Primi Cento Giorni

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 CAMBIARE SI PUÒ: SIN DAI PRIMI CENTO GIORNI
È arrivato il momento in cui la protesta deve tradursi in proposta. Abbiamo fatto, insieme,
molte battaglie negli ultimi anni: ci siamo opposti al blocco degli scatti stipendiali e del
turnover, alle procedure di ASN pasticciate e confuse, alle valutazioni massive e approssimative,
alla verticalizzazione delle decisioni, all’inglese “esclusivo”. Lo abbiamo fatto perché crediamo
che l’Università e la ricerca scientifica siano lo strumento per il pieno sviluppo della persona, la
garanzia di un futuro migliore per i nostri giovani, il motore della crescita economica.
Ora, non possiamo tirarci indietro: tocca a noi!
Ho presentato un programma articolato e ambizioso – disponibile sul sito di Ateneo e sul mio:
www.mariaagostinacabiddu.com, che Vi invito a consultare – ma credo sia giusto, come si fa
nell’imminenza delle elezioni, formulare anche gli impegni per i “primi cento giorni”.
Come ho già detto nei molti confronti e dibattiti che si sono svolti in questi mesi, il giorno dopo
l’elezione (verosimilmente, il 18 novembre), inizierò subito le consultazioni per la definizione
della squadra di governo, sia sul fronte “politico” che su quello più propriamente
“amministrativo”.
Mi impegno da subito a:
1) costruire una squadra forte e rappresentativa di tutte le anime del Politecnico e, in
questa linea, intendo coinvolgere, innanzitutto, gli altri due candidati, che hanno mostrato di
volersi impegnare per il bene della nostra Università: un governo unitario è, in questo
momento, a mio avviso, più che opportuno, necessario per superare le molte lacerazioni
che hanno ferito e compromesso la nostra comunità e ricostruire la fiducia, elemento
indispensabile per affrontare al meglio le molte sfide che ci attendono.
2) convocare il direttore generale, i dirigenti, i direttori di dipartimento, i responsabili
gestionali e le RSU, per discutere dell’organizzazione, tema che merita, alla luce
dell’esperienza di questi ultimi anni, di essere affrontato seriamente e con urgenza… molte
buone pratiche sono state singolarmente individuate ma ve ne sono di pessime, che hanno
appesantito – inutilmente e dannosamente – la vita di docenti, ricercatori, studenti,
tecnici e amministrativi: saremo in grado, insieme, di individuare i giusti correttivi,
razionalizzare le risorse (umane e materiali) ed eliminare indebite frammentazioni e
sovrapposizioni di ruoli, compiti e responsabilità.
3) ristabilire da subito la comunicazione fra le diverse componenti dell’Ateneo… il segreto
è uno degli elementi del potere ma non vi può essere segreto fra pari, ugualmente coinvolti
nella vita della comunità.
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Se davvero vogliamo essere leader del sistema universitario e della ricerca dobbiamo cambiare:
per questo è importante che siamo uniti e che torni la fiducia. Concretamente, questo
significa:
a) tenere fede agli impegni presi. Innanzitutto, nei confronti delle persone: chi lavora con noi
deve poter ragionevolmente proiettare la propria vita nel futuro: questo vale per i
dottorandi e i ricercatori ma vale anche per il personale tecnico e amministrativo e per
i nostri studenti. Solo venerdì mattina sono stata a Como e lì ho scoperto che – dopo aver
pesantemente investito per aule, laboratori, residenze, etc. etc. – progressivamente si sono
“avvelenati i pozzi”, sono cambiati gli orientamenti, soppressi corsi di studio
improvvisamente trasferiti altrove, quali che fossero le esigenze delle persone coinvolte.
In quel contesto, la questione del licenziamento degli otto impiegati della Fondazione Volta
(ma a servizio esclusivo del Politecnico), di cui siamo venuti improvvisamente a
conoscenza, è solo una delle espressioni di metodi aziendalistici ben noti: la disinvoltura
gestionale e la sprezzante indifferenza ai profili "umani" delle questioni organizzative non è
degna di noi.
Il mio impegno è per il contenimento del precariato e per la stabilizzazione di coloro che ne
hanno titolo.
Per far questo sono, naturalmente, necessarie risorse e, tuttavia, pur non avendo
ancora certezze sull’FFO per il prossimo anno, credo si possa – ragionevolmente – fare
riferimento a quanto ricevuto negli anni scorsi e agli avanzi di bilancio messi da parte,
per intervenire, innanzitutto, sulle situazioni più urgenti, a iniziare proprio dagli otto
licenziati di Como, della cui sorte non possiamo disinteressarci solo perché,
formalmente, non legati al Politecnico.
Non conosco altro metodo serio per governare organizzazioni complesse e allocare al meglio
le risorse pubbliche se non quello della programmazione, sulla cui base le scelte future
possono essere disegnate in modo ordinato per ristabilire fiducia e certezza.
b) Dobbiamo riqualificare molti dei nostri spazi e dobbiamo acquisirne di nuovi perché la
nostra comunità cresce: aule, laboratori, infrastrutture per la ricerca, biblioteche e
spazi di vita e di svago. Troppi errori sono stati fatti nel passato (si pensi alle vicende di
alcuni dei nostri Poli) e da questi errori dobbiamo trarre insegnamento: solo la
programmazione, la considerazione del contesto e la proiezione nel futuro delle scelte del
presente possono garantire lo sviluppo armonioso dei nostri campus e il loro miglior
inserimento nel tessuto urbano e, forse, anche auspicabili risparmi di spesa da destinare ai
nostri giovani e alle loro legittime aspirazioni di crescita.
Nell’immediato, occorre certamente dare impulso al progetto Bonardi ma è finito il tempo
delle urgenze precostituite e della trattativa caso per caso: occorre interloquire più
efficacemente con le istituzioni (locali e nazionali) e col mondo economico e occorre,
innanzitutto, discutere più ampiamente e condividere strategie e scelte conseguenti.
c) Dobbiamo rafforzare reti e rapporti: al nostro interno (fra gruppi di ricerca, tra servizi
e uffici preposti, fra Ateneo e Fondazione) ma anche all’esterno, con le istituzioni locali,
nazionali e internazionali e con le imprese. Dobbiamo puntare con maggior forza sulla
qualità della didattica e sull’internazionalizzazione: i nostri studenti chiedono più laboratori,
maggiore flessibilità dei piani di studio, metodi e strumenti didattici innovativi e noi
dobbiamo essere in grado di rispondere, senza dimenticare gli interventi di carattere sociale,
con una più attenta politica dei servizi e una più equa progressività delle fasce di reddito per
tasse, residenze, mense, trasporti.
d) Per quanto riguarda la ricerca, oltre alla ricognizione delle urgenze riguardanti
infrastrutture e laboratori e alla razionalizzazione degli uffici preposti e degli staff,
occorre – a mio avviso – rafforzare la nostra presenza nei luoghi in cui si decide del
nostro futuro (organismi e Agenzie di valutazione), a partire dalla nostra rappresentanza
in Europa, che dovrà essere in grado non solo di informare ma anche di proporre
progetti e linee di ricerca.
e) Dobbiamo, infine, da subito essere protagonisti delle grandi sfide che interessano il
nostro Paese e il mondo in cui viviamo (ambiente, salute, clima, paesaggio, energia,
rischio sismico e idrogeologico, etc.), a iniziare dai progetti a noi più vicini dal dopo–
Expo a “Casa Italia”, passando per Città studi. Intendo indire una Conferenza d’Ateneo
(allargata alla Fondazione e ai Consorzi) che ne discuta entro fine novembre: sarà
l’occasione per festeggiare (una comunità ha bisogno dei suoi riti) e per inaugurare quel
metodo della condivisione che mi sembra l’unico adeguato al nostro essere Politecnico.