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IL CENTROMERO
Il centromero è una struttura indispensabile del cromosoma eucariotico che consente di tenere
uniti i due cromatidi fratelli di ciascun cromosoma fino alla metafase e consente altresì una corretta
separazione dei due cromatidi fratelli all’anafase. Per potere funzionare in modo corretto, ogni
cromosoma deve possedere un solo centromero: cromosomi senza centromero o con due centromeri
(dicentrici) si ripartiscono in modo anomalo durante la mitosi determinando la formazione di cellule
figlie con corredo genico non bilanciato.
Il centromero è formato da un complesso di DNA e proteine, associato a quella che
citogeneticamente appare come la costrizione principale dei cromosomi. L’esatta organizzazione del
centromero (sequenza nucleotidica, proteine essenziali, ecc.) è ancora oggetto di studio, in quanto
alcuni aspetti, sulla struttura e sulla funzionalità del centromero, non sono ancora stati chiariti. A
questo si deve aggiungere che, nell’attuale sequenza del genoma umano, le sequenze centromeriche
non sono rappresentate in quanto esse sono formate da sequenze satelliti di vario tipo e con un
numero di copie ripetute in tandem molto variabile. A volte si utilizza il termine pericentromerico
per indicare tutte quelle sequenze sia centromeriche che fiancheggianti il centromero che non sono
ben definite funzionalmente ma che pare siano coinvolte nella stabilizzazione del centromero.
Organizzazione del centromero dei mammiferi
Il centromero degli eucarioti superiori comprende, generalmente, una struttura nucleo-proteica
molto complessa alla quale si attaccano le fibre del fuso che permettono ai cromosomi di muoversi
durante la mitosi e la meiosi.
Il centromero è suddiviso in tre domini strutturali: il
cinetocore, il dominio centrale e il dominio di appaiamento
(Fig. 1).
I cinetocori sono posizionati ai lati opposti della
costrizione primaria, sulla faccia esterna del cromosoma. Al
microscopio elettronico presentano una struttura a forma di
disco trilaminare: due parti, la piastra esterna e quella
interna, sono elettrondense, tra di loro si trova la terza parte,
più chiara, di 15-35 nm di spessore. La piastra interna è
associata con la superfice dell'eterocromatina centromerica,
Fig. 1. Organizzazione di un
mentre qualla esterna prende contatto con le fibre del fuso
centromero. Il centromero presenta una
parte esterna, una intermedia e una
mitotico. Il cinetocore contiene proteine con funzione
interna. La parte esterna è detta
diversa. Alcune sono coinvolte nell’attività motoria e
cinetocore ed è la struttura a cui si
fondamentali per l’organizzazione strutturale come le
attaccano le fibre del fuso da una parte e
proteine CENP (CENtromere Protein), mentre altre sono
la cromatina centromerica dall’altra. La
parte intermedia comprende la cromatina
implicate nella regolazione della transizione metafasecentromerica composta da sequenze
anafase.
ripetute. La parte interna è formata da
Il dominio centrale è composto dal cosiddetto DNA
strutture che consentono ai due cromatidi
fratelli di restare uniti fino alla metafase.
centromerico che nella maggior parte degli eucarioti
superiori è composto da DNA satellite che forma
l’eterocromatina costitutiva, ovvero quella cromatina che rimane inattiva e non trascritta per tutto il
ciclo cellulare e in tutti i tipi di cellule. Per esempio, le regioni centromeriche dei cromosomi umani
contengono una sequenza di DNA di circa 170 bp ripetuta in tandem e denominata alfa-satellite.
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Il dominio d’appaiamento comprende la superficie interna del centromero, dove i cromatidi
fratelli si appaiano mediante specifiche proteine, quale ad esempio la proteina INCENP (INner
CENtromere Protein). Il dominio di appaiamento ha l’importante funzione di tenere uniti i cromatidi
fratelli dopo la replicazione del DNA, fino alla successiva metafase.
Le proteine costitutive del centromero
Le proteine coinvolte nella funzionalità del centromero sono numerose e possono essere
suddivise in due categorie: le proteine costitutive del centromero e le proteine accessorie del
centromero. Tra le prime vi è un piccolo gruppo di proteine centromeriche molto importanti in
quanto necessarie al corretto assemblaggio del cinetocore. Queste proteine, che sono associate al
centromero per tutta la durata del ciclo cellulare, si assemblano in maniera gerarchica e codipendente permettendo sia la formazione del cinetocore che la determinazione epigenetica e quindi
la funzione e la propagazione dei centromeri. Tali proteine sono: CENP-A, CENP-B, CENP-C,
CENP-H, CENP-I e Mis12.
La proteina CENP-A, di 17 kDa, è una proteina che presenta elevate omologie con l’istone H3,
in particolare il tratto C-terminale possiede un folding del tutto simile all’istone H3, mentre la
porzione N-terminale è variabile sia nella sequenza che nella lunghezza. Essa è localizzata a livello
dei centromeri attivi, ed esperimenti di Knock-out sull’omologo murino di questa proteina hanno
dimostrato che essa svolge un ruolo chiave nella formazione e nella funzionalità del cinetocore.
La proteina CENP-B, di 80 kDa, è localizzata nell'eterocromatina centromerica e lega una
sequenza centromerica specifica di 17 bp, detta CENP-B box, presente in un sottogruppo di alfasatelliti umani. Comunque nei mammiferi CENP-B non sembra essenziale, infatti esistono
centromeri funzionali che non la contengono, suggerendo che tale proteina non è indispensabile o
che il suo ruolo è ridondante.
Le proteine CENP-C, CENP-H e CENP-I per la loro corretta localizzazione dipendono da
CENP-A, CENP-B e Mis12, ed occupano quindi una posizione inferiore nella gerarchia di
assemblaggio delle proteine costitutive del centromero.
La proteina CENP-C, di 140 kDa, è essenziale per la funzionalità del centromero ed è una
proteina evolutivamente molto conservata. Studi recenti hanno dimostrato che essa è localizzata del
cinetocore da dove prende contatto con il DNA centromerico, attraverso un suo specifico dominio di
legame all’alfa satellite distinto e quindi non sovrapposto a quello di CENP-B. Il ruolo di CENP-C
sembra essere quello di permettere l’ancoraggio del fuso mitotico, ma tale legame non è diretto e
necessita dell’interazione con altre proteine localizzate nel cinetocore più esternamente.
Il DNA centromerico
Generalmente, si descrive il centromero come un blocco eterocromatico di dimensioni
variabili, ricco di sequenze ripetute; infatti, il centromero degli eucarioti superiori è composto da
centinaia di sequenze ripetute in tandem. L’analisi delle sequenze centromeriche di piante, funghi,
insetti e Vertebrati ha dimostrato che non vi è alcuna conservazione di sequenza tra i centromeri di
specie diverse indicando, quindi, l’assenza di una sequenza centromerica universale. Questo conduce
ad ipotizzare che meccanismi epigenetici siano responsabili della formazione del centromero, e che
quindi, non una specifica sequenza, ma piuttosto le caratteristiche epigenetiche permettano la
formazione di specifiche strutture secondarie e terziarie necessarie per la formazione di un
centromero funzionale. Questo è anche confermato dal fatto che centromeri funzionali possono
formarsi in regioni cromosomiche dove non sono presenti le tipiche sequenze ripetute centromeriche
(neocentromerizzazione).
La cromatina centromerica può essere suddivisa in due parti: la “cromatina centrica” e la
“cromatina pericentrica”. La distinzione è basata sulla presenza/assenza della proteina centromerica
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CENP-A. Tale proteina, che è una variante dell’istone H3, determina la formazione di nucleosomi
con caratteristiche peculiari. Infatti, la cromatina centrica, è presente nel sito in cui si assembla il
cinetocore, ed è costituita da nucleosomi contenenti CENP-A alternati ad altri che presentano
l’istone H3, mentre la cromatina pericentrica ha solo nucleosomi normali, cioé contenenti l’istone
H3, e forma la cosiddetta eterocromatina, importante per la stabilizzazione e l’integrità del
centromero.
Il DNA centromerico è costituito da ripetizioni in tandem di piccole sequenze organizzate
testa-coda. Nell’uomo il monomero ripetuto di DNA centromerico è lungo 171 bp ed è conosciuto
come alfa-satellite. L’alfa-satellite è il tipo di sequenza maggiormente rappresentato nelle regioni
centromeriche dei cromosomi umani e mostra dimensioni variabili (da circa 200 Kb a più di 4 Mb).
L’alfa-satellite umano presenta una specifica sequenza di 17 bp, detta CENP-B box, una sequenza
che è riconosciuta dalla proteina centromerica CENP-B.
Sebbene l’alfa satellite sia presente in tutti i cromosomi umani esso non definisce la
localizzazione dei centromeri. Infatti, esistono cromosomi dicentrici (più precisamente isodicentrici)
in cui uno dei due centromeri, provvisti di sequenza alfa satellite, perde la funzione centromerica,
oppure neocentromeri che si formano in regioni prive di sequenze alfa-satellite.
Le regioni pericentromeriche dei cromosomi contengono altri tipi di DNA satellite, quali i
satelliti 1, 2, 3 e il β-satellite. Tali DNA satelliti, alcuni dei quali non sono presenti in tutti
cromosomi, si ipotizza che contribuiscano alla funzionalità del centromero, ma in quale modo non è,
fino ad oggi, noto. Alcuni studi indicano che le sequenze pericentromeriche potrebbero costituire
una barriera fisica tra i centromeri e i bracci eterocromatici per evitare ricombinazione meiotica.
Un’altra funzione sembrerebbe quella di reclutamento del complesso multiproteico delle coesine,
proteine la cui funzione è quella di mediare l’adesione tra cromatidi fratelli dopo la replicazione del
cromosoma.
Il dominio di appaiamento
Le Chromosomal Passenger Proteins (CP) sono un gruppo di proteine centromeriche
accessorie, che si associano transitoriamente con il centromero. Esse sono implicate nella coesione
tra cromatidi fratelli e nel coordinamento degli eventi che coinvolgono i cromosomi e il citoscheletro
durante la mitosi. Durante la profase le CP si accumulano lungo i cromosomi in via di
condensazione e con il procedere della mitosi si concentrano nella parte interna del centromero.
Successivamente si ritrovano nella parte interna della piastra metafasica per poi separarsi dai
cromosomi quando questi segregano durante l’anafase; durante la citodieresi, le CP rimangono
localizzate nella parte centrale del fuso mitotico. Attualmente sono note sei proteine CP: INCENP
(Inner Centromeric Protein), Aurora-B, Survivina, Borealina, CSC-1 (Chromosome Segregation and
Cytokinesis defective -1) e TD-60 (Telophase Disk - 60).
Modello di organizzazione del centromero
La formazione del centromero è un processo complesso che consiste nell’organizzazione del
DNA in cromatina centromerica tipica la quale si associa con proteine specifiche.
Tre osservazioni suggeriscono che per la formazione dei centromeri non sono indispensabili
sequenze specifiche ma che il meccanismo implicato è strettamente correlato a modificazioni
epigenetiche:
• la sequenza ripetuta centromerica presente negli eucarioti superiori non è conservata in
insetti, funghi, piante e neanche nei mammiferi;
• cromosomi isodicentrici, sebbene hanno due blocchi di sequenze alfa satelliti hanno un solo
centromero attivo;
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• la scoperta di neocentromeri analfoidi in Drosophila e nell’uomo ha confermato che
cinetocori funzionali possono essere assemblati in una grande varietà di sequenze
genomiche.
Sebbene, verosimilmente, qualsiasi sequenza di DNA può formare un centromero, è poco
chiaro in che modo una sequenza può determinare la centromerizzazione. E’ possibile, comunque,
che alcune strutture primarie possano più di altre determinare strutture secondarie e terziarie che
costituirebbero lo scaffold del centromero.
Numerosi meccanismi epigenetici noti sembrano essere coinvolti direttamente nella
formazione del centromero modificando la struttura della cromatina.
Tra tali meccanismi epigenetici ricordiamo:
•
la metilazione dell’eterocromatina pericentromerica ricca di CpG;
•
la deacetilazione degli istoni H3 e H4 nelle regione centromeriche e pericentromeriche;
•
fosforilazione degli istoni H1 e H3 cionvolta nella compattazione della cromatina;
•
i cambiamenti conformazionali di livello superiore della cromatina determinati dal
legame tra il DNA centromerico e proteine centromeriche specifiche quali per esempio
CENP-A, CENP-C.
Nonostante gli studi sulla struttura e sulla funzione dei centromeri si siano moltiplicati negli
ultimi anni, ad oggi abbiamo solo delle ipotesi di organizzazione dei centromeri riconducibili
sopratutto al modello descritto nella figura 2.
Secondo tale modello la cromatina della
regione di centromerizzazione presenta tratti
contenenti nucleosomi con l’istone H3 alternati, in
modo abbastanza regolare, con regioni contenenti
nucleosomi con CENP-A (al posto di H3). Studi di
immunoprecipitazione inoltre indicano che CENPC si localizza in corrispondenza dei nucleosomi
contenenti CENP-A, quindi anche CENP-C
occupa domini discontinui. Solo parte dei domini
contenenti CENP-B colocalizza con CENP-A e
CENP-C, suggerendo che CENP-B si lega alle
CENP-Bbox sia nei domini di CENP-A che nei
domini dell’istone H3. Come possiamo vedere
osservando la figura, secondo tale modello,
Fig. 2. Modello di organizzazione di un
centromero normale. (da Choo, 2000).
CENP-C è fondamentale per il legame con le fibre
del fuso, ma non si lega direttamente ad esse,
bensì con l’interposizione di altre proteine centromeriche. Infine, secondo tale modello
nell’organizzazione del centromero, è fondamentale la conformazione spaziale (a forma di cilindro)
che la cromatina assume determinata soprattutto da CENP-A e CENP-C.
I neocentromeri
I neocentromeri sono centromeri ectopici che si formano occasionalmente in regioni non
centromeriche, spesso all’interno di regioni del genoma codificanti. I neocentromeri sono
caratterizzati dall’assenza del DNA satellite, tipico dei centromeri canonici. Nonostante l’assenza di
DNA α-satellite, i neocentromeri sono capaci di formare una costrizione primaria e di assemblare
un cinetocore funzionale e stabile in mitosi. La formazione dei neocentromeri è oggi un fenomeno
ben riconosciuto nell’uomo e fino ad oggi sono stati identificati circa 70 neocentromeri umani,
tipicamente localizzati su cromosomi riarrangiati che hanno perso i loro centromeri. I
neocentromeri sono stati individuati anche in carcinomi umani e sono stati sperimentalmente
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prodotti in Drosophila. La presenza di neocentromeri è stata osservata anche in alcune specie di
piante.
La comparsa dei neocentromeri è spesso
conseguenza
di
riarrangiamenti
cromosomici
che
comportano
la
formazione di frammenti cromosomici
acentrici (Fig. 3) infatti, nell’uomo,
cariotipi con neocentromeri sono spesso
associati a malattie genetiche.
Neocentromeri possono anche formarsi in
cromosomi
senza
apparenti
riarrangiamenti, come è stato descritto, ad
esempio, per il cromosoma 3 umano dove,
in un individuo fenotipicamente normale,
è comparso un neocentromero in una
posizione lontana rispetto al centromero
endogeno, che è stato inattivato, dando
Fig. 3. Neocentromerizzazione a segito di rottura
cromosomica (in alto) o di inattivazione del centromero
origine a un cromosoma neodicentrico. Il
endogeno (in basso). In basso a destra: ibridazione in situ
cromosoma con il neocentromero è
con una sonda che identifica un neocentromero (freccia
mitoticamente stabile.
verde) in un cromosoma 3 (in cui è visibile
l’eterocromatina del centromero inattivato).
La presenza di neocentromeri in individui
fenotipicamente normali fornisce un
supporto all’ipotesi che la formazione dei
neocentromeri sia un meccanismo associato con il riposizionamento dei centromeri durante
l’evoluzione del cariotipo. Infatti, il riposizionamento del centromero mediante emergenza di un
centromero è un fenomeno ben dimostrato all’interno dei Primtati. Ad esempio, il cromosoma X dei
primati è estremamente conservato, infatti la posizione dei loci lungo tale cromosoma è conservata
in tutti i Primati. L’unica eccezione riguarda il centromero che occupa posizioni differenti in alcune
specie facendo assumere al cromosoma X forme differenti: in Eulemur macaco il cromosoma X è
telocentrico, in Lemur catta è metacentrico, nella specie umana è invece submetacentrico. Il
meccanismo invocato, per spiegare il riposizionamento del centromero del cromosoma X nei
primati è l’emergenza di un neo-centromero. Dopo il cromosoma X dei primati, sono stati trovati
diversi altri casi di cromosomi dei primati in cui il centromero si è formato mediante
neocentromerizzazione.
Nel genoma umano i neocentromeri mostrano dei siti privilegiati di formazione, infatti esistono
delle regioni cromosomiche che sono degli “hot-spots” di neocentromerizzazione. Tali regioni sono
il braccio lungo del cromosoma 3, 13, 15 e Y e il braccio corto del cromosoma 8 e 9.
La formazione del neocentromero, secondo l’ipotesi più probabile, sarebbe il risultato di un evento
epigenetico.
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IL TELOMERO
Ciascuna estremità cromosomica è composta da una speciale struttura protettiva nucleo-proteica,
detta telomero. Cromosomi senza telomeri sono altamente instabili infatti le estremità prive di
telomero tendono a fondersi tra di loro generando cromosomi dicentrici. Il telomero è costituito da
una sequenza ripetuta semplice evolutivamente molto conservata e al suo interno non contiene
sequenze geniche. Una delle funzioni molto importanti del telomero è di consentire la completa
replicazione del DNA cromosomico, impedendone l’accorciamento.
La sequenza telomerica
Nel protozoo ciliato Tetrahymena, uno dei primi genomi in cui i telomeri sono stati studiati, la
sequenza ripetuta telomerica è 5'-TTGGGG-3'. Nell'uomo e negli altri vertebrati la sequenza è
molto simile e corrisponde all’esamero 5'-TTAGGG-3'. Le ripetizioni in tandem di tali sequenze
costituiscono il DNA telomerico. La sequenza ripetuta telomerica è molto conservata e i primi
nucleotidi sono quasi sempre TT. Inoltre, sempre nel filamento in direzione 5’—>3’, è presente un
alto numero di nucleotidi G. Tale filamento è quello che in tutte le terminazioni cromosomiche non
si presenta a doppia elica.
Il telomero impedisce l’accorciamento dei cromosomi
La sintesi di DNA ad opera della DNA polimerasi non può iniziare esattamente all'estremità 3' di un
filamento stampo, a causa della presenza del primo RNA primer, infatti un DNA a doppia elica,
dopo la replicazione, presenta il filamento 3' (servito come stampo) più lungo rispetto a quello 5'
(neosintetizzato). La conseguenza è che alla fine di ogni ciclo cellulare il telomero si accorcia di
una lunghezza pari a quella dell'RNA-primer utilizzato.
Il meccanismo che consente alle estremità dei cromosomi di non accorciarsi dipende da un enzima
chiamato telomerasi (Fig. 4), che è in grado di allungare il filamento sporgente in 3’. Tale funzione
è strettamente dipendente da un filamento di RNA presente nell’enzima che funge da stampo per
l’allungamento del filamento in 3’. Da questo punto di vista, la telomerasi può essere considerata
come una trascrittasi inversa, consentendo la sintesi di DNA a partire da uno stampo ad RNA. Dopo
allungamento dell'estremità 3' del DNA da parte della telomerasi segue la replicazione, con il
metodo classico, del filamento complementare, ottenendo così il ripristino della lunghezza
originaria del telomero.
La lunghezza della sequenza telomerica, cioè il numero di volte che la sequenza telomerica è
ripetuta, è variabile da specie a specie. Nell'uomo i sei nucleotidi 5’-TTAGGG-3’ sono ripetuti per
una lunghezza che va da 3 a 20 kilobasi mentre nel topo i telomeri sono lunghi 15-150 kb. Sembra
quindi che la telomerasi possegga un sistema che consenta l’allungamento delle sequenze
telomeriche solo entro certi limiti.
Per la maggior parte degli organismi non si conosce il meccanismo che consente ai telomeri di
avere una specifica lunghezza. Alcune informazioni derivano da studi effettuati nei lieviti. In S.
cerevisiae è stato identificato un gene, RAP1, che sembra essere importante per la regolazione della
lunghezza del telomero, infatti mutazioni a carico di tale gene danno origine a ceppi mutanti in cui
si osserva un forte incremento della lunghezza del telomero.
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Fig. 4. Meccanismo di allungamento del telomero effettuato per mezzo della telomerasi.
Il telomero, l’invecchiamento cellulare e l’oncogenesi
L'enzima telomerasi è presente in numerosi organismi (tra cui l'uomo), ma non in tutti. Negli
organismi in cui è presente la telomerasi è attiva solo in alcune fasi dello sviluppo e non in tutte le
cellule. In particolare, nell'uomo la telomerasi (così come nella maggior parte dei metazoi) è attiva
solo nelle cellule della linea germinale: ciò significa che, ad ogni replicazione del DNA delle cellule
somatiche, i telomeri umani si accorciano di un certo numero di paia di basi. L’accorciamento
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progressivo dei telomeri nelle cellule somatiche sembra essere correlato con l’invecchiamento delle
cellule. E’ stato infatti osservato che cellule umane in coltura perdono progressivamente le sequenze
telomeriche, per cui la loro vita, in vitro, è alquanto limitata. L’acquisizione della capacità di
mantenere costante la lunghezza del telomero (ad esempio per attivazione del gene della telomerasi)
consente alle cellule di potere restare in vita per un tempo indefinito. Le cellule germinali, dove la
telomerasi è attiva, mantengono la lunghezza dei telomeri in modo stabile. Ciò è importante perchè
in tal modo i gameti avranno sempre una lunghezza dei telomeri idonea e lo zigote potrà iniziare le
divisioni cellulari con un assetto della lunghezza dei telomeri corretto.
Il meccanismo molecolare mediante il quale i
telomeri troppo corti possono portare alla
morte cellulare non sono noti. Sembra però che
tale meccanismo sia legato alla perdita del
corretto ripiegamento della parte terminale del
telomero. Secondo alcuni ricercatori, la cellula
sembra essere in grado di rilevare il
ripiegamento anomalo del telomero e
identificarlo come danno al DNA. In questo
modo la cellula, nell’incapacità di riparare il
danno rilevato, avvia il processo dell'apoptosi.
Sia in vitro ed in vivo i telomeri di mammifero
assumono una conformazione chiamata t-loop
Fig. 5. Il T-loop telomerico. La terminazione a
singolo filamento in 3’ dei telomeri umani si
(Fig. 5) per la quale sono necessarie almeno 2
appaia con il filamento complementare mediante
proteine: TRF1 e TRF2. Quest'ultima sembra
la formazione di un’ansa. La struttura che si
permettere e stabilizzare l'inserimento del
forma, detta T(elomeric)-loop, sembra essere
filamento terminale 3' all'interno del doppio
mediata da specifiche proteine, tra le quali la
TRF2 e TRF1 (Telomere Repeat Factor 2 e 1).
filamento di DNA telomerico. Questa struttura
del telomero consente di mascherare il
terminale 3' a singolo filamento dal
riconoscimento del sistema di riparazione del DNA che coinvolge la proteina p53.
L'allungamento della vita delle cellula è strettamente correlato con l’aumento della vulnerabilità al
cancro. E’ stato ampiamente dimostrato che il mantenimento della lunghezza dei telomeri da parte
delle cellule somatiche contribuisce direttamente all'oncogenesi. Infatti, l’attivazione del gene
hTERT, che codifica per la subunità catalitica della telomerasi, e che determina il passaggio delle
cellule primarie da pre-senescenti a cellule con una moltiplicazione indefinita, è una delle
caratteristiche peculiari delle cellule tumorali. Nell'uomo, ad esempio, numerosi tumori mostrano
un incremento dell'attività telomerasica, ottenendo una capacità di divisione cellulare teoricamente
infinita.
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