La Vallonia ha agito come le Province canadesi

Download Report

Transcript La Vallonia ha agito come le Province canadesi

MERCOLEDI 26 OTTOBRE 2016 • CORRIERE CANADESE
2
CANADA
IL COMMENTO
La Vallonia ha agito come le Province canadesi
L’ONOREVOLE
JOE VOLPE,
EDITORE
TORONTO - È troppo facile dare la colpa alla Vallonia e al Belgio per il collasso del processo di
ratiica del CETA. Il processo era
chiaro sin dall’inizio: i corpi legislativi locali avrebbero avuto un
veto virtuale - e come è avvenuto,
efettivo - su ogni accordo strutturato.
Noi non avremmo dovuto aspettarci niente di meno da operazioni di uno “stato federato” come l’Europa. O come il Canada, in
questo caso. Se l’accordo è importante per qualcuno, lo è per i canadesi. I beneici di uno scambio
virtualmente a tarifa zero di beni tra il Canada e l’Europa sarebbe
sicuramente andato a favore dei
produttori canadesi almeno quanto di quelli europei. Altrimenti,
che senso avrebbe avuto?
I valloni stanno seguendo la
strada di difendere i loro locali interessi di lungo corso di fronte ai
potenziali interessi più grandi per
una collettività più ampia. È una
prospettiva che i canadesi conoscono molto bene.
Quando
l’amministrazione
Mulroney negoziò il Free Trade
Agreement (FTA) con gli Usa, lui
ebbe bisogno di acquisire il buy-in
dell’industria della frutta nel Sud
Ontario.
Quello ebbe dei costi nei sussidi ai produttori di vino, tra gli altri, per incoraggiare loro alla transizione delle loro aziende per farle diventare più competitive di
fronte alla competizione americana. Lo fecero; alcuni con maggiore
successo rispetto ad altri.
La vera questione, però, era l’abbandono della tradiziona-
le Canadian National Policy (conservatrice) che puntava a deinire
il Canada commercialmente attraverso sussidi e politiche preferenziali che avrebbero favorito il sostegno industriale e dei trasporti del Canada Est-Ovest. C’era un
prezzo.
Non passò molto tempo per la
partnership FTA prima che crescesse lungo i vantaggi strutturali di una partnership coordina-
ta e accresciuta. Una che supervisionasse la gestione continentale dello sfruttamento delle risorse naturali, della capacita delle risorse umane e del settore dell’innovazione. Entro il 1992, il FTA
venne accresciuto per includere il
Messico nel North America Trade
Agreement (NAFTA).
Alcuni settori industriali dovevano essere compensati. Altri, dovevano ricevere in deroga un so-
stegno andando avanti. Altri ancora - il settore caseiicio in particolare - lottò per l’esclusione.
Gli interessi di legname e grano
calibrarono argomenti per entrare
o per l’esclusione. Gruppi provinciali, territoriali e aborigeni lottarono per mantenere i loro diritti
peculiari - alcuni acquisiti, alcuni
costituzionali.
C’era, certamente, il famoso requisito del CanCon (il componente canadese) nel manifatturiero
per proteggere gli interessi locali.
A volte, ci si chiede se tutte le
considerazioni che sono andate
nella costruzione della nazione (e
codiicate in leggi, autorità giurisdizionali e costituzionali) siano
state messe da parte con l’emergere di accordi commerciali settoriali, continentali e pan-(spazio da
riempire) con i loro meccanismi
di risoluzione del conlitto.
Per alcuni, la fermezza della posizione dei valloni di fronte
ai maggiori interessi europei può
sembrare ostinata e avida o indicativa di una debolezza della Federazione Europea. Per altri, come gli interessi dietro la sida di
Galati all’accordo del Ceta, è una
questione del pesce piccolo che si
erge per difendere i diritti costituzionali.
Dovremmo prendere alcune pagine dei processi dell’FTA e del
NAFTA per capire meglio i nostri
prossimi passi.
ENGLISH VERSION
Wallonia, like Canadian provinces and sectoral interests seeking accommodations
The Honourable Joe Volpe, Publisher
would be the point?
TORONTO - It is a little to facile to blame Wallonia and Belgium for the collapse of the ratiication itinerary of the CETA. The
process was clear from the very
beginning: local legislative bodies would have virtual – and as
it turns out, efective – veto over
any deal structured for the whole.
The Walloons are following a
pattern of defending long-established local interests in the face
of potentially larger interests for
a wider collective. It is one with
which Canadians are well familiar.
We should not have expected
any less from the operations of a
“federated state” like Europe. Or
Canada, for that matter. If the deal
is important to anyone, it would
be to Canadians. The beneits of
a virtually tarif-free exchange of
goods between Canada and Europe would surely accrue to Canadian producers at least as much
as to Europeans. Otherwise, what
When the Mulroney administration negotiated the Free Trade
Agreement (FTA) with the USA,
he needed to acquire the “buy in”
of the soft fruit industry in Southern Ontario. That cost a pretty
penny in subsidies to the wine
producers, among others, to encourage them to transition out
of the business or become more
innovative in the face of American competition. They did; some
more successfully than others.
The real issue, though, was the
abandonment of the traditionally Canadian [Conservative] National Policy that strove to deine
Canada commercially through
preferential subsidies and policies that would favour the EastWest industrial and transportation underpinnings of Canada.
There was a price.
It did not take long for the FTA
partnership to seize upon the
structural advantages of a co-ordinated and expanded partnership. One that would oversee the
Continental management of natural resources exploitation, human resources capacity and innovative sector. By 1992, the FTA
was expanded to include Mexico
in a North America Trade Agreement (NAFTA).
Some Industry sectors had to
be compensated. Others, “grandfathered” going forward. Others
still – the Dairy producers in particular – fought for exclusion.
Lumber and Wheat interests “ine
tuned” arguments for entry or exclusion. Provincial, Territorial
and Aboriginal groups fought to
maintain their peculiar “rights”
– some acquired, some Constitutional.
tions and constitutional authorities) have been cast aside with
the emergence of sectoral, continental and pan-(ill in the blank)
trade agreements and their conlict resolution mechanisms.
There was, of course, the
famous CanCon (Canadian Component) requirement in manufacturing to protect local interests.
For some, the irmness of the
position by the Walloons in the
face of greater European interests
may seem a tad shy of being obdurate, greedy, or indicative of the
weakness of the European Federation. For others, like the interests
behind the Galati challenge to the
CETA deal, it is a question of the
little guy standing up for his Constitutional Rights.
Sometimes,
one
wonders
whether all of the considerations
that went into Nation-Building
(and codiied into laws, jurisdic-
We may have to take a few
pages out of the FTA and NAFTA
process to better appreciate our
own next steps.
COMMERCIO
Ceta, pessimismo in Europa: è un accordo morto “de facto”
Francesco Veronesi
TORONTO - L’accordo commerciale Ceta è morto “de facto”. Non
sono afatto lusinghieri i commenti che arrivano dal Vecchio Continente a ventiquattrore dal superamento della deadline imposta alla Vallonia per dare il suo via libera al Comprehensive Economic
and Trade Agreement tra il Canada e l’Unione europea. Al contrario, importanti esponenti comunitari hanno fatto capire che lo stallo provocato dal niet della piccola regione belga ha nella sostanza
fatto naufragare l’accordo e che, a
meno che non vi sia un vero e proprio terremoto politico, il Ceta è
destinato a diventare carta straccia
e con esso nove lunghi anni di trattative e round di negoziati.
A cantare il de profundis per
il trattato di libero scambio tra il
Canada e l’Ue è stato Bernd Lange, presidente della Commissione
Commercio Estero del Parlamento Europeo. «Il Ceta - ha dichiarato senza mezze parole - è morto
“de facto”. C’è ancora la possibilità
che si provi di nuovo a irmarlo entro alcune settimane, ma non sono
afatto convinto che questo tentativo porterà a qualche risultato apprezzabile».
Insomma, a Bruxelles e Strasburgo, nelle stanze del potere e
nei corridoi, si respira un clima
pessimista.
Il ragionamento dei principali attori istituzionali del Vecchio
Continente è questo: in tutte queste settimane il pressing dei leader europei non ha portato a nulla, cosa potrebbe cambiare da qui
a qualche settimana per piegare la
iera opposizione del parlamentino vallone?
Preoccupazioni in questo senso
sono state espresse sempre ieri anche da un altro importante esponente dell’Unione europea, Martin
Schulz. «Francamente - ha dichia-
Schulz: fase molto diicile,
non troveremo una
soluzione questa settimana.
In Vallonia si continua a fare
muro sull’accordo
rato il presidente del Parlamento
Europeo - non credo che troveremo una soluzione questa settimana. Ci stiamo trovando in una fase molto delicata e molto diicile».
La fase di stallo provocato dal
muro della Vallonia ha messo a
nudo, ancora una volta, la fragilità operativa della macchina euro-
pea. Il singolo “no” di una regione di appena 3,6 milioni di persone ha fatto inceppare il funzionamento dell’Unione europea, con
36 milioni di canadesi e 500 milioni di europei che dovranno pagarne le conseguenze.
L’Ue adesso deve fare un profondo esame di coscienza per capire
come procedere nell’immediato
futuro. Questo 2016 è stato davvero un anno da dimenticare, prima con la clamorosa sconitta della Brexit - inaspettata e imprevedibile - poi con il crollo di una accordo commerciale che sembrava essere in dirittura d’arrivo e che invece ora appare quasi come irraggiungibile.
Sullo sfondo poi rimane il referendum costituzionale italiano del
prossimo 4 dicembre. Nel caso in
cui il fronte del Sì dovesse perdere,
ci troveremmo di fronte non solo
a una pesante sconitta politica del
presidente del Consiglio italiano
Matteo Renzi, ma anche a un nuovo pesante scossone all’intero assetto istituzionale europeo, con esiti imprevedibili.
Senza dimenticare, poi, che l’Unione europea si trova a dover affrontare un altro nodo, quello legato all’accordo di libero scambio
con gli Usa, il Ttip.
Molti nel Vecchio Continente
consideravano il via libera al Ceta come una sorta di apripista del
ben più importante - in termini di
bilancia commerciale e apertura di
nuovi mercati - trattato di free trade con Washington. Il Canada, dal
canto su per bocca della ministra
del Commercio Estero Chrystia
Freeland si è detto disposto ad aspettare un eventuale ripensamento della Vallonia: ma per quanto
tempo?