Nadia e Lamiya, immagine del genocidio degli yazidi

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venerdì 28 ottobre 2016, 08:00
Nadia e Lamiya, immagine del genocidio degli yazidi
Parlamento UE: Premio Sakharov a 2 vittime e riconoscimento che è genocidio da deferire alla CPI
di Redazione
Due azioni del Parlamento europeo, ieri, in difesa della minoranza degli yazidi -gruppo religioso sincretico di origine
e lingua curda, diffuso in tutto il Caucaso e soprattutto nel Kurdistan iracheno. La più importante è stata l’assegnazione a
Nadia Murad Basee e a Lamiya Aji Bashar, difenditrici della causa della comunità yazida perseguitata dallo Stato
Islamico, del premio Sakharov 2016 -premio assegnato ogni anno dal Parlamento europeo alle persone e associazioni
che si distinguono nella difesa dei diritti umani e delle liberta' fondamentali. I loro nomi sono stati annunciati ieri a
Strasburgo dopo la conferenza dei capigruppo del Parlamento. La seconda, e quasi contemporanea azione, è stata
l’approvazione, da parte del Parlamento, con 488 voti a favore, 11 contrari e 128 astensioni, di una risoluzione a
sostegno dell’operazione avviata dall’Iraq per liberare Mosul dall’Isis, nel contesto della quale, mentre si chiede alle
autorità irachene di compiere ogni sforzo per proteggere i civili, gli ospedali e le scuole, si sostiene che le atrocità e i
genocidi ad opera dell'Isis nei confronti dei cristiani, degli yazidi e di altre minoranze etniche e religiose,
dovrebbero essere portati all'attenzione della Corte penale internazionale. Dunque, il Parlamento UE afferma
solennemente che quello perpetrato dall’ISIS contro gli yazidi è un genocidio. Che di genocidio si trattasse era già
evidente nel dicembre 2014, quando a certificare la pulizia etnica -con villaggi rasi al suolo, stupri, messa in schiavitù,
matrimoni e reclutamenti forzati, rapimenti di massa- era stata Amnesty International, con un rapporto a cura
dell’italiana Donatella Rovera, analista senior nella sede centrale di Londra dell’organizzazione. Il rapporto denunciava
come donne e ragazze yazidi, fossero sottoposte a rapimenti e abusate sessualmente dall’autoproclamatosi
Stato Islamico (IS). Rovera, in una intervista, ci spiegava come, nelle zone del nord Iraq -un vero mosaico culturale, dove
da secoli e millenni hanno vissuto cristiani (Assiri, Siriaci, Caldei e altri), Yazidi, Kakai, Curdi, Shabak, Turcomanni ecc…queste popolazioni fossero “state messe in fuga, obbligate ad abbandonare le loro case e tutto quanto possedevano per
mettersi in salvo. Una vera e propria ‘pulizia etnica’ mai vista prima in Iraq”. Gli Yazidi della regione di Sinjar (nord-ovest
dell’Iraq), che non ce l’hanno fatta a fuggire in tempo, ci spiegava Rovera, “sono stati presi in ostaggio; molti degli uomini
sono stati massacrati; molte donne e bambine sono state fatte schiave, violentate e torturate, obbligate a servire
da ‘mogli’ e concubine dei combattenti dell’IS e a convertirsi all’Islam. Alcuni yazidi sono riusciti a fuggire o sono stati liberati
(pare in cambio del pagamento di riscatti), ma centinaia rimangono in ostaggio nelle mani dell’IS”. Alcune donne e bambini
Estratto ad uso rassegna stampa dalla pubblicazione online integrale e ufficiale, reperibile su http://www.lindro.it/nadia-e-lamiya-immagine-del-genocidio-degli-yazidi/
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sono stati portati in Siria, altri sono in Iraq, e di altri ancora si sono perse le tracce. Tra queste centinaia di donne rapite e
violentate, le due vincitrici del Premio Sakharov, Nadia Murad Basee e a Lamiya Aji Bashar. Originarie del villaggio di Kocho,
uno dei villaggi vicino Sinjar, nel nord dell'Iraq, distrutto dalle truppe dell'Isis nell'estate del 2014, da qui cui fuggirono
insieme a 200mila altri membri della comunità. Insieme a migliaia di altre ragazze yazide, furono rapite e costrette a
subire ogni genere di vessazioni sessuali da parte degli uomini del Califfato. Nadia e Lamiya sono da tempo
impegnate nella difesa della comunità yazida in Iraq e delle donne vittime di violenza sessuale delle milizie Isis. Nadia Murad
Basee viene rapita nell'agosto 2014 dagli 'uomini neri', dopo il massacro di tutti gli uomini del suo villaggio. In quella strage,
perde sei dei suoi fratelli e la madre, uccisa insieme ad altre 80 donne anziane perchè ritenute prive di alcun valore
sessuale. Lei, invece, viene portata via e sfruttata come schiava sessuale, sottoposta a innumerevoli abusi: tre mesi
d'inferno, dai quali nel novembre riesce a fuggire grazie all'aiuto di una famiglia vicina che di nascosto la porta al di la'
della zona controllata, permettendole di raggiungere prima un campo profughi nell'Iraq settentrionale e poi la Germania. Nel
dicembre 2015 Nadia prende la parola dinanzi al Consiglio di sicurezza dell'Onu nel corso della prima sessione in assoluto
dedicata alla tratta di esseri umani, e pronuncia un forte discorso sulla propria esperienza. Nel settembre 2016, diventa la
prima ambasciatrice di buona volontà dell'Onudc, l'Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del
crimine. Nadia, già destinataria del Premio Vaclav Havel attribuito dal Consiglio d'Europa, sta lavorando anche al
riconoscimento del genocidio degli yazidi. Anche Lamiya Aji Bashar è sopravvissuta al massacro di Kocho, in cui
trovano la morte il padre e i fratelli. Lamiya viene sequestrata e sfruttata come schiava sessuale, insieme alle sue sei sorelle.
Venduta cinque volte tra i miliziani, viene costretta a fabbricare bombe e corpetti suicidi per gli jihadisti dello
Stato Islamico di Mosul. Tenta più volte di fuggire, ma senza successo. Finalmente, dopo 8 mesi di prigionia, riesce a
scappare con l'aiuto di quel che resta della propria famiglia, che paga dei trafficanti locali. Al momento di attraversare la
frontiera curda, però, inseguita dai miliziani dell'Isis, esplode una mina che uccide due suoi conoscenti, mentre lei resta
ferita e quasi cieca. Riesce a raggiungere il territorio controllato dal Governo iracheno per poi essere trasferita in Germania
per ricevere cure mediche. Lì si ricongiunge ai parenti sopravvissuti. Guarita, Lamiya si è adoperata per sensibilizzare il
mondo sulla tragica condizione della comunità yazide e continua ad aiutare donne e bambini vittime della schiavitù e
delle atrocità dello Stato Islamico.
di Redazione
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