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Nuova serie - Anno XL - N. 42 - 17 novembre 2016
Fondato il 15 dicembre 1969
Settimanale
Comunicato dell’Ufficio stampa del PMLI
Come sotto la dittatura
fascista di Mussolini
PAG. 3
Firenze, 5 marzo 2016, piazza San Marco. La brutale carica della polizia contro la testa del corteo Ù
­Nonostante il divieto fascista senza precedenti e le cariche della polizia
Firenze, 5-11-16. La delegazione del
PMLI in piazza San Marco al concentramento della manifestazione
contro Renzi (foto il Bolscevico)
Firenze antifascista in piazza
per il No e contro Renzi
I giovani e i giovanissimi in prima fila. Il nuovo duce Renzi e il sindaco Nardella in
preda alle allucinazioni vedono “città sfasciata” e “incappucciati”. 800 agenti delle
“forze dell’ordine” in difesa del covo della banda di Renzi alla Leopolda
La Delegazione provinciale del PMLI diretta da Claudia del Decennale
partecipa alla battaglia antifascista con spirito unitario
PAGG. 2-3-4
Appello della Commissione per il lavoro di massa del Comitato centrale del PMLI
Lavoratrici, lavoratori Votate NO
PAG. 4
L a b at ta g l i a
del PMLI per il NO
Diffusioni a Milano, Napoli e Binasco
PAGG. 5 e 6
Tramite la penna velenosa del direttore Sallusti
“Il Giornale” neofascista dei Berlusconi
chiede di bandire dalle piazze e dai cortei
le bandiere e i simboli del comunismoPAG. 8
Ispirati per tempo dall’articolo di Mauro su “Repubblica”, gli anticomunisti uniti per calunniare il socialismo e Stalin
“Il Giornale” dei Berlusconi e “il manifesto” trotzkista
celebrano la controrivoluzione ungherese
“Il Fatto quotidiano” di Travaglio si accoda con un articolo di D’Esposito e un’intervista a Occhetto
Al coro anticomunista si è aggiunta Rifondazione trotzkista di Ferrero
1917 - 7 Novembre -2016
99° Anniversario dell’immortale opera di Lenin e Stalin
Viva la Rivoluzione
d’Ottobre
via universale per la
conquista del socialismo
PAG. 9
Erdogan fa arrestare
13 deputati curdi
Arrestati anche due sindaci di Diyarbakir e 11 giornalisti
indipendenti. Bloccati i social network. Scontri in piazza.
Attaccato il palazzo della polizia a Diyarbakir
I curdi in piazza per protestare in
diverse città europee, compresa Roma
3mila bombe sganciate dagli Usa
L’esercito dell’IS resiste
all’assalto imperialista a Mosul
Al Baghdadi: “Resistete e attaccate anche in Arabia Saudita e Turchia”
Anche l’Italia impegnata nell’aggressione
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PAG. 10
2 il bolscevico / vota NO al referendum
N. 42 - 17 novembre 2016
­Nonostante il divieto fascista senza precedenti e le cariche della polizia
Firenze antifascista in piazza
per il No e contro Renzi
I giovani e i giovanissimi in prima fila. Il nuovo duce Renzi e il sindaco Nardella in preda alle allucinazioni vedono “città
sfasciata” e “incappucciati”. 800 agenti delle “forze dell’ordine” in difesa del covo della banda di Renzi alla Leopolda
La Delegazione provinciale del PMLI diretta da Claudia del
Decennale partecipa alla battaglia antifascista con spirito unitario
‡‡Redazione di Firenze
Sabato 5 novembre è stata un’intensa giornata di lotta
contro il nuovo duce Renzi e
per il NO al referendum. Mentre in città nel fine settimana si
teneva la settima stomachevole kermesse renziana alla Leopolda, dedicata al Sì al referendum, una rete di organismi
studenteschi, sociali e politici,
raggruppati sotto lo slogan “Firenze dice No” ha indetto per
il pomeriggio del sabato una
manifestazione per il NO e
contro il governo e il suo massacro sociale che da piazza
S. Marco avrebbe dovuto raggiungere la Leopolda per contestare e attaccare Renzi.
Un diritto democratico,
quello di dire la propria, che
Renzi e il suo tirapiedi fiorentino Dario Nardella hanno visto
subito come fumo negli occhi,
in particolare nella città che il
nuovo duce considera “sua”,
come hanno ripetuto numerosi mass-media evidentemente
fedeli alla stessa velina. I due
hanno trovato nel neo questore di Firenze Alberto Intini un
solerte scherano che ha addirittura rispolverato dal fascistissimo Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza,
approvato nel 1931 e tuttora
in vigore, il pericolo di “convergenza di elementi esterni con
fini delittuosi” per dare una
motivazione al divieto di manifestare; l’ultimo precedente risale al 1978, in concomitanza
con l’uccisione di Aldo Moro.
Il divieto fascista non ha intimidito gli organizzatori che
hanno riaffermato l’appuntamento in piazza S. Marco e
alle 14.30 denunciavano in una
conferenza stampa, convocata nella piazza stessa, tutte le
motivazioni dell’iniziativa, peraltro aggravate dall’intollerabile pretesa di impedire qualsiasi
contestazione di piazza. Nonostante la pioggia un migliaio di
manifestanti hanno raggiunto
la piazza sfidando un impressionante schieramento di polizia, circa 800 uomini, schierati
in tenuta antisommossa in tutte le strade di accesso a piazza
San Marco e alla vicina piazza
SS. Annunziata, mentre molti altri sono rimasti chiusi fuori
dai cordoni della polizia. Imponente lo schieramento di polizia intorno alla Leopolda, così
come nelle vie di accesso alla
città; di fatto tutta Firenze è stata pesantemente militarizzata
per proteggere Renzi e la sua
banda neofascista.
Con fermezza e coraggio,
i giovani in prima fila, lo striscione di apertura “No alla Leopolda del Sì, No al mostro di
Firenze” è stato posizionato
verso via Cavour (la direzione
che doveva prendere il corteo),
seguito da una selva di cartelli per il NO, contro Renzi (cacciamolo, Firenze non è tua),
contro la buona scuola, i tagli
alla sanità, per la casa. Presenti dalle Marche una delegazione con lo striscione “Terre
in moto”, il comitato delle vittime del “salva-banche” (che lo
scorso anno aveva già manife-
stato davanti alla Leopolda 6),
le mamme no inceneritore con
lo striscione “le mamme diffeRENZIaNO”. La combattività e
la determinazione palpabili fra
i partecipanti hanno permesso una vittoria piena della Firenze antifascista, una vittoria
politicamente importante, realizzata non facendosi intimidire dall’impressionante schieramento poliziesco e proprio
nei giorni dell’autocelebrazione di Renzi alla Leopolda.
Questo movimento antirenziano non si limita a manifestarsi in contraddittori al chiuso e
sui media ma ha il coraggio di
lontanando. Intanto volanti e
blindati a sirene spiegate percorrevano a gran velocità i vicini viali e un elicottero sorvolava la zona, creando un clima
di guerra del tutto ingiustificato.
Lo spiegamento di polizia
da stato di assedio, le ripetute manganellate e l’arresto di
un partecipante non fiaccavano i manifestanti, che, fuori dal
perimetro blindato, erano raggiunti da tanti altri antifascisti e concludevano il corteo
in 5.000 in piazza Beccaria,
dove in comizio denunciavano l’operato fascista della poli-
della e il giorno seguente Renzi stesso, trovando una solerte sponda di comprovata fede
neofascista ne La Nazione, il
giornale fiorentino da sempre
schierato a destra, che domenica 6 novembre titolava “La
guerriglia dei No Renzi”, mentre in un editoriale il direttore
Pier Francesco De Robertis se
la prendeva con i giovani che
hanno urlato sotto le finestre
del giornale in piazza Beccaria. Accodato a Renzi anche il
governatore della Toscana Enrico Rossi: “esprimo una dura
condanna verso una manifestazione che è stata di una for-
tifascista di Firenze ha dato un
importante contributo a smascherare e far comprendere
la natura neofascista del regime che Renzi sta cercando
di completare e la necessità di
rafforzare il fronte unito antifascista. Con chiarezza lo hanno
denunciato gli organizzatori di
Firenze dice No, che nel loro
comunicato (pubblicato a pag.
3) ribadiscono: “cariche, lacrimogeni, fermi si sono riversati sulle migliaia di partecipanti
ma nulla è riuscito a fermare la
nostra capacità di comunicare a tutto il paese che il governo Renzi è il governo dell’au-
(foto Il Bolscevico)
Firenze, 5 novembre 2016. I manifestanti si concentrano in piazza
S. Marco nonostante il divieto fascista della questura
irrompere nelle piazze perché
è nelle piazze che può crescere, conquistare nuove simpatie tra le masse e travolgere il
nuovo duce e la sua nera politica.
Il PMLI era presente con
una Delegazione della provincia di Firenze guidata dalla compagna Claudia Del Decennale, Responsabile del
PMLI per la Toscana. Con i
corpetti rossi, le bandiere e i
cartelli “Vota NO” e “Cacciamo
Renzi il nuovo duce”, i compagni si distinguevano nella piazza mentre lanciavano slogan
come: “Renzi il nuovo Mussolini va cacciato, manifestare non è un reato”, “la controriforma è da affossare non è un
reato manifestare” e diffusi volantini per il NO al referendum
accolti con interesse, in uno
spirito unitario antifascista.
Verso le 16, verificato che
da parte della Questura non
c’era alcuna disponibilità a lasciare spazio al corteo, i manifestanti si sono comunque
incamminati verso piazza
Duomo, decisi a non sottostare all’intollerabile diktat renziano e senza farsi intimorire
dalla spropositata presenza
poliziesca e dal relativo cordone poliziesco che li fronteggiava.
Appena la testa del corteo
è entrata in via Cavour sono
partite le manganellate a cui
è stato risposto con il lancio di
verdure. Il corteo si è disperso
nelle vie laterali, per poi ricompattarsi in via della Colonna, in
direzione opposta; anche qui
nuove selvagge cariche della
polizia, scatenata nel rincorrere persino i gruppetti di manifestanti che si stavano al-
zia e si davano appuntamento
a Roma il prossimo 27 novembre.
Nel tentativo di ribaltare la
realtà dei fatti, il sindaco Nardella, in preda alle allucinazioni, twittava provocatoriamente: “persone incappucciate che
usano violenza contro la città
sono inqualificabili”, “Dire No
è legittimo, sfasciare Firenze
non è accettabile”; false affermazioni ripetute alla Leopolda
mentre era in corso la repressione poliziesca e in varie interviste, mentre in realtà erano
i manifestanti a subire la violenza poliziesca, non erano incappucciati mentre fronteggiavano la selvaggia repressione
e la cosiddetta “devastazione”
si è limitata al lancio di ortaggi (fra cui qualche cavolo verzotto che ha dato l’occasione
di parlare del lancio di “grossi
e pesanti ortaggi” nella solerte cronaca renziana de ilsussidiario.net). Peraltro si vede
bene in un video un manifestante che cerca di impugnare un cartello stradale e viene
fermato da altri partecipanti al corteo. In piazza S. Marco sono state semplicemente
spostate un paio di reti di recinzione dal cantiere in mezzo
alla piazza, peraltro non ancorate. Altro che guerriglia come
hanno cercato di ripetere Nar-
te violenza”.
Nella serata di venerdì Nardella è stato apostrofato da un
manifestante all’interno della
Leopolda di essere un fascista costringendolo così a interrompere una conferenza
stampa.
Francesco Carnevale, il
partecipante al corteo che era
stato arrestato, è stato liberato lunedì dopo il processo per
direttissima. Nonostante le richieste del PM, il giudice non
ha disposto nessun tipo di custodia cautelare perché non
c’era nessuna prova a suo carico. Il processo è stato rinviato a febbraio del 2017.
La coraggiosa battaglia an-
sterità, dell’attacco ai diritti,
dell’impoverimento generale.
E che per questo va sfiduciato in ogni modo, nelle piazze
e nelle urne, il 4 dicembre”.
Pubblichiamo a pag. 4 anche
le denunce delle Mamme NO
inceneritore e del Movimento
di lotta per la casa, entrambe
presenti in piazza.
Il tempestivo comunicato
dell’Ufficio stampa del PMLI
delle ore 17.35 del 5 novembre, rilanciato on-line dal sito
www.pmli.it, e in ampi stralci il sito di Firenze e da Nove
da Firenze e pubblicato a pag.
3 è titolato significativamente “Come sotto la dittatura di
Mussolini”. Vergognosamen-
te è stato ignorato dai media,
conniventi col regime neofascista.
Il Comitato delle vittime
del salva-banche, presente in
piazza San Marco, ha sottolineato: “la prima violenza è a
opera dello ‘Stato’ che ha vietato la manifestazione e che
continua ad essere sempre più
distante e sordo alle richieste
dei cittadini, che continuano a
subire soprusi e tirannie; non
si può ignorare che in quella
piazza ci fossero centinaia e
centinaia di persone volto scoperto che volevano esprimere
il loro diritto a manifestare contro questo governo”.
La Confederazione Unitaria
di Base-Toscana ha denunciato: “Repressa con la forza la
manifestazione per il No alle
politiche sociali del governo
Renzi. Firenze, nella sua eterogenea diversità rappresentata in quella piazza, ha dimostrato che non è disposta a
cedere alle minacce, ai ricatti
e alla violenza difendendo con
coraggio il diritto di manifestare il proprio diritto di espressione”. Il presidente di Libertà e
Giustizia, Nadia Urbinati, stigmatizza “ciò che resta di questa triste giornata fiorentina è
l’immagine di un presidente
del consiglio che confonde le
istituzioni e le posizioni di parte, il Parlamento e la Leopolda, il partito e la cerchia personale”. Già il 4 novembre il
Comitato No Tunnel TAV Firenze aveva denunciato il divieto di manifestare a Firenze
come “un segno inequivocabile dell’attitudine antidemocratica di questo governo”; e perUnaltracittà aveva dichiarato di
restare “al fianco di chi non accetta di essere zittito e rivendica il proprio diritto a dissentire
e manifestare”. Sinistra italiana in un comunicato definisce
vergognose le dichiarazioni di
Renzi e Nardella alla Leopolda mentre si è “scelto prima di
non autorizzare alcun corteo e
poi di caricare e di sparare lacrimogeni dentro un corteo pacifico”.
Nei ringraziamenti del Centro del Partito alla Delegazione
significativamente titolato “Firenze ha respirato una boccata d’aria antifascista e antirenziana”, si legge: “Pur essendo
stata vietata dal questore Alberto Intini e aggredita dalla polizia diretta dal suo capo
Franco Gabrielli, la manifestazione è stata coronata dal successo, sia per la partecipazione di 5 mila antifascisti, sia per
la sua combattività e determinazione a portare fino in fondo
la battaglia per il NO e contro
Renzi”.
La piazza è il nostro ambiente ideale e naturale di lotta e di propaganda,
assieme a quello delle fabbriche,
dei campi, delle scuole e
delle università.
STARE
IN PIAZZA
Frequentiamola
il più possibile per diffondere i messaggi del
Partito, per raccogliere le rivendicazioni, le idee, le proposte
e le informazioni delle masse e per stringerci sempre più a esse.
vota NO al referendum / il bolscevico 3
N. 42 - 17 novembre 2016
Comunicato dell’Ufficio stampa del PMLI
Come sotto la dittatura
fascista di Mussolini
Il divieto della manifestazione di Firenze per
il NO e le cariche poliziesche per proteggere la banda neofascista
di Renzi riunita alla Leopolda, richiamano alla
mente quello che avveniva sotto la dittatura fascista di Mussolini contro i suoi oppositori.
Gli antifascisti che
si sono riuniti in piazza San Marco, in par-
ticolare i giovani che
hanno tenuto coraggiosamente testa alla polizia, meritano il ringraziamento e l’appoggio
di tutte le forze antifasciste, anticapitaliste,
antirenziane e contrarie alla controriforma
costituzionale che mira
a completare il regime
neofascista perseguito
dalla P2.
Non abbandoniamo la
piazza. Rafforziamo l’unità antifascista. Propagandiamo a tutta forza
il NO. Seppelliamo sotto una valanga di NO il
nuovo duce Renzi e la
sua politica capitalista,
neofascista, interventista, antipopolare e antisindacale.
L’Ufficio stampa
del PMLI
Firenze, 5 novembre 2016,
ore 17.35
Ringraziamenti del Centro del Partito alla Delegazione della provincia di Firenze alla manifestazione per il NO e contro Renzi
Firenze ha respirato una boccata d’aria
antifascista e antirenziana
Care compagne, cari compagni,
i dirigenti nazionali del
PMLI con alla testa il compagno Giovanni Scuderi vi ringraziano sentitamente e vi
sono profondamente riconoscenti per aver partecipato
all’importante manifestazione
per il NO e contro Renzi che
si è svolta sabato scorso a Firenze.
Sotto la direzione della
compagna Claudia del Decennale avete fatto un buon
lavoro, rendendo un grande servizio all’intero Partito
e alla storica battaglia antifascista contro la controriforma piduista e fascista del
Senato.
Tra l’altro voi avete chiaramente dimostrato lo spirito
unitario antifascista che anima il nostro Partito in questa
battaglia, nonostante che i
promotori della manifestazio-
Firenze, 5 novembre
2016. Piazza S. Marco
(foto Il Bolscevico)
ne non ci abbiano invitato a
collaborare.
In queste condizioni non
era facile per voi trovare il
giusto spazio, eppure siete
stati capaci di amalgamarvi con i manifestanti ai quali
avete potuto far conoscere la
posizione del PMLI sulla comune battaglia.
Pur essendo stata vietata dal questore Alberto Intini
e aggredita dalla polizia diretta dal suo capo Franco Gabrielli, la manifestazione è
stata coronata dal successo,
sia per la partecipazione di
5 mila antifascisti, sia per la
sua combattività e determinazione a portare fino in fondo
la battaglia per il NO e contro Renzi.
Firenze non è stata affatto “sfasciata”, contrariamente a quanto ha detto bugiardamente il sindaco Nardella,
tirapiedi di Renzi. Anzi ha respirato una buona boccata
d’aria antifascista e antirenziana. E la battaglia è stata
fatta a volto scoperto. Gli in-
cappucciati sono solo frutto
della fantasia mussoliniana di
Renzi.
Come ha detto il comunicato dell’Ufficio stampa del
PMLI “Gli antifascisti che si
sono riuniti in piazza San
Marco, in particolare i giovani che hanno tenuto coraggiosamente testa alla polizia,
meritano il ringraziamento e
l’appoggio di tutte le forze antifasciste, anticapitaliste, antirenziane e contrarie alla controriforma costituzionale che
mira a completare il regime
neofascista perseguito dalla P2. Non abbandoniamo la
piazza. Rafforziamo l’unità
antifascista. Propagandiamo
a tutta forza il NO. Seppelliamo sotto una valanga di NO
il nuovo duce Renzi e la sua
politica capitalista, neofascista, interventista, antipopolare e antisindacale”:
Saluti marxisti-leninisti.
Tutto per il PMLI, il proletariato e il socialismo!
Coi Maestri e il PMLI vinceremo!
Comunicato ufficiale dei promotori dell’importante manifestazione
Ci siamo presi piazza San Marco perché è legittimo
esprimere
dissenso
e
le
ragioni
del
NO
La polizia come la guardia privata di Renzi non è riuscita a fermarci
In più di 5.000 persone
oggi a Firenze abbiamo messo in pratica quanto abbiamo
ripetuto nelle scorse giornate: la legittimità a esprimere
dissenso e le ragioni del NO
al referendum nonostante divieti, vergognose imposizioni,
attacchi e intimidazioni indegne.
In tutti i modi si è cercato
di impedire che si potessero
rappresentare le ragioni di chi
si oppone a questo governo
e alle conseguenze di una riforma costituzionale che sa di
autoritarismo e di ulteriore accentramento del potere nelle
mani di pochi.
Avevamo detto che non
avremmo accettato lo scandaloso divieto di manifestare
imposto dalla questura, che
non saremmo stati confinati in piazza San Marco, ma
che saremmo andati a portare le ragioni del NO fin sotto la Leopolda, dove Renzi e
suoi figuranti del Partito Democratico come al solito si
rintanavano lontani dalla società reale.
Ci siamo presi sin da subito piazza San Marco in migliaia rendendo immediata-
mente chiaro che il tentativo
di impedirci spazi di espressione e partecipazione avrebbe provocato una giusta e legittima risposta. La polizia si
è comportata come la guardia
privata di Renzi, assumendosi la responsabilità politica di
mettere a tacere il dissenso
per conto del premier.
Tanti fiorentini sono scesi
oggi in piazza accanto a delegazioni dei tanti NO che costellano l’Italia resistenze territoriali contro le nocività e le
devastazioni, comitati contro le grandi opere inutili, studenti, precari, vittime del Jobs
Act hanno costruito oggi una
grande giornata: la giornata
in cui la Leopolda del Sì non
ha potuto impedire che le ragioni del NO venissero comunicate a tutto il paese da un
fiume in piena di dissenso e
dignità!
La reazione della polizia
alla richiesta di cominciare
una manifestazione verso la
Leopolda dimostra gli spazi
di democrazia che concede il
sedicente Partito “democratico”.
Cariche, lacrimogeni, fermi
si sono riversati sulle migliaia
di partecipanti ma nulla è riuscito a fermare la nostra capacità di comunicare a tutto
il paese che il governo Renzi è il governo dell’austerità,
dell’attacco ai diritti, dell’impoverimento generale. E che
per questo va sfiduciato in
ogni modo, nelle piazze e nelle urne, il 4 dicembre.
Quello che è successo
oggi è inaccettabile: una gestione dell’ordine pubblico
tesa a impedire quegli stessi
diritti civili e sociali che Renzi finge di difendere nei suoi
teatrini a reti unificate. Durante le cariche è stato fermato
Francesco, un ragazzo che si
trova tutt’ora in stato di fermo.
Ci sono stati anche diversi feriti dal momento in cui la polizia non ha smesso di inscenare provocazioni a margine
del corteo.
C’è una parte del paese
che sta alzando la testa, che
non si beve più le baggianate di Renzi e che sa che bisogna riconquistarsi diritti e
dignità tutti insieme, come
successo oggi.
Firenze, 5 novembre 2016. La polizia si accanisce contro un manifestante a terra
Torneremo in piazza il 27
Novembre a Roma, per una
nuova grande giornata di mobilitazione popolare di massa
ad una settimana dal voto sul
referendum!
La cronaca degli
avvenimenti
17:13 La manifestazione
riesce ad arrivare sui viali di
circonvallazione di Firenze e
dà vita a un presidio che chiede a gran voce la liberazione
di Francesco, fermato durante le violente cariche della polizia.
17:00 La polizia provoca
inutilmente la manifestazione
bloccandola mentre si stava
dirigendo a una conclusione:
“Vergogna!”
16:45 Il corteo riparte compatto e determinato.
16:35 La manifestazione
fa un terzo tentativo di andare
verso la Leopolda e la polizia
carica nuovamente il corteo
con gas lacrimogeni. Dalla
piazza una sola voce: “Tout le
monde déteste la police!”
16:20 Il corteo riparte direzione Leopolda. Un ragazzo
è stato fermato dalla polizia e
la piazza chiede a gran voce
la sua liberazione.
16:10 La polizia carica
violentemente per la seconda volta la manifestazione e
lancia gas lacrimogeni per disperdere i manifestanti. Ma la
piazza resiste e si ricompatta.
16:05 La polizia carica le
migliaia di persone scese in
piazza con comitati e movimenti. In piazza San Marco
si palesa tutta l’arroganza di
Renzi e di questo governo.
16:00 Le migliaia di persone che sono in piazza vogliono arrivare alla Leopolda
per portare le ragioni del NO
a questo referendum costituzionale e alle politiche governative del Partito Democratico. Il corteo sta partendo.
15:30 Migliaia di persone si sono già concentrate
in piazza San Marco, contro
l’arroganza di Renzi e i suoi
divieti. “Firenze non è sua!”
14:30 Inizia la conferenza
stampa in piazza San Marco.
A prendere parola il comitato
Firenze dice NO e tantissimi
altri comitati e movimenti da
tutta Italia che hanno deciso
di partecipare a questa grande manifestazione.
4 il bolscevico / vota NO al referendum
N. 42 - 17 novembre 2016
Appello della Commissione per il lavoro di massa del Comitato centrale del PMLI
Lavoratrici, lavoratori
Il referendum del 4 dicembre sulla controriforma piduista e fascista
Renzi-Boschi della Costituzione rappresenta un punto
di svolta cruciale, una battaglia storica per tutti gli antifascisti, i democratici ed i
progressisti. Perché sono
in ballo l’affossamento definitivo della Costituzione del
‘48, delle residue libertà democratico-borghesi, assieme ai diritti ed alle conqui-
Votate NO
ste ottenute dalle lavoratrici,
dai lavoratori e dalle masse
popolari.
Questa è una “riforma”
fortemente appoggiata dai
padroni, su tutti il nuovo
Valletta Marchionne e Confindustria, spalleggiati dalla CISL, il più filopadronale
dei sindacati. Sostengono
il Sì gli USA, l’Unione Europea imperialista, e tutte le
grandi banche che hanno in
pugno la finanza internazio-
nale. Non devono trarre in
inganno le posizioni elettoralistiche e strumentali della destra.
La volontà di “ridurre i costi della politica” è una bugia, smascherata dallo stesso PD che si è opposto al
dimezzamento degli stipendi dei parlamentari e dei
consiglieri regionali.
L’obiettivo reale è quello di trasformare definitivamente l’Italia in una repub-
blica presidenziale, ridurre
gli spazi democratici costituzionali, il ruolo del parlamento, assoggettare la magistratura all’esecutivo ed
avere mano libera per completare lo smantellamento
della sanità, della scuola e
della previdenza pubbliche;
privatizzare quel poco che è
rimasto, detassare ed agevolare le aziende accelerando il processo già in corso,
nonostante la Costituzione
vigente, azzerare i diritti delle masse lavoratrici, già in
larga parte demoliti col Jobs
Act.
Le lavoratrici ed i lavoratori sono chiamati direttamente in causa; è quindi nel
loro interesse votare NO e
impegnarsi nelle fabbriche,
negli uffici, nelle aziende ed
all’interno dei sindacati affinché trionfi il NO per stoppare la controriforma mussoliniana di Renzi, e anche per
dare un duro colpo e mandare a casa il suo governo
capitalista, neofascista, interventista, antioperaio, antipopolare e antisindacale,
uno dei peggiori che l’Italia
del dopoguerra abbia mai
avuto.
La Commissione per il
lavoro di massa
del CC del PMLI
Firenze, 5 novembre 2016
Scuderi: Partecipiamo attivamente alla battaglia per il NO
Il nostro Partito deve partecipare attivamente e senza risparmio di energie alla battaglia referendaria, unendosi a tutte le forze con le quali è possibile unirsi, entrando nei Comitati per il NO promossi
dalla “sinistra” borghese, pur mantenendo ferme le nostre motivazioni, che vanno esposte con la massima dialettica e con spirito unitario. Fino alla celebrazione del referendum dobbiamo concentrarci interamente su questa fondamentale battaglia antifascista. (Giovanni Scuderi, “Da Marx a Mao”, discorso per il 40° Anniversario della scomparsa di Mao, Firenze 11 settembre 2016)
Comunicato del Movimento di lotta per la Casa di Firenze
“Renzi credeva di zittirci con
i lacrimogeni. Ha fallito”
Ieri eravamo in piazza, insieme ad altre migliaia di persone che hanno rifiutato e sfidato il divieto a manifestare
imposto dalla Questura. Siamo scesi in piazza con il nostro NO a Renzi e al suo governo. Insieme a migliaia di
giovani e meno giovani abbiamo affrontato le cariche, i
lacrimogeni, e tutta la violenza con cui la polizia credeva
di poter zittire le nostre ragioni. Hanno fallito. I giornali parlano di “piccoli gruppi di violenti”, e mentono sapendo di
mentire. A sfidare coraggiosamente il dispositivo di polizia c’eravamo tutti: uomini,
donne e perfino bambini. Lo
avevamo detto apertamente e lo abbiamo fatto, perché
questo governo ci ha tolto già
tutto e non ci toglierà anche il
diritto a protestare, scendere
in piazza, far sentire la nostra
voce. Non ci toglierà anche la
dignità.
Ora parlano di violenza,
loro... quelli dell’art.5 che
nega i diritti minimi a chi è
stato costretto ad occupare,
quelli degli sgomberi militari e degli sfratti “a sorpresa”,
quelli dei pignoramenti facili,
della svendita delle case popolari, quelli che salvano le
banche mentre lasciano che
le famiglie in crisi vivano le
peggiori sofferenze. Per non
parlare dei tanti sudici causati dagli sfratti che questo
governo ha sulla coscienza.
Non scherziamo. Lo sappiamo noi cosa vuol dire subirla
tutti i giorni la violenza, la loro
violenza, la loro propotenza.
Cosa vuol dire vivere senza reddito ed essere trattati
come spazzatura dalle istituzioni, presi in giro dagli assistenti sociali, trattati da criminali dalla polizia.
Ora parlano di democrazia, loro... quelli che hanno
schierato 1.000 poliziotti per
impedirci di manifestare.
Non ci va più nemmeno di
dirgli “vergogna”, perchè questa classe politica ci ha già dimostrato di non conoscere il
significato di questa parola.
Il 27 Novembre saremo
tutti a Roma, per la manife-
stazione del NO prima del referendum. Saremo tantissimi,
e ci faremo contare da Renzi per fargli capire che deve
iniziare a fare le valige, che il
5 novembre deve tornarsene
a casa. Ci andremo con i pullman e lo faremo come sempre con le nostre poche risorse e i nostri grandi sforzi,
perché a differenza di Renzi
le nostre manifestazioni non
sono finanziate da industriali,
banche e speculatori di ogni
risma. Ma dopo una giornata
come quella di ieri, dove abbiamo visto una parte di questo paese iniziare finalmente
ad alzare la testa, siamo convinti che vinceremo questa
battaglia. Renzi se ne dovrà
andare a casa. Perché loro
possono pure avere i milioni, ma noi siamo in milioni a
dire NO!
Contro la loro violenza, andremo avanti, come sempre,
tutti i giorni.
Movimento di lotta per la
Casa
Firenze dice NO
SOTTOSCRIVI PER IL
PMLI PER IL TRIONFO
DELLA CAUSA
DEL SOCIALISMO
IN ITALIA
Conto corrente postale 85842383 intestato a: PMLI - Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 Firenze
Firenze, 5 novembre 2016. I manifestanti contro Renzi e per il NO concludono l’importante giornata di lotta in
piazza Beccaria. Sotto un post delle “Mamme No inceneritore” che riporta le loro riflessioni sulla partecipazione alla manifestazione
vota NO al referendum / il bolscevico 5
N. 42 - 17 novembre 2016
La battaglia del PMLI per il NO
Milano, 29 ottobre 2016. Diffusione del PMLI del volantino per il No al
referendum (foto il bolscevico)
11 NOVEMBRE
MILANO Referendum sulla legge di revisione
costituzionale 15,30-17,30, Teatro Dal Verme, via S.
Giovanni sul Muro, 2 – con: Massimo Cortesi, presidente
regionale Arci Lombardia, M. Agostina Cabiddu docente
di diritto pubblico politecnico di Milano, Carlo Smuraglia Presidente nazionale Anpi; introducono: Tullio Montagna, presidente AnpiI regionale Lombardia, Roberto
Cenati presidente Anpi provinciale Milano.
CASSINO (Frosinone) Preferisco di NO - 17,30
- 19,30 - Piazza De Gasperi, 1; con Vincenzo Baldini (Costituzionalista, Università degli Studi di Cassino e del
Lazio Meridionale)
SCALEA (Cosenza) Le ragioni del NO 17,3019,30 - Biblioteca Comunale. con Gianni Speranza
(Insegnante Scuole Superiori) , Giancarlo Costabile, Docente Unical. “Storia dell’Educazione alla Democrazia e
alla Legalità”, Mimma Iannello (Presidente FederConsumatori Calabria)
AGLIANA (Pistoia) Basta un NO! 21,15–23,15 Circolo Arci Rinascita, Via Roma, 38 - con Walter Tocci
(Senatore PD) - Sandra Bonsanti (Giornalista)
BARLETTA Le ragioni del NO, 18,30 – 20,30 - Sala
Consiglio Comunale, Corso Vittorio Emanuele, 71; con
Cosimo Matteucci (Referente Comitato per il NO Barletta), Ugo Villani (Docente Diritto Internazionale), Agostino di Ciaula (Medico Isde), Savio Chiariello (Comitato
per il NO Barletta)
SEVESO (Monza e Brianza) Le ragioni del No
- 21-23 - Aula Magna - Scuola Media Da Vinci, Via De
Gasperi; con Sen. Lucrezia Ricchiuti, Maria Agostina Cabiddu, Politecnico di Milano, Giorgio Garofalo, Presidente del consiglio comunale, Fabio Bombonato consigliere comunale, Loris Maconi, Presidente Anpi Monza e
Brianza; modera Domenico Cristiano Comitato per il NO
12 NOVEMBRE
MODENA Le ragioni del NO - 17- Sala Ulivi via C.
Menotti 137, con Raniero La Valle, Lanfranco Turci, già
Presidente Regione Emilia Romagna, coordina Memi
Campana del Comitato per il NO
FAENZA (Ravenna) Votiamo NO le nostre ragioni 10,30 - Sala ex Salesiani, via S. Giovanni Bosco,
1; Saluto dell’AnpiI; con Walter Tocci, Senatore; Introduce Alessandro Messina, portavoce Comitato faentino
del NO
MONTEVEGLIO (Bologna) - Una Costituzione
venuta dal futuro 10–13 Sala Sognoveglio, Piazza
Libertà; con Don Giovanni Nicolini (Comunità le Famiglie della Visitazione. Bologna), Enrico Pecorari (ex sindaco di Monteveglio), Umberto Romagnoli (Presidente
Comitato per il NO “A. Baldini”), Simone Salustri (Docente di Storia Unibo, vicepresidente Anpi Bologna), Mauro
Sentimenti (Comitato nazionale per il NO), Don Giovanni
Paolo Tasini (Piccola Famiglia dell’Annunziata)
FAENZA (Ravenna) Le nostre ragioni 10,30–
12,30; Sala ex Salesiani, Via San Giovanni Bosco, 1; con
Alessandro Messina e Walter Tocci
VILLADOSSOLA (Verbanio Cusio Ossola) Le ragioni del NO 15,30–17,30; ex cinema di Via G.
Boldrini; con il Prof. Ermanno Vitale dell’Università della
Valle d’Aosta
AGRIGENTO Perché NO - Le ragioni dell’Anpi
16,30, Centro Culturale P. P. Pasolini Via Atenea 123;
con Angelo Lauricella, Presidente provinciale ANPI,
Gianfranco Guelli, Avvocato, Massimo Raso, Segr.prov.
Cgil, Franco Provenzano, Magistrato
MILANO #1MINUTOPERILNO 16–18 - Balletto di
Milano, Via Fezzan, 11; Proiezioni sul grande schermo e
atmosfere teatrali, contributi filmati di Lorenza Carlassare, Marco Travaglio, Tomaso Montanari, Gustavo Zagrebelsky, Carlo Smuraglia, Stefano Rodotà, con Piero
Ricca e Alessandro Di Battista
GENAZZANO (Roma) Liberi di dire NO! 17–19,
Castello Colonna, P.zza S. Nicola, 1; con Prof. Mario Patrono, Avv. Carla Corsetti, Alberto Benzoni, Pietro Folena
MASSAFRA (Taranto) Le ragioni del NO 18–
20 Corso Roma 182, quartiere Pratofiorito; con Rocco
Lasigna e Antonello Scaligina, Presidente e Vicepresidente Associazione Pro-Pratofiorito, Avv. Marcello Barletta, coordinatore cittadino del Comitato per il NO, Prof.
Franco Matarrese rappresentante del Comitato per il No
13 NOVEMBRE
ROMA ‘decostituzionalizzazione’ in atto in
Europa 10,30–12,30 - Teatro Vittoria, P.za di S. Maria
Liberatrice,10 - MicroMega in collaborazione con l’eu-
Binasco, 29 ottobre 2016. momenti della diffusione del volantino del
PMLI per il No al referendum (foto il Bolscevico)
A L RE
FE
RE N D
Banchini e volantinaggi
del PMLI per il NO
nn 19 novembre. Banchino in
Piazza San Giuseppe (lato
corso Moro) – ore 14-18
nn 19 novembre. Banchino presso il mercato cittadino dalle
ore 9
Napoli
Rimini
nn 13 novembre Volantinaggio
di propaganda del discorso di
Scuderi “Da Marx a Mao”
nn 17 novembre. Volantinaggio
in via Scarlatti dalle 18
nn 2 dicembre. Volantinaggio a
Ponte di Tappia dalle 17
nn 19 novembre. Banchino Piazza Tre Martiri – ore 15,30-19
VOTA
NO
alla co
ntr
e fascisoriforma pid
u
ta del
senato ista
in proprio
Ravenna
BR E
Stampato
Varese
UM D
EL 4
D IC EM
Mugello-Valdisieve
nn 12 novembre. Banchino a
Borgo San Lorenzo – ore
9,30-13
nn 19 novembre. Banchino a
n. 515)
Sabato 29 ottobre, presso
il mercato comunale di Binasco (Milano), la locale Organizzazione del PMLI ha dato il
suo contributo affinché il 4 dicembre un bel NO popolare e
antifascista affossi i propositi
piduisti e liberticidi della cricca antidemocratica promotrice delle cosiddette “riforme
costituzionali” .
È stata l’occasione, oltre
che per propagandare le ragioni del NO referendario sostenuto dal PMLI, grazie al
caro e prezioso volantino fornitoci dal centro del Partito,
di allacciare preziosi contatti
con il proletariato binaschino;
in particolar modo due ragazzi hanno mostrato interesse e
dichiarato gratitudine per il testo e lo scambio di idee relative al mondo del lavoro che
ne sono derivate.
Quasi ogni volantino si è
rivelato anche un mezzo di
indagine dell’opinione popolare mai come oggi avversa
alle politiche renziane: dove
invece (di rado) si proclamava di voler votare Sì, le ragio-
ni erano deboli e pretestuose,
tant’è che un’anziana donna
ha dichiarato che voterà Sì
perché Renzi le è simpatico,
ma che forse cambiava idea
perché il nostro compagno
diffusore lo era di più.
Sicuramente torneremo in
piazza a propagandare le ragioni del NO in chiave marxista-leninista.
Legge 10.12.93
ricevere il nostro volantino e
col fatto che chi si è intrattenuto a discutere coi marxistileninisti ha voluto capire quali sono i veri interessi che si
celano dietro il Sì. Questo è
un segno che cresce l’insofferenza verso le politiche del
governo del nuovo duce Renzi al quale le masse - specie
se giovanili, studentesche,
precarie o disoccupate – riservano sempre più sfiducia.
dell’Organizzazione
di Binasco del PMLI
(art. 3 -
Sabato 29 ottobre, nei
pressi della stazione di Crescenzago della metropolitana, militanti della Cellula “Mao” di Milano del PMLI
hanno diffuso centinaia di volantini dal titolo “Vota NO alla
controriforma piduista e fascista del senato”.
L’interesse crescente per
la nostra posizione a sostegno del NO si è palesata col
gradimento dei passanti nel
‡‡Dal corrispondente
M. MARTENGHI
‡‡Redazione di Milano
Preziosi contatti tra il PMLI e il
proletariato binaschino
responsabile:
In piazza si discute coi marxisti-leninisti
per capire la vera posta in gioco che si
cela dietro al Sì
binasco
Committente
MILANO
PARTITO MAR
XISTA-LENINI
Sede centra
e-mail: le: Via Antonio
commission del Pollaio
[email protected] lo, 172a - 50142
FIRENZE
-- www
.pmli.it
Tel. e fax
055.5123164
STA ITALIANO
Pontassieve (Piazza V. Emanuele II) – ore 9,30- 13
nn 19 novembre. Banchino a Rufina (Piazza Umberto I) – ore
15,30-18,30
nn 26 novembre. Volantinaggio
davanti alla Coop di Vicchio
del Mugello – ore 8,30-10,30
nn 26 novembre volantinaggio
al mercato di Dicomano – ore
11-13
rodeputato Curzio Maltese indipendente nel GUE - Lorenza Carlassare, Anna Falcone, Paolo Flores d’Arcais,
Moni Ovadia, Riccardo Petrella, Stefano Rodotà, Gustavo Zagrebelsky
VIENNA (Austria) - Riforma costituzionale: le
ragioni del NO 15–17 - Pool7, Rudolfsplatz 9; dibattito con Prof. Giacomo Negri (Comitato per il NO Milano),
modera Elisabetta Folliero (Comitato per il NO Vienna)
ROSE (Cosenza) Proiezione film e dibattito
16,30–18,30; Sala Conferenze Comunale proiezione
del film “NO, i giorni dell’arcobaleno”; dibattito con
Donatella Loprieno (Professoressa aggregata di Diritto
Pubblico), Edoardo Stefano (Anpi Cosenza)
MELFI (Potenza) Italicum e Deforma costituzionale 17,30–19,30; Palazzo Donadoni, con Avv.
Felice Besostri (Esperto di leggi elettorali), Giuseppe
Chieppa (Direttore Rivista “Valori”)
12; Dipartimento Scienze Politiche e Sociali, Università
della Calabria, Arcavacata, presiede Umberto Calabrone (Segr. Gen Cigil Cosenza), introduce Massimo Covello (Segr. Gen Fiom Cgil Cosenza), con Mirko Riccetti
(Comitato Studenti Unical per il NO), Angelo Sposato
(Segr. Gen. Cigil Calabria), Simone Canino (Cgil Giovani
Cosenza), Giuseppe Guido (Segr. Gen. Cgil Sibari-Pollino), Gabriella Trevisan (Neolaureata in Giurisprudenza),
conclude Maurizio Landini (Segr. Gen. Fiom Cgil)
CASTEL SAN PIETRO TERME (Bologna) Le ragioni del NO 20,45–22,45, Sala Sassi, Viale Roma,
con Prof. Paolo Maddalena (Vice Presidente Emerito
della Corte Costituzionale)
MILANO Capire per decidere 21–23; Auditorio
Giovanni Paolo II Via Solari 22 (ingresso piazza del Rosario), Si e No a confronto, per il SI Umberto Ambrosoli
(avvocato), per il NO Armando Spataro (magistrato)
TERME DI TELESE (Benevento) Le ragioni del
NO 17–19; Sala Goccioloni, con Paolo Maddalena (Presidente Emerito Corte Costituzionale), dott. Domenico
Zampelli (giornalista del Mattino di Napoli)
CAGLIARI Letture della Costituzione 17:30–
19:30; Hotel Marina nelle Scalette San Sepolcro, Autonomie locali, Antonio Dessì (Dirigente Consiglio Regionale)
RAVENNA Meglio di NO! 20,30–22,30, Palazzo
dei Congressi, Largo Firenze 1, con Tomaso Montanari,
Lorenza Carlassare, Maurizio Landini
CINISELLO BALSAMO (Milano) Per un NO
convinto e motivato 20,45–22,45, Villa Ghirlanda
Silva, Via Giovanni Frova, 10, con Gianni Rinaldini CGIL,
Claudio Tani avvocato, Walter Tocci senatore PD
CESANO MADERNO (Monza e Brianzia) Votiamo NO 21–23, Centro Don Virginio Pedretti, Teatro,
Via Molino Arese, 15, con Dott. Gherardo Colombo (già
magistrato), introduce Loris Maconi (Presidente Anpi
Monza e Brianza) Presiede, Michela Vaccaro (Presidente Anpi Cesano Maderno)
SIECI (Firenze) Le ragioni del SI, le ragioni del
NO 21,15–23,15 Circolo 1° Maggio, Via P. Mascagni
41, con Francesco Pardi (Docente Università di Firenze), Fabio Incatasciato (Segretario Metropolitano PD)
14 NOVEMBRE
15 NOVEMBRE
FIRENZE Riforma costituzionale: Cosa comporta? A chi fa comodo? 16, Organizza il Collettivo di
Scienze politiche polo di Novoli, con Luca Benci giurista
e Giorgio Cremaschi coordinatore Forum diritti Lavoro
MOSCA (Russia) #IoVotoNo 19-21, Loft Farfor,
Gerdnerovsky Pereulok 3, con Paola Carinelli, Michele
Dell’Orco, Mirella Liuzzi, Giuseppe Brescia, Vito Petrocelli
RAVENNA La CGIL per il NO 20,30–22,30, Sala
D’Attorre, Via Ponte Marino 2, con Vincenzo Colla, Andrea Lassandari, Alessandro Messina, Monica Minnozzi
BASTIA UMBRA (Perugia) Noi diciamo NO
20,45 – 22,45 - Sala Unilibera, Piazza Giuseppe Mazzini, 14 - con Prof. Mauro Volpi (costituzionalista)
16 NOVEMBRE
RENDE (Cosenza) Un NO al referendum 10–
17 NOVEMBRE
25 NOVEMBRE
ROMA - Manifestazione nazionale promossa
dall’Anpi al teatro Brancaccio
27 NOVEMBRE
ROMA – Corteo nazionale per il NO al referendum – C’è chi dice NO ore 14 - piazza Repubblica, ore
18 – piazza del Popolo con Artisti per il NO, concerto
musica e parole
6 il bolscevico / vota NO al referendum
N. 42 - 17 novembre 2016
La battaglia del PMLI per il NO
napoli
La Cellula “Vesuvio Rosso” partecipa
attivamente alla campagna per il NO.
Proficua diffusione in piazza Montesanto.
Il volantino rosso del Partito attira
l’attenzione dei passanti
‡‡Dal corrispondente della
Cellula “Vesuvio Rosso”
di Napoli
Sabato 29 ottobre si è
svolto in via Partenope a Napoli un dibattito pubblico per
iniziare la campagna del #NoPlus - “Centoeuna ragioni per
votare NO” del Comitato per
il NO di Napoli al referendum
del 4 dicembre, in contrapposizione con il nuovo duce
Matteo Renzi che presentava
la campagna del Sì a Roma in
Piazza del Popolo. Compagni
della Cellula “Vesuvio Rosso”
di Napoli del PMLI erano presenti al gazebo del Comita-
to con il volantino del Partito,
stampato su carta rossa, dal
titolo “Al referendum costituzionale VOTA NO alla controriforma piduista e fascista del
senato”.
Favoriti da una bella giornata di sole, i marxisti-leninisti hanno diffuso sul lungomare partenopeo centinaia di
volantini apprezzati dai passanti. Bella l’unità di piazza
tra PMLI e il Comitato napoletano per il NO soprattutto
nelle spiegazioni alle masse vogliose di capire in cosa
consiste il quesito del 4 dicembre prossimo. In genera-
le forte è stata la nostra denuncia di questa “riforma”
che in realtà non è nuova ma
fa parte del progetto della P2
di Licio Gelli che negli anni
’70, in ossequio alla Trilateral
di Rockfeller e Brezinski, che
già voleva distruggere il “bicameralismo perfetto” e ridurre il parlamento in una cassa
di risonanza del governo.
Da sottolineare la costante
presenza delle “forze dell’ordine”, in particolare dei vigili urbani i quali, anche dopo
la presa visione dei permessi, non hanno esitato a vietare l’uso degli altoparlanti, lasciando solo un megafono
per il dibattito. Uno squallido
e arrogante modo per dire: “si
parlate ma a bassa voce così
non potranno ascoltarvi”.
La giornata per il NO si
concludeva con il proposito di
continuare la propaganda sia
singolarmente come Partito
che unitariamente come Comitato per il NO, per garan-
tire la vittoria contro la “deforma” costituzionale voluta
dalla coppia neofascista Renzi-Boschi.
Nel pomeriggio di venerdì 28 ottobre la Cellula “Vesuvio Rosso” era stata impegnata in un’importante e
proficua diffusione in piazza
Montesanto, nel cuore rosso pulsante di Napoli e dove
i marxisti-leninisti sono storicamente pesci nell’acqua.
Centinaia di volantini sono
stati diffusi dai compagni tra
le masse del quartiere popolare, entrando in contatto con
chi voleva chiarirsi le idee sulla controriforma costituzionale propugnata dal nuovo duce
Renzi. II nostro volantino è
stato al centro dell’interesse
anche per i suoi inediti contenuti e in molte occasioni ha
dato luogo a interessanti delucidazioni e approfondimenti tra i passanti, soprattutto lavoratori pendolari.
Interessanti le testimo-
Napoli 29 ottobre 2016. Il banchino di propaganda del Comitato per il
NO (foto il Bolscevico) e la diffusione del volantino del PMLI per il No
organizzata a Montesanto il 28 ottobre 2016 (foto il Bolscevico)
nianze raccolte tra le masse
popolari in piazza, in particolare lavoratori precari, del
settore alberghiero e pensionati che in più di un’occasione hanno manifestato la
propria riluttanza sia verso il
governo fascista del nuovo
Mussolini Renzi sia verso la
sua controriforma istituzionale. Ed infatti non sono pochi coloro che durante la diffusione hanno dichiarato che
voteranno NO.
“La Renzi-Boschi è il risultato di un percorso che parte
dalla privatizzazione di Banca d’Italia, fino alle picconate
alla Costituzione di Cossiga, Maastricht, e al Nuovo
Modello di Difesa con cui l’Italia ha ripudiato la pace”
di Raniero La Valle
Poiché parlo a una grande
riunione di persone la cui motivazione più profonda è che
“l’uomo non vive di solo pane”,
sento prima di tutto il bisogno
di dirvi la ragione per la quale
a 85 anni corro l’Italia per sostenere il NO al referendum,
quando i giovani di oggi sono
disperati per tanti altri motivi.
La ragione principale è una
ragione di verità. Nell’ appello con cui i “Cattolici del No”
hanno spiegato ai cittadini perché si oppongono a questa riforma, hanno detto di farlo per
una questione di giustizia e una
questione di verità. In effetti l’Italia ha oggi un grosso problema, di sapere la verità del referendum, non perché qualcuno
dica la “sua” verità sul referendum, ma per capire che cosa
il referendum dice di sé, che
cosa rivela del dramma politico che oggi stiamo vivendo in
questo Paese e nel mondo.
In questa mancanza di verità si è accesa una polemica
sul quesito su cui si deve votare, che non è l’enunciazione
del contenuto della legge ma
lo slogan che il governo le ha
messo in Parlamento come titolo. Per cui la domanda è se
la riforma realizza davvero ciò
che promette, oppure se mira a
risultati del tutto diversi e tenuti nascosti.
E poiché il titolo promette
cinque cose e non c’è il tempo
di esaminarle tutte, mi fermerò
alla prima per vedere se il titolo è vero.
La prima cosa promessa è
il superamento del bicameralismo paritario o, come si dice
più comunemente, del bicameralismo perfetto.
Allo stato attuale delle cose
il bicameralismo perfetto consiste in due Camere che hanno gli stessi poteri: danno la fiducia, controllano l’esecutivo e
fanno le leggi. Avendo entrambe la stessa dignità e la stessa
centralità nel sistema, non c’è
una Camera alta e una Camera bassa, tutte e due sono Camere alte.
La diversa misura delle due
Camere era invece la caratteristica del Regno d’Italia. Secondo lo Statuto Albertino c’era una Camera alta, che era il
Senato del Regno, ed era chiamata alta perché i senatori erano nominati dal Re. La Camera
dei deputati, i quali invece erano eletti dal popolo, era detta
Camera bassa. Era evidente
in quella concezione che il Re
era l’alto, e il popolo era il basso. Il Senato, nella varietà delle vicende politiche, doveva garantire la continuità del Regno.
Questa è la ragione per cui nel
“Gattopardo” un messaggero
del Re va a chiedere al principe di Salina di fare il senatore:
perché anche con l’unità d’Italia i signori continuino a regnare come prima e tutto cambi
perché tutto resti com’era. La
stessa continuità il Senato del
Regno doveva assicurare nel
passaggio dallo Stato liberale
allo Stato fascista, ma Mussolini preferì fare la Camera dei
Fasci e delle Corporazioni, sicché fu poi la Costituente che
sciolse il Senato; e i costituenti, trovando il terreno vergine,
senza Camera né alta né bassa, decisero di fare due Camere, ambedue elette dal popolo
e perciò aventi la stessa statura.
Adesso con la riforma proposta, c’è un rovesciamento
perché la Camera dei Deputati diventa lei la Camera alta.
In essa siederanno infatti dei
deputati di nomina regia, che
cioè saranno nominati dall’alto, ovvero dal governo e dai
capi dei partiti, e sarà la Camera che dovrà assicurare la continuità del potere e del regime,
e dicendo che “tutto cambia”,
si farà garante che tutto resti
com’è. Invece il Senato diverrà
la Camera bassa; e tanto bassa, che non sarà fatta nemmeno da senatori eletti dal popolo,
ma da sindaci e onorevoli locali
designati dai Consigli regionali.
(…) E così hanno tolto al
Senato l’unico potere che veramente contava e che dava
fastidio, il potere di dare e togliere la fiducia. E questo lo
hanno statuito senza ambiguità e senza esitazione alcuna:
con questa riforma infatti il governo esce totalmente dal controllo del Senato. Così almeno una Camera è messa fuori
gioco. E perché la spoliazione
fosse ben chiara, hanno tolto al
Senato anche quel potere che
purtroppo nella nostra cultura
massimamente è rappresentativo della sovranità: il potere
di deliberare lo stato di guerra
che l’art. 87 della nuova Costituzione toglie al Senato e riserva alla sola Camera dei deputati.
Ma quanto, dopo questa
uscita, il bicameralismo diventa imperfetto? Diventa tanto
imperfetto che neanche la Camera dei deputati funzionerà
più come un organo della democrazia parlamentare. La democrazia parlamentare consiste infatti nel rapporto di fiducia
per cui il governo nasce e dipende dalla fiducia espressa
dalla maggioranza del Parlamento. Ma nel nuovo sistema,
la fiducia verrebbe data da una
Camera nella quale la maggioranza assoluta dei seggi sarebbe occupata per legge dai nominati di un solo partito. Ora ci
dicono che questa legge, l’Italicum, la cambieranno, quando ormai a Renzi, che può perdere, non conviene più. Però
finora essa ha fatto parte integrante del cambiamento istituzionale, è stata imposta al
Parlamento col voto di fiducia
come premessa della stessa riforma, e la Corte Costituzionale, rinviando la decisione sulla
sua incostituzionalità a dopo il
referendum, l’ha formalmente consegnata al giudizio del
popolo italiano. Perciò inevitabilmente il 4 dicembre votere-
zia parlamentare. Per questo i
riformatori si gloriano del fatto
che ci sarà un solo governo per
tutti i cinque anni di legislatura,
e magari per più legislature, e
Firenze, 5 novembre 2016. Significativi cartelli in piazza San Marco (foto
Il Bolscevico)
mo insieme sia sulla riforma di
uscita dal bicameralismo che
sulla legge elettorale che l’accompagna, voteremo cioè sul
“combinato disposto”. Dunque
voteremo per un sistema in cui
al governo la fiducia sarà data
da una Camera di sua fiducia,
con una maggioranza di deputati nominati dallo stesso governo, corrispondenti però a
una minoranza degli elettori. In
tal modo la fiducia al governo
non sarà più un atto libero di
Camere elette e rappresentative di tutto il popolo, ma diverrà
un atto interno di partito, diverrà un atto dovuto per disciplina
di partito, non importa se riunito
al Nazareno o a Montecitorio.
Dunque il punto non è che
dal bicameralismo perfetto si
passa a un bicameralismo dimezzato. La verità è che il bicameralismo resta, ma è la democrazia parlamentare che se
ne va. Il superamento è questo,
e questo dovrebbe essere perciò il titolo non menzognero della legge. Ci sarà una democrazia e ci sarà un Parlamento, ma
non ci sarà più una democra-
non ci saranno più come prima
63 governi in 63 anni, come dicono Renzi e l’ambasciatore
americano. Ma se dalle urne
viene fuori non dico un tiranno,
ma un invasato, un uomo del
destino, un pazzo, uno Stranamore, un apprendista stregone, o anche semplicemente un
idiota, non c’è niente da fare, la
sua signoria è assicurata per
molti anni; e così le elezioni politiche si trasformano ogni volta
per il Paese in una roulette russa, in un rischio di suicidio.
Questa è una delle verità del referendum. Ma c’è anche, come dicevamo, una verità che sta dietro al referendum,
e che esso rivela. Essa viene
alla luce quando si dice che la
legge Renzi-Boschi attua finalmente riforme attese e avviate
da tempo.
È verissimo che queste riforme vengono da lontano. Ma
da chi sono attese? Sono attese dai mercati, dagli investitori,
dalle grandi agenzie e società
del commercio globalizzato. E
sono state avviate dalle Banche, dalle Borse, dalla Trilate-
rale, dalla scuola di Chicago,
dai Premi Nobel dati agli apostoli della dottrina neoliberista,
come von Hayek e Friedman,
dal Consenso di Washington
del 1989, dal Fondo Monetario
Internazionale e dalle sue ricette di riforme strutturali. La Costituzione renziana è in effetti il
punto di arrivo di un processo
di restaurazione condotto da
classi dirigenti pentite di quella
democrazia che avevamo ritrovato e reinventato dopo la tragedia dei fascismi sconfitti, e
che avevamo messo nelle Costituzioni del dopoguerra.
Il fulcro di questa restaurazione consiste nel trasferire la
sovranità dal popolo ai mercati.
Ciò comporta un blocco del
pluralismo politico e richiede
una società impietosa divisa in
due tra vincenti e perdenti, accolti ed esclusi, necessari ed
esuberi, salvati e sommersi.
Per i poveri, che non hanno altra ricchezza che il diritto, è un
disastro. Ed è una società che
non può più ripudiare la guerra, perché la guerra è il giudice
di ultima istanza nella lotta per
gli interessi esterni del sistema,
per le risorse e per la supremazia.
Da noi il decennio di svolta
è stato tra il 1981 e il 1991, a
partire dal divorzio tra governo
e Banca d’Italia, fino alle picconate alla Costituzione di Cossiga, fino a Maastricht, e al Nuovo Modello di Difesa con cui
l’Italia ha ripudiato la pace, ha
cambiato natura e missione
delle Forze Armate e dopo la
scomparsa del nemico sovietico ha accettato la scelta atlantica insensata di sostituirlo con
l’Islam come nemico. Da allora
viviamo nella nuova conflittualità che si è aperta col Sud del
mondo, e col terrorismo come
nuovo nome e nuova condizione permanente della guerra.
(Ampi stralci dell’intervento
al meeting “Loppiano-Lab” del
Movimento dei Focolari a Loppiano - Firenze)
AL REFERENDUM DEL 4 DICEMBRE
VOTA NO
Committente responsabile: M. MARTENGHI (art. 3 - Legge 10.12.93 n. 515)
Stampato in proprio
alla
piduista
controriforma piduista
alla controri
ee fascista
senato
del senato
fascista del
PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANO
Sede centrale: Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 FIRENZE Tel. e fax 055.5123164
e-mail: [email protected] -- www.pmli.it
8 il bolscevico / comunismo e anticomunismo
N. 42 - 17 novembre 2016
Tramite la penna velenosa del direttore Sallusti
“Il Giornale” neofascista dei Berlusconi chiede di bandire
dalle piazze e dai cortei le bandiere e i simboli del comunismo
In occasione dell’uscita della
prima pubblicazione della nuova
collana sulla “storia del comunismo”, vale a dire il “Libro nero del
comunismo europeo”, Il Giornale
del 28 ottobre riporta un editoriale di presentazione del direttore
Alessandro Sallusti che spiega i
motivi che hanno spinto il quotidiano della famiglia Berlusconi
ad una simile iniziativa editoriale. Iniziativa già annunciata con
grande enfasi qualche giorno
prima nel numero dedicato al 60°
anniversario della controrivoluzione ungherese.
“Una collana di testi storici per capire che cosa è stato
il comunismo potrebbe sembrare un’operazione nostalgica
all’inverso, cioè tenere in vita un
nemico vinto e abbattuto”, esordisce Sallusti, che però spiega:
“Se i comunisti bandiera rossa
e falce e martello sono un irrilevante residuo politico e sociale,
quell’ideologia continua invece
a vivere mascherata sotto altri nomi, sigle e volti il più delle
volte rassicuranti e per questo
paradossalmente pericolosi. Camaleonti che si annidano in ogni
ambito dello Stato, della politica,
della comunicazione. Parliamo di
persone, molte delle quali editorialisti di grandi giornali borghesi
e ospiti fissi nei dibattiti televisivi, alle quali è stato concesso di
non fare i conti con la loro storia,
a differenza di chi aveva sposato diverse e opposte ideologie.
Hanno rimosso la colpa e la vergogna di essere stati complici
della più grande tragedia del Novecento, superiore per numero
di vittime e longevità persino al
reich di Hitler”.
Una proposta
delirante
Non si capisce chi siano
questi “camaleonti” a cui allude
Sallusti, “editorialisti di grandi
giornali borghesi e ospiti fissi
nei dibattiti televisivi”: forse certi
“post comunisti” (vale a dire ex
revisionisti, rinnegati e trotzkisti)
come D’Alema, Veltroni, Padellaro, Mieli, Rangeri e via discorrendo? Oppure certi falsi comunisti
come Marco Rizzo, lui sì ospite
fisso di talk show, in particolare
sulle reti di Berlusconi, per ricoprire quel ruolo di comunista da
salotto per imbrogliare i sinceri
anticapitalisti ieri riservato a Bertinotti?
Non lo sappiamo né vale
la pena capirlo, ma quello che
conta dello sproloquio anticomunista di Sallusti è il concetto
delirante che il comunismo sarebbe “la più grande tragedia del
Novecento, superiore per numero di vittime e longevità persino
al reich di Hitler”. Un’accusa ben
nota, quella dell’equiparazione
del comunismo al nazismo da
parte del revisionismo storico,
che per il direttore del quotidiano
neofascista si traduce addirittura
nell’assegnazione del primato di
malvagità assoluta al comunismo.
Tutto ciò allo scopo di sparare
una proposta ancor più delirante
della premessa, ma anche molto
lucida nella sua brutalità: “L’apologia del comunismo – prosegue
infatti Sallusti – dovrebbe essere
parificata a quella del nazismo
e altrettanto penalmente e civilmente perseguita. Le sue ban-
gue per sconfiggere il nazismo
e il fascismo, né che in Italia i
partigiani comunisti delle Brigate
Garibaldi, con la bandiera rossa
e il simbolo della falce e martello,
siano stati l’anima e i principali
artefici della gloriosa Resistenza
antifascista.
Tutto ciò semplicemente non
esiste, è cancellato con un tratto
di penna dai libri di storia, e se
Sallusti può farlo fino al punto
dall’invocare la messa al bando
perfino delle bandiere rosse e
della falce e martello dalle piazze e dai cortei e la repressione
di chiunque si richiami al comunismo, è anche grazie ai revisionisti e ai rinnegati che questi
simboli e ideali hanno buttato da
tempo alle ortiche per abbracciare il capitalismo e servire la
classe dominante borghese in
camicia nera.
Il silenzio della
“sinistra” borghese
Roma, 25 ottobre 2014 manifestazione nazionale della CGIL. Il PMLI
partecipa tenendo alte le proprie bandiere punto di riferimento autenticamente marxista-leninista per le lavoratrici e i lavoratori
diere e i suoi simboli andrebbero
banditi da piazze e cortei”. Così
che, secondo il ringhioso mastino berlusconiano, mentre le
bandiere e i simboli del fascismo
e del nazismo sono sempre più
impunemente esibiti nelle piazze
e sul web, quelli del comunismo
dovrebbero essere messi al bando e ai suoi fautori andrebbe data
la caccia come ai criminali.
Poco importa a Sallusti che
questi siano proprio gli stessi argomenti usati da Mussolini e da
Hitler, che hanno sfruttato la paura della borghesia per il bolscevismo e la rivoluzione socialista
per prendere il potere. E ancora
meno gli importa che siano stati
proprio i comunisti, con in prima
linea l’Unione Sovietica di Stalin,
a pagare il più alto prezzo di san-
Nessuno di questi rinnegati,
né i “democratici” solitamente
pronti a invocare le libertà civili e
politiche, ma nemmeno gli stessi falsi comunisti e i trotzkisti, si
sono sentiti in dovere di ribattere
alcunché alle tesi e proposte deliranti di Sallusti e all’iniziativa neofascista e revisionista storica de
Il Giornale. Non foss’altro che per
porre loro una semplice domanda: se il comunismo è morto e
sepolto, come affermate ad ogni
piè sospinto, perché allora metterlo al bando? Perché ancora
tanta paura di questo “irrilevante
residuo politico e sociale” dall’invocare la cancellazione dai cortei
e da ogni luogo pubblico delle
sue bandiere e simboli, e la galera per chi osi ancora ostentarli?
Evidentemente – rispondiamo
noi - perché il comunismo non è
affatto morto, perché la sua ideologia e la sua spinta a cambiare
questa marcia società capitalista,
neofascista, razzista, xenofoba
e imperialista ancora resistono
e hanno una forte attrattiva sulla classe operaia e sulle masse
popolari, e i neofascisti e anticomunisti come Sallusti lo capiscono bene. Sanno che in Italia ci
sono ancora dei marxisti-leninisti
autentici e orgogliosi di ostentare
le bandiere e i simboli storici del
movimento operaio internazionale
e di portarli nelle piazze: i militanti
del PMLI che ha nella falce e martello e l’effige di Mao la sua rossa
bandiera.
È contro questo pericolo che
il direttore dell’organo berlusconiano chiama la classe dominante borghese in camicia nera a vigilare e prendere provvedimenti
drastici, non certo contro quei
quattro politicanti borghesi, revisionisti, trotzkisti e falsi marxistileninisti ospiti fissi ai compiacenti
talk show televisivi. La avvisa che
la guerra al comunismo non è
ancora vinta, e che per vincerla
occorre inevitabilmente derogare
alle stesse libertà democratico
borghesi. Come quando la borghesia liberale consegnò il Paese
in mano a Mussolini e al fascismo
per schiacciare la classe operaia
e sventare il pericolo della rivoluzione socialista. E come oggi
l’ha consegnato in mano al nuovo duce Renzi, il miglior allievo e
successore di Mussolini, Craxi e
Berlusconi.
comunismo e anticomunismo / il bolscevico 9
N. 42 - 17 novembre 2016
Ispirati per tempo dall’articolo di Mauro su “Repubblica”, gli anticomunisti uniti per calunniare il socialismo e Stalin
“Il Giornale” dei Berlusconi
e “il manifesto” trotzkista celebrano
la controrivoluzione ungherese
“Il Fatto quotidiano” di Travaglio si accoda con un articolo di D’Esposito e un’intervista a Occhetto
Al coro anticomunista si è aggiunta Rifondazione trotzkista di Ferrero
Dopo l’articolo dell’ex direttore
de la Repubblica, Ezio Mauro, che
aveva per tempo preparato loro
il terreno, altri giornali borghesi
sono scesi in campo per celebrare la controrivoluzione ungherese
e calunniare Stalin e il socialismo,
cogliendo l’occasione del 60°
anniversario della manifestazione studentesca di Budapest del
23 ottobre 1956, che diede il via
a quel tentativo di colpo di Stato
anticomunista e antisovietico. Ed
è significativo che in questa celebrazione, in compagnia del quotidiano di De Benedetti e Scalfari,
organo ufficioso di Renzi e leader
dei media anticomunisti, si ritrovino giornali tanto della destra,
come il berlusconiano Il Giornale,
quanto della “sinistra” borghese
come Il Fatto quotidiano, spalla a
spalla con i trotzkisti de il manifesto e di Rifondazione trotzkista di
Paolo Ferrero.
Il manifesto segue addirittura
pedissequamente l’imbeccata del
liberale anticomunista Mauro, con
una sorta di articolo-fotocopia della sua recensione, pubblicata su la
Repubblica del 19 settembre, alla
biografia di Sandor Kopacsi, l’ex
questore di Budapest che passò
dalla parte dei controrivoluzionari
e collaborò col governo del rinnegato Imre Nagy. L’unica differenza, in questo articolo firmato
da Valentina Parisi, è che rispetto
a quello di Mauro si insiste ancor
di più sulle “origini proletarie” e sul
passato di combattente antifascista e comunista dell’autore, che si
rifiutò di far sparare sui rivoltosi e
nei giorni successivi finì per passare dalla loro parte. Questo nel
chiaro quanto inutile tentativo di
dimostrare che la controrivoluzione ungherese sarebbe stata un’insurrezione popolare, nazionale e
perfino di “sinistra”, condotta da
operai e masse popolari e guidata da “comunisti in buona fede”
come Nagy e lo stesso Kopacsi,
contro il dispotismo staliniano e la
dominazione dell’Unione sovietica, per conquistare la democrazia
e l’indipendenza nazionale.
La tesi trotzkista della
“rivolta democratica e
riformista”
“Lungi dall’aver istigato di
persona la folla che il 23 ottobre
nella piazza antistante il Parlamento aveva scandito per ore il
suo nome, Nagy accettò – più che
altro per senso di responsabilità
– il gravoso compito di traghettare il proprio paese fuori dal Patto
di Varsavia e verso quelle riforme
democratiche cui un decennio
dopo in Cecoslovacchia sarebbe
stata assegnata l’etichetta di ‘socialismo dal volto umano’”, scrive
infatti Parisi sposando la tesi della
“rivoluzione democratica e riformista”, e aggiungendo che si trattò di
“una speranza infranta di lì a breve contro i cingoli dei carri armati
T-34 inviati da Mosca a sedare la
rivolta”.
È significativo però che lei stessa ammetta tra le righe che l’obiettivo per cui era nato il governo di
Nagy, “proclamato a furor di popolo primo ministro della Repubblica
popolare di Ungheria”, fosse quello di far uscire il paese dal campo
socialista per farlo entrare in quello
dell’imperialismo: un programma
che nel contesto dell’allora “guerra
fredda”, con la minaccia sempre
incombente di una terza guerra
mondiale nucleare, non poteva
avere nulla di “democratico” e di
“riformista”, ma rispondeva unicamente alla strategia imperialista di
isolamento dell’URSS e di spaccatura del campo socialista. Del
resto anche Mauro, che nel suo
articolo aveva sostenuto la “buona
fede comunista” dell’ex questore
di Budapest, aveva finito poi per
rivelare che era stato proprio lui
a far fuggire e rifugiare nell’ambasciata americana il reazionario e
fascista primate d’Ungheria, il cardinale Mindszensty.
Anche la trotzkista Luciana Castellina, che sullo stesso numero
de il manifesto firma un articolo
di rievocazione dei suoi ricordi di
quei giorni e delle fratture che pro-
I fascisti italiani, guidati dal MSI, non persero tempo ad esaltare la
controrivoluzione anticomunista ungherese e scesero in piazza per
sostenerla come si vede in questa foto presa a Roma nel novembre
1956
dussero nella FGCI e nel PCI, cerca di rivendere la controrivoluzione
ungherese come un’insurrezione
popolare provocata dal dispotismo
stalinista ancora presente nei paesi dell’Est nonostante il recente XX
Congresso del PCUS: “Io non partecipai alla protesta, pur con tutte
le riserve sui regimi dell’est e sui
giudizi minimizzanti che, pur senza
censurare le informazioni, furono
emessi dal PCI. Non lo feci non per
non rompere la disciplina (che poi
ruppi per Praga), ma perché c’era
appena stato il XX congresso e
l’Urss con Kruscev sembrava stesse cambiando; quanto accaduto a
Budapest si presentava come un
colpo di coda della vecchia guardia stalinista (e in gran parte lo
fu, stando alle ricostruzioni degli
stessi storici americani)”, conclude infatti la fondatrice storica del
quotidiano trotzkista. Che subito
dopo aggiunge con sollievo: “Un
mese dopo il PCI operò una svolta
decisiva con il suo VIII congresso”.
Sottinteso: con la compiuta assimilazione della svolta antistalinista
e riformista il PCI revisionista aveva superato anche le contraddizioni provocate poco prima dalla sua
Il divieto di Renzi
a manifestare
è in linea col fascismo
Viva il 99° anniversario
della Grande Rivoluzione
Socialista d’Ottobre!
99 anni fa i bolscevichi guidati
da Lenin e Stalin capovolgevano
cielo e terra indicando al proletariato di tutto il mondo la via universale per la conquista del potere
politico.
Gli immortali insegnamenti
dell’Ottobre vivono nel cuore di
tutti gli oppressi del mondo!
Il PMLI, primo vero partito della classe operaia, la cui nascita
nel 1977 ha aperto la terza fase
della storia della lotta di classe in
Italia dopo la prima dominata dal
riformismo del PSI e la seconda
dal revisionismo del PCI, è l’unico
erede ed il custode in Italia degli
insegnamenti tratti da quei gloriosi
avvenimenti, applicati dialetticamente alla situazione attuale del
nostro paese alla luce del marxismo-leninismo-pensiero di Mao.
Animati dallo spirito dell’Ottobre i militanti e i simpatizzanti del
Partito riusciranno a dotare il PMLI
di un corpo da Gigante Rosso (la
testa è già rossa e forte), condizione indispensabile e obiettivo strategico a medio termine sul quale è
concentrato tutto il Partito per far
bene e fino in fondo la lotta di classe e assicurare quindi la vittoria del
proletariato italiano sulla borghesia
nostrana e tutti i suoi servi di destra e di “sinistra”.
Seppelliamo la controriforma
piduista e fascista del Senato sotto una valanga di NO al referendum del 4 dicembre!
Spazziamo via l’infame governo del nuovo duce Renzi!
Per l’Italia unita, rossa e socialista!
Giordano – Paola (Cosenza)
Il divieto a manifestare, come
è accaduto a Firenze, è assolutamente in linea con il fascismo e a
quanto ne consegue.
“II Bolscevico” è l’unica voce
coerente con il marxismo-leninismo-pensiero di Mao, capace di
opporsi a queste rappresaglie capitaliste. Quando il capitalismo è in
crisi, quando si sente minacciato,
ricorre sempre e comunque a misure fasciste/neofasciste. Come
quando il fascismo storico fece uccidere impunemente i suoi oppositori, dei quali la maggior parte era
composta da compagni/e; come
quando il regime democristiano
degli anni Cinquanta, Sessanta,
Settanta, Ottanta, Novanta, in perfetta continuità con il fascismo, uccise i suoi oppositori in modo spietato. Come nel luglio 2001, quando
a Genova il neoduce Berlusconi
fece sparare sui manifestanti, così
oggi fa il nuovo duce Renzi, impedendo ogni contestazione alla propria “proposta” (in realtà, neppure
in forma subliminale, vera e propria
imposizione) di Sì a un referendum
neofascista, in piena continuità con
quanto vagheggiato dalle proposte
di Gelli, della P2, del regime postdemocristiano.
Eugen Galasso - Firenze
presa di posizione a favore dell’intervento sovietico.
Da Budapest alla
Bolognina
Anche Il Fatto quotidiano del
24 ottobre si è unito al coro anticomunista, dedicando due pagine
all’anniversario, con un articolo di
Fabrizio D’Esposito e un’intervista
dello stesso all’ex segretario del
PCI revisionista e fondatore del
PDS neoliberale, il rinnegato Achille Occhetto, che all’epoca dei fatti
d’Ungheria era un ventenne quadro della FGCI. Occhetto si vanta
di essere stato già allora quel borghese di incallito animo liberale e
riformista che avrebbe dimostrato
di essere, decidendo dopo il crollo
del muro di Berlino di liquidare di
sua propria mano il PCI di cui era
stato l’ultimo leader.
“La mia crisi di coscienza fu
totale”, racconta Occhetto, precisando però di non essere andato
via dal PCI, pur identificandosi con
le posizioni di Nenni e dei socialisti
(categoricamente schierati con la
controrivoluzione ungherese), ma
di essere rimasto “in bilico”. Ma fa
capire bene come la pensava descrivendo un episodio capitatogli
quando la federazione di Milano fu
assalita dai fascisti e lui era sulle
gradinate rispondendo alle sassate “fianco a fianco con gli stalinisti”. “Mi rivolsi a loro insultandoli:
se questi sassi arrivano è colpa
vostra”, racconta Occhetto tutto
orgoglioso del suo precoce antistalinismo, aggiungendo compiaciuto che “successivamente i dirigenti furono accusati per eccesso
di stalinismo”.
Quindi anche il quotidiano di
Marco Travaglio, tramite l’intervista
a Occhetto e l’articolo di presentazione di D’Esposito, che parla dei
“compagni polacchi antistalinisti”
che ispirarono la manifestazione
studentesca di Budapest, e definisce Nagy “leader ungherese di
un socialismo riformabile e libero
dall’abbraccio dell’Urss”, converge
con il manifesto trotzkista nel cercare di accreditare la tesi di un’“insurrezione democratica” di ispirazione
socialista e libertaria contrapposta
ad un anacronistico e oppressivo
comunismo staliniano.
Tesi questa sposata in pieno e
teorizzata politicamente da Rifondazione trotzkista, che in un Ordine
del giorno della Direzione nazionale approvato con un voto contrario
e un’astensione, rende addirittura
omaggio a “quei comunisti, come
Imre Nagy e Gyorgy Lukacs, che
tentarono di sviluppare un progetto socialista diverso dal modello
che si era affermato durante il periodo staliniano”. Come cioè se la
controrivoluzione ungherese fosse
stata un tentativo di “via nazionale al socialismo”, stroncato, si
dice per sottolineare il presunto
paradosso, “dai carri armati dei
paesi socialisti” per “porre fine a
un governo guidato da comunisti”.
Un tentativo – dice sempre il documento - che poco dopo, grazie
anche alla “tragedia ungherese”, si
sarebbe affermato invece in Italia
con l’VIII Congresso del PCI, che
“si caratterizzò per la sottolineatura del carattere democratico della
via italiana al socialismo e per l’archiviazione dell’idea di uno Statoguida e di un partito-guida del movimento comunista”.
Gli “eroi” de Il Giornale
e lo spettro del
comunismo
Paradossalmente, per smascherare tutti questi imbroglioni e
dire pane al pane e vino al vino, e
cioè che quella ungherese fu una
controrivoluzione anticomunista e
antisovietica, ispirata e foraggiata
dall’imperialismo e condotta dalla
borghesia e dalle altre classi reazionarie spodestate per riprendere
il potere, restaurare il capitalismo e
portare l’Ungheria nel campo della
Nato, c’è voluto Il Giornale di Sallusti, che alla celebrazione dei fatti
del ’56 ha dedicato un inserto di
diverse pagine, con un illuminante
articolo in cui si esalta un gruppo
di pregiudicati per reati comuni
usciti dalle carceri, che guidarono
la rivolta armata nelle strade di Budapest e che oggi sono celebrati
come “eroi” dal governo fascista
di Orban: “Che cosa li animasse
non è chiaro, forse una falsa voce
sull’imminente arrivo di paracadutisti inglesi”, spiega l’articolo, gettando così in qualche modo luce
su chi fossero in realtà gli insorti di
Budapest e a quali forze internazionali facessero riferimento.
“Le eroiche giornate di Budapest
costituiscono ancora oggi un monito: se è vero infatti che il comunismo
storico è finito è anche vero che
l’utopia rivoluzionaria, come l’araba
fenice, può sempre risorgere, sotto
altre spoglie, dalle sue ceneri”, avverte il quotidiano della destra berlusconiana, che dopo le collane sul
fascismo e sul nazismo, annuncia
la pubblicazione di una collana sul
comunismo aperta dall’imminente
uscita di un “Libro nero del comunismo europeo”.
C’è da chiedersi perciò come
mai, nonostante il comunismo
venga dato per morto e sepolto un
giorno sì e l’altro pure, la destra neofascista, la “sinistra” borghese e i
trotzkisti non perdano occasione,
come in questo ghiotto caso del 60°
della controrivoluzione ungherese,
per attaccarlo e denigrarlo e per
demonizzare Stalin, tutti uniti in un
sol coro. Nel caso specifico, poi, la
cosa appare ancor più disgustosa
perché fornisce anche un comodo
alibi ad un governo fascista, razzista e xenofobo come quello di Orban, che rivendica legittimamente
l’eredità storica e politica di quella
controrivoluzione. I cui frutti non furono certo la produzione ovunque
di “esperienze di rifondazione e rilancio del carattere democratico ed
emancipativo del progetto socialista e comunista”, come blatera la
Direzione di Rifondazione trotzkista,
ma piuttosto la restaurazione del
capitalismo e il risorgere del fascismo dalle macerie del revisionismo
e dal veleno dell’anticomunismo e
dell’antistalinismo.
Iniziativa dell’Organizzazione Isola d’Ischia del PMLI
Ricordato il 99º Anniversario
della
Rivoluzione
d’Ottobre
L’articolo di Vuoso rilanciato da “Il Dispari”
‡‡Dal corrispondente
dell’Organizzazine Isola
d’Ischia del PMLI
L’Organizzazione Isola d’Is-
chia del PMLI ha voluto ricordare
il 99º Anniversario della Rivoluzione d’Ottobre con una bella inizativa: il compagno Gianno Vuoso
L’articolo de “Il Dispari” sulla Rivoluzione d’Ottobre
ha inviato un articolo al giornale
locale “Il Dispari”, proprio il 7
Novembre, pubblicato con rilievo. Nell’articolo sottolinea come
il ricordo di questo avvenimento
di importanza mondiale non vuol
essere una ricorrenza liturgica
ma un’occasione per riflettere
che quella indicata da Lenin, Stalin e poi Mao, facendo propri gli
insegnamenti di Marx e Engels, è
la strada più giusta per abbattere
il capitalismo e costruire il socialismo.
All’articolo Vuoso ha allegato
quanto scrissero Lenin, in occasione del 4º Anniversario, e
Stalin, nel 10º Anniversario della
Rivoluzione d’Ottobre.
10 il bolscevico / Engels su Engels
N. 42 - 17 novembre 2016
Engels su engels
Proseguiamo la pubblicazione
delle importanti citazioni autobiografiche di Engels iniziata sul numero 31/2016 de “Il Bolscevico”
in occasione del 5 agosto, 121°
anniversario della scomparsa
del cofondatore del socialismo
scientifico e grande Maestro del
proletariato internazionale e proseguita dal n. 39/2016 senza interruzione di continuità. Tra due
parentesi quadre […] compaiono
le nostre traduzioni di locuzioni in
altre lingue che potrebbero altrimenti risultare incomprensibili.
1868
Per questa settimana mi devi
considerare del tutto sospeso. Ho un lavoro così tremendo
nell’azienda in seguito all’improvviso rialzo del cotone che non
riesco a lasciare lo studio dalla
mattina alle 7 di sera e non posso
pranzare prima delle 8 di sera. A
che cosa si sia ancora buoni poi,
lo capisci. Spero che quel maledetto favo si sia aperto.
(Engels, Lettera a Marx, 20
febbraio 1868, Opere Marx Engels, Editori Riuniti, vol. XLIII,
pag. 40)
Ieri sera il cassiere m’è scappato prima che potessi domandargli le 5 sterline per il tuo gas, e
non sono riuscito a farmi prestare
da qualche parte un biglietto di
banca – che ora segue qui accluso. Spero che questo ritardo non
ti abbia causato seri inconvenienti. Dell’altro denaro seguirà in
questi giorni appena vedrò un po’
più chiaro nelle mie faccende.
(Engels, Lettera a Marx, 17
marzo 1868, Opere Marx Engels,
Editori Riuniti, vol. XLIII, pag. 52)
La faccenda del saggio del
profitto e del valore del denaro è
assai bellina e chiarissima. Una
cosa soltanto non mi è chiara e
cioè come tu possa porre p / c + v
come saggio del profitto, poiché
p non va solo in tasca all’industriale ma dev’essere diviso col
commerciante ecc.; a meno che
tu qui non prenda tutto il ramo nel
suo insieme senza preoccuparti
come p venga diviso fra industriale, grossista, commerciante
al dettaglio, ecc. Attendo proprio
con grande curiosità il tuo svolgimento di questo punto. (…)
Che Jenny, molto ligia al dovere, ti trascini a far delle passeggiate è bello da parte sua; spero
che non si lasci dissuadere dalla
tua indolenza fisica celata sotto il
pretesto del lavoro. Con questo
bel tempo sarebbe vergognoso
starsene tappati in casa. Non
sono apparse nuove tracce di
favi, spero.
(Engels, Lettera a Marx, 26
aprile 1868, Opere Marx Engels,
Editori Riuniti, vol. XLIII, pagg.
74- 75)
Ti faccio i miei auguri anyhow
[in ogni caso] per il mezzo secolo, dal quale del resto anch’io
disto solo di pochi anni. Che giovani entusiasti eravamo 25 anni
fa quando ci vantavamo che a
quest’epoca da lungo tempo saremmo stati decapitati.
(Engels, Lettera a Marx, 6
maggio 1868, Opere Marx Engels,
Editori Riuniti, vol. XLIII, pag. 86)
Devi venire venerdì, perché
sabato ho il pomeriggio libero e
in casa avremo tutto pronto per
allora.
Ti accludo mezzo biglietto da
Lst. 20 e mezzo da Lst. 5. Le altre due metà seguiranno in altra
busta. A venerdì, dunque. Fammi
sapere con che treno venite. Puoi
partire da Kings Cross facendo
la nuova linea del Midland che
attraversa la parte più bella del
Derbyshire.
9,10 da Londra 2,15 a Manchester
11,30 “ “
5,45 “ “
3
“ “
8,5 “ “
(Engels, Lettera a Marx, 25
maggio 1868, Opere Marx Engels, Editori Riuniti, vol. XLIII,
pag. 101)
Mai ci siamo spaventati tanto
qui come stamattina quando è arrivata la notizia che le tue ragazze
hanno la scarlattina. La cosa mi
gira per la testa tutto il giorno;
spero che tutto andrà bene, qui,
come vedo da un resoconto medico, tutti i casi del genere hanno avuto quest’anno un decorso
stranamente benigno. Che medico hai? Con queste cose non
c’è da scherzare; disponi dei miei
mezzi, scrivi o telegrafa se hai bisogno di qualche cosa e l’avrai
subito, se in un modo o nell’altro
sarà possibile.
Ieri ti ho mandato, con lettera
semplice, due biglietti da cinque
sterline ognuno, S/K 60115 e
60116.
Fammi sapere molto spesso
come stanno le ragazze.
(Engels, Lettera a Marx, 25
giugno 1868, Opere Marx Engels,
Editori Riuniti, vol. XLIII, pag.
111)
Qui acclusi altri due biglietti
da cinque sterline. S/K 92566 e
93517, Manchester, 14 gennaio
1867.
Non so se riuscirò a finire l’articolo. Domenica, a pranzo, mi è
scoppiato un piccolo vaso sanguigno nella congiuntiva dell’occhio sinistro, e da quel momento
l’occhio è molto sensibile, cosicché ora mi è assolutamente
impossibile scrivere con la luce
artificiale. Penso però che la cosa
passerà presto.
(Engels, Lettera a Marx, 14
luglio [nel manoscritto gennaio,
nota dei curatori] 1868, Opere
Marx Engels, Editori Riuniti, vol.
XLIII, pag. 129)
Domani ti manderò del denaro; questo pomeriggio il nostro
cassiere non ha più banconote.
Non fare storie per il “chieder soldi”, vorrei soltanto che ci fosse di
più da spremere; ma rifletti anche
che fra 6 settimane dovremo pagare le 150 sterline più gli interessi, il che, secondo Borkheim porterà la somma a Lst. 165!! Penso
che dovrai deciderti ad andare
in Olanda perché non possiamo
permetterci di contrarre dei prestiti con simili interessi.
(Engels, Lettera a Marx, circa 14 agosto 1868, Opere Marx
Engels, Editori Riuniti, vol. XLIII,
pag. 148)
Posso scrivere soltanto in breve e male; ho un dolore reumatico nella mano destra e ho scritto
già tutto il pomeriggio.
Accluso un biglietto da dieci sterline. Quando Borkheim
tornerà, devi senza tante storie
costringerlo a qualche colpo, se
non ci sarà altro da fare. Capirai
Engels, sotto lo sguardo attento di Marx, interviene contro gli anarchici al Congresso dell’Aia della Prima
Internazione del 1872
che io stesso ora sono press’a
poco senza soldi. Hai mai scritto
a Meissner per il conteggio? Con
i bombardamenti da tutti i lati ad
opera degli operai, la congiura
del silenzio cesserà presto, e la
seconda edizione non si farà più
aspettare a lungo. Ora è il momento di far inserire un nuovo
annuncio del libro. [del I volume
del Capitale, nota dei curatori].
Pensa al testo e io lo manderò a
Meissner a cui sono debitore di
una lettera già per conto mio. Ma
non rimandare la cosa.
(Engels, Lettera a Marx, 16
settembre 1868, Opere Marx
Engels, Editori Riuniti, vol. XLIII,
pag. 161)
Per quanto hai assicurato la
tua vita, con quale premio, ed è
ancora in regola la polizza? Giacché sarebbe sempre ancora possibile aver un nuovo prestito o
attraverso questa stessa società
o un anticipo sulla polizza stessa. Ma come debbo fare a metter insieme denaro per te, se mi
lasci completamente allo oscuro
di tutte queste cose? Se potrò
mettermi d’accordo con Gottfried
Ermen, che difficilmente tornerà
prima della fine di ottobre, potrò
procurami immediatamente del
denaro liquido, ma tutto dipende
da quel fatto. Se non mi metterò d’accordo con lui, la mia posizione diventa anch’essa molto
incerta.
(Engels, Lettera a Marx, 18
settembre 1868, Opere Marx
Engels, Editori Riuniti, vol. XLIII,
pag. 166)
Acclusa ti restituisco la roba
di Schweitzer. Costui è davvero
un animale se crede di poterti
corrompere con una lettera del
genere. Facendo di te il capo
dell’“Europa” in generale, fa capire in maniera delicata che il tuo
regno appunto per questo non
sta in nessun paese particolare,
e con ciò non è di questo mon-
do. Ti nomina papa, affinché tu lo
consacri imperatore di Germania
e dia un calcio a Wilhelm. (…)
Evidentemente costui vuol
mettere in disparte il piccolo Wilhelm, Bebel e consorti e potersi
appellare in questo a qualcosa di
tuo, nero su bianco. Deve tenere molto alla faccenda, altrimenti
non ti avrebbe mai scritto quella
lettera con cui si dà in mano tua
per sempre e completamente.
Dici giustamente che egli capisce
che con quelle poche frasi lassalliane non si va più avanti e che
egli deve allargarsi.
(Engels, Lettera a Marx, 21
settembre 1868, Opere Marx
Engels, Editori Riuniti, vol. XLIII,
pag. 171-172)
Dal momento che sei entrato
in rapporti con Schweitzer nella tua qualità di segretario per la
Germania, non credo che tu possa fare altrimenti se non osservare una completa neutralità fra lui
e il piccolo Wilhelm, per lo meno
nell’atteggiamento pubblico. Per
quanto io sappia, ad Amburgo
i lassalliani hanno accettato il
vostro programma, quindi non
si può voler di più. Bisogna appunto lasciare fare a Schweitzer
stesso, che si rovini; se fossimo
in Germania sarebbe diverso.
(Engels, Lettera a Marx, 30
settembre 1868, Opere Marx
Engels, Editori Riuniti, vol. XLIII,
pag. 184)
Ora però vedi anche di andar
avanti con il secondo volume e fai
un po’ di moto per il fegato.
(Engels, Lettera a Marx, 2 ottobre 1868, Opere Marx Engels,
Editori Riuniti, vol. XLIII, pag.
186)
Condivido
completamente
il tuo parere quanto alla terapia
di questo caso. Ma difficilmente
Schweitzer vorrà staccarsi dal
“suo movimento operaio”. La sua
ambizione supera le sue forze,
o, come dicono gli italiani, vuol
petare più alto del culo, e questa contraddizione interna sarà la
sua rovina.
(Engels, Lettera a Marx, 12 ottobre 1868, Opere Marx Engels,
Editori Riuniti, vol. XLIII, pag.
196)
Ho letto il primo volume di
Darwin, domestication. Cose
nuove si trovano solo nei particolari e anche là c’è ben poco
d’importante.
(Engels, Lettera a Marx, 22 ottobre 1868, Opere Marx Engels,
Editori Riuniti, vol. XLIII, pag.
203)
Devi scusarmi se ora non ti
scrivo a lungo. Da più tempo ho
un antipatico dolore reumatico
non solo al braccio destro, ma
anche nelle prime tre falangi della
mano destra di modo che dopo
poco tempo lo scrivere mi diventa molto molesto e di sera quasi
impossibile. Spero che questa
faccenda passi.
(Engels, Lettera a Marx, 4
novembre 1868, Opere Marx
Engels, Editori Riuniti, vol. XLIII,
pag. 209)
L’altro giorno mi sono veramente vergognato di mandarti
quelle miserabili 5 sterline, ma allora non potevo proprio mandarti
di più; oggi seguono altre cinque
sterline, qui accluse; che 5 sterline soltanto non ti avrebbero giovato lo capivo da me stesso.
(Engels, Lettera a Marx, 13
novembre 1868, Opere Marx
Engels, Editori Riuniti, vol. XLIII,
pag. 217)
Rifletti su una risposta molto
precisa alle accluse domande
e rispondimi a giro di posta in
modo che io abbia la tua risposta
martedì mattina.
1)
Quanto denaro ti occorre per pagare tutti i tuoi debiti,
so as to have a clear start? [Così
da ricominciare pulito]
2)
Ti possono bastare Lst.
350 all’anno per le necessità regolari usuali (escludo dal calcolo
spese straordinarie per malattie
o eventi imprevisti), in modo cioè
che tu non debba fare debiti? Nel
caso negativo, dimmi quale sarebbe la somma richiesta. Sempre con la premessa che prima
siano pagati tutti i debiti vecchi.
Questa domanda è naturalmente
la domanda principale.
Le mie trattative con Gottfried Ermen hanno preso questa
piega: alla fine del mio contratto
– cioè il 30 giugno -- , egli vuol
comprare la mia parte, vale a dire
che mi offre una somma di denaro qualora io mi impegni a non
entrare per i prossimi cinque anni
in nessuna azienda concorrente e
gli permetta di continuare il nome
della ditta. Questo è proprio il
punto a cui volevo che arrivasse.
Ma siccome negli ultimi anni i bilanci sono stati cattivi, non sono
sicuro che questa offerta ci metta in condizione di vivere senza
preoccupazioni finanziarie per
una serie di anni, e questo anche
presupponendo il caso probabile
che in base a avvenimenti di ogni
specie veniamo di nuovo costretti
a un trasferimento sul continente
o a spese straordinarie. La somma offertami da Gottfried Ermen
(e per me, già molto tempo prima
che egli me la offrisse, si trattava
senz’altro di impiegarla eventualmente solo per coprire l’assegno
che ti occorre) mi permetterebbe
di assegnarti sicuramente per la
durata di 5-6 anni 350 sterline annue e, in casi eccezionali, anche
qualcosa di più. Ma ti renderai
conto che tutti i miei accomodamenti sarebbero annullati se di
tanto in tanto si accumulasse di
nuovo una somma di debiti che
dovrebbe poi essere pagata con
dell’altro capitale. Appunto perché i miei calcoli si basano sul
fatto che le nostre spese per vivere non vengono pagate soltanto dal reddito ma anche – fin da
principio – in parte dal capitale,
appunto per questo i miei calcoli
sono un po’ complicati e devono
essere seguiti rigorosamente, altrimenti le cose vanno male.
Dipenderà dalla tua risposta,
in cui ti prego di illustrarmi senza
ambagi lo stato delle cose come
è realmente, il mio ulteriore modo
di trattare con Gottfried Ermen.
Stabilisci tu quindi la somma annua che ti occorre normalmente,
e vedremo il da farsi.
Certo non è ancora chiaro
neanche a me stesso quello che
accadrà dopo i 5-6 anni di cui
sopra. Rimanendo tutto come è
ora, non sarei certo più in grado di darti 350 sterline all’anno
o anche più, ma comunque te
ne potrei dare per lo meno 150.
Ma per allora parecchie cose potranno cambiare, e anche la tua
attività di scrittore potrà fruttarti
qualcosa.
(Engels, Lettera a Marx, 29
novembre 1868, Opere Marx
Engels, Editori Riuniti, vol. XLIII,
pagg. 232-233)
Una cosa più miserabile di
quel programma teorico non l’ho
mai letta. La Siberia, la pancia e
la giovane polacca hanno fatto di
Bakunin un vero bovino.
(Engels, Lettera a Marx, 18
dicembre 1868, Opere Marx Engels, Editori Riuniti, vol. XLIII,
pag. 256)
[continua - 5]
terremoto in centro italia / il bolscevico 11
N. 42 - 17 novembre 2016
Italia centrale devastata
solidarieta’ ai terremotati
Ricostruire tutto, bene e subito. Risarcire i danneggiati. Lavoro a chi l’ha perso.
L’ultima parola alle popolazioni interessate. Appoggiamo i volontari e le donazioni
L’Italia continua a crollare perché sono inapplicate le norme antisismiche
A distanza di due mesi e
mezzo dal terremoto del 24
agosto scorso, il primo dei tre
gravi eventi sismici che nella seconda parte di quest’anno ha colpito il nostro Paese,
è possibile fare un resoconto, seppure sommario, delle distruzioni che sono state
provocate direttamente dai
sommovimenti tellurici, ma
indirettamente anche dalla mancata o approssimativa
ottemperanza, da parte degli
enti interessati, della normativa antisismica che, qualora
attuata, avrebbe potuto certamente ridurre fortemente i
gravissimi danni ed evitare la
perdita di tante vite umane.
La prima forte scossa
che ha colpito l’Italia centrale si è avuta la notte del 24
agosto 2016 e ha avuto una
magnitudo di 6,0 della scala
Richter, con epicentro situato
lungo la Valle del fiume Tronto, tra i Comuni di Amatrice,
Accumoli (entrambi in provincia di Rieti) e di Arquata del
Tronto (in provincia di Ascoli
Piceno).
Tre ulteriori potenti scosse di potenza similare si sono
verificate quindi durante la
giornata del 26 ottobre 2016
con epicentri nel territorio
appenninico della provincia
di Macerata al confine tra le
Marche e l’Umbria, tra i Comuni di Visso, Ussita e Castelsantangelo sul Nera.
Infine, la mattina del 30
ottobre è stata registrata la
scossa più forte, di magnitudine 6,5 della scala Richter,
con epicentro tra i Comuni di
Norcia e Preci, in provincia di
Perugia.
I danni nelle Marche
Le Marche, dove su cinque
Province (Pesaro e Urbino,
Ancona, Macerata, Fermo e
Ascoli Piceno) solo quella di
Pesaro e Urbino non ha ricevuto alcun tipo di danno, sono
certamente la regione che ha
subito le maggiori devastazioni materiali, alle abitazioni, alle strutture produttive
industriali, agricole e commerciali, agli edifici artistici e
monumentali e alle vie di comunicazione, dagli eventi tellurici che hanno colpito l’Italia
centrale.
Secondo la nota del Dipartimento nazionale della protezione civile pubblicata 4 novembre i residenti nei Comuni
di questa regione costretti ad
abbandonare la propria abitazione erano già stimati in
oltre 22.000 persone, un numero che però rischia di aumentare drammaticamente,
dei quali oltre 14.000 hanno
trovato rifugio in strutture di
prima accoglienza allestite a
livello comunale, circa 830 in
strutture ricettive sul territorio e oltre 7.000 negli alberghi
della costa marchigiana, per
cui anche sotto tale profilo le
Marche risultano la regione
più colpita.
In provincia di Ascoli Pice-
no il comune di Arquata del
Tronto, che ha visto la sua
frazione di Pescara del Tronto rasa completamente al
suolo, è quello che lamenta
le maggiori distruzioni dalla
scossa del 24 agosto che ha
provocato 51 morti e ingenti
distruzioni, e a seguito delle
scosse del 26 e del 30 ottobre
si sono avuti crolli o lesioni a
edifici soprattutto nei Comuni
di Acquasanta Terme, Force,
Maltignano e Montegallo, e
ci sono stati danni minori nei
Comuni di Castel di Lama,
Montemonaco e nello stesso
capoluogo Ascoli Piceno.
La provincia di Macerata è
quella che ha senz’altro subito danni materiali maggiori,
tutti provocati dai sismi del 26
e del 30 ottobre. In provincia
di Fermo si sono avute lesioni soprattutto nei Comuni di
Montefortino, Monteleone di
Fermo, Santa Vittoria in Matenano e nello stesso capoluogo Fermo, dove numerosi
edifici storici risultano lesionati. In provincia di Ancona,
infine, danni limitati sono stati registrati nei Comuni di Fabriano, Maiolati Spontini, Sirolo e nello stesso capoluogo
Ancona dove alcune famiglie
sono state sgomberate dalle
loro abitazioni
I danni nel Lazio
Il Lazio ha pagato il prezzo più caro in termini di vite
umane, e gravi sono stati anche i danni materiali alle abitazioni, al patrimonio artistico, alle attività produttive e
alle vie di comunicazione anche se finora ha visto un numero ridotto di sfollati. Sono
state colpite soprattutto località in provincia di Rieti, in
modo particolare nei Comuni
di Amatrice e di Accumoli che
hanno lamentato rispettivamente 236 e 11 morti a seguito della scossa del 24 agosto,
oltre a ingenti distruzioni materiali, aggravate dal sisma
del 30 ottobre, in entrambi i
centri abitati e in quasi tutte
le frazioni, mentre nella stessa provincia si sono avute in
conseguenza della scossa
del 30 ottobre lesioni di edifici
nei Comuni di Cittareale e di
Leonessa.
In provincia di Viterbo sono
stati lesionati alcuni edifici
della storica cittadina di Bagnoregio e della sua frazione
di Civita.
I danni nell’Umbria
Passando all’Umbria, il
suo patrimonio artistico è sicuramente quello messo a
più dura prova dal terremoto,
e ingentissimi danni si sono
avuti anche nell’edilizia civile
e in quella destinata alle attività produttive. La provincia di
Perugia era stata colpita già
il 24 agosto, ma i danni maggiori li ha ricevuti dalle scosse del 26 ottobre e da quella del 30 ottobre, soprattutto
da quest’ultima. Il comune più
colpito della provincia è quello di Norcia, dove una donna
è morta di infarto e moltissimi immobili del centro storico, tra cui le mura medievali,
edifici storici e chiese di grande valore artistico - tra cui
San Benedetto, San Salvatore a Campi e Santa Maria
delle Grazie - hanno subito
gravissimi danni o crolli. Danni ingenti sia all’edilizia civile
sia alle strutture produttive si
sono avuti anche nelle frazioni di Castelluccio, San Pellegrino e Frascaro, così come
nel comune di Preci, dove è
parzialmente crollata l’antichissima abbazia di Sant’Eutizio. Nel resto della provincia
danni, per quanto di minore
entità rispetto a quelli di Norcia e Preci, si sono registrati anche nei Comuni di Assisi,
Bevagna (dove una donna è
morta d’infarto), Cascia, Foligno e Monteleone di Spoleto.
La provincia di Terni, anche se meno colpita rispetto
a quella di Perugia, lamenta
danni ad alcune costruzioni
nei Comuni di Acquasparta,
Amelia, Calvi nell’Umbria, Orvieto e nello stesso capoluogo Terni.
I danni nell’Abruzzo
Infine non bisogna dimenticare l’Abruzzo che, ancora
sotto lo schiaffo degli effetti del terremoto del 2009 che
devastò soprattutto la provincia dell’Aquila, non è stato
certo risparmiato dagli eventi tellurici di quest’anno i cui
danni vanno a sommarsi a
quelli provocati sette anni fa.
Per ciò che riguarda la provincia di Teramo, si sono avuti crolli e danni a edifici nei
Comuni di Montorio, Rocca
Santa Maria, Torricella, Valle
Castellana (dove una donna
è morta d’infarto) e dello stesso capoluogo Teramo.
La provincia dell’Aquila,
dal canto suo, lamenta crolli
e danni nei Comuni di Capitignano, Campotosto, Montereale e nello stesso comune
dell’Aquila.
La solidarietà immediata
e il necessario programma
di ricostruzione
Grande è stata la solidarietà, alla quale si unisce in
modo fraterno il Partito marxista-leninista italiano e il suo
organo “Il Bolscevico”, alle
popolazioni interessate sia in
occasione del sisma del 24
agosto sia in occasione degli
eventi tellurici della fine di ottobre. Anche in questa occasione insieme alla Protezione
civile e ai Vigili del fuoco sono
accorsi un esercito di volontari da ogni parte d’Italia.
Sono state immediatamente aperte sottoscrizioni e raccolta di generi di prima necessità già dalla prima
scossa del 24 agosto, e aiuti concreti sono pervenuti sui
territori colpiti da tutte le regioni italiane.
Il governo deve ricostruire
tutto, bene e in tempi rapidi,
evitando gli scandali che contraddistinsero le passate ricostruzioni e facendo tesoro
degli esempi negativi, risarcendo i danneggiati e le loro
attività sul territorio evitando
così sia un tracollo econo-
spese come quelle militari: si
pensi che, in base ai dati del
Documento programmatico
pluriennale della Difesa per il
triennio 2015-2017 l’Italia ha
speso lo scorso anno 4,7 miliardi solo per l’acquisto di aerei e navi da guerra, carri armati, missili e armi individuali,
Un’impressionante panoramica delle macerie di Norcia
mico nelle zone interessante
dalle distruzioni, e così facendo impedendo lo spopolamento soprattutto dei territori
di montagna che hanno negli
ultimi decenni visto la loro popolazione diminuire.
Ovviamente anche la ricostruzione delle infrastrutture
viarie e il restauro dei monumenti deve essere finalizzato, oltre che alla salvaguardia delle tradizioni dei territori
colpiti, anche al ripristino nel
più breve tempo possibile di
un minimo flusso turistico in
direzione di quelle tante località e borghi caratteristici che
vedono appunto in questo
settore economico una voce
importante della loro economia.
Come si vede, la ricostruzione il più possibile fedele - ma stavolta con rigorosi
criteri antisismici - dei borghi danneggiati risponde non
soltanto alla richiesta di coloro che in quelle zone sono
sempre vissuti, ma anche alla
tutela delle identità di questi territori. Una ricostruzione
non calata o imposta dall’alto
ma su cui l’ultima parola deve
spettare sempre alle popolazioni interessate, le quali hanno già fatto sentire la
propria voce forte e chiara ad
Accumoli come a Pescara del
Tronto, a Visso come a Norcia, a Castelsantangelo come
a Camerino, affinché la loro
permanenza in alberghi lontani sia breve, affinché la ricostruzione sia rapida e tesa
al ripristino nel minor tempo
possibile dell’estetica degli
edifici - pur con rigorosi criteri antisismici - e alle condizioni che consentano la ripresa
e la difesa del lavoro e delle
loro attività economiche.
I fondi il governo può trovarli tagliando drasticamente
mentre altri 10 miliardi sono
stati dilapidati soprattutto per
alimentare un vero e proprio
esercito di ufficiali, del tutto sproporzionato nell’ambito
del numero degli effettivi delle forze armate. Altri risparmi possono essere attuati sia
dallo Stato sia dalle Regioni sui costi della politica, su
prezzolate e inutili consulenze, su scandalosi privilegi, su
pensioni d’oro ecc.
La mancata applicazione
delle norme antisismiche
È vero che il terremoto è
un evento fortuito e non prevedibile, ma è vero anche
che molti dei danni provocati dagli ultimi eventi sismici
si sarebbero potuti evitare, o
quantomeno drasticamente
ridurre, con l’attuazione delle
normative antisismiche che in
tanti casi non vengono attuate o troppo spesso vengono
gestite in modo tale da lasciare ampi spazi alla corruzione.
In un’intervista a Il Fatto quotidiano del 25 agosto
scorso l’ingegnere sismico
e docente universitario Alessandro Martelli, prendendo
una chiara posizione contro
la mancata applicazione delle norme antisismiche da parte degli enti interessati, sosteneva che “l’80% dei fabbricati
nelle zone ad alto rischio non
reggerebbe un terremoto
come quello della scorsa notte. Crollerebbero tutti”.
Che le parole di questo
esperto non si riferissero soltanto a vecchie case costruite secoli fa fu subito evidente
dal crollo totale il giorno prima ad Amatrice dell’edificio
- che risultava dai documenti appena ristrutturato con
criteri antisismici - che ospitava l’istituto scolastico ‘Ro-
molo Capranica’, e parimenti
fu evidente dal crollo, ad Accumoli, del campanile della
chiesa di San Francesco, appena finito di restaurare con i
fondi del terremoto del 2009 e
dichiarato antisismico.
Nel crollo della scuola non ci furono vittime solo
ed esclusivamente perché il
terremoto avvenne di notte,
mentre il collasso del campanile provocò la morte di 4
persone, una giovane coppia
con i due figli.
È vero infatti che l’Italia ha
gradualmente adeguato la
sua legislazione, negli ultimi
decenni, per ciò che riguarda
il controllo e la messa in sicurezza degli edifici in funzione
antisismica, ma spesso e volentieri tali normative restano
lettera morta e non vengono
attuate, a cominciare dallo
stesso governo centrale che
stanzia ben poco per la prevenzione.
Nonostante l’Italia sia un
Paese a forte rischio sismico,
i governi borghesi non hanno
mai deliberato lo stanziamento di fondi finalizzati a mettere in sicurezza quantomeno
gli edifici pubblici, o a garantire sgravi fiscali per i privati
che intendano fare lavori in
tal senso, e manca soprattutto una risposta organica e un
programma preciso per iniziare a lavorare in tal senso.
Parimenti, e questa è una
grave deficienza legislativa,
manca l’obbligo di una vera
mappa di rischio dei fabbricati.
Eppure da anni un qualificato organismo tecnico come
il Consiglio nazionale dei geologi chiede a gran voce, ma
invano, che sia approvata
una legge che renda obbligatorio un ‘fascicolo del fabbricato’ che contenga tutte le
informazioni compresi gli interventi sull’immobile titolare,
e quindi comprese le eventuali precauzioni antisismiche
adottate dal fabbricato.
È quindi una precisa istanza politica quella volta a garantire la salvaguardia della
vita, dell’incolumità e dei beni,
istanza che dovrebbe essere
garantita soprattutto in un Paese nel quale, come documenta l’Istituto nazionale di
geofisica e di vulcanologia,
24 milioni di persone - nell’area che parte dalla fascia appenninica a sud dell’Umbria e
giunge fino in Calabria e parte della Sicilia - vivono in zone
ad elevato rischio sismico.
La cultura della prevenzione, che ripaga ampiamente anche in termini di spesa
pubblica oltre che in termini di
sicurezza collettiva percepita
dalle popolazioni, deve pertanto essere adottata rispetto a quella dell’emergenza, e
devono essere stanziati dal
governo tutti i fondi necessari
a garantire al massimo e per
quanto possibile l’incolumità
delle popolazioni dal rischio
derivante dai terremoti.
12 il bolscevico / Commemorazione di Mao
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Il Centro del PMLI ha invitato le istanze di base a redigere una
Risoluzione sul discorso del compagno Giovanni Scuderi “Da Marx a
Mao”. Lo stesso Centro ci ha trasmesso alcune Risoluzioni che danno una idea precisa della sintonia ideologica e politica che esiste tra
la base del Partito e il Comitato centrale con alla testa il compagno
Giovanni Scuderi.
Risoluzione della Cellula
“Mao Zedong” di Milano
Studiare e assimilare
il discorso di Scuderi
e portarlo nelle
piazze e tra le masse
Dopo averlo attentamente approfondito con un’apposita riunione di studio - che ha coinvolto
anche i simpatizzanti - la Cellula “Mao Zedong” di Milano del
PMLI giudica il discorso tenuto
dal compagno Giovanni Scuderi,
alla Commemorazione di Mao nel
40° anniversario della scomparsa,
un’opera magistrale, di portata
storica per il nostro Partito e per
il proletariato italiano, per l’ampio
respiro storico e strategico, per
il prezioso bilancio della storia
del socialismo scientifico e per
le istruttive indicazioni sulla missione storica dei marxisti-leninisti
verso la conquista del socialismo
e del potere politico da parte del
proletariato.
Scuderi ha spiegato magistralmente come da Marx a Mao, passando per Engels, Lenin e Stalin,
c’è un unico filo rosso ininterrotto
che ne lega indissolubilmente il
pensiero e l’azione, e come noi
dobbiamo essere fedeli agli insegnamenti che ci hanno trasmesso senza i quali nessuno può dirsi
comunista, o nella versione che
preferiamo,
marxista-leninista.
Per noi stanno sullo stesso piano
e sono legati tra loro come le dita
di una mano. Ognuno di loro, nel
corso della loro vita, partecipando
alla lotta di classe e alle rivoluzioni del loro tempo in una posizione
di primo piano, hanno fondato e
arricchito la teoria rivoluzionaria
del proletariato per il socialismo
e il comunismo.
I primi due, Marx ed Engels,
hanno elaborato la concezione
del mondo proletaria fondata sul
materialismo storico e dialettico,
analizzato a fondo la società moderna, ossia il capitalismo, e indicato la via per liberare gli operai
dalla schiavitù salariata. Lenin,
dopo aver denunciato il tradimento dei partiti socialdemocratici della Seconda Internazionale,
ha diretto vittoriosamente la prima rivoluzione socialista, quella
dell’Ottobre russo, e instaurato
il primo Stato socialista. Stalin
ha difeso il leninismo dagli opportunisti trotzkisti e buchariniani, ha sviluppato l’edificazione
socialista nell’Unione Sovietica,
ha sconfitto il nazismo hitleriano.
Mao ha applicato e sviluppato il
marxismo-leninismo in un Paese
enorme come la Cina, ha combattuto il revisionismo moderno
kruscioviano a livello internazionale e ha elaborato la teoria della
continuazione della rivoluzione
sotto la dittatura del proletariato,
di cui la Grande rivoluzione culturale proletaria è stata diretta
espressione.
Tutto questo, e molto altro ancora, rappresenta un patrimonio
teorico e di esperienze fondamentale per il movimento operaio
a livello mondiale, italiano compreso. Impossibile da cancellare. I detrattori ci hanno provato,
con più forza dagli ultimi 30 anni,
ossia dalla caduta del “muro di
Berlino” e continuano a provarci.
Ma alla lunga sono destinati al
fallimento. Chi sono questi detrattori? Esponenti politici e intellettuali espressione della borghesia o comunque al suo servizio,
di stampo trotzkista, anarchico,
socialdemocratico, liberale, reazionario e fascista. Tutti epigoni
di personaggi che hanno subìto
sconfitte cocenti dai nostri grandi
Maestri. Essendo questi dei nemici di classe, sarebbe strano se
si comportassero diversamente.
Bisogna adottare verso gli insegnamenti dei nostri cinque Maestri quell’atteggiamento dialettico e coerente che Mao ha così
sintetizzato: “La teoria di Marx,
Engels, Lenin e Stalin ha un
valore universale, non dobbiamo considerarla un dogma, ma
come una guida per l’azione.
Non bisogna limitarsi a imparare i termini e le espressioni del
marxismo-leninismo, bisogna
invece studiarlo come scienza
della rivoluzione. Non si tratta
soltanto di capire le leggi generali che Marx, Engels, Lenin
e Stalin hanno tratto dal loro
ampio studio della vita reale e
dell’esperienza rivoluzionaria,
ma anche di studiare la posizione e il metodo da essi assunti nell’esaminare e risolvere
i problemi”.
Il fertile e inesauribile marxismo-leninismo-pensiero di Mao
non si può certo ridurre a formulette da recitare a memoria, ma
quando ci troviamo di fronte a
una definizione e a una posizione rivoluzionarie e scientifiche,
perfettamente corrispondenti ai
tempi odierni e a una situazione determinata e specifica, non
possiamo che tenerle a mente,
approfondirle, scoprirne la verità che contengono e usarle con
forza per cambiare il presente in
senso rivoluzionario.
Ogni classe ha i suoi principi
e valori, e ciascuna di esse, per
difendere i propri interessi e far
valere le proprie ragioni, attinge
ai suoi rispettivi patrimoni culturali. Il proletariato si rifà al marxismo-leninismo-pensiero di Mao
per comprendere e trasformare
il mondo, la borghesia fa proprio
il liberalismo e fa uso dell’idealismo per difendere e conservare questo mondo. Non bisogna
quindi aver paura di ricorrere ai
nostri Maestri per imparare da
essi come si fa e si vince la rivoluzione. Il problema è solo quello
di saper mettere bene in pratica
la lezione imparata.
Attenzione però, quando diciamo lezione non vogliamo
dire che il marxismo-leninismopensiero di Mao sia una semplice spiegazione di avvenimenti,
fatti e conflitti - appartenenti a
un passato lontano e a una zona
geografica ben delimitata e particolare, e comunque non ripetibili
in Occidente - ma un’ideologia
completa che si contrappone
organicamente e sistematicamente all’ideologia borghese. Il
marxismo-leninismo-pensiero di
Mao infatti è l’unica ideologia
che dà un’interpretazione scientifica della storia e della struttura
economica del capitalismo e nel
contempo fornisce anche le armi
necessarie per trasformare la realtà e far progredire la storia del
mondo.
Il compagno Scuderi ha toccato una grande quantità di
aspetti legati alla lotta di classe
e alla costruzione del Partito, e
ognuno richiede un approfondimento specifico, lo studio e la discussione, sia a livello individuale
che collettivo, sia all’interno del
Partito che coinvolgendo simpatizzanti e amici, organizzando
riunioni e incontri di studio. Tutti
i militanti del Partito hanno il dovere di studiare il suo discorso,
capirlo e applicarlo in quanto
esso detta la linea del Partito, e
anche i simpatizzanti stretti sono
invitati a farlo se vogliono dare il
loro contributo.
Scuderi ha ricordato come il
giovane Mao, non appena letto
il “Manifesto del Partito comunista” di Marx ed Engels, lo mise
immediatamente in pratica cominciando ad organizzare i lavoratori: “Perché – è la morale che
ha aggiunto a braccio - le chiacchiere e i discorsi non servono
a nulla, se non vengono messi in pratica. Non si può dire ‘io
sono comunista e fine’”. Si dice
“io sono comunista perché vivo,
penso, lotto e agisco da comunista”. È fondamentale che i membri del Partito siano lungimiranti
nelle loro scelte di vita in quanto
delle scelte errate potrebbero farli
retrocedere da rossa avanguardia
a fanalino di coda, un conto è essere marxisti-leninisti a parole, un
altro è esserlo in modo conseguente, dimostrando nella pratica
di tutti i giorni di aver acquisito la
concezione proletaria del mondo,
permettendo così al nostro amato Partito di diventare un Gigante
Rosso anche nel corpo, oltre che
nella testa.
Dopo aver assimilato questo
discorso all’interno del Partito occorre portarlo al di fuori di
esso, alle masse, quantunque
non sia facile considerando anche il fatto che il proletariato è
attualmente in uno stato di coscienza premarxista. Ma se persino i riformisti devono rispolverare
la parola “socialismo”, che pensavano di avere definitivamente
sotterrato dopo il crollo dei regimi
revisionisti dell’Est europeo, evidentemente la classe dominante
borghese teme il risveglio rivoluzionario che potrebbe essere
provocato dalle diseguaglianze e
dalle contraddizioni sociali acuite
dall’odierna crisi globale del capitalismo.
Inoltre quale migliore occasione per far passare il nostro
messaggio approfittando della
battaglia antifascista per il NO al
referendum costituzionale? Una
battaglia che ben si presta alla
nostra denuncia del capitalismo
dato che la controriforma neofascista di Renzi - che ricalca i piani
già da tempo elaborati dalla parte
più reazionaria borghesia italiana affiliata alla loggia massonica
P2 - ha l’appoggio entusiasta di
tutto il complesso finanziario e
industriale nostrano, a partire da
nemici giurati dei lavoratori come
Marchionne e la Confindustria, ha
l’appoggio dell’imperialismo UE,
con alla testa la cancelliera Merkel, e di quello USA, cominciando
dal suo massimo rappresentante
Obama, per non parlare del fatto che è stata sollecitata da un
colosso della finanza mondiale
come la famigerata JP Morgan.
Studiamo, dunque, e perciò capiamo e applichiamo con
determinazione il discorso del
compagno Giovanni Scuderi “Da
Marx a Mao” per partecipare più
forti e sicuri alle lotte che ci attendono illustrando le nostre ragioni
con la “massima dialettica, argomentazione e documentazione”!
Tutto per il PMLI, il proletariato
e il socialismo!
Al servizio del Partito!
Con i Maestri e il PMLI vinceremo!
Cellula “Mao Zedong”
di Milano del Partito marxistaleninista italiano
Richiedete
o
“Il Bol
e
c
a
t
scevico” car
sulla Commemorazione
di Mao
N. 42 - 17 novembre 2016
Risoluzione dell’Organizzazione di
Modena del PMLI
Applichiamo
le indicazioni
di Scuderi per fare
meglio il lavoro
locale affinché il
PMLI possa prendere
il volo a Modena
L’Organizzazione di Modena
del PMLI appoggia pienamente
il discorso del compagno Giovanni Scuderi “Da Marx a Mao”
e si complimenta con il Segretario generale per aver prodotto un
discorso storico e esaustivo che
prende in esame sia la storia del
marxismo-leninismo-pensiero
di Mao, sia la sua applicazione
alla realtà odierna. Grazie a questo discorso gli insegnamenti di
Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao
emergono in tutta la loro attualità
e validità per la nostra lotta attuale.
Come dice il compagno Scuderi, “Parlare di Mao è necessario, essenziale, irrinunciabile; è
come bere dell’acqua fresca e
incontaminata alla sorgente, che
ripulisce e rigenera la testa dalle
scorie dell’influenza della cultura
borghese, è come avere in mano
la bussola della rivoluzione proletaria. Non dobbiamo mai stancarci di farlo. Non solo in occasione
delle commemorazioni che il
Comitato centrale del PMLI organizza puntualmente ogni anno,
rispettando scrupolosamente una
sua decisione presa subito dopo
la scomparsa di Mao. Ne dobbiamo parlare nelle istanze centrali,
intermedie e di base del Partito
ogni volta che ne abbiamo bisogno per risolvere dei problemi,
specie quelli più intricati e complessi”.
Da Marx a Mao c’è un filo rosso
conduttore, inseparabile, nessuno può stare senza l’altro: c’è bisogno degli insegnamenti di tutti
e cinque i Maestri del proletariato
internazionale, perché ciascuno
ha aggiunto qualcosa al tesoro
comune della teoria proletaria rivoluzionaria e l’ha aggiornata alle
evoluzioni del capitalismo e del
revisionismo. Non è così per gli
opportunisti, per esempio Rizzo,
che si ferma a Stalin e rifiuta Mao,
ma dietro questo nasconde il suo
sostanziale revisionismo. Non bisogna farsi imbrogliare, ma per
riconoscere il revisionismo bisogna studiare e capire veramente
il marxismo-leninismo-pensiero
di Mao. Tuttora il PMLI è l’unico che riesce a smascherare le
contraddizioni del capitalismo,
dell’imperialismo ma anche del
revisionismo all’interno di questi
partiti falsi comunisti.
Come afferma Mao, richiamato da Scuderi, “Per quel che
concerne la concezione del
mondo nel mondo attuale ci
sono fondamentalmente solo
due ‘scuole’, quella della borghesia e quella del proletariato.
O si accetta la concezione proletaria del mondo o si accetta
quella della borghesia. La concezione comunista del mondo
è la concezione del mondo del
proletariato e non la concezione del mondo di altre classi”.
Se si vuole trasformare l’Italia e
il mondo, bisogna prima trasformare se stessi; non basta dire di
essere anticapitalisti se poi non
si ragiona e agisce secondo la
concezione proletaria del mondo, costituita dal materialismo
dialettico e dal materialismo
storico. Giustamente il compagno Scuderi ci sprona: “Tutti noi
marxisti-leninisti, a cominciare dai
massimi livelli, abbiamo il dovere
rivoluzionario di acquisire la concezione proletaria del mondo per
liberarci completamente e totalmente dalla ideologia, dalla cultura, dalla morale, dalla politica e
della pratica sociale borghesi; per
rivoluzionarizzare integralmente
la propria mentalità, coscienza,
modo di pensare, di vivere e di
agire conformemente al materialismo dialettico e al materialismo
storico e mettendo al bando ogni
forma di idealismo, di metafisica,
di revisionismo e di riformismo;
per dare dei contributi rivoluzionari e marxisti-leninisti qualificati
alla costruzione del Partito e alla
trasformazione dell’Italia in senso
socialista”.
Col suo discorso, il Segretario generale rilancia alla grande
la nostra missione storica: “dare
tutto il potere alla classe operaia,
che si deve insediare dal basso in
alto in tutti i campi della gestione
dello Stato, in tutto l’edificio dello Stato, esercitando con forza e
sicurezza la dittatura del proletariato”. Ma può farlo solo se ha il
suo partito rivoluzionario di classe: sta a noi impegnarci affinché
le masse popolari riconoscano
nel PMLI l’unico che fedelmente
riesce a portare avanti tali valori e
la causa del socialismo.
Dobbiamo tenere fermo il
nostro compito fondamentale:
“Spetta a noi marxisti-leninisti,
perseverando negli sforzi e migliorandoli, convincere il proletariato ad acquisire la coscienza
di essere una classe per sé e ad
armarsi del marxismo-leninismopensiero di Mao per combattere
il capitalismo, i padroni, la classe dominante borghese, le loro
istituzioni e il loro governo. Non
è facile, date le poche forze che
abbiamo e le nostre ancora limitate capacità, ma è quello che
dobbiamo fare avendo fiducia
nel proletariato, soprattutto nelle
nuove generazioni di operaie e
di operai. Dobbiamo avere piena
fiducia che prima o poi il socialismo ritornerà di moda, di gran
moda e che alla fine il proletariato
l’abbraccerà”.
Ora dobbiamo concentrarci
nella battaglia per il No al referendum del 4 dicembre, una grande
battaglia contro il governo Renzi
ma anche contro il capitalismo.
Con questa convinzione l’Organizzazione di Modena sta dedicando tutti gli sforzi alla propaganda del NO anticapitalista
e antifascista, anche all’interno
del locale Comitato per il NO, e
dobbiamo continuare a farlo seguendo le indicazioni contenute
nel discorso di Scuderi. Come
dice il compagno, noi dobbiamo
entrare nei Comitati per il NO
anche se sono egemonizzati dai
partiti della “sinistra” borghese,
mantenendo ferma la nostra linea
SEGUE IN 13ª
ë
Commemorazione di Mao / il bolscevico 13
N. 42 - 17 novembre 2016
Questa rubrica è a disposizione dei simpatizzanti, degli amici e
degli alleati del PMLI, nonché delle lettrici e dei lettori de “Il Bolscevico” anticapitalisti e antifascisti che vogliono esprimere la loro
opinione sul discorso di Scuderi “Da Marx a Mao”.
Gli articoli non dovrebbero superare le 3 mila battute, spazi inclusi. Grazie.
Il PMLI sta
proseguendo nella
Lunga Marcia per
la conquista del
socialismo in Italia
di Giorgio, avvocato del Lazio,
simpatizzante del PMLI
Care compagne e cari compagni,
quest’anno la commemorazione della figura di Mao ha assunto i toni di particolare solennità sia perché è stato celebrato
il quarantesimo anniversario dalla
scomparsa dell’insigne Maestro
del proletariato internazionale,
sia perché il tema, ossia Da Marx
a Mao, è una grandiosa sintesi
della storia del movimento operaio che inizia ben prima di Marx
e continua ben dopo la morte di
Mao, sia anche, e non lo si dimentichi, perché la celebrazione
del quarantennale della morte
di Mao preannuncia alcuni anni
densi di celebrazioni, come il
2017 (centenario della Rivoluzione di Ottobre), il 2018 (bicentenario della nascita di Marx), il 2020
(bicentenario della nascita di Engels) e il 2021 (centocinquantesimo anniversario della Comune di
Parigi).
“Il pensiero di Mao - ha sottolineato Scuderi - affonda le sue radici nel pensiero degli altri grandi
maestri del proletariato internazionale Marx, Engels, Lenin e Stalin”, e con tale concetto l’oratore
vuole chiaramente indicare che
Mao rappresenta un punto fondamentale nella storia del socialismo scientifico, dottrina filosofica che si può sintetizzare come
la presa di coscienza da parte
di due filosofi, Marx ed Engels,
che l’economia nel suo divenire rappresenta il minimo comun
denominatore di tutte le società
fin’ora esistite, eccettuata quella
del comunismo primitivo, le quali
creano, in parte consapevolmente e in parte inconsapevolmente
le loro sovrastrutture giuridiche,
politiche, culturali, artistiche, letterarie e scientifiche.
E il nostro Segretario generale
ha messo in evidenza la perfetta
sintonia umana e intellettuale che
nel loro percorso di vita ebbero
Carlo Marx e Federico Engels,
tanto che lo stesso oratore non
manca di sottolineare che anche
l’atto costitutivo del movimento
comunista internazionale (il “Manifesto del Partito Comunista”) fu
scritto da loro due a quattro mani
nel 1848, data che viene considerata come quella di nascita del
socialismo scientifico.
L’approccio filosofico dei due
studiosi nei confronti della società umana e della sua storia era
di tipo scientifico e materialista,
rifuggendo essi da qualsiasi impostazione di tipo metafisico,
e questo approccio - come era
accaduto oltre due secoli prima
quando la scienza sperimentale
di Galileo aveva mandato in soffitta, ma gradualmente e non senza ripetute battute di arresto, l’alchimia, l’astrologia, la medicina
empirica e tutte le altre scienze
fondate sulla metafisica - mandò
gradualmente in soffitta già alla
fine del XIX secolo un modello
socialista fondato su concetti idealistici e metafisici. Scrive
infatti Scuderi che “il marxismo
non si afferma nel movimento
operaio subito e senza una dura
lotta contro i suoi denigratori e
contro le varie correnti comuniste
utopistiche”, e dalle sue parole
ë DALLA 12ª
ne forza ai militanti e simpatizzanti per continuare il lavoro di
costruzione del Partito perseverando sulla sua linea politicoorganizzativa. “Per combattere
e sconfiggere il capitalismo e i
suoi governi, - dice il Segretario
generale – occorre un forte, radicato e legato alle masse partito
autenticamente proletario, rivoluzionario e marxista-leninista. Mao
ha rilevato che ‘nell’epoca del
capitalismo e dell’imperialismo
è necessario un partito rivoluzionario come il partito comunista. Senza un tale partito il
popolo non può assolutamente
rovesciare i nemici che l’opprimono’”.
I quasi 40 anni di vita coerente
e combattiva del PMLI sono motivo d’orgoglio, certo le difficoltà
e contendendo l’egemonia ai falsi comunisti, sempre nell’ottica
del fronte unito. Dobbiamo impegnarci per far conoscere e accettare le nostre posizioni rivoluzionarie e realmente di sinistra agli
elementi più avanzati. Nei confronti dei partiti della “sinistra”
borghese dobbiamo tenere la
barra dritta, senza aver paura di
affrontarli dialetticamente. Come
dice Scuderi, questo fronte unito va realizzato “tenendo ferme
le nostre motivazioni, che vanno
esposte con la massima dialettica e con spirito unitario”.
Il compagno Scuderi dà infi-
Firenze 11 settembre 2016. Commemorazione di Mao per il 40° Anniversario dell scomparsa.Al podio il
compagno Giovanni Scuderi, Segretario generale del PMLI, tiene il discorso commemorativo “Da Marx a
Mao”
si comprende chiaramente che il
movimento operaio non l’hanno
inventato i due cofondatori del
socialismo scientifico, i quali con
il loro lucido pensiero hanno dapprima studiato e messo a fuoco
il fenomeno umano delle classi
sociali (tra cui la classe operaia)
e solo in un secondo momento indicato a milioni di operai la
via rivoluzionaria con la quale
scuotere e abbattere il sistema di
sfruttamento che li imbrigliava (e
che tuttora li imbriglia).
“Il marxismo - ha sottolineato
a tal proposito l’oratore - non investe solo il pensiero, che è fondamentale per illuminare la pratica, ma anche l’azione in quanto
indica la via dell’emancipazione
del proletariato e di tutta l’umanità attraverso la rivoluzione proletaria, la dittatura del proletariato,
il socialismo e il comunismo sotto
la direzione del Partito comunista
finché non viene estinto nel comunismo come lo Stato”.
L’irrompere del
proletariato
Al fine di corroborare e di rendere concreta la corretta analisi
di Scuderi - per cui il socialismo
scientifico non coincide con il
momento della nascita della classe operaia e del suo movimento, ma contemporaneamente è
il punto di partenza per la sua
emancipazione - lasciate che io
vi menzioni due episodi dei quali
fu protagonista la classe operaia
proprio nell’anno della Rivoluzione francese, nel 1789, episodi
che normalmente i libri di storia
non menzionano o trattano in
modo frettoloso.
Il 28 aprile 1789 - una settimana prima dell’inaugurazione degli
Stati generali, quattro mesi prima
della promulgazione della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del
cittadino e ventinove anni prima
della nascita di Marx - un corteo
di diecimila operai parigini, tra cui
vi erano molte donne, organizzato dai lavoratori della manifattura di carte da parati di proprietà
dell’industriale
Jean-Baptiste
Réveillon, che protestavano per
la proposta di quest’ultimo, da
presentare agli Stati generali,
di drastica riduzione dei salari
già bassissimi, fu repressa nel
sangue dalle guardie - il cui intervento era stato sollecitato dai
maggiori imprenditori della capinon mancano, ma non dobbiamo
scoraggiarci: ogni sforzo, anche
se piccolo, vale per costruire il
Gigante Rosso anche nel corpo
per spazzare via il capitalismo e
instaurare il socialismo. Il nostro
lavoro è essenziale “per risvegliare alla lotta rivoluzionaria il proletariato e l’intero popolo italiano”.
Un lavoro che va impostato sulla
parola d’ordine “Studiare, concentrarsi sulle priorità, radicarsi; radicarsi, concentrarsi sulle
priorità, studiare”. Tutti quanti,
nessuno escluso, dobbiamo fare
la nostra parte “facendo continui
bagni di marxismo-leninismopensiero di Mao e bagni di massa”. Ristudiamo e assimiliamo le
10 citazioni di Mao sui marxistileninisti.
Come dice Scuderi, “dob-
tale francese tra i quali Réveillon
- che spararono sui manifestanti
assassinandone oltre trecento.
La rabbia operaia esplose
allora per Parigi con molte devastazioni, e la stessa fabbrica
Réveillon fu saccheggiata.
Seguirono nei giorni immediatamente successivi processi
sommari e condanne a morte di
numerosi manifestanti, ma il timore della sommossa fu tale che
lo stesso industriale scappò in Inghilterra senza rimettere mai più
piede in Francia, temendo per la
sua stessa vita.
Il secondo episodio, care compagne e cari compagni, è non
solo importante storicamente ma
addirittura commovente perché
vede irrompere da protagoniste
nella storia del genere umano le
masse proletarie femminili: furono infatti almeno cinquemila le
donne parigine - in gran parte
operaie addette alle manifatture e in generale donne di umili
condizioni sociali - che la mattina
piovosa di lunedì 5 ottobre 1789,
esasperate dalla crisi economica
e dalla penuria di generi alimentari, si radunarono all’Hotel de
Ville di Parigi, si procurarono armi
bianche, parecchi fucili e pistole
e addirittura un pezzo di artiglieria che proveniva dalla Bastiglia
assaltata alcuni mesi prima, e decisero di marciare verso Versailles
dove c’era la residenza del re di
Francia, fino a quel momento mai
toccato direttamente nella sua
persona dagli avvenimenti della
Rivoluzione che si stava scatenando in tutta la Francia.
Nel frattempo si unirono a loro
anche un migliaio di uomini, anche essi in gran parte operai delle
manifatture parigine.
Partito attorno alle 9, il corteo
percorse i venti chilometri che separano Parigi da Versailles sotto
una ininterrotta pioggia battente e
arrivò a Versailles attorno alle 16
e 30 quando una delegazione di
queste proletarie riuscì a imporsi
e ad essere ricevuta da Luigi XVI
in persona.
Portavoci della piccola delegazione che incontrò il re, tutta
femminile, erano l’apprendista
scultrice Pierrette Chabry di 17
anni, la commessa di un negozio
di fiori Françoise Rollin e l’operaia in una manifattura di merletti
Rose Barré, entrambe di 20 anni,
che chiesero con forza, e ottennero, che il re ordinasse la re-
quisizione del grano a Parigi per
farlo distribuire.
Pierrette Chabry, con i vestiti
inzuppati come le sue compagne, stremata dall’emozione e
dalla fatica del percorso e anche,
per la verità, digiuna, svenne, ma
si riprese subito dopo.
Queste cinquemila proletarie
per la prima volta fecero comprendere direttamente al re di
Francia, che fino a quel momento
non aveva avuto alcun contatto
diretto con gli strati popolari della
sua nazione, il dramma sociale oltre che politico che stava vivendo
l’intero Paese, e non è azzardato
dire che esse, con la loro determinazione e il loro coraggio, accelerarono il corso della Rivoluzione.
Sì, è proprio così: nell’anno
della Rivoluzione che la borghesia celebra come propria, il 1789,
un corteo di oltre diecimila operai
e operaie metteva una città – Parigi - che contava mezzo milione
di abitanti a ferro e fuoco distruggendo una fabbrica e cinquemila
proletarie dal canto loro si armavano con fucili, pistole e armi
bianche fino a portarsi dietro un
pezzo d’artiglieria, e imponevano
al re con le buone o con le cattive
di riceverle.
Perché, si domanderanno a
questo punto in molti, la classe
operaia - che già costituiva una
parte importante della popolazione francese insieme ai contadini,
senza considerare che, come si è
visto, anche le masse proletarie
femminili facevano ormai sentire
la loro presenza - non fece propria la Rivoluzione lasciandola in
mano alla borghesia, limitandosi
a un ruolo del tutto subalterno tra
il 1793 e il 1794?
La risposta l’ha data lo stesso Giovanni Scuderi attraverso
una citazione di Mao nella quale
il Maestro parla espressamente di Marx - ma non si è certo
lontani dal vero estendendo le
parole di Mao anche all’opera di
Engels – laddove scrive che “egli
ha studiato la natura, la storia e la
rivoluzione proletaria, e ha creato
il materialismo dialettico, il materialismo storico e la teoria della
rivoluzione proletaria”.
Prima del 1848, tenendo presente che l’elaborazione del socialismo scientifico è durata anche per molti anni successivi, il
proletariato non aveva coscienza,
o non aveva piena coscienza né
del proprio ruolo all’interno della
biamo preoccuparci di dare al
PMLI un corpo da Gigante Rosso radicandolo ed estendendolo
nelle città e regioni dove siamo
presenti, in modo da ricavarne le
forze per espanderlo in tutta Italia”. Il Segretario generale ci ha
dato consigli importanti per farlo.
Dobbiamo raggiungere le masse
e quindi entrare nelle fabbriche,
nelle scuole, nelle periferie urbane, conoscere i loro problemi
reali e più urgenti e su questa
base sforzarci di elaborare delle
soluzioni valide, coinvolgendo
le masse stesse. La sfida che
dobbiamo vincere è legare queste battaglie particolari alla lotta
generale contro il capitalismo e il
nuovo duce Renzi.
Preziosissimo il brano finale:
“Quando le nostre opinioni non
vengono condivise, non è il caso
di prendersela sul piano personale, di drammatizzare o rompere
col Partito. Bisogna sempre saper aspettare che i nuovi avvenimenti e i fatti ci diano ragione.
Se ogni militante o simpatizzante
attivo rompesse col Partito per
una qualsiasi questione, anche se
importante e rilevante, alla fine il
PMLI cesserebbe di esistere. Chi
se ne avvantaggerebbe allora? Il
proletariato o la borghesia, l’antimperialismo o l’imperialismo?
Rimaniamo uniti e in cordata,
aiutandoci l’un l’altro a scalare le
montagne che ci attendono nella
nostra Lunga Marcia politica e organizzativa”.
L’Organizzazione di Modena
sulla base di questo studio si impegna ad applicare le indicazioni
società né del fatto che esso, in
quanto tale, potesse fare la Rivoluzione per giungere al potere
in contrapposizione alla borghesia. I sanculotti e le sanculotte, in
parole povere, pur manifestando
con azioni eclatanti la loro presenza nella storia e pur dando
dimostrazioni importanti di lotta
di classe non avevano, per esprimermi con Mao “la teoria della rivoluzione proletaria”: è vero che il
concetto di “socialismo” e anche
di “comunismo” era stato elaborato secoli prima rispetto al 1789,
ma in forma utopistica e metafisica, né esisteva nella mente di
quelle operaie e di quegli operai
l’idea di partito o di sindacato,
men che meno la coscienza di
essere parte di una classe sociale
distinta dalla borghesia, per cui al
massimo gli operai potevano scatenare sommosse, ma nemmeno
potevano lontanamente pensare
di poter giungere a governare.
Il socialismo
scientifico
Marx ed Engels sono stati
per il movimento operaio come
Copernico e Galileo lo sono stati
per la fisica: la classe operaia esisteva da secoli ma solo lo studio
di essa da parte dei due filosofi
tedeschi ne ha compreso la natura e le potenzialità, esattamente
come la Terra orbita da sempre
intorno al Sole e le quattro lune
medicee orbitano da sempre intorno a Giove, ma l’umanità non
ne aveva coscienza prima che i
due menzionati scienziati lo dimostrassero con prove inoppugnabili.
Però, a differenza della scienza fisica che studia una materia
inerte e meccanica in cui l’osservatore è l’antitesi della materia
osservata, quella di Marx ed Engels studia la società composta
da tanti uomini che insieme compongono le classi, ma la società
umana non è soltanto oggetto di
scienza, essa è anche soggetto
attivo della storia umana in continua trasformazione, e quando
quella parte di società in grado
di trasformarsi e di trasformare
l’intera società con essa - ossia
la classe operaia - prende coscienza del proprio ruolo sociale
e storico, s’innesca un processo
rivoluzionario il cui sbocco finale
non può essere che il socialismo,
e, tramite esso, il comunismo.
Marx ed Engels videro l’esperienza della Comune di Parigi nel
1871, dove per la prima volta nella storia la classe operaia giungeva al potere, potere che però essa
non riusciva a mantenere rendendo tale esperienza assai effimera,
e la causa di tale fallimento deve
essere ascritta essenzialmente
nella mancanza di una adeguata
organizzazione politica a sostegno della Rivoluzione, e a questo
punto infatti il compagno Scuderi
ha menzionato Lenin.
“Lottando contro lo zarismo,
il feudalesimo, il capitalismo e le
correnti non marxiste in Russia,
dai populisti agli economisti, dai
menscevichi ai ‘marxisti legali’,
nonché contro i primi revisionisti
SEGUE IN 14ª
ë
di Scuderi per fare al meglio il lavoro locale, spronando i militanti e
i simpatizzanti ad attuare le indicazioni contenute nel discorso affinché il PMLI possa prendere il volo
anche nella nostra città, facendo
tesoro delle esperienze acquisite
fin qui. Fieri di quanto abbiamo
fatto finora, prendiamo questa Risoluzione come punto di partenza
per migliorare il nostro lavoro. Facciamo tutti la nostra parte, militanti
e simpatizzanti, e questo lavoro
darà senz’altro frutti.
Tutto per il PMLI, il proletariato
e il socialismo!
Coi Maestri e il PMLI vinceremo!
Organizzazione di Modena
del PMLI
14 il bolscevico / Commemorazione di Mao
ë DALLA 13ª
del mondo, Bernstein e Kautzky,
teorizzando, organizzando e dirigendo la Grande Rivoluzione Socialista d’Ottobre, dirigendo per
sette anni il primo Stato socialista
della storia, creando e dirigendo
la III Internazionale, Lenin - evidenzia il compagno Segretario
generale, mettendo in risalto il
ruolo di Lenin nell’aver teorizzato
l’organizzazione che deve avere il
partito rivoluzionario della classe
operaia - è diventato il successore di Marx ed Engels sviluppandone il pensiero in tutti i campi,
incluso quello fondamentale della
concezione del Partito del proletariato”.
L’opera di Lenin si inserisce in
Russia nel 1917 in un contesto
storico - quello dell’imperialismo
- che è diverso rispetto a quello
nel quale operarono Marx ed Engels.
Andiamo per ordine, anche se
per sintesi: come era accaduto
il 5 ottobre 1793 a Parigi, anche
l’8 Marzo 1917, in piena prima
guerra mondiale, un corteo di
oltre quattromila donne proletarie - operaie ed anche madri, sorelle e mogli di soldati - sfilarono
in un imponente corteo per le vie
di Pietrogrado chiedendo allo zar
la fine della guerra e pane per i
propri figli.
Al corteo parteciparono solo
ed esclusivamente donne perché
esse ritenevano, memori delle
manifestazioni del 1905 dove la
polizia zarista aveva sparato sulla folla, che la polizia non avrebbe usato violenza contro di loro,
come in effetti non fu usata.
Anche in questo caso, come
128 anni prima in Francia, si trattava di donne lavoratrici.
Da quel giorno le proteste, le
manifestazioni e gli scioperi proseguirono e si estesero, e anche
le diserzioni al fronte si moltiplicarono, provocando l’abdicazione dello zar Nicola II il 14 marzo
e quindi la fine della monarchia
(Rivoluzione di Febbraio), ma le
agitazioni continuarono, perché
stavolta fu proprio Lenin, che
aveva già creato il partito dei Bolscevichi ed era affiancato, tra gli
altri, da Stalin, a far giungere per
la prima volta nella storia la classe operaia al potere con la Rivoluzione di Ottobre.
Dove i sanculotti, le sanculotte, i comunardi e le comunarde si
erano fermati rispettivamente nel
1789 e nel 1871, i bolscevichi e
le bolsceviche nel 1917 sotto la
guida di Lenin e di Stalin non fallirono, e fu proprio Stalin che con-
tinuò l’opera di Lenin dopo la sua
morte prematura nel 1924.
“Stalin - non manca infatti di segnalare puntualmente il
compagno Scuderi descrivendo
l’opera del successore di Lenin
- salva il Partito, lo Stato e il socialismo dagli assalti dei revisionisti Bucharin, Trotzki, Kamenev,
Zinoviev e altri che volevano restaurare il capitalismo in Urss. Nel
corso di questa lotta, che si era
riversata anche all’interno della III
Internazionale e dei Partiti comunisti dei vari Paesi, Stalin ha sistematizzato e sviluppato il leninismo
per quanto concerne il Partito,
l’edificazione del socialismo, la
strategia e la tattica della rivoluzione proletaria, la lotta contro il
revisionismo, la questione nazionale, le alleanze antimperialiste”
compiendo un’opera gigantesca
- allo stesso tempo pratica e teorica - che deve essere ritenuta
assolutamente centrale nello sviluppo del socialismo.
Dopo avere messo in risalto i
meriti di Mao per avere condotto
i comunisti cinesi a proclamare
nel 1949 la Repubblica Popolare
Cinese, Scuderi afferma che “il
pensiero di Mao racchiude in sé
tutto ciò che hanno dato Marx,
Engels, Lenin e Stalin più quello
che Mao ha apportato di nuovo al
tesoro comune del marxismo-leninismo in tutti i fronti di lotta del
proletariato contro la borghesia e
i suoi servi revisionisti”.
Il PMLI e la lotta
contro il revisionismo
moderno
Con grande senso di umiltà
poi il compagno Scuderi ricorda
a se stesso e a noi tutti il ruolo
del nostro Partito nell’Italia e nel
mondo contemporaneo, ovvero
che “il PMLI, per esempio, ha con
modestia apportato dei contributi
al marxismo-leninismo-pensiero
di Mao circa il Partito, la posizione elettorale, il sindacato e la lotta
antimperialista e al revisionismo,
contributi che non hanno un valore universale e si riferiscono alla
situazione concreta del nostro
Paese. Possono servire ad altri
partiti che si trovano nella nostra
stessa situazione, ma non necessariamente a tutti i partiti. Così
come le esperienze di partiti esteri che si richiamano al marxismoleninismo-pensiero di Mao possono essere utili al nostro Partito.
Si insegna e si impara contemporaneamente gli uni dagli altri. Ma
gli insegnamenti di carattere universale tutt’oggi si ricavano solo
da Marx, Engels, Lenin, Stalin e
Conto corrente postale 85842383 intestato a:
PMLI - Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 Firenze
N. 42 - 17 novembre 2016
Firenze 11 settembre 2016. Il canto degli Inni del Partito al termine della Commemorazione di Mao per il
40° Anniversario dell scomparsa. Al centro il compagno Giovanni Scuderi, Monica Martenghi, a sinistra
Mino Pasca e Simone Malesci
Mao, gli unici grandi maestri del
proletariato internazionale. Tutti
e cinque hanno per noi la stessa
importanza e li consideriamo di
pari livello. Il pensiero di ciascuno
di essi ci è indispensabile per trasformare l’Italia e noi stessi”.
Per noi Mao ha un ruolo del
tutto particolare, in quanto ha
condotto una lotta totale, in Cina
e fuori, contro la corrente revisionista che vorrebbe snaturare il
marxismo-leninismo di tutti i suoi
cardini, come la lotta di classe, la
via rivoluzionaria per la presa del
potere, il materialismo storico e
dialettico, la dittatura del proletariato.
Si è trovato di fronte alla necessità di combattere il revisionismo non solo al di fuori del
partito, ma anche dentro di esso.
Si pensi ai tradimenti di dirigenti
come Kautsky, Bukarin, Trotzki,
Tito, Deng, Carrillo, Marchais, e in
Italia Turati, Togliatti, Berlinguer,
Occhetto e Bertinotti.
I revisionisti hanno, nei confronti della classe operaia, una
responsabilità ben maggiore rispetto ai capitalisti, in quanto
questi ultimi fanno comunque
palesemente i loro interessi di
classe, mentre i revisionisti sono
assimilabili a dei veri e propri
falsari: come questi ultimi fabbricano denaro che in apparenza è
originale mentre in realtà è falso,
ingannando chi lo maneggia e
danneggiando l’economia, così i
teorici revisionisti fanno credere
alla classe operaia che il socialismo può essere conquistato con
l’urna anziché con la Rivoluzione
socialista, con il rispetto delle
autorità borghesi anziché con la
loro deposizione, con l’ossequio
ai corpi di polizia e alla magistratura anziché con lo scioglimento
di tali corpi e di tale ordine.
Ma il capolavoro più diabolico dei revisionisti, tra i quali si
annoverano anche la maggior
parte dei sindacalisti, è stato
quello di far credere agli operai
che addirittura la classe sociale
alla quale essi appartengono - la
classe operaia - non esiste più:
a questo punto la classe operaia, pur esistendo realmente nella
sua materialità, ossia nella sua
condivisione di interessi sociali
e nel suo ruolo nella produzione
di merci e servizi, si è trovata in
assoluta crisi di identità, proprio
come ai tempi della rivolta Réveillon, anzi ancora peggio in quanto
– consigliata in tal senso dai tanti
sindacalisti revisionisti - ha smesso addirittura di lottare in senso
rivoluzionario.
“Tutte queste forme di revisionismo - continua con lucidità
l’oratore per esaminare la situazione italiana contemporanea hanno prodotto il PD del nuovo
duce Renzi e la decomunistizzazione, la deideologizzazione e
la derivoluzionarizzazione delle
masse. Attualmente una nuova
forma di revisionismo è espressa dal partito comunista dell’imbroglione trasformista Marco
Rizzo, che si maschera dietro il
marxismo-leninismo escludendo
però Mao, il suo pensiero e la sua
opera. Questo apre una nuova
fase della lotta contro il revisionismo incentrata sulla lotta politica,
sulle posizioni politiche più che
sulle questioni ideologiche e teoriche. Perché il suddetto partito,
onnipresente nei media borghesi,
principalmente in quelli della destra berlusconiana, non ha nulla
da spartire col marxismo-leninismo”.
È proprio per sconfiggere tali
subdoli attacchi revisionisti che
Mao, dopo avere riflettuto per decenni alla luce della scienza marxista-leninista, scatenò la grande
Rivoluzione senza precedenti
nella storia dell’umanità, quella
culturale proletaria iniziata in Cina
nel 1966, facendo direttamente
appello alle masse affinché la gigantesca lotta del popolo cinese
non venisse vanificata dai lacchè
della borghesia che formalmente
vestivano la camicia rossa dei
membri del Partito Comunista Cinese, ma di fatto contribuivano a
minarne la missione.
Con la morte di Mao però anche la Cina, come aveva già fatto
l’URSS dopo la morte di Stalin,
s’incamminò sulla strada del revisionismo, e gli effetti si vedono
oggi chiaramente con la restaurazione del capitalismo.
Il revisionismo non solo ha distrutto i paesi un tempo socialisti
e i partiti storici comunisti, ma
ha anche cancellato dalla testa
del proletariato la propria cultura rivoluzionaria, rappresentata
dal maxismo-leninismo-pensiero
di Mao. Cosicché il compagno
Scuderi è costretto ad ammettere
amaramente che ormai nel nostro
Paese “il proletariato è in uno stato pre-marxista, completamente
all’oscuro del suo ruolo di classe
generale e dei suoi compiti rivoluzionari. Vive, pensa, opera e combatte come una classe in sé non
come una classe per sé cosciente
della propria funzione storica il cui
scopo è quello di liberarsi del capitalismo e conquistare il socialismo e il potere politico, cosciente
che senza la direzione del suo
Partito, al quale ha il dovere di
dare tutta la sua forza intellettuale
e materiale, non potrà nemmeno
migliorare soddisfacentemente le
proprie condizioni di vita e di lavoro sotto il capitalismo”.
“Stato pre-marxista”: Scuderi è spietato nella sua analisi
della situazione della coscienza
di classe nell’Italia attuale, che
si trova soltanto a un passo da
quella nella quale si trovarono
duecentoventisette anni fa gli
operai parigini massacrati a centinaia, senza che li sfiorasse il
solo pensiero di avere una forza
di tale portata da trasformare loro
stessi e il mondo.
Eppure oggi la classe operaia nel mondo, ha nuovamente la
possibilità di prendere coscienza
del suo ruolo rivoluzionario, poiché il fallimento del capitalismo,
sul piano sociale, è sotto gli occhi
di tutti: persino negli Stati Uniti
moltissimi giovani hanno udito la
parola “socialismo” pronunciata
dal candidato presidenziale socialdemocratico Bernie Sanders
in un Paese dove tale parola è da
sempre impronunciabile, e ancora prima, allo scoppio della devastante crisi economica e finanziaria che tuttora dura, nello stesso
Paese tanti giovani sono scesi
in piazza con lo slogan “Occupy
Wall Street” e “We are 99%”,
evidentemente coscienti che la
stragrande maggioranza della
popolazione - sottoproletariato,
proletariato e piccola borghesia rappresenta tutto ma, non conta
nulla.
Il socialismo alfine
trionferà
Nel panorama politico italiano,
e non solo, il Partito marxistaleninista italiano rappresenta
non già un baluardo formidabile,
bensì l’unico e inimitabile baluardo, per condurre a fondo la
lotta rivoluzionaria che si scatenerà nella sua pienezza quando
le contraddizioni del capitalismo
avranno raggiunto un punto di
non ritorno.
Afferma infatti il compagno
Scuderi che “la nostra stessa
esperienza dimostra che solo coloro che vogliono veramente e nei
fatti trasformare l’Italia e se stessi,
costi quel che costi, sono capaci di affrontare e superare tutte
le avversità e le prove della lotta di classe, nonché quelle della
propria vita personale: disoccupazione, licenziamenti, malattia,
vecchiaia, problemi familiari. Il
che non significa che non possa
sopraggiungere, come accade
specie tra i militanti più deboli
ideologicamente e più sensibili
alla propaganda borghese e dei
falsi comunisti, un momento di
scoramento, di pessimismo, constatando la lentezza della crescita
numerica del Partito, la lontananza dell’avvento del socialismo e le
difficoltà per ottenere il consenso e l’appoggio delle masse che
già ci conoscono. Ma la nostra
militanza non può e non deve
dipendere dall’uno o dall’altro
fattore, che pure esistono nella
realtà. Perché a monte di ogni
altra considerazione sta la nostra scelta di vita rivoluzionaria e
marxista-leninista, che non deve
essere condizionata dai risultati
immediati auspicati. Dobbiamo
fare tutto quello che siamo in gra-
do di fare con assoluta tranquillità, sicuri che il nostro lavoro sarà
proseguito da nostri successori
prossimi e futuri, che si passeranno la fiaccola rivoluzionaria e
marxista-leninista del PMLI fino a
raggiungere la vittoria”.
Il Partito infatti è attualmente
l’unica forza politica organizzata
in Italia che continua a far tesoro di un’esperienza rivoluzionaria
- scientifica e politica, teorica e
pratica - che comprende oltre un
secolo e mezzo di storia che va
dai primi scritti di Marx ed Engels,
prosegue con l’Unione Sovietica
di Lenin e di Stalin e giunge fino a
tutte le più compiute realizzazioni
della Repubblica Popolare Cinese di Mao, un’esperienza che è
assolutamente unica nella storia
dell’umanità e che ha consentito
al proletariato di trionfare in una
notevole parte del mondo, e tale
esperienza deve essere studiata
e applicata, perché è l’unica che
storicamente ha fatto avanzare il
progresso sociale.
Occorre che sin da ora la classe operaia, le masse giovanili,
femminili, tutti gli sfruttati e gli
oppressi, gli intellettuali sinceramente democratici che vogliono
lottare per la Rivoluzione socialista devono stringersi attorno al
nostro Partito e dare il loro contributo affinché quest’ultimo possa diventare un Gigante Rosso
anche nel corpo, oltre che nella
mente.
Chi aiuta il Partito contribuisce alla causa proletariato e del
socialismo, chi ostacola il Partito contribuisce a tenere schiavo
il proletariato nel capitalismo,
chi riconosce nel Partito l’unico
punto di riferimento per la vittoria della rivoluzione socialista fa
compiere un passo avanti verso
la rivoluzione, chi al contrario non
gli riconosce tale ruolo manda
indietro le lancette dell’orologio
della rivoluzione.
Ricordare, come ha fatto Scuderi, i cinque Maestri del socialismo, significa ricordare la Lunga
Marcia che ormai da alcuni secoli
le masse delle lavoratrici e dei
lavoratori hanno intrapreso, dapprima in modo confuso e non cosciente, poi in modo sempre più
cosciente, e infine, ai giorni nostri
e soprattutto a causa del revisionismo, con una graduale perdita
di coscienza rivoluzionaria che
però non è, né può esserlo, definitiva e irreversibile, perché il
capitalismo sta evidenziando nel
mondo intero sempre più gravi
contraddizioni: ed è proprio per
questo che - nessuno di voi ne
dubiti - se vedrò a Parigi un corteo di migliaia di proletarie con
i vestiti inzuppati che con fatica
trascinano un cannone, se poi,
sempre a Parigi, m’imbatterò in
una folla di lavoratrici e di lavoratori che sventolano la bandiera
rossa sulle barricate, o se m’imbatterò a Pietrogrado in qualche
centinaia di marinai che, nottetempo, stanno per sparare un
colpo a salve dal loro incrociatore, o se addirittura mi capiterà di
incontrare per le strade della Cina
una grande folla di giovani che innalzano entusiasti la bandiera di
Mao, ebbene, io dirò a tutti loro,
uno per uno, che il compagno
Giovanni Scuderi - insieme a tutti
i membri del nostro Partito marxista-leninista italiano, nessuno
escluso - non si è mai dimenticato di loro neppure per un’istante,
e che anzi lotta al fianco di tutti
loro indicando la corretta via per
l’instaurazione del socialismo.
Lavoratori di tutti i Paesi, unitevi!
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Editore: PMLI
chiuso il 9/11/2016
ISSN: 0392-3886
ore 16,00
esteri / il bolscevico 15
N. 42 - 17 novembre 2016
3mila bombe sganciate dagli Usa
L’esercito dell’IS resiste all’assalto
imperialista a Mosul
Al Baghdadi: “Resistete e attaccate anche in Arabia Saudita e Turchia”
Anche l’Italia impegnata nell’aggressione
L’offensiva lanciata lo scorso
17 ottobre dalle forze irachene del
governo fantoccio di Baghdad e
dai peshmerga della regione autonoma del Kurdistan iracheno,
appoggiati dall’aviazione Usa,
per la “liberazione” della città di
Mosul sotto controllo dal giugno
2014 dello Stato islamico (IS) è
in pieno svolgimento. Ai primi
successi dell’offensiva, celebrati come l’anteprima di una facile
vittoria sorattutto da parte della
vergognosa campagna di stampa imperialista tesa a dipingere
nei modi peggiori i “barbari” avversari e quindi a giustificare pure
le morti di civili, ha fatto seguito
un duro confronto ingaggiato
dall’esercito dell’IS che mostra di
resistere all’assalto imperialista.
Secondo un comunicato del
comando militare iracheno il bilancio dell’offensiva su Mosul al
4 novembre registrerebbe “165 i
villaggi, distretti, quartieri e strutture governative liberate sui fronti
settentrionale, meridionale, occidentale e orientale dall’inizio delle
operazioni”. Operazioni condotte
da diverse migliaia di uomini con
la copertura aerea dei caccia
americani che in pochi giorni hanno scaricato 3 mila bombe sulle
trincee difese dalle forze dell’IS.
Anche l’Italia imperialista è
impegnata nell’aggressione seppur schierata apparentemente in
seconda fila. Se la maggior parte
dei soldati italiani presenti in Iraq
è schierato a “difesa” dei lavori di
ristrutturazione della diga che si
trova a una trentina di chilometri da Mosul, alcune centinaia di
istruttori si sono avvicendati negli
ultimi mesi per addestrare reparti dei peshmerga della regione
autonoma del Kurdistan e sono
soprattutto gli elicotteristi della
Brigata Friuli di base a Erbil quelli
impegnati formalmente in operazioni di soccorso ai feriti o di assistenza ai plotoni in difficoltà della
coalizione anti-IS.
Le forze governative e le milizie sciite sono entrate il 5 novembre nella cittadina di Hammam
Alil, circa 25 chilometri a sud di
Mosul, mentre nella parte settentrionale della città i combattimenti sarebbero già dentro il quartiere
periferico del Cairo. Se l’esercito
di Baghdad vincerà la battaglia
per il controllo di Hammam Alil
avrà aperto la via per attaccare
l’aeroporto internazionale di Mosul, da cui dista circa 16 chilometri. Una strada difesa dall’esercito
dell’IS con un sistema di barricate e trincee che bloccano le vie di
accesso all’aeroporto.
Con un contrattacco le forze
dell’IS si riprendevano il 5 novembre una parte delle aree conquistate dall’esercito governativo
a est di Mosul, fino al distretto di
Gogjali. La resistenza delle forze
dell’IS era intensa nel quartiere
residenziale di al Bakr a Mosul
dove avevano raso al suolo molti
edifici per costringere gli assalitori ad avanzare allo scoperto.
In un messaggio audio diffuso
il 3 novembre da Mosul il leader
dell’IS Al Baghdadi
incitava le sue formazioni a
“resistere e attaccare anche in
Arabia Saudita e Turchia”; “a tutti
i combattenti e al popolo di Ninive, combattete, lottate e affrontate il vostro nemico” affermava
Al Baghdadi, “tenere il territorio
con onore è un migliaio di volte
più facile che ritirarsi con disonore”. Si dichiarava “fiducioso nella
vittoria” in merito all’offensiva su
Mosul sostenendo che “la guerra
totale e la grande jihad che lo stato islamico sta combattendo aumenta solo la nostra ferma convinzione, se Dio vuole, che tutto
questo è un preludio alla vittoria”.
Invitava la popolazione della provincia di Ninive a combattere i
“nemici di Dio” e i combattenti
suicidi a “trasformare le notti dei
miscredenti in giorni”.
Esortava i soldati dell’IS a
“scatenare il fuoco della loro rabbia” contro le truppe turche che
li combattono in Siria e li incitava
a portare la battaglia in terra turca. “Oggi la Turchia è entrata nel
campo di battaglia – sosteneva
– attaccatela, distruggete la sua
sicurezza e trasformate in paura
quella che oggi è la sua sicurezza. Mettetela nel mirino delle
vostre armi. La Turchia è entrata
in guerra con lo ‘Stato islamico’
con la protezione dei crociati. Ai
combattenti del Califfato in Siria,
i soldati della Turchia infedele
sono venuti a voi, mostrate loro la
vostra forza, bruciateli con il fuoco della vostra rabbia e vendicate
la vostra religione contro i fratelli
dei demoni”.
Al Baghdadi esortava infine i
combattenti antimperialisti islamici
a colpire “attacco dopo attacco”
l’Arabia Saudita, le sue forze di sicurezza, funzionari governativi, la
famiglia regnante Al Saud e i media
che “stanno dalla parte delle nazioni infedeli nella guerra all’Islam e
all’Islam sunnita in Iraq e Siria”.
Che la battaglia sia oramai
lanciata su tutti e due i fronti,
quello in Iraq e quello in Siria, lo
confermava il 6 novembre l’annuncio dell’avvio di una campagna contro l’IS a Raqqa da parte
delle Forze della Siria democratica (Fsd), la coalizione formata dai
curdi delle Unità di protezione del
popolo (Ypg) e altre forze arabe.
Le Fsd sono appoggiate dagli
Usa ma osteggiate dalla Turchia
per la loro forte componente
curda. A mettere Washington e
Ankara d’accordo ci pensavano i vertici militari dei due paesi
con l’incontro il 6 novembre nella
capitale turca tra il generale Joseph Dunford, capo dello stato
maggiore congiunto degli Stati
Uniti, e l’omologo turco, generale Hulusi Akar. “La coalizione e
la Turchia – affermava Dunford lavoreranno insieme su un piano
a lungo termine per conquistare,
mantenere e governare Raqqa”.
Gli Stati Uniti, precisava il generale Usa, hanno “sempre saputo
che le Fsd non sono la soluzione
per prendere e governare Raqqa.
Quello a cui stiamo lavorando è la
ricerca del giusto mix di forze per
l’operazione”, che richiede “forze
prevalentemente arabe e sunnite”. Con buona pace per le truppe curde siriane che gli imperialisti considerano usa e getta.
Erdogan fa arrestare 13 deputati curdi
Arrestati anche due sindaci di Diyarbakir e 11 giornalisti indipendenti. Bloccati i social network.
Scontri in piazza. Attaccato il palazzo della polizia a Diyarbakir
I curdi in piazza per protestare in diverse città europee, compresa Roma
La repressione del fallito golpe
militare del 15 luglio ha permesso
al presidente Recep Tayyip Erdogan di rafforzare il suo regime, di
lanciarlo in prima fila nell’offensiva imperialista contro l’IS in Sira
e Iraq per mettere le mani quantomeno sui trritori curdi e di proseguire lungo la strada del golpe
istituzionale contro le opposizioni
e i curdi del Kurdistan settentrionale. Di questa repressione ne
fanno le spese soprattutto il popolo curdo che nella regione di
Diyarbakir vive sotto coprifuoco
ed è sotto attacco dell’esercito
turco da quasi un anno. A fine ottobre il fascista Erdogan ha sca-
tenato polizia e esercito contro gli
oppositori iniziando il 31 ottobre
con l’arresto di undici giornalisti del quotidiano Cumhuriyet,
tra cui il direttore, e ha vietato al
resto dei media turchi di parlare
Da parte dell’Ue e dell’Italia
L’addestramento della guardia costiera, un
altro passo per la colonizzazione della Libia
I primi 78 militari della marina e
della guardia costiera libica hanno iniziato lo scorso 26 ottobre
a bordo della nave italiana San
Giorgio e olandese Rotterdam,
che partecipano nel Mediterraneo centrale alla missione antimigranti dell’Unione europea (Ue)
Sophia, il corso di addestramento di oltre tre mesi per imparare a
fermare in acque territoriali i barconi e riportare indietro quanti si
trovano a bordo.
Il corso si svolgerà in acque internazionali, come in basi a terra
messe a disposizione da Malta e
Grecia si terrà quello successivo
per l’addestramento degli equipaggi libici di undici pattugliatori
destinati al controllo della frontiera marittima.
I militari dell’Ue non possono
operare ufficialmente in territorio
libico, solo il governo del premier
Serraj ha chiesto all’Unione europea di formare il personale per la
nuova marina libica, in base alle
due risoluzioni Onu del 30 agosto
e del 6 settembre scorsi che incaricavano di tale compito la missione militare europea nel Mediterraneo. Il governo di Tobruk non
riconosce quello di Serraj a Tripoli
e si è più volte espresso contro
la presenza militare straniera sul
territrio libico.
L’imperialismo europeo ha forzato la mano e avviato comunque
la “fase 2a” della missione militare, in attesa di poter fare ingresso
direttamente, su richiesta del governo Serraj e con la copertura di
una risoluzione Onu, in acque territoriali libiche per operare anche
nei porti del paese nordafricano.
Il responsabile della missione europea, l’ammiraglio italiano
Enrico Credendino, ha sostenuto
che dall’inizio dell’attività, il 7 ottobre dello scorso anno, la missione ha salvato 29 mila migranti
in acque internazionali, ha sequestrato o rese inservibili 337 imbarcazioni e consegnato alle autorità
italiane 96 presunti scafisti. “Oggi
gli scafisti non riescono ad uscire
dalle acque libiche e non possono più recuperare le imbarcazioni
di legno e i gommoni, stanno perdendo molto della loro logistica”,
ha spiegato a fine ottobre alle
commissioni Esteri e Difesa l’ammiraglio Credendino; un bilancio
“positivo” che dovrebbe spingere
la Ue e il governo italiano a insistere nello sviluppo della missione
fino a poter mettere ufficialmente
gli scarponi sul terreno libico, formalmente per dare la caccia ai
trafficanti di uomini ma in realtà
per colonizzare di nuovo la Libia
da parte dell’Ue e dell’Italia.
Addestrando i militari libici
l’Ue punta a ridurre le partenze
dei migranti attraverso l’aumento del controllo nelle acque del
Mediterraneo. In tale compito le
forze europee schierate nell’ambito della missione Sophia saranno a breve affiancate da aerei e
navi della Nato, secondo quanto
annunciato dal segretario generale dell’alleanza militare atlantica
Jens Stoltenberg: “si tratta di un
altro esempio di come Nato e Ue
lavorino insieme per la sicurezza
dell’Europa”. Una sicurezza garantita dal tentativo di chiudere
militarmente il Mediterraneo ai
migranti generati in gran parte
dalle guerre e dalla politica di
rapina compiuta dagli stessi paesi imperialisti. Migranti che in un
futuro prossimo saranno bloccati
dalla marina libica, addestrata allo
scopo, e riportati indietro contro
lo loro volontà; un respingimento
di fatto, la pratica condannata nel
2012 da Strasburgo che riappare
sotto mentite spoglie.
CALENDARIO
DELLE MANIFESTAZIONI
E DEGLI SCIOPERI
NOVEMBRE
10
14
15
25
Slc-Cgil, Fistel-Cisl, Uilcom-Uil e RSU - Sciopero nazionale di
tutte le lavoratrici e i lavoratrici di Almaviva, per l’intero turno
Fabi, First-Cisl, Fisac-Cgil, Ugl, Uilca - Regioni e autonomie
locali - Sciopero dei lavoratori Equitalia Spa
Slc-Cgil, Fistel-Cisl, Uilcom-Uil, Ugl-Telecomunicazioni –
Sciopero dei lavoratori di Ericsson Telecomunicazioni SpA
Slai Cobas – Sciopero generale di tutte le categorie pubbliche
e private
dell’operazione; il 2 novembre la
polizia aveva arrestasto Gülten
Kisanak e Firat Anli, co-sindaci
della Municipalità di Diyarbakir, il
4 novembre Selahattin Demirtas
e Figen Yüksekdag e altri 11 deputati del Partito Democratico dei
Popoli (Hdp).
Con gli ultimi arresti sono più
di 130 i giornalisti in carcere.
Secondo il procuratore capo di
Istanbul, i giornalisti erano stati
fermati in seguito all’accusa di
“crimini a favore delle organizzazioni terroristiche di Gulen e
del Pkk”, il partito curdo Pkk e
il movimento Gulen accusato da
Erdogan di essere stato l’organizzatore del golpe del 15 luglio;
i sindaci di Diyarbakir e i parlamentari dell’Hdp con l’accusa di
essere “sostenitori dell’organizzazione terroristica Pkk”.
Nelle loro città, per parità di
genere i curdi affiancano i sindaci
eletti a un co-sindaco dell’altro
sesso e a Diyarbakir Gültan Kisanak è la sindaca eletta, Firat Anli
il co-sindaco. Per lo stesso criterio Selahattin Demirtas è il presidente e Figen Yüksekdag la copresidente dell’Hdp. La città di
Diyarbakir sarà governata da un
funzionario di Ankara così come
le altre 28 città curde i cui sindaci
sono in carcere, altri 70 sindaci
sono stati destituiti dal governo
centrale.
La protesta dei curdi a Diyarbakir contro l’arresto dei sindaci
si faceva subito sentire nonostante la città sia sotto la “legge
di emergenza” e il governo avesse già proibito ogni tipo di protesta, concentramento e marce.
La polizia chiudeva Internet per
impedire che i manifestanti si
organizassero attraverso i social
network ma centinaia di manifestanti si radunavano lo stesso di
fronte al municipio e venivano dispersi dalla polizia che dopo i gas
lacrimogeni e i cannoni ad acqua
sparava coi fucili. Il 3 novembre i
manifestanti in piazza davanti al
municipio erano diverse migliaia;
alla manifestazione partecipava il
responsabile dell’Hdp, Demirtas,
che invitava la popolazione a continuare la protesta fino al rilascio
dei sindaci arrestati e la protesta
dilagava in tutto il sud dell’Anatolia. Il giorno successivo finirà lui
stesso in carcere a Diyarbakir.
La mattina del 4 novembre il
palazzo della polizia a Diyarbakir
era bersaglio di un attacco con
una bomba che provocava 10
morti e un centinaio di feriti; le
autorità turche accusavano il Pkk
dell’attacco che era invece rivendicato dall’IS.
Altre proteste contro gli arresti
dei giornalisti e degli esponenti
curdi si svolgevano in Turchia, a
Istanbul e Ankara, e in varie città
europee in Germania, Regno Unito, Belgio, Francia, Austria, Svizzera e a Roma in Italia.
Risibile e vergognosa la reazione dell’Unione europea alla
nuova stretta fascista di Erdogan,
una debole condanna di facciata che la rende complice della
dittatura. Una posizione simile a
quella di Nechirvan Barzani, il primo ministro curdo della regione
autonoma del Kurdistan in Iraq
e alleato di Ankara che si dichiarava “preoccupato” che “questa
mossa possa complicare ulteriormente la situazione in Turchia”.
Condanniamo l’arresto dei
co-presidenti, deputati e dirigenti
dell’HDP e chiediamo il loro immediato rilascio; parimenti condanniamo la detenzione e la rimozione dall’incarico dei sindaci
nelle municipalità della regione
curda in Turchia. L’appello di mobilitazione lanciato dalla Rete Kurdistan Italia per la manifestazione
del 12 novembre a Roma chiede
al governo italiano l’immediata
rottura dei rapporti diplomatici e
commerciali con la Turchia e la
sospensione delle trattative per il
suo ingresso nella Ue.
Committente responsabile: M. MARTENGHI (art. 3 - Legge 10.12.93 n. 515)
Stampato in proprio
AL REFERENDUM
DEL 4 DICEMBRE
PARTITO
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