Suicidio di Tiziana, per il Tribunale

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Transcript Suicidio di Tiziana, per il Tribunale

Suicidio di Tiziana, per il
Tribunale "Facebook doveva
rimuovere i video". Zuckerberg
indagato in Germania
Il collegio presieduto dal
giudice
Marcello Sinisi del Tribunale civile di Napoli Nord,
con una ordinanza ha rigettato il reclamo di Facebook Ireland, dando
invece ragione a Teresa Giglio madre di Tiziana Cantone, la 31enne
di Mugnano (Napoli) suicidatasi il 13 settembre scorso dopo la
diffusione sul web a sua insaputa di video hard che la ritraevano, ha
stabilito che
i link e le informazioni relativi alla ragazza
napoletana una volta che ne era emersa l’illiceità dei contenuti,
dovevano essere rimossi da Facebook , a prescindere da un preciso
ordine dell’autorità amministrativa o giudiziaria.
I legali italiani del social network americano avevano presentato
reclamo contro l’ordinanza emessa il 10 agosto scorso del giudice
civile Monica Marrazzo, alla quale si era rivolta Tiziana quando era
ancora in vita, che aveva disposto l’ obbligo di alcuni social, tra i
quali Facebook, a rimuovere video e commenti relativi alla 31enne.
Al
momento
del
deposito
dell’ordinanza del Giudice di Napoli tre link che permettevano
l’accesso ai video “hot” di Tiziana erano stati rimossi da Facebook
dopo le pressanti richieste della ragazza, mentre un quarto,
denominato “Tiziana sei tutti noi“, era ancora attivo, ma secondo gli
avvocati della società guidata daMark Zuckerberg
“non presentava
contenuti a sfondo sessuale“, né “profili di illiceità“.
Andrea Orefice, l’avvocato che segue la mamma di Tiziana nei ricorsi
civili ha commentato “È una pronuncia molto equilibrata perché
introduce il principio, rigettando quanto asseriva Facebook, secondo
cui un hosting provider deve rimuovere le informazioni illecite,
quando arriva la segnalazione di un utente, come nel caso di Tiziana.
E non deve attendere che sia il Garante della Privacy oppure il
giudice ad ordinargliene la rimozione” aggiungendo “Adesso Facebook
deve collaborare: dopo la pronuncia della sentenza del giudice civile
del Tribunale di Napoli Nord parzialmente a favore della mamma di
Tiziana, serve una svolta decisiva. Deve darci i nomi e i cognomi
delle persone che, nascosti dietro falsi profili, hanno aperto le
pagine su cui c’erano i contenuti che hanno diffamato la ragazza ed
hanno contribuito a renderla vulnerabile a tal punto da suicidarsi. I
link, le immagini, le foto e gli spot che in pochi mesi sono diventati
virali” raccontando lo stato della madre di Tiziana, “Lei è
addolorata, ma auspica che Facebook adesso collabori con la Procura
nelle indagini penali in corso“.
Dichiarazioni a cui si è associato anche l’avvocato Andrea Imperato,
che invece assiste penalmente la famiglia della vittima, e commenta
l’incredibile decisione del pm Alessandro Milita del pool guidato dal
procuratore aggiunto Fausto Zuccarelli della Procura di Napoli di
chiedere l’archiviazione per i quattro amici di Tiziana sospettati di
aver diffuso in rete i video hot: “Mi auguro che i pm abbiano vagliato
attentamente tutti gli elementi della denuncia di Tiziana prima di
fare questo passo“.
Il Tribunale ha poi deciso la compensazione di parte delle spese
legali (1/3) condannando per il resto – oltre 8 mila euro – Facebook a
corrisponderle alla madre di Tiziana ed ai suoi legali.
Decisione questa che arriva, per ironia della sorte, proprio nel
giorno in cui a Monaco, per la prima volta, la magistratura ha
indagato i vertici di Facebook, tra cui il fondatore Mark Zuckerberg,
(a destra nella foto) per la mancata rimozione di contenuti criminali
come minacce e negazioni del genocidio ebraico. A rivelarlo il sito
del settimanale tedesco Der Spiegel che precisa come nel mirino della
Procura di Monaco di Baviera siano finiti, oltre al fondatore, anche
la direttrice operativa della rete sociale americana, Sheryl Sandberg,
e il rappresentante istituzionale per l’Europa, Richard Allan.
Secondo la denuncia Facebook non avrebbe rimosso contenuti segnalati –
A dare il via all’inchiesta una denuncia dell’avvocato tedesco di
Würzburg, Chan-jo Jun, che già in passato si era battuto contro i
contenuti violenti sul social network. Secondo il legale,
specializzato in diritto digitale, i manager dell’azienda starebbero
tollerando la presenza sul social network di messaggi che incitano
all’odio e alla violenza fisica e gruppi che negano la Shoah.
Il settimanale Spiegel ricorda che Facebook è obbligato a rimuovere
contenuti illegali non appena ne viene a conoscenza. Alla denuncia è
allegata una lista di casi nei quali si mostra che alcuni contenuti,
nonostante ripetute sollecitazioni, non sarebbero stati rimossi. Nella
maggior parte dei casi Facebook non risponderebbe alle segnalazioni.
Il settimanale tedesco sottolinea come il social network in Germania
sia al centro delle polemiche per la sua tolleranza verso contenuti
che incitano all’odio, esplosi recentemente con l’aumento dei profughi
in arrivo.