Visualizza in PDF

Download Report

Transcript Visualizza in PDF

PRIMO PIANO
Venerdì 28 Ottobre 2016
7
Sarà un grande spot a favore della riforma costituzionale. Parteciperà anche Roberto Benigni
Renzi lancia la Leopolda per il sì
Sfilata di giuristi e ministri precettati. Bersani diserta
DI
CARLO VALENTINI
A
un mese dal referendum Matteo Renzi
tenta il botto per il sì.
Ha infatti deciso di
dedicare alla Costituzione e
quindi alla consultazione elettorale tutta l’edizione 2016
della Leopolda.
Sarà un inno al sì, dal 4 al 6
novembre. Anche un po’ scaramantico. Qui egli ha incominciato la sua fulminea carriera
politica e qui ha festeggiato
tappe importanti del suo cammino governativo. Adesso che è
alla vigilia di un appuntamento cruciale, ecco che la Leopolda
torna sul trampolino di lancio.
E proprio perché si tratta
di un passaggio che segnerà
comunque l’avvenire politico
del premier l’iniziativa avrà
connotazioni mediatiche. Non
solo commissioni e tavoli di discussione, come da prassi, ma
anche ospiti in grado di catalizzare l’attenzione dei media
e impattare sull’opinione pubblica, soprattutto quella ancora
indecisa (ed è tanta, a giudicare
dai sondaggi).
Un nome su tutti: Roberto
Benigni. Dopo il suo endorsement a favore del sì e la cena
con Barack Obama, l’attoreregista della Vita è bella farà
un piccolo show anche alla
Leopolda. Ormai è diventato
il testimone blasonato del sì.
Tanto che, bloccato dall’inviato della trasmissione tv,
le Iene, è andato giù duro: «È
indispensabile che vinca il sì.
Se vince il no il giorno dopo ti
immagini? Il morale va a terra, peggio della Brexit. I costituenti stessi hanno auspicato
di riformarla la seconda parte,
poi c’è la maniera di migliorarla ma se non si parte... Non è
come qualcuno dice: la riformeremo dopo. No, non accadrà
mai più. Poi, certo, ci sono da
rivedere alcune cose».
Logico che sia l’ospite
d’onore della Leopolda versione 2016, ribattezzata, tanto
perché non ci siano dubbi sulle intenzioni, «Leopolda per il
sì». Ma nei desideri di Renzi,
soprattutto se il Pd lo sosterrà,
dovrebbero a cascata svolgersi
tante piccole Leopolda locali,
una sorta di catena a sostegno
del voto a favore della riforma
costituzionale. In più ci sarà la
manifestazione nazionale del
Pd domani in piazza del Popolo,
a Roma, una sorta di affollato
antipasto della Leopolda.
Non solo Benigni. Sotto la
regia di Jim Messina, l’uomoimmagine del segretario Pd, e
di Simona Ercolani, moglie
di Fabrizio Rondolino, autrice Rai e a capo della casa
di produzione Stand by me,
coordinatrice anche della campagna video renziana pro-sì, si
susseguiranno nella vecchia
stazione fiorentina eventi di
vario tipo, tutti accuratamente studiati.
La coreografia prevede la
martellante proiezione dei «sì
che hanno cambiato la vita» di
personaggi illustri e non. Del
resto anche la data ha un valore simbolico: è esattamente
(anticipato di un mese) il giorno dal voto ed è il cinquantesimo anniversario dell’alluvione
di Firenze, il che consentirà di
chiamare alla Leopolda, seppure incanutiti, quegli angeli
del fango che consentirono alla
città di rimettersi in piedi in
breve tempo, e
che permetterà a Renzi di
ribadire il leit
motiv dell’Italia
del fare e della
fiducia nel futuro: come gli
angeli del fango salvarono
il patrimonio
culturale della
città di Dante, il
sì referendario
salverà l’Italia
dal ritorno al
passato.
Oltre agli
angeli ci sarà
anche Pietro
Bartolo, il medico di Lampedusa che assiste
i migranti ed è uno dei protagonisti della pellicola Fuocoammare. Poi interverranno i
giuristi e docenti universitari
del manifesto per il sì, contrapposti ai signorno alla Zagrebelsky. Hanno già accettato
l’invito Stefano Ceccanti,
Francesco Clementi, Salvatore Vassallo, Gianfranco
Pasquino, Franco Bassanini, Guido Enrico Tabellini,
Tiziano Treu. Accanto a loro
i rappresentanti della rete «Ba-
sta un sindaco», 800 primi cittadini che hanno aderito al sì.
Dal palco interverranno
il sindaco di Milano, Beppe Sala, quello di Bergamo,
Giorgio Gori, che fu il primo spin doctor di Renzi, Dario Nardella, che giocherà
in casa essendo sindaco di
Firenze, poi Giusi Nicolini
(Lampedusa), che parlerà del
dramma dell’immigrazione, e
Massimo Zedda, primo cittadino di Cagliari, che continua a
Matteo Renzi
lottare contro la deriva del suo
partito, Sel, nella formazione
anti-Pd di Sinistra italiana. Lui
è a capo di una giunta Pd-Sel
e sarà alla Leopolda a rappresentare la sinistra di governo.
Un intervento che sta molto a
cuore a Renzi perché rompe
il fronte della sinistra per il
no. E anche se Zedda non può
fare il militante del sì sarà comunque una sorta di ciliegina
sulla torta in questa kermesse.
Dice: «Sono in difficoltà, è una
riforma complessa, se guardo
alla città metropolitana e al
superamento delle Province
la riforma mi piace. Se guardo
altri aspetti, ad esempio l’articolo 70, non mi convincono.
Mi dispiace che non sia stato
possibile frazionare il quesito
referendario. Il senato delle
autonomie non mi dispiace, mi
dispiace che sia scelto solo dai
consigli regionali».
Insieme a Zedda e alla
parte dialogante di Sel, ecco
spuntare Denis Verdini. Si
materializzerà quel partito della nazione tanto caro a Renzi.
Verdini non sarà presente, sarebbe stata una provocazione
verso la minoranza Pd, ma ci
sarà il suo alter-ego, il sottosegretario Enrico Zanetti, che
ha appunto creato con Verdini
il gruppo Scelta civica verso
Cittadini per l’Italia, portando
di fatto, e ufficialmente, il gruppo di Verdini nel governo. E ora
anche alla Leopolda.
Il governo è stato precettato al gran completo, capitanato da Maria Elena Boschi
(servirà a smentire le voci
dell’afflosciamento del feeling col premier?) e Graziano
Delrio (che silenziosamente
sta cercando di fare ripartire
le opere pubbliche, anche se
non ha gradito la sparata di
Renzi a favore del ponte sullo
Stretto).
Due caselle del programma con la scritta «forse» sono
quelle occupate da Gigi Buffon e Samantha Cristoforetti. Il ruolo pubblico, con la
probabile ricaduta di critiche
da parte dei sostenitori del no,
fa tentennare i due personaggi. Si sta cercando il modo di
una presenza defilata ma non
è facile perché sulla Leopolda
il marchio di Renzi è pesante.
Ci sarà invece il fondatore di
Eataly, Oscar Farinetti.
Renzi sta girando l’Italia
per promozionare la Leopolda,
vuole che sia affollata. L’altroieri era a Torino, dove ha galvanizzato i «giovani per il sì»:
«è una partita non facile- li ha
arringati- anche perché sono
tante le bugie raccontate su
questa riforma. Serve un grande lavoro in queste settimane,
saltate gli esami ma credo che
ne valga la pena».
Com’è d’uso, sono annunciate contestazioni. I dissidenti
si ritrovarono qui contro il Jobs
Act, lo scorso anno fu la volta
degli investitori raggirati dagli
istituti di credito che protestavano contro la legge salvabanche, questa volta saranno
i sostenitori del no ad assediare l’ex-stazione. Gli studenti
antagonisti si sono ritrovati
alla Sapienza (Roma) e dopo
un’assemblea hanno diffuso
un documento: «Porteremo la
voce di chi dice no all’annuale
appuntamento della Leopolda,
passerella e vetrina di Renzi e
del governo verso il voto».
La minoranza interna, invece, in quei tre giorni starà
sull’Aventino. Dice Pierluigi
Bersani: «Non andrò alla Leopolda. Ho idee diverse. Avrei
potuto fare anch’io un governo
con Verdini, invece ho provato
coi 5stelle tanto ero matto. Volevo provarci e sarebbe stata
davvero una novità. Invece un
governo con Verdini che novità
è? Quanto al referendum, o si
rottama l’Italicum o si ferma
la riforma costituzionale: è un
problema di democrazia, l’ho
sempre pensata così».
Twitter: @cavalent
FILO DI NOTA
Montale: un imprevisto è la sola speranza
DI
I
MARINA CORRADI
l treno Frecciabianca per Venezia parte da Milano Centrale
alle 15.05 di un venerdì, sotto a
una pioggia battente, perfettamente in orario. Strano, dico fra me, a
causa di un’antica mia diffidenza nei
confronti delle Ferrovie dello Stato.
Il treno è gremito di pendolari che
tornano a casa. Tutti sono assorti su
smartphone, tablet, pc, oppure con le
cuffie nelle orecchie si isolano beatamente dal fragore del treno. Il quale
corre sicuro per mezz’ora, poi si blocca
in aperta campagna. Passano cinque,
dieci minuti, venti, nel silenzio. Finalmente, dall’altoparlante una voce
gentile di donna annuncia che c’è un
treno fermo sulla linea davanti a noi,
venti minuti e si risolve. I viaggiatori si rasserenano e tornano a giocare col cellulare. Il treno in effetti
riparte, accelera, esita – si ferma di
nuovo. Di nuovo silenzio. Dove saremo? Qualcuno cerca di localizzare la
nostra posizione con Google Maps, ma
il pallino blu sulla mappa ondeggia,
disorientato.
Di fermata in fermata fra i campi
ci si comincia a preoccupare: due
ore, e non siamo nemmeno a Brescia.
Chi deve prendere una coincidenza
comincia a innervosirsi. I controllori,
che peraltro non osano chiederci il
biglietto, sono sommersi di domande
irritate. «Qui bisogna dirgli qualcosa,
sennò succede la rivoluzione», sento
uno di loro mormorare. Frattanto i più
previdenti vanno al bar a recuperare
acqua e viveri: chissà mai che ci lascino nei campi fino a notte.
Mi accodo per procurarmi dell’acqua,
ma, nel tornare in carrozza, mi accorgo
che qualcosa è cambiato: i passeggeri,
tranne alcuni giovani coatti che continuano a smanettare, hanno mollato
cellulari e tablet, e, mossi dall’imprevisto, si sono messi a parlare fra di loro.
Sì, come una volta: quando sui treni
si discorreva, e nei vecchi scompartimenti a sei posti, quasi come in un
confessionale, qualcuno ti raccontava
la storia della sua vita intera.
Sorrido a questa sorpresa: la
ragazza alla mia destra si è tolta le
cuffie e spiega, a un suo coetaneo,
dove studia, che cosa, e dove vive.
Una signora accanto a me teme che
la badante della vecchia madre non
l’aspetti; anche la dirimpettaia ha
una vecchia madre. Cominciano a
discorrere di Alzheimer, poi saltano, con un passaggio che mi sfugge,
a parlare di gatti, infine di quanto è
inutile Facebook. Sento in fondo al
corridoio voci che si alzano, vedo mani
che gesticolano. Si discute proprio di
tutto. Orecchio una domanda: meglio
farsi seppellire o cremare?
Il capotreno annuncia con orgoglio che «il nostro treno» riparte, con
101 minuti di ritardo. Che poi diventeranno oltre due ore. Ma invece di
essere furiosa osservo questa piccola
metamorfosi in una carrozza affollata, quasi commossa. Finché andava
tutto liscio, fra noi nemmeno ci si
guardava. Come diceva quella poesia
di Montale? «Un imprevisto è la sola
speranza». E quei due ragazzi qui a
destra ora non smettono di parlare, si
scambiano i telefoni, e chissà.
Tempi.it