MENETTI NELLA STORIA: «CHE ORGOGLIO»

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Transcript MENETTI NELLA STORIA: «CHE ORGOGLIO»

BASKET
L'INTERVISTA
«SPERO DI RESTARE QUI ANCORA A LUNGO MA QUANDO
ARRIVERÀ IL DIVORZIO VORREI ANDARE ALL'ESTERO
LEUROLEGA? SAREBBE COME ENTRARE AL LUNA PARK»
MENETTI NELLA STORIA: «CHE ORGOGLIO»
Domenica sarà la sua 200a partita in serie A da allenatore biancorosso: nessun altro c'era mai riuscito prima di lui
questi 1 momenti in cui si prova il
piacere di fermarsi un attimo a
pensare a tutto ciò che si è fatto».
E lei cosa ricorda di questi 30
anni di vita nella Pallacanestro Reggiana?
«C'è una cosa di cui sono fiero, lo
dico con sincerità: ho passato momenti più o meno belli, ma credo
di essere lo stesso Max che iniziò
la sua carriera. Dal punto di vista
personale penso di essere rimasto
uguale. Professionalmente, invece, 200 partite in serie A ti fanno
crescere tanto sia in esperienza
che in personalità».
Quando ha capito che sarebbe diventato un allenatore?
Daniele Barilli
CERTI amori non finiscono. E
non è neppure detto che facciano
giri immensi. A volte restano lì,
tra le nostre mani, senza scolorirsi né sgretolarsi. Anzi, diventando sempre più forti. Fin quando
una mattina ti svegli, capisci che
il tempo è passato e ti senti orgoglioso di essere diventato grande,
coltivando proprio quell'amore.
Più o meno è quello che sta capitando a Max Menetti. L'allenatore della Grissin Bon, infatti, vive
all'interno della Pallacanestro
Reggiana da 30 anni e domenica,
a Trento, taglierà un traguardo
speciale e particolare: sarà il primo allenatore della storia della
Pallacanestro Reggiana a sedersi
sulla panchina biancorossa per la
200a volta in una partita di serie
Superato anche Lombardi
«Per arrivare fin qui ho fatto
pure il barista. Sono fiero
di essere rimasto me stesso»
A. Il suo maestro, Dadone Lombardi, si era fermato, in serie A, a
175 partite e Menetti ormai lo ha
superato non solo nei numeri ma
anche nei risultati.
Max Menetti, che effetto le fa
essere l'allenatore più longevo ed importante nella storia
del club biancorosso?
«E' una bella sensazione. Sono
«Ci ho sempre creduto e sperato.
A 23 anni lavoravo in un bar per
guadagnare qualche soldo e poter
allenare le giovanili. E' qualcosa
che dico con grande orgoglio. Credo, però, che l'anno di svolta sia
stato il 2006 quando fu esonerato
Pasquali e mi chiesero di sostituirlo. Accettai con entusiasmo, ma
mi mancava l'esperienza necessaria per gestire quella situazione.
Però fu proprio lì che nacque il
Menetti allenatore. Ed è vero che
le cose andarono male, ma a fine
stagione la società mi propose un
contratto triennale da vice e io mi
resi conto che, comunque, ero sulla strada giusta».
Non ha mai avuto voglia di
provare un'esperienza diversa?
«Devo dire - continua Menetti che mi sono sempre ritenuto un
allenatore aziendalista. Avevo, però, il dubbio che questo mio modo di rapportarmi alla società potesse andare bene solo a Reggio.
Ora, invece, credo che potrei fare
bene anche in altri club».
Ci sta dando una notizia, insomma. E' pronto per andarsene...
«No, no: sto parlando di un futuro lontanissimo. Questa è la mia
squadra e qui sto benissimo. Non
vedo assoltamente la fine del ciclo. Anzi, c'è un team che ha una
grande voglia di migliorare e ere-
scere».
A parte la Grissin Bon quale
squadra vorrebbe allenare?
«Mi piacerebbe provare un'esperienza all'estero. In passato ho detto che sarei voluto andare in Argentina ed ora che il San Lorenzo
de Almagro ha costruito una squadra competitiva vincendo la Liga
dopo 40 anni, magari - ride Menetti - mi chiamano e ci faccio un
pensierino.... In realtà io mi sento
molto reggiano e spero di continuare questo percorso. Se dovesse
esserci un divorzio, spero il più
tardi possibile, mi auguro che arrivi la squadra giusta».
Se le offrissero una formazione di Eurolega...
«Chi non sogna l'Eurolega? Noi,
purtroppo, nelle ultime due stagioni l'abbiamo sfiorata e avremmo potuto fare un'esperienza incredibile. Ora, con le nuove regole, è molto diffìcile che Reggio
possa disputarla. Però quando la
vedo in Tv per me è come andare
al luna park. Stiamo parlando di
un altro pianeta e noi non ci siamo andati tanto lontani».
Le coppe europee le mancano, si capisce da come le brillano gli occhi quando parla
dell'Eurolega...
Una crescita costante
«Sono un tecnico-aziendalista
ma ora so che potrei fare bene
anche lontano da Reggio»
«Sì, l'Eurocup mi manca tantissi-
mo, ma è giunto il momento del
distacco. Bisogna che tutti noi facciamo uno sforzo mentale per dimenticarla. Non pensiamoci più,
insomma».
Parliamo delle sue 200 partite in serie A da allenatore
biancorosso. Ce n'è una che
ricorda in modo speciale?
«La prima ad Avellino. Perché la
prima volta è sempre particolare.
E l'ultima contro Venezia perché
siamo riusciti a portare 5.200 persone a Bologna creando grande
entusiasmo e partecipazione. Credo che, finalmente, si sia compreso che 3.500 posti per il basket a
Reggio sono davvero troppo pochi. Abbiamo dimostrato sul campo che c'è tanta gente che vorrebbe venire a vederci cancellando
un luogo comune. C'è solo una cosa che un po' mi dispiace...».
Qual è?
a
«Che la 100
partita arrivò a Siena
a
e laa 200 sarà a Trento: spero la
300 di festeggiarla in via Guasco».
La nuova Grissin Bon
«Questa squadra
la sento addosso»
IN QUESTI anni qual è
stata la notte più difficile?
«Forse il momento più complicato - svela Menetti - fu
l'anno in cui rischiammo di
retrocedere in serie B. Dopo
la sconfitta di un punto a Rimini eravamo in una situazione complicatissima. E io ve-
devo materializzarsi l'incubo
di un'altra retrocessione dopo quella del 2006. Parlai con
Dalla Salda, mi rincuorò, ripartimmo a testa bassa e vincemmo una partita clamorosa a Barcellona Pozzo di Gotto. Andate su Youtube a vedere le immagini di quella partita e capirete cosa intendo. Da
lì iniziò il percorso che ci ha
portato alla finale scudetto».
C'è un giocatore che le è
rimasto nel cuore?
«Piero Montecchi. Perché è
reggiano ed è stato profeta in
patria L'ho ammirato da tifoso, l'ho allenato e siamo diventati amici».
E l'atleta per cui pensò:
perché l'ho ingaggiato?
«Qualcuno c'è stato, ma non
farò il nome neppure sotto
tortura. Non parlo di rendimento: può capitare di giocare male. Prendete Dominic
James. Fece la sua miglior
partita sapendo che era già tagliato e negli spogliatoi fu accolto da un grande applauso.
Era benvoluto da tutti. Invece ci sono stati giocatori che
mi hanno deluso a livello personale. La mancanza di riconoscenza mi fa arrabbiare».
Dove può arrivare questa Grissin Bon?
«Non lo so. Posso però dire
che questa è la squadra che
mi sento più addosso di tutte.
Ed è quella che mi sta seguendo più di chiunque altra e ce
la sta mettendo tutta. E' anche la più motivata».