Ilaria
Zamponi Cecilia
Comune di Cerveteri
Comune di Chieri
Comune di Ferrara
Comune di Fiuggi
Comune di Lucca
Comune di Massarosa
Comune di Passignano Sul
Trasimeno
Comune di Perugia
Comune di Ragogna
Comune di Reggio Emilia
Comune di Roma Municipio I
Comune di San Pietro Terme
Comune di Spoleto
Associazione Planimetrie
Culturali
Alternativa Eur
Articolo 2 Onlus
Case Del Quartiere - Torino
CGIL Lazio
Cittadinanzattiva - Umbria
Commissione Governance e
Diritti dei Cittadini dell'INU
Compagnia di San Paolo, Area
Filantropia e Territorio
Comunità Interattive – Officina
per la Partecipazione
Confimprese Roma
Spazio Grisu'
Ernst & Young
Spi CGIL
Ex Fadda
Temporiuso
Exasilo Filing
Università di Salerno Factory Grisu',
Dipartimento di Scienze
FAI Lazio
Politiche, Sociali e della
Fondaca
Comunicazione
Fondaxione Ital. Cam
Fondazione Etica
Harmonia
Inc. Ed
INU Sez. Umbria
Iperpiano, Coord. Naz.le
L'asilo-Www.Exasilofilangieri
Le Mat
Master Iulm
Millepiani
Mun Xiii Cons
Nextn N.E.T.
Ofarch-Officina D'architettura
Ofarcia
Red Iapsos
Ric. Coopsociali
Riusiamo L'italia
5
Antonio Gaudioso, Segretario generale di Cittadinanzattiva
Sulla base dell’art.24 (L. 164/2014) il cittadino diventa soggetto attivo,
proponente, che presenta, per poi attuarli, progetti di riqualificazione del
territorio che apportino dei benefici alla collettività e alla comunità locale. È’
di fatto una traduzione nella realtà dell’art 118 della Costituzione, che compie
nel 2016, 15 anni. Un articolo che sottolinea l’importanza dell’autonoma
iniziativa civica (la cittadinanza attiva) per l’interesse generale, dunque per la
cura dei beni comuni, la tutela dei diritti, e il sostegno ai soggetti più deboli.
Sempre secondo l’articolo 118 le istituzioni devono stimolare e favorire questo
ruolo dei cittadini. L’evento di oggi rappresenta un momento di confronto tra
amministrazioni comunali, organizzazioni civiche ed esperti, in cui abbiamo
potuto condividere tra pari riflessioni, opportunità, esperienze, percorsi,
modalità concrete di recupero, riuso e rivitalizzazione degli spazi pubblici tali
da apportare benefici alla collettività e alle comunità locali. Ed è per questo
che un percorso di assunzione di responsabilità sui beni comuni non poteva non
passare da un momento collettivo di condivisione di obiettivi e strategie. Non
volevamo e non vogliamo cadere nel tranello degli annunci, ma dare vita a
opportunità vere, visibili e misurabili, inaugurando un nuovo modo di fare
cittadinanza attraverso una alleanza fattiva tra cittadini e istituzioni. E questo
sarà anche uno dei temi portanti del prossimo Congresso nazionale di
Cittadinanzattiva, “Incluso Io”, che si terrà a Fiuggi dal 26 al 29 maggio”.
6
Roberto Reggi, Direttore Agenzia del Demanio
Si conferma il forte impegno dell’Agenzia nello snellimento
delle
procedure
amministrative
per
agevolare
la
valorizzazione ed il riuso dei patrimoni immobiliari, in
particolare per i beni di proprietà dello Stato. Sono circa
32.500 i fabbricati pubblici del demanio, di cui finalmente
conosciamo oggi lo stato e il valore economico, e questo è
possibile verificarlo accedendo al sito dell’Agenzia e
cliccando su “opendemanio”.
Grazie all’applicazione dell’Art. 26 dello “Sblocca Italia” è
stato possibile avviare, ad esempio, nella città di Bari un
progetto di riqualificazione dell’ Ex Ospedale Militare Bonomo
per contrastare l’emergenza abitativa. Inoltre l’ex Casa
Mandamentale Le Badesse di Macerata Feltria, verrà
restituita ai cittadini per diventare una struttura sanitaria.
E’appena scaduto il bando di gara per la realizzazione del
progetto di valorizzazione dell’ex carcere che sarà
nuovamente fruibile.
Proprio in questa direzione, nell’ottobre dello scorso anno,
l’Agenzia ha firmato un Protocollo d’intesa con
Cittadinanzattiva Onlus e Fondazione Patrimonio Comune
(ANCI), finalizzato a promuovere iniziative di rivitalizzazione
di immobili inutilizzati , grazie anche alle idee di cittadini
singoli ed associati. L’obiettivo è quello di favorire la
coesione sociale delle comunità locali, promuovendo cultura
e arte, cura dei beni comuni, sostegno delle categorie sociali
svantaggiate e l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro.
Ermete Realacci, Presidente Commissione Ambiente, territorio,
lavori pubblici, Camera dei Deputati
Se non c’è azione comune in questa logica di sussidiarietà, non ci può
essere buona politica. L’esempio è proprio la formulazione
dell’art.24 che è stata possibile in questi termini, grazie al contributo
fornito da un organizzazione come Cittadinanzattiva. Questo è un
esempio di buona pratica da valorizzare. Dobbiamo, parimenti,
vigilare rispetto all’attuazione della norma, in modo che
l’interpretazione restrittiva data di recente dalla Corte dei Conti che
vorrebbe circoscrivere il cosiddetto “baratto amministrativo”
soltanto alle stesse filiere (ad es. debito fiscale per tassa rifiuti si può
compensare solo con lavori di pulizia, e così via…) non limiti la
portata innovatrice della norma stessa.
Chiara Braga, Commissione Ambiente, territorio, lavori pubblici,
Camera dei Deputati – relatrice alla Camera dello “Sblocca Italia”
Questo primo periodo di attuazione dell’art.24 ci restituisce una
realtà in cui gli effetti vanno oltre il previsto, e nel tempo sapremo
verificare meglio le ricadute nei vari territori. Si sta lavorando ad
allargare le possibilità previste nell’art.24, come sta venendo, ad es.,
con la L.9 del 2016 che amplia il campo, appunto, di applicazione di
tale norma, permettendo la valorizzazione dei beni pubblici anche
per il recupero di impianti sportivi con finalità sociali ed aggregative.
L’altro ambito è il lavoro molto delicato e complesso che riguarda
l’approntamento della legge sul contenimento del suolo, che
sull’esempio virtuoso dell’art.24 che permette di coinvolgere e
favorire l’iniziativa dei cittadini, non potrà che essere caratterizzata
anche da norme di incentivazione per il recupero e la riqualificazione
del territorio e delle città con questa logica partecipata.
7
8
Come le amministrazioni
comunali possono favorire
l’azione partecipata di
recupero dei beni pubblici
inutilizzati e di
valorizzazione del territorio
sulla base dell’art.24 della
l.164/2014 ?
9
i partecipanti scrivono su dei fogli le
proposte di discussione e in un foglio murales
(poster session) si passa a formare delle
aggregazioni per arrivare a condividere gli
argomenti su cui confrontarsi nei vari tavoli
10
gli argomenti individuati
4.
modelli e reti
11
12
1.
contenuti del
confronto del tavolo
Breve introduzione di Giuseppe Micciarelli, riguardante una rassegna delle leggi, dei regolamenti e delle teorie più
rilevanti in tema di riuso dei beni pubblici: - Costituzione: art. 118 (sussidiarietà), arti 42 (funzione sociale della
proprietà), art. 43 (la specificazione di un soggetto collettivo individuato in “comunità di lavoratori e utenti”), - art. 24
e 26 legge n. 164 del 11 novembre 2014, - Corte di Cassazione, Sez. Unite civili - sentenza 16 febbraio 2011 n. 3813;
delibere di amministrazioni locali, in particolare alcune approvate a Napoli (delibera di c.c. n. 7/2015 sui beni pubblici
percepiti come comuni, delibera di g.c. n. 400/2102 e n. 893/2015 riguardanti l’uso civico e collettivo urbano dell’ex
Asilo Filangieri). I partecipanti al Tavolo hanno evidenziato dei primi temi e questioni: a) il problema della mancanza di
una cornice normativa coerente e non stringente che favorisca l’adozione di regolamenti differenziati delle
amministrazioni locali; b) passare da procedure complesse (su agibilità, fiscalità, sicurezza, tutela, ecc.) a procedure
più semplificate e comunque aderenti allo spirito di una amministrazione collaborativa dei beni non a scopo di lucro; c)
la necessità di creare dei luoghi istituzionali (ad es. osservatori, laboratori) dove promuovere il ruolo di figure di
esperti che accompagnino comunità, associazioni e comitati nel dialogo con la P.A. per la messa a punto di modelli di
gestione partecipata dei beni.
Si è discusso poi della centralità della categoria di beni comuni, delle diverse definizioni e sulla differenza tra questi e
i beni pubblici. In particolare, partendo dai lavori della Commissione Rodotà e seguendo i percorsi dottrinali che si sono
sviluppati successivamente, si è adottata una prospettiva per cui la categoria dei beni comuni è intesa non solo nel
senso di promuovere il soddisfacimento dei diritti fondamentali degli individui, ma anche di considerare questi parte
attiva dei processi di cura e amministrazione diretta degli stessi. A questo scopo si è discusso della distinzione proposta
in dottrina tra:
discussant
Giuseppe Micciarelli, Università di
Salerno - Dipartimento di Scienze
Politiche, Sociali e della Comunicazione
facilitatrice
Francesca Moccia, Vice Segretario
generale Cittadinanzattiva onlus
“Beni comuni necessari”: cioè quei beni - materiali, immateriali e digitali – le cui utilità sono considerate
necessariamente funzionali all’esercizio dei diritti fondamentali nonché al libero sviluppo della persona e per le
generazioni future, in virtù di questa loro caratteristica, data anche le dimensioni in cui si collocano, le
Amministrazioni competenti dovrebbero attivare procedure partecipative che possano consentire ai fruitori di tali beni
un controllo sulle decisioni più rilevanti in tema di amministrazione, uso e alienazioni.
“Beni comuni emergenti” o “in senso eventuale” (in analogia alla distinzione tra demanio necessario ed eventuale):
cioè quei beni materiali che, esprimendo utilità funzionali all’esercizio dei diritti fondamentali, vengono amministrati
13
contenuti del
confronto del tavolo
in forma diretta grazie alla cura di comunità di riferimento individuabili, in assenza di lucro privatistico ed al fine
esclusivo di indirizzarli al soddisfacimento di tali diritti, nonché al libero sviluppo della persona ed alla salvaguardia
delle stesse utilità per le generazioni future.
In questo caso i modelli di amministrazione dovrebbero ispirarsi ai principi di autogoverno pubblico e partecipato, al
fine di sviluppare forme di uso collettivo del bene (come gli usi civici collettivi urbani) in cui alla comunità, uti cives,
non sia riconosciuto solo un potere di accesso, ma anche di cura, rigenerazione e co-decisione delle iniziative svolte al
suo interno.
Ulteriore questione evidenziata è stata la regolazione dei rapporti tra il pubblico e le varie forme di privato. È stata
avanzata la proposta di passare dal concetto di no profit a quello di non profit for utilities, su cui si è aperto un
ragionamento. Per quanto riguarda i modelli di gestione dei beni, si è parlato dell’importanza di favorire processi di
autoregolamentazione civica o auto-normazione che coinvolgano direttamente le comunità locali e i soggetti interessati
nella produzione di regolamenti e dichiarazioni d’uso specifiche. Da questo punto di vista è stato ricordato che molte
esperienze di riuso nascono da azioni fortemente conflittuali, che rappresentano una fonte di attivismo civico
fondamentale, che vanno pertanto direttamente coinvolte nelle progettualità.
Si è toccato, poi, il tema della valutazione, soprattutto orientata alla misurazione dell’impatto effettivo dei benefici
collettivi delle attività poste in essere nella gestione del bene, e non tanto la valutazione dei soggetti. Si è ragionato
dunque sull’importanza, a tal proposito, della selezione degli indicatori per misurare e valutare costruiti e condivisi con
le realtà locali e delle possibili difficoltà e contraddizione nella loro scelta.
Rispetto al percorso di riuso di un bene, si segnala l’importanza di partire da cosa si vuole fare/ partire da una idea o
un progetto, dalla previsione della possibilità di riuso anche parziale del medesimo (quando ad esempio ci sono
problemi di autorizzazioni e agibilità per fruire del bene nella sua interezza), lavorare per lasciar sviluppare comunità
plurali, imparziali, non identitarie che non usino il bene in modo esclusivo; del bisogno altresì di favorire un percorso
che sia effettivamente trasparente in materia di concessioni, affidamento, sponsorizzazioni.
Sotto il profilo economico si è ragionato sui riflessi che l’attuazione del federalismo demaniale avrà sulla disponibilità
di tali beni. Un criterio condiviso è innanzitutto muoversi nell’ottica di valorizzarli per salvaguardarne la proprietà
pubblica e non per favorire eventuali alienazioni a soggetti privati, a quel punto per eterogenesi dei fini di fatto
favorita dalla rivalutazione immobiliare che i processi di rigenerazione potenzialmente sono in grado di produrre. Il
discorso si è esteso dunque al ruolo sempre più attivo della Corte dei Conti e agli effetti dell’interpretazione
dominante circa i doveri di messa a reddito dei beni, ancora più problematica nei casi di comuni con difficoltà
finanziarie. Da questo punto di vista si è discusso della possibilità di rafforzare una diversa interpretazione che avvalori
l’ipotesi di una “redditività civica” per cui le attività della cittadinanza svolte all’interno dell’immobile possano essere
valutate e consentite quali forma di reddito indiretto generato a favore della comunità locale.
14
proposte e indicazioni per
modelli di intervento
1. mappare spazi/immobili a livello locale e poi rendere disponibili i dati in rete (tramite opendata);
2. costruzione di una rete/piattaforma nazionale e internazionale per mettere in comune i modelli di
amministrazione dei beni che si sviluppano sui territori
3. giungere a una definizione condivisa di beni comuni (distinguendoli in “necessari” ed “emergenti o
eventuali”) e criteri per l’uso dei beni pubblici (trasparenza nell’assegnazione e valutazione sociale
dell’attività)
4. promuovere la creazione di figure professionali nuove (mediatore civico) ovvero di luoghi istituzionali che
facilitino gli incontri tra comunità e amministrazioni, provare a raccogliere le pratiche in una sorta di
manuale
5. sviluppare percorsi di formazione partendo dalle esperienze e condividere le forme di monitoraggio dei
progetti
6. escludere per i beni comuni forme di assegnazione esclusiva, al fine di incentivare forme di gestione
collettiva esplicitata in regolamenti condivisi dalle amministrazioni. Individuare regole uniformi per
assegnazioni trasparenti ed eque dei beni pubblici, garantendo comunque meccanismi di controllo e
rotazione nell’uso degli spazi
7. promuovere il concetto di redditività civica e sviluppare proposte, anche legislative, per garantire forme
di fiscalità di vantaggio o esoneri fiscali per gli usi collettivi dei beni comuni
15
2.
contenuti del
confronto del tavolo
Il tavolo parte dall’opportunità di delimitare l’ambito di azione del riuso identificando quali siano gli edifici e gli spazi
riutilizzabili “dal basso” per finalità sociali. Una prima limitazione è quella relativa alle abitazioni residenziali che si
escludono dalla riflessione a meno di quelle interessabili da alloggi con specifici valori sociali e di emergenza.
Afferiscono al tema gli edifici di interesse storico quanto gli ex contenitori di funzioni pubbliche e gli spazi della
produzione. Particolare interesse le recenti sperimentazioni nel riuso di borghi e di piccoli centri disabitati così come
negli spazi per agricoltura. Anche per quanto riguarda gli attori del riuso il tavolo ha elaborato un breve elenco
(abitanti –piccoli gruppi o intere comunità-artigiani, agricoltori, piccoli imprenditori, migranti, soggetti in cerca di
occupazione ma anche specifici fruitori in situazioni di emergenza).
Il riuso deve essere indirizzato a servizi per la comunità (tempo libero, ricreativo, culturale, formativo, salute) ma
anche alla produzione (sempre con una valenza profondamente sociale) e alla residenza sociale e può essere attuato
sia in forma temporanea che definitiva.
Le modalità di intervento si differenzieranno sulla base della considerazione delle diverse tipologie di manufatto, di
soggetto attivo, di attività.
Le criticità indagate sono riassumibili:
-
discussant
Adriano Paolella Referente nazionale
dell'area ambiente e territorio di
Cittadinanzattiva onlus
facilitatrice
Donatella Venti Coordinatrice
Commissione Governance e Diritti dei
cittadini, INU
-
nella necessità di intervenire in tempi ridotti (onde evitare che i manufatti abbandonati si degradino) a cui si
risponde con una grande lentezza decisionale;
nell’ingerenza di interessi che preferiscono la destrutturazione dei manufatti esistenti per ricostruire con nuove
tipologie e maggiori cubature;
nella mancanza di una normativa che favorisca il riuso;
- nella mancanza di soggetti intermedi tra pubbliche amministrazione e imprese e cittadini che possano favorire il
riuso;
- nella presenza di vincoli normativi che limitano il riuso “dal basso”, regolamentando secondo criteri più connessi al
controllo di processi speculativi che a pratiche sociali;
- nella presenza di bandi di assegnazione che di fatto limitano la diffusa partecipazione dei cittadini.
16
proposte e indicazioni per
modelli di intervento
1. costituzione di “team” di riferimento che seguano tutto il percorso di riuso e la realizzazioni di sportelli (a
gestione associativa) dotati di tecnici che supportano gli operatori
2. adozione di un modello di governance “partecipata” differenziato a secondo le situazioni
3. definizioni di percorsi di riuso “garantiti” percorsi in grado di includere risorse e capacità
4. miglioramento della continuità tra cittadini e istituzione sul tema, in particolare attraverso la scelta delle
pubbliche amministrazioni di favorire il riuso “dal basso” e di porre attenzione all’ascolto dei cittadini
5. diffusione delle conoscenze delle buone pratiche finalizzate anche all’aumento delle responsabilità e
delle consapevolezza delle proprietà dei beni abbandonati partendo proprio dal riconoscimento del valore
del bene
6. promozione di strategie condivise
17
3.
contenuti del
confronto del tavolo
Il tavolo parte dalla considerazione che il riuso richiede investimenti ingenti e le organizzazioni civiche
tendenzialmente non hanno a disposizione budget proprio da poter destinare a questo scopo (ristrutturazione dei
beni, avviamento e gestione delle attività).
Nasce dunque l’esigenza di individuare modalità per reperire risorse ad hoc. In tal senso, e come questione
preliminare all’individuazione di possibili modalità di finanziamento, la prima considerazione riguarda l’opportunità
di definire un valore dei beni che non risponda ai parametri tradizionali del mercato. Questo perché un bene
abbandonato e in stato di progressiva usura è un bene che non sembra avere alcun valore economico in sé. Il valore
può quindi derivare. Puntare, dunque, su beni che necessitino di interventi di recupero di bassa complessità, che
siano agibili in tempi brevi, richiedendo, dunque, investimenti limitati in termini economici e di tempo/lavoro.
Valorizzare il bene dal punto di vista dell’attrattività del progetto complessivo di recupero, con particolare
riferimento alle attività che vi saranno svolte, ai benefici per la comunità e alla valorizzazione del territorio.
Legare, quindi, il finanziamento non all’immobile in sé, ma al bene immateriale, al valore sociale dell’attività che
si vuole realizzare.
discussant
Roberto Tognetti Coordinatore
nazionale iperPIANO
facilitatrice
Emma Amiconi Direttore di Fondaca
18
proposte e indicazioni per
modelli di intervento
1. mappatura dei beni in cui inserire, tra gli indicatori, anche il “valore sottratto”, cioè il valore economico
che di anno in anno perde un bene in abbandono
2. formazione specifica del personale delle amministrazioni comunali, ma anche delle associazioni
3. predisposizione di un kit di lavoro per le amministrazioni comunali
4. finanziamenti di soggetti privati
5. favorire il rafforzamento e la diffusione dello strumento dei social bond finalizzati al sostegno di iniziative
di elevato interesse sociale
6. promozione della finanza a impatto sociale, a partire dall’insediamento di un comitato nazionale
multistakeholders che metta in rete tutti i soggetti che, a vario titolo, possono contribuire
all’affermazione di questo nuovo modello economico (es. tavolo lavoro ABI, caso Sardegna)
7. istituzione di un fondo statale ad hoc, declinando l’art.24 nel senso delle grandi opere
8. lavorare sulla diffusione di metodi di progettazione partecipata, anche rispetto alle risorse economico –
finanziarie
9. proporre che spazi dei beni recuperati possano essere assegnati anche a soggetti profit per contribuire più
facilmente alle spese necessarie per il riuso
Più in generale, è emersa la necessità di un investimento culturale sul tema del riuso, a partire dai livelli
istituzionali. Le istituzioni debbono impegnarsi in un’operazione di informazione e sensibilizzazione rivolte
tanto ai cittadini quanto agli enti locali, promuovendo il riuso del patrimonio immobiliare pubblico quale
opportunità di valorizzazione del territorio e delle sue risorse, culturali, economiche e umane.
Conseguentemente, occorre una spinta ad opera dalle istituzioni centrali, a forme di investimento
economico – finanziario, partendo dal recupero delle risorse allocate ad altri comparti statali, ma mai spese.
19
4.
contenuti del
confronto del tavolo
In primis si è cercato di capire quale fosse la provenienza (geografica e professionale) dei partecipanti, evidenziando
una forte eterogeneità che ha dato grande impulso alla discussione del Tavolo.
Indipendentemente dal ruolo ricoperto (politici, dirigenti, funzionari, attivisti, singoli cittadini), i partecipanti hanno
evidenziato lo sforzo compiuto per riuscire a realizzare iniziative di riuso del patrimonio immobiliare superando una
diffusa resistenza al cambiamento. In particolare, è stata evidenziata da tutti i partecipanti (anche da politici e
funzionari pubblici) l’importanza di avere regole chiare per evitare che l’ambiguità delle norme venga utilizzata come
strumento per ostacolare le pratiche di riuso.
Dalla discussione è emersa l’importanza di 4 categorie di attori indispensabili per il successo di una iniziativa di riuso
sociale del patrimonio immobiliare pubblico sottoutilizzato:
1.
2.
3.
4.
La politica locale (che indirizza)
la parte tecnico amministrativa (che predispone gli atti e coordina le attività per conto dell’ente pubblico)
i soggetti gestori degli spazi (che realizzano in concreto le attività e devono garantire la loro sostenibilità)
La comunità (che partecipa e abita gli spazi)
A livello locale, questi attori sono parte di un contesto più ampio (un “ecosistema”) abitato da media, opinione
pubblica, altri stakeholder e connesso da capitale sociale, linguaggi, norme esplicite e consuetudini.
discussant
Annibale D’Elia Esperto in Politiche Pubbliche
facilitatrice
Anna Rita Cosso, Segretaria regionale
Cittadinanzattiva Umbria
Una pratica di riuso di successo è il risultato della collaborazione armonica di questi 4 attori fondamentali, ma è anche
fortemente dipendente dal contesto in cui viene realizzata (ad esempio, la presenza di maggiore o minore capitale
sociale, di relazioni fiduciarie preesistenti tra gli attori, dalla presenza di altre esperienze sul territorio etc.) e dal
percorso/processo che viene messo in atto per arrivare al risultato (maggiore o minore coinvolgimento della comunità,
pratiche di codesign vs progetti calati dall’alto etc.).
Nello stesso tempo, è possibile che una pratica di successo si realizzi perché uno degli attori, maggiormente motivato,
sia capace di innescare processi virtuosi di sensibilizzazione degli altri soggetti territoriali e dell’ecosistema. Spesso si
innescano situazioni di conflitto costruttivo, che si sviluppano anche forzando le regole e definendo di fatto pratiche
che si adattano con successo in uno specifico contesto. Si è posto l'accento, inoltre, al tema della sostenibilità
economica: per un verso, è assai complesso realizzare un intervento di riuso senza il supporto di fondi o finanziamenti
20
pubblici (in progressiva riduzione);
per altro verso, è fondamentale che le risorse economiche o strumentali provenienti dal pubblico o dal privato siano
utilizzate in una logica generativa, ovvero come investimento per innescare forme di creazione di valore economico o
sociale dirette a garantire l’autosostenibilità economica degli spazi.
Inoltre da non dimenticare la forte connotazione sociale di tante esperienze di riuso che coinvolgono particolari
categorie di cittadini ( ma anche migranti, , ecc.).
Da parte di tutti i partecipanti si sono espresse alcune avvertenze:
1. non esiste un modello predefinito: le best practice servono solo come ispirazione, ma la soluzione migliore è sempre
quella che nasce a livello locale, da una ricombinazione virtuosa delle risorse presenti (e spesso sottoutilizzate) del
territorio;
2. i ruoli tra i 4 attori non sono definiti: soprattutto a livello locale, dipendono molto dalle singole persone, dalla loro
capacità di attivarsi e attivare gli altri, portando avanti le reciproche istanze;
3. cruciale è la questione della gestione del potere; una pratica di riuso sociale di successo, soprattutto se è
economicamente autosufficiente, non è una pratica neutra ma ha un contenuto fortemente politico: costituisce di
fatto una cessione di potere a vantaggio dei cittadini e della comunità; talvolta queste esperienze vengono
ostacolate perché non sono facilmente controllabili;
proposte e indicazioni per
modelli di intervento
1. adottare norme chiare e facilmente applicabili e invitare le amministrazioni a dare diffusione delle
opportunità che si hanno nel partecipare a queste attività
2. sollecitare le amministrazioni ad incoraggiare i cittadini a fare proposte, non solo a regolamentare: se
realmente lo Sblocca Italia vuole sbloccare l’Italia, bisogna permettere di farlo ai suoi cittadini !!
3. promuovere l’attivazione di sportelli per il riuso e promuovere percorsi formativi ad hoc per
accompagnare chi si avvicina a questo tipo di progettualità
4. invitare Cittadinanzattiva onlus ad assumere un ruolo di facilitatore di questi processi, fungendo da
aggregatore delle istanze provenienti dal territorio e di tramite con le istituzioni centrali per richiedere
anche la rimozione degli ostacoli normativi e regolamentari che rendono difficile l’accesso alle
opportunità di riuso; ad utilizzare il proprio network di relazioni e competenze in materia di riuso per
raccogliere pratiche, modelli di atti amministrativi e manuali d’uso, per favorire la più ampia conoscenza
delle norme, dei regolamenti e delle pratiche già accettate, legittimate e sperimentate a livello
nazionale
21
22
Anna Lisa Mandorino, Vice Segretario generale di Cittadinanzattiva
L’articolo 24 del cosiddetto Sblocca Italia, la cui applicazione dal momento
in cui la norma è entrata in vigore ha coinciso di frequente con l’istituto
del “baratto amministrativo” e, quindi, con un’interpretazione di tipo
prevalentemente fiscale, contiene in realtà una prospettiva molto più
innovativa e di respiro legata al tema del recupero e del riuso dei beni
pubblici non utilizzati.
La domanda da cui si è partiti nel rileggere l’articolo 24 nella prospettiva
del riuso dei beni comuni è stata come le amministrazioni possano favorire
l’azione partecipata di recupero di questi beni.
Armonizzare, semplificare, facilitare mediante la rimozione degli ostacoli,
favorire mediante strumenti, procedure e persone dedicati, mediante il
dialogo e il confronto piuttosto che mediante la regolamentazione: sono
queste le richieste più pressanti emerse da tutti i tavoli di lavoro riguardo
alla messa a punto di modalità per l’applicazione dell’articolo 24 per il
riuso dei beni abbandonati, e su queste richieste si sono trovati d’accordo
tanto le amministrazioni quanto gli studiosi del fenomeno quanto le
organizzazioni o i gruppi di cittadini presenti.
Il grande interesse manifestato dai partecipanti per le questioni legate alla
normativa, affrontate sistematicamente in uno dei tavoli, deriva dalla
necessità da tutti manifestata di avere norme e atti amministrativi leggeri,
chiari, applicati in maniera uniforme, che le amministrazioni siano aiutate
dagli stessi cittadini attivi a “decodificare” nel senso che dovrebbero
costitui
23
costituire la copertura normativa a buone pratiche già in essere piuttosto
che paletti posti alla autonoma iniziativa dei cittadini.
Così ha ribadito anche Chiara Braga, deputata della Commissione
Ambiente, che ha seguito e sostenuto l’iter di approvazione dell’articolo
24. E, se le norme debbono avere innanzitutto un valore facilitante, esse
vanno semplificate, fatte conoscere, a volte, quando in contrasto con le
disposizioni dell’articolo 24, superate o eliminate.
Ma la questione normativa e regolamentare rappresenta una condizione
necessaria, certamente non sufficiente: i nodi che l’applicazione
dell’articolo 24 pone, il come fare, non sono disgiunti da un ragionamento
più generale sull’idea stessa di partecipazione dei cittadini, sulla necessità
di “un riequilibrio dei poteri” (Annibale Quaresima) su questi temi, sulla
volontà condivisa di scommettere, in una prospettiva politica di governo e
non solo di amministrazione dei beni comuni, sulla interazione circolare fra
tutti i soggetti coinvolti nella loro cura, puntando su “gruppi compositi di
proposte e di competenze”, su un’idea di reti che “sono quelle che si
vogliono fare, non quelle che si devono fare”.
Occorre attivare un processo di cambiamento di mentalità, di
empowerment, si potrebbe dire, di tutti gli interlocutori coinvolti in
operazione di recupero e riuso di beni pubblici abbandonati: istituzioni,
amministrazioni, organizzazioni della cittadinanza attiva, cittadini devono
maturare innanzitutto la convinzione della necessità di lavorare insieme,
fra pari, seppure da posizioni diverse, per un’attività che non è il recupero
di un singolo bene, ma la costruzione di un progetto univoco e unitario sui
beni comuni.
Riuso dei beni non utilizzati vuol dire ridisegnare una strategia nazionale di
nuova infrastrutturazione del Paese: anziché concentrarsi sulle cosiddette
“grandi opere”, avere una strategia che va in questa direzione, e investirci,
significherebbe mettere mano a un processo di rivitalizzazione e di
rinascita di intere aree del nostro Paese, specie quelle più a rischio di
abbandono o di degrado, e rendere i beni comuni davvero accessibili a
tutti.
Non va dimenticato che l’articolo 24, oltre a definire l’attività, il riuso dei
beni non utilizzati, e i soggetti che possono effettuarla, cittadini singoli e
associati, in sintonia con l’articolo 118, ultimo comma, della Costituzione,
non manca di sottolineare la finalità per cui tali beni comuni debbono
essere riutilizzati, e anzi pone su questo molta enfasi. Tale finalità è
l’interesse generale, che è perseguimento di attività connesse con la tutela
dei diritti, la cura dei beni comuni appunto, l’empowerment dei soggetti in
condizione di debolezza.
Condividere questa impostazione, come si è fatto nel corso del seminario,
non prescinde da alcune operazioni pratiche che questi processi di
cambiamento dell’approccio devono accompagnare e sostenere: tutti i
partecipanti hanno sottolineato l’importanza di una mappatura sistematica
dei beni presenti, anche come antidoto a costruirne altri e al consumo di
suolo; tutti i partecipanti hanno sottolineato la necessità di strumenti di
finanziamento per rendere sostenibile l’operazione di recupero e riuso.
Ci si è salutati stabilendo di impegnarsi per un’operazione sistematica di
censimento, ma soprattutto di sperimentazione di riuso dei beni comuni
abbandonati, come Cittadinanzattiva sta facendo attraverso Disponibile! in
collaborazione con l’Agenzia del Demanio, che è un progetto, ma è
soprattutto un network di soggetti interessati al tema che il seminario del 5
aprile ha contribuito a consolidare.
24
Crediti
Promotore
Cittadinanzattiva onlus - via Cereate, 6 - 00183 Roma
www.cittadinanzattiva.it
Equipe Cittadinanzattiva onlus
Luca Bazzoli, Elisa Blasucci, Valentina Condò, Alessandro Cossu,
Michela Liberti, Daniela Mondatore,
Coordinamento metodologico
Alfonso Raus
Si ringraziano per la collaborazione fornita alle attività dei tavoli
di confronto
Emma Amiconi, Anna Rita Cosso, Annibale D'Elia, Giuseppe
Micciarelli, Francesca Moccia, Adriano Paolella, Roberto Tognetti,
Donatella Venti
25