Techo: la sfida delle baraccopoli nell`agenda urbana globale

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venerdì 28 ottobre 2016, 15:00
Habitat III
Techo: la sfida delle baraccopoli nell’agenda urbana
globale
1 persona su 5 in Latinoamerica vive in insediamenti informali
di Sabrina Negro
104 milioni di persone che risiedono nelle aree urbane in America Latina vivono in insediamenti informali, in
baraccopoli. Questo significa che 1 latinoamericano ogni 5 vive in situazioni abitative precarie ai margini della
città formale, spesso prive di servizi basici e sotto la costante minaccia di sgomberi improvvisi. L’organizzazione non
governativa TECHO, che da decenni lavora per superare la povertà nelle baraccopoli dei 19 Paesi nei quali opera in America
Latina, ha portato la propria esperienza e le proprie proposte di fronte all’assemblea delle Nazioni Unite riunita a Quito, la
settimana scorsa, in occasione di Habitat III, Conferenza Internazionale sugli Insediamenti Umani e lo Sviluppo.
Habitat III è la terza di una serie di conferenze convocate da ONU Habitat a partire dal 1976 con l’obiettivo di definire una
Nuova Agenda Urbana che stabilisca una strategia globale per l’urbanizzazione dei prossimi 20 anni. Per TECHO era
imperativo che tra gli obiettivi di questa agenda comparissero impegni concreti a favore degli insediamenti informali,
spazi di vulnerabilità dei diritti, ma anche luoghi in cui esistono idee e la capacità di generare proposte di inclusione e
giustizia sociale. Ne abbiamo parlato con Laura Sánchez, Responsabile Formazione e Volontariato di TECHO International.
Innanzitutto, qual è la definizione di insediamento informale? Tecnicamente TECHO definisce insediamento informale
un insieme di almeno otto famiglie in cui più della metà della popolazione non possieda titolo di proprietà della terra, né
accesso regolare ad almeno due dei servizi di base: acqua, energia elettrica e/o sistemi igienico-sanitari forniti dalla rete
formale locale. Gli insediamenti informali rappresentano per TECHO la massima espressione della disuguaglianza nella
regione più diseguale del mondo. Lì convergono e si manifestano in modo esacerbato i principali problemi dei Paesi
latinoamericani quali l'accesso alla terra, l’edilizia abitativa, i servizi di base, l'educazione, solo per citarne alcuni. Coloro che
vi abitano vedono i loro diritti violati ogni giorno: non hanno certezza del suolo che calpestano per il rischio di essere
sfrattati, non possono accedere regolarmente ad acqua e luce o non hanno uno spazio in cui progettarsi. Tuttavia è proprio
Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su
http://www.lindro.it/techo-la-sfida-delle-baraccopoli-nellagenda-urbana-globale/
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da questa situazione che le persone che vivono negli insediamenti informali sviluppano azioni di resistenza e di
sopravvivenza, trasformando il territorio in cui vivono con il proprio impegno e con le proprie risorse così da soddisfare i loro
bisogni di base. Come TECHO, attraverso l’esperienza di lavoro con più di 600 comunità in baraccopoli dell’America Latina, ci
siamo resi conto delle competenze, esperienze e proposte dei loro abitanti. Questa conoscenza deve essere ascoltata, sono
voci che devono essere considerate per superare questa realtà. Secondo il coefficiente di Gini l’America Latina è la
regione più diseguale al mondo. Quali sono, secondo TECHO, le ragioni di questa disuguaglianza e quali le
chiavi per superarla? Nelle città sudamericane, il suolo migliore, la migliore educazione, la salute e persino l’accesso ai
servizi che sono considerati di base sono stati pensati come una merce a cui accedono solo coloro che se li possono
permettere. Allo stesso modo gli spazi decisionali sono limitati a determinati gruppi. Coloro che vivono in insediamenti
informali non possono continuare ad essere considerati come attori passivi: essi più di chiunque altro conoscono la realtà in
cui vivono e le loro competenze e conoscenze dovrebbero essere prese in considerazione nella progettazione, attuazione e
valutazione delle politiche pubbliche. A far sì che la situazione degli insediamenti informali rimanga invisibile, contribuendo
al perpetuarsi della disuguaglianza, è anche la mancanza di conoscenza e di informazione circa gli insediamenti: dove si
trovano? Come vivono le persone che vi risiedono? L’assenza o l’inesattezza di dati precisi contribuisce alla mancanza di
risultati nel conseguire trasformazioni reali. Per questo TECHO lavora anche per produrre informazioni a riguardo -abbiamo
già condotto nove studi su insediamenti informali in nove paesi dell'America Latina- e cerca di metterle a disposizione di
comunità, autorità e di tutti gli attori che ne facciano richiesta. TECHO ha avuto l'opportunità di partecipare e
contribuire ad Habitat III, la Conferenza delle Nazioni Unite che mira a stabilire la strategia globale per
l’urbanizzazione nei prossimi venti anni. Quali sono state le proposte di TECHO per la Nuova Agenda Urbana?
In TECHO riteniamo che sebbene il riconoscimento della disuguaglianza costituisca un passo, da solo non sia sufficiente. È
necessario identificarla come un problema strutturale di carattere globale che deve essere affrontato a partire dalle sue
cause. Si tratta di costruire un territorio abitato da società di diritti piuttosto che di privilegi. Per questo, è necessario dare
priorità al superamento della povertà, dell'ingiustizia e dell’esclusione che si vivono negli insediamenti informali,
rivendicando allo stesso tempo il prezioso contributo rappresentato dalle esperienze, competenze e proposte dei suoi
abitanti nel trasformare questa realtà. I Governi dovrebbero stabilire obiettivi specifici e misurabili per la realizzazione della
Nuova Agenda Urbana. E su questa linea addentrarsi nella situazione degli insediamenti informali con diagnosi accurate, per
sviluppare politiche coerenti con il problema, con informazioni statistiche però anche attraverso la condivisione con coloro
che vivono in quel territorio. La progettazione e attuazione delle politiche pubbliche a livello nazionale devono essere
accompagnate dal monitoraggio locale e nazionale, che permetta una continuità e revisione periodica del percorso
intrapreso, senza dover attendere venti anni. La partecipazione dei cittadini, diversa tra le varie generazioni, è la chiave per
il conseguimento di uno sviluppo sostenibile. Noi crediamo che l'attuazione e il monitoraggio della Nuova Agenda Urbana
debba connettere i diversi attori della società, in particolare gli abitanti degli insediamenti informali e i giovani come
responsabili della sostenibilità e continuità dell’agenda. Che ruolo ha avuto TECHO in questo evento? Il ruolo di TECHO
è iniziato con i primi eventi preparatori per Habitat III. In ciascun evento, in ogni report a cui abbiamo contribuito, abbiamo
cercato di mettere sul tavolo la realtà degli insediamenti informali, la situazione di violazione dei diritti che li caratterizzano e
le competenze, esperienze e proposte di coloro che vi risiedono. Anche qui abbiamo cercato di fare da ponte tra questa
realtà e lo svolgersi della conferenza. Ad Habitat III siamo venuti ​con una delegazione composta dai rappresentanti
comunitari di insediamenti informali di quindici paesi dell’America Latina e giovani volontari e volontarie che lavorano
insieme a loro negli insediamenti. Questa delegazione di quasi novanta persone ha preso parte, tra il 17 e il 20 ottobre, in
quante più istanze possibili, portando non solo l'essenza di TECHO, ma quella dello stesso territorio. I rappresentanti giunti ​a
Quito hanno portato una dichiarazione denominata ‘Un’America Latina di tutti e per tutti’, firmata da 1.309 referenti di
comunità dei diciannove paesi della regione in cui TECHO opera. Uno dei principali traguardi è stato per TECHO
l’organizzazione all'interno della manifestazione ufficiale della presentazione ‘La realtà degli insediamenti informali in
America Latina’, con la testimonianza di membri di TECHO e di una leader di comunità. Un altro contributo concreto è stato
quello di mettere al servizio delle Autorità le informazioni raccolte e l'esperienza accumulata nella realizzazione di nove
catasti di insediamenti informali in Argentina, Cile, Colombia, Guatemala e Uruguay, tra gli altri. È stato un impegno che
TECHO ha preso e portato a termine. Oltre a ciò, abbiamo proposto uno studio qualitativo denominato ‘Dal territorio’ che
racconta sei casi di studio relativi ad insediamenti informali in sei Paesi dell'America Latina: Cile, Haiti, Nicaragua, Perù,
Repubblica Dominicana e Uruguay. Questo rapporto consente di andare al di là della risposta al dove vivono, ma di
conoscere come vivono. Abbiamo inoltre partecipato in spazi paralleli ai forum ufficiali. Che spazio ha avuto il fenomeno
degli insediamenti informali all’interno della discussione per la Nuova Agenda Urbana di Habitat III? TECHO
accoglie con ottimismo il riconoscimento del Diritto alla Città, così come l'identificazione degli insediamenti informali come
un attore all’interno della Nuova Agenda Urbana. In relazione ad essi si sono stabiliti impegni quali l'accesso
all’informazione, l’abilitazione di spazi di partecipazione e la canalizzazione delle risorse. Applaudiamo anche il
riconoscimento della produzione sociale dell’habitat -ovvero la trasformazione che le persone compiono sul territorio per
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soddisfare le proprie esigenze- come input per lo sviluppo di politiche pubbliche. Tuttavia, rimangono pendenti alcune
questioni che i Governi nazionali devono considerare per l'implementazione di questa guida che si propone di essere la
Nuova Agenda Urbana: ad esempio, è necessario approfondire ulteriormente il tema del rafforzamento dei Governi locali e
dei meccanismi di partecipazione affinché non siano solo istanze di espressione, ma abbiano un impatto sul processo
decisionale; e la definizione di impegni più specifici con obiettivi che siano davvero ambiziosi. Inoltre consideriamo
necessario vincolare gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile alla Nuova Agenda Urbana, come un modo per garantire che
vengano destinate le risorse necessarie per la sua realizzazione. Siete soddisfatti della partecipazione a Habitat III e
ritenete di avere avuto un impatto sul processo decisionale delle Nazioni Unite? Saremo soddisfatti quando più
nessuno dovrà vivere in un insediamento informale. La nostra partecipazione ha fatto sì che gli insediamenti informali
venissero riconosciuti all'interno della nuova Agenda Urbana. Una partecipazione che si somma all’iniziativa di diverse
organizzazioni e leader di comunità, tra gli altri, per costruire città che garantiscano l’effettivo godimento dei diritti da parte
di tutti e di tutte. Da TECHO continuiamo a chiedere che i rappresentanti di Governo dell'America Latina comprendano la
dimensione del problema e compiano il loro dovere lavorando per garantire lo sviluppo di città per e con tutti i cittadini.
Quali risultati possiamo aspettarci dal vertice di Quito in materia di insediamenti informali secondo voi? Il
riconoscimento del Diritto alla Città all'interno della Nuova Agenda Urbana è un passo avanti nella comprensione della città
come uno spazio che dovrebbe garantire l'esercizio dei diritti di tutti i cittadini, e non un spazio di privilegi per coloro che
possono pagarne i benefici. Questo approccio dovrebbe porre gli insediamenti informali tra le priorità per l'attuazione e il
monitoraggio della Nuova Agenda Urbana stabilita a Quito. Ora che si è concluso l'incontro a Quito, rimane la sfida più
grande: far sì che raggiunga il territorio. In TECHO consideriamo la Nuova Agenda Urbana come un punto di partenza. Così ci
impegniamo ad approfondire ulteriormente il Diritto alla Città come un nuovo paradigma urbano, a continuare a collaborare
strettamente con altre organizzazioni della società civile per promuovere più temi, a partecipare nel monitoraggio
dell'attuazione della Nuova Agenda Urbana così come all’elaborazione e attuazione delle politiche pubbliche. Tutto ciò che è
stato concordato nella Nuova Agenda Urbana ha valore nella misura in cui viene attuata e raggiunge le persone nelle
comunità. Le parole e documenti hanno senso e potere quando diventano fatti, ed è qui che il lavoro della popolazione, dei
volontari e di altri soggetti interessati risulta essenziale per esigere, contribuire e assicurarsi che si compia. Qual è stata
l'importanza di questo evento per TECHO come organizzazione? Quella di porre la questione degli insediamenti
informali come una priorità all'interno dell'agenda urbana globale e in particolare in America Latina. Gli incontri preparatori e
l’incontro a Quito sono stati inoltre l'opportunità per esplorare in modo più approfondito lo stato attuale della discussione
globale sopra il tema dell’habitat e degli insediamenti informali. Abbiamo avuto la possibilità di avvicinare i leader mondiali
in materia di habitat e conoscere la loro posizione per quanto riguarda la progettazione e la realizzazione della Nuova
Agenda Urbana e generare alcune reti e proposte chiare per articolarne l’attuazione. Ora viene la parte più importante,
prosegue il lavoro con quasi 700 comunità. Ci auguriamo di continuare a crescere nella portata della nostra azione,
continueremo a coinvolgere altri attori che affianchino il lavoro quotidiano degli abitanti delle baraccopoli, soprattutto
giovani volontari per continuare a lavorare e a raccogliere informazioni sugli insediamenti informali in America Latina e per
dar seguito all'attuazione della Nuova Agenda Urbana.
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