Mestre nel `700: una chiesa sparita e un monastero

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GENTE VENETA | Società e cultura
Giovedi, 10 Novembre 2016
Mestre nel '700: una chiesa sparita e un monastero
ritrovato. Se ne parla al Kolbe domenica 13
Domenica 13 novembre alle ore 17.30, al teatro Kolbe di via Aleardi Mestre, la società di
archeologia Arcomai presenta un vero viaggio nella Mestre antica. Verrà illustrata per la prima
volta la localizzazione precisa della chiesa di San Giovanni delle Motte, fondata dall'Ordine dei
Templari a Mestre e successivamente distrutta dai cavalieri dell'Ordine di Malta.
L'incontro è promosso, insieme ad Arcomai e al Centro Kolbe, dalla cooperativa Gea,
specializzata nell'assistenza legale a persone senza fissa dimora o in condizioni di marginalità,
e dal club di Mestre di International Inner Wheel, organizzazione femminile con intenti culturali e
solidali. Per l'ingresso, domenica al Kolbem previsto un biglietto di 10 euro; al termine ci sarà
una degustazione di prosecco Perlage e di prodotti della pasticceria "Loredana".
Molti saranno i dettagli storici inediti sulla fondazione del monastero di Santa Maria delle Grazie
di Mestre. Ne parleranno gli archeologi Davide Busato e Paola Sfameni. Nel testo che segue
un'anticipazione del loro racconto.
La mattina del 15 maggio 1783, a pochi anni dalla caduta della Serenissima, cinque uomini si
presentarono all'osteria di Marghera, chiedendo all'oste di poter vendere alcune lenzuola. Fin
dal basso Medioevo possedeva una chiesa, un'osteria, alcune case e soprattutto la
caratteristica di essere il crocevia per raggiungere Venezia o dirigersi verso Altino. (nella foto
qui sotto un particolare di una mappa del 1721, dei Savi Esecutori alle Acque della Serenissima
Repubblica)
Gli "stranieri", dopo aver concluso l'affare, anziché proseguire si diressero verso Mestre, non
prima di essere notati proprio dal parroco della chiesa e da alcuni braccianti delle proprietà della
famiglia Tron. Giunti nei pressi del Canal Salso, cercarono di contrattare con il traghettatore che
li avrebbe dovuti portare a Venezia. Gli proposero 30 soldi. Troppi per quel viaggio e fu così che
sul filo delle voci che giungevano in città, furono riconosciuti da alcuni cacciatori di taglie come
una banda di ladri che infestava il vicino territorio di Dolo. Vennero arrestati e messi al sicuro
dentro il Palazzo del Podestà.
Alcuni funzionari da Padova si recarono a Mestre, alla fine saltarono fuori i loro nomi: Giovanni
Pomeran di Barban del vicentino - ma trasferito da poco a Gambarare - Gasparo Scorzon di
Salvazan; Pietro Cazzagon di Dolo; Giovanni Costolo di Gambarare. Il capo banda era Antonio
Silvestri di Dolo, l'unico che, vista la mal parata, aveva preferito gettarsi nel vicino Marzenego e
darsi alla macchia.
Questo episodio di cronaca è oggi conservato presso l'Archivio di Stato di Padova e riporta i
dettagli dei loro furti nonché del tentativo di sfuggire alle maglie strette della giustizia fino
all'epilogo che per alcuni di loro significherà la morte nelle prigioni.
La scelta di spingersi verso Marghera era dovuta alla volontà di allontanarsi dai centri abitati.
L'area era una vasta distesa di campi coltivati, attraversati dal fiume Bottenigo dove si
innalzavano solo due campanili: quello per l'appunto di Marghera e quello poco più distante
della Commenda di Malta.
Oggi noi non vediamo nessuno dei due campanili: il primo distrutto dai francesi per far posto ad
una fortezza, il secondo scomparso molto prima per opera degli stessi Gerosolomitani, così
come erano chiamati i cavalieri dell'Ordine di Malta. Ignoriamo per quale motivo questi avessero
deciso di abbattere l'antica chiesa dedicandola a San Giovanni delle Motte.
Quell'antica chiesa non era stata, però, edificata da loro. L'avevano ereditata, se così possiamo
scrivere, dall'ordine dei Templari, oggi studiati e conosciuti per la loro misteriosa fine. Se i
cavalieri erano scomparsi, le loro proprietà erano rimaste e, a Venezia, erano state inglobate
proprio dall'Ordine di Malta. Ricostruire la loro storia non è una questione semplice non solo per
l'impossibilità di accedere all'archivio storico presente presso l'attuale sede dell'ordine che si
trova a Venezia, ma anche per la dispersione del materiale archivistico stesso.
L'ordine di san Giovanni del Tempio e l'Ordine di Malta nella storia della città di Mestre
Un inventario della famiglia nobile dei Duodo, che a Mestre possedeva numerose proprietà, una
mappa della magistratura dei Savi ed Esecutori alle Acque, che ci fornisce la posizione precisa
della chiesa di San Giovanni delle Motte e alcuni processi conservati presso il fondo degli
Ospedali e Luoghi Pii, hanno permesso di capire l'estensione e l'importanza che - prima l'Ordine
di San Giovanni del Tempio e poi quello di Malta - hanno avuto per la città di Mestre.
La nascita del monastero femminile di Santa Maria delle Grazie
Tra le numerose proprietà, una in particolare, risulta fondamentale per comprendere
l'evoluzione del Monastero di Santa Maria delle Grazie.
Al tempo in cui la Lega di Cambrai infuriava lungo il territorio di Mestre, portandosi appresso la
distruzione dei suoi soldati, alcune donne decisero di fondare un monastero. Una scelta
coraggiosa, per nulla scontata quando case e botteghe venivano messe a ferro e fuoco. Maria
Vittoria de Collombina prese in affitto una proprietà dal "Reverendo Monsegnor de San Zuan di
Furlani da Venezia", ovvero dell'Ordine della Croce di Malta - il nome dei Furlani derivava dalla
calle dove vi era la loro sede principale - i quali furono ben contenti di ridare vita alla zona
colpita dal flagello della guerra.
Erano i primi anni del Cinquecento e questa esperienza durò per tutta la vita della Repubblica di
Venezia. Oggi i lavori hanno messo in luce gli oggetti appartenenti alla vita di quelle donne
coraggiose. (nelal foto qui sotto i frammenti di alcune ceramiche provenienti dallo scavo del
monastero di S. Maria delle Grazie di Mestre).
Dagli scavi affrontati sono emerse le tracce lasciate dalle monache attraverso i quali è possibile
tracciare le linee di condotta della vita in monastero: la clausura, il lavoro sui campi, l'attività
commerciale ma anche e soprattutto la più spicciola vita quotidiana legata ai gesti comuni, alla
preghiera e alla consumazione dei pasti, tutto ciò che appartiene alla storia di Mestre.
Tratto da GENTE VENETA, n.43/2016
Articolo pubblicato su Gente Veneta
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