Gare gas, per le proprietà comunali valgono le norme di

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Transcript Gare gas, per le proprietà comunali valgono le norme di

Gare gas, per le proprietà comunali valgono le
norme di contabilità pubblica
Analisi della società di consulenza Sciara di un recente parere della Corte
dei Conti sul caso di Ospitaletto
A valle di un contenzioso tra un piccolo Comune del Bresciano e Italgas, in cui il
primo è stato obbligato da un tribunale a corrispondere alla seconda, gestore
uscente del servizio di distribuzione gas, un importo a riscatto della rete
commisurato al valore industriale residuo, salvo trovarsi ora a vedersene
riconosciuto uno assai inferiore dalla normativa vigente, la Corte dei Conti della
Lombardia ha evidenziato in una delibera che, a suo avviso, nell'iscrizione delle reti
gas nello stato patrimoniale degli enti locali, come per qualunque altro bene, deve
valere in primo luogo la normativa generale sulla contabilità pubblica. La quale
normativa, nota in un'analisi del provvedimento Giulio Gravaghi di Sciara, società
attiva nella consulenza agli enti locali nelle gare gas, richiede che venga a preso a
riferimento il valore reale dell'asset. Una previsione, rimarca l'autore, in
contraddizione con le regole vigenti per le gare d'ambito, che prevedono la
valorizzazione dei beni comunali sulla base della RAB.
Con l'aggiudicazione delle gare d'ambito e l'entrata a regime del sistema
delineato dal D.lgs. 164/2000, dal DM 226/2011 e ss.mm.ii., ai Comuni
proprietari di reti di distribuzione del gas naturale si presenta uno scenario
assolutamente inedito che impone scelte orientate e consapevoli per rendere
concreti i potenziali benefici della riforma o quantomeno per poter confermare i
canoni finora percepiti per la messa a disposizione dell'impianto al gestore del
servizio.
Di recente sul quadro complessivo, piuttosto confuso e contradditorio in
materia, si è aggiunto il parere della Corte dei Conti della Lombardia che, su
istanza del Comune di Ospitaletto (BS), fornisce un significativo contributo circa
le modalità di valutazione ed iscrizione di questi cespiti nel patrimonio comunale,
tenendo conto anche del d.lgs. 118/2011.
La Corte, procedendo con una ricostruzione puntuale del quadro normativo di
riferimento relativamente alla circolazione dei beni del servizio di distribuzione
gas, evidenzia che l'affidamento esclusivo ma temporalmente limitato del servizio,
deve avvenire secondo le norme in generale dettate in materia di servizi pubblici
locali.
A tale proposito ricorda che le norme in materia di liberalizzazione del mercato
del gas, ed in particolare della distribuzione, fanno riferimento al d.lgs. 164/2000
che all'art. 16, comma 7, afferma che “per quanto non espressamente previsto dal
presente decreto in materia di distribuzione si applicano le norme vigenti in.
materia di servizi pubblici locali”.
La Corte richiama la sua deliberazione del 3/7/2013, n. 295, che enuncia una
serie di principi sistematici circa l'assetto proprietario degli impianti a rete,
confermandone la validità.
La Corte “evidenzia come l'evoluzione normativa (in parte determinata da opzioni
del legislatore, in parte da interventi della Corte costituzionale e, in un caso, da
referendum abrogativo) abbia subito una tendenziale oscillazione tra il principio
della proprietà pubblica degli impianti a rete e quello del mero collegamento
funzionale della stessa all'attività di gestione del servizio, sino ad arrivare ad
escludere il vincolo di inalienabilità, mutato nel più tenue obbligo di destinazione a
pubblico servizio”. Il quadro è reso di lettura ancora più complessa dalla
circostanza che il legislatore ha dovuto dettare specifiche norme per disciplinare il
passaggio dal precedente regime di monopolio combinato di proprietà e gestione (in
cui la titolarità sia degli impianti che del servizio risultava di pertinenza di un unico
soggetto) alla nuova disciplina “a regime” (che prevede, attesa la durata
tendenzialmente limitata dell'affidamento, un possibile continuo mutamento almeno
nella disponibilità degli impianti). In effetti, il d.lgs. 164/2000 stabilisce, all'art. 14,
comma 4, che alla scadenza del periodo di affidamento del servizio, le reti, nonché
gli impianti e le dotazioni dichiarati reversibili, rientrano nella piena disponibilità
dell'ente locale. Gli stessi beni, se realizzati durame il periodo di affidamento, sono
trasferiti all'ente locale alle condizioni stabilite nel bando di gara e nel contratto di
servizio”.
In altre parole, il dato normativo distingue tra due tipologie di beni:
1) gli impianti che rientrano ope legis nella “disponibilità” dell'Ente locale ai fini
del successivo affidamento;
2) gli impianti realizzati dal gestore durante l'affidamento, che seguono la
medesima sorte ma in base alle previsioni indicate nel bando di gara ovvero nel
contratto di servizio.
Il DM 226/2011 definisce, tra l'altro, le condizioni economiche di questi
trasferimenti secondo i seguenti criteri:
a) il valore di rimborso degli impianti nella fase “transitoria” è definito dalle parti
convenzionalmente o, in mancanza di accordo, in base al valore industriale della
parte di impianto di proprietà del gestore uscente, secondo il costo di costruzione
a nuovo (VIR);
b) il valore di rimborso degli impianti nella fase “a regime” è pari al valore delle
immobilizzazioni nette di località del servizio di distribuzione e misura, relativo
agli impianti la cui proprietà viene trasferita dal distributore uscente al nuovo
gestore, incluse le immobilizzazioni in corso di realizzazione, al netto dei
contributi pubblici in conto capitale e dei contributi privati relativi ai cespiti di
località, calcolato secondo la metodologia della regolazione tariffaria vigente e
sulla base della consistenza degli impianti al momento del trasferimento della
proprietà” (RAB).
E' specificato l'obbligo, da parte del nuovo gestore, di corrispondere
“annualmente agli Enti locali e alle società patrimoniali delle reti che risultino
proprietarie di una parte degli impianti dell'ambito” la remunerazione a RAB (art.
8, comma 3).
Il sistema sopra delineato spiega la differenza tra i due criteri.
In via eccezionale, tuttavia, il legislatore (d.lgs. 93/2011) ha consentito ai
primi concessionari del periodo a regime l'ammortamento della differenza tra il
valore di rimborso e il valore delle immobilizzazioni nette, al netto dei contributi
pubblici in conto capitale e dei contributi privati relativi ai cespiti di località.
Nel caso lo scostamento tra i due criteri sia superiore al dieci per cento
(deliberazione AEEGSI del 26 giugno 2014, n. 310) tale adeguamento è operato
tramite il riconoscimento in tariffa da parte della AEEGSI.
L'adeguamento richiesto dal Comune di Ospitaletto all'AEEGSI, per tramite
del locale gestore del servizio di distribuzione (come previsto dalle norme vigenti
che non prevedono rapporti diretti tra AEEGSI ed Ente locale proprietario di
impianti), è stato negato in base a valutazione dell'AEEGSI stessa.
Ne consegue che, in conformità al dato normativo e giurisprudenziale
menzionato, nei confronti degli Enti locali al termine di scadenza delle relative
concessioni possono in sostanza porsi le seguenti possibilità alternative:
1) l'Ente, al termine del periodo di concessione, non riscatta il relativo impianto
ma affida ad altro soggetto il relativo servizio.
Il nuovo concessionario riscatta l'impianto, corrispondendo il VIR al gestore
uscente (proprietario degli impianti), la RAB ai successivi;
2) l'Ente, al termine del periodo di concessione, riscatta il relativo impianto e,
affidando ad altro soggetto il relativo servizio, mantiene la titolarità degli impianti.
Al nuovo concessionario resta l'obbligo di remunerazione della messa a
disposizione degli impianti: al fine di evitare che detta remunerazione “equitativa”
possa comportare un eccessivo ricarico sulle tariffe praticate all'utenza, la
determinazione è basata sulla RAB salvo l'eventuale adeguamento (autorizzato
dall'AEEGSI) in caso di notevole scostamento rispetto al VIR.
3) l'Ente, dopo aver riscattato l'impianto, conferisce in proprietà lo stesso, con
destinazione al servizio di rete, al soggetto risultato vincitore della procedura
selettiva.
Logica vorrebbe che l'Ente si vedesse trattato, in questa fase transitoria, alla
stregua dei soggetti privati, previo adeguamento delle RAB che spesso non
tengono conto della proprietà pubblica.
Ma su questo punto interviene il MiSE con una FAQ sul proprio sito,
documento fortemente contestato dall'ANCI e ritenuto giuridicamente irrilevante
da molti esperti di diritto, dal titolo “Chiarimento circa la possibilità per gli Enti
locali di alienare il proprio asset, costituito dalla rete e dagli impianti di
distribuzione del gas naturale” che recita: “(...) non spetta a questo Ministero
fornire l'interpretazione di normative primarie riguardanti il regime di gestione dei
servizi pubblici locali, nonché il regime di circolazione dei beni facenti parte del
patrimonio indisponibile della Stato (...)”, proseguendo “il valore di trasferimento è
pari al valore delle immobilizzazioni nette di località del servizio di distribuzione e
misura, relativo agli impianti che vengono alienati, al netto dei contributi pubblici in
conto capitale e dei contributi privati relativi ai cespiti di località (c.d. RAB), come
riconosciuto dall'Autorità nella tariffa valida perla gestione d'ambito e come già
spettante all'ente locale in quanto titolare della rete. Pertanto, la decisione dell'ente
locale di alienare o meno la rete di proprietà pubblica non deve creare nuovi oneri a
carico dei clienti finali del servizio in termini di aumento delle tariffe di distribuzione
gas”.
Impostazione
che
conferma
sostanzialmente
quanto
già
rappresentato
dall'AEEGSI a fini puramente regolatori.
La conseguenza di tale chiave di lettura, scrive la Corte nel suo Parere, è che:
- in situazioni analoghe a quella del Comune di Ospitaletto, in caso di cessione
(obbligatoria) delle reti da parte del gestore, con trasferimento della proprietà
all'Ente pubblico, il gestore uscente si vedrà riconosciuto il VIR.
- laddove il Comune ritenesse (in piena conformità, tra l'altro, alla giurisprudenza
della Sezione) di procedere all'alienazione degli impianti (in sede di affidamento
del servizio), potrebbe determinarne il valore del trasferimento sulla base della
sola RAB, non potendo beneficiare né delle previsioni concernenti il recupero del
maggior costo storico né tantomeno di quelle che consentono l'adeguamento in
sede tariffaria nel caso di disarmonia eccessiva tra VIR e RAB.
Il documento della Corte dei Conti prosegue sottolineando che, “al di là delle
potenziali disarmonie nel regime transitorio (per l'ipotesi in cui il Comune ha
riscattato gli impianti corrispondendo il VIR e, successivamente, sia tenuto ad
alienarli previo incameramento della sola RAB), tali determinazioni non possono
essere oggetto della cognizione della Corte dei Conti, potendo invece il Comune
interessato far valere le proprie doglianze avanti al giudice amministrativo in sede
di impugnazione dei relativi provvedimenti”.
E qui la Corte evidenzia la priorità che l'amministratore pubblico deve dare
alle norme di contabilità pubblica che disciplinano espressamente il valore di
iscrizione, nello stato patrimoniale, dei beni del demanio e del patrimonio
(allegato 4/3 al d.lgs. 23 giugno 2011, n. 118, che non possono essere influenzate
da “decisioni che operano in ambito differente”.
In
particolare,
il
relativo
principio
contabile
dispone
che
“(...)
le
immobilizzazioni materiali sono distinte in beni demaniali e beni patrimoniali
disponibili e indisponibili (...). Le immobilizzazioni sono iscritte nello stato
patrimoniale al costo di acquisizione dei beni, o di produzione, se realizzato in
economia (inclusive di eventuali oneri accessori d acquisto, quali le spese notarili, le
tasse di registrazione dell'atto, gli oneri per la progettazione, ecc. ), al netto delle
quote d'ammortamento. Qualora, alla data di chiusura dell'esercizio, il valore sia
durevolmente inferiore al costo iscritto, tale costo è rettificato nell'ambito delle
scritture di assestamento mediante apposita svalutazione. Le rivalutazioni sono
ammesse solo in presenza di specifiche normative che le prevedano e con le
modalità ed i limiti in esse indicati. Per quanto non previsto nei presenti principi
contabili, i criteri relativi all'iscrizione nello stato patrimoniale, alla valutazione,
all'ammortamento ed al calcolo di eventuali svalutazioni per perdite durevoli di
valore si fa riferimento al documento OIC n. 16".
In tale contesto vanno inquadrate anche le devoluzioni gratuite degli impianti
al Comune a fine concessione. La Corte dei Conti non ne fa menzione nel suo
parere ma è opportuno farne menzione in quanto interessa molti Enti locali.
Traslando il principio contabile ritenuto pertinente dalla Corte al caso di cui
sopra non può sfuggire come le regole del d.lgs. 118/2011, impongano ai Comuni
un adeguamento delle scritture inventariali (a partire dal 2016 per i Comuni
sopra i 5.000 abitanti e dal 2017 per quelli sotto tale soglia).
In particolare il punto 6.1.2 dell'allegato 4/3 del d.lgs. 118/2011 dispone che
per i beni acquisiti dall'Ente a titolo gratuito, è necessario far ricorso ad una
relazione di stima per definirne il valore e quindi procedere alla loro iscrizione nel
patrimonio dell'Ente. Tali beni dunque, che nel passato erano iscritti senza
valore, oggi debbono essere rivalutati appalesando per conseguenza anche la
necessità di una rideterminazione delle RAB che proprio sull'evidenza contabile
del costo si fondano.
La Sezione prosegue e conclude il suo Parere affermando: “Ne consegue che,
indipendentemente
da ogni considerazione afferente
alla correttezza delle
valutazioni del Ministero dello Sviluppo economico e dell'AEEGSl, non può che
ribadirsi come i criteri di iscrizione nello stato patrimoniale dei beni di proprietà
degli enti locali restano disciplinate dalle norme di contabilità pubblica. Tali
disposizioni tendono a privilegiare il criterio del costo storico, da rettificare solo nel
caso di eventi che determinino un decremento effettivo del valore del bene”.
Ci pare che quest'ultima affermazione obblighi l'Ente locale a iscrivere a
bilancio il reale valore dell'impianto (VIR) e debba attivarsi presso l'AEEGSI per
l'adeguamento della RAB a tale valore. Nel caso di diniego (vedi Comune di
Ospitaletto) la Corte paventa l'opportunità di adire la giustizia amministrativa
(TAR).
Il Parere della Corte dei Conti, pur nella sua logica istituzionale che vede
limitata la competenza solo ad alcuni dei temi proposti dal Comune di
Ospitaletto, evidenzia le “disarmonie” delle centinaia di norme in materia di
servizio di distribuzione del gas naturale ed in particolare quelle che disciplinano
le sempre più fantomatiche gare d'ambito che allo stato non riescono a decollare e
sono proficue solo per avvocati e consulenti.
Emerge anche la necessità di rivedere gran parte della materia, già
disciplinata dal d.lgs. 164/2000 (e norme successive), in particolare per quanto
attiene il ruolo istituzionale nuovo, assegnato all'Ente locale, e la compatibilità
con il ruolo di proprietario di impianti e reti.
E' assurdo che si debba tutelare l'interesse degli Enti locali (e quindi si dei
cittadini) dovendo ricorrere sempre più spesso alla giustizia per veder tutelato il
bene pubblico anche ai fini dei bilanci già pesantemente mortificati in questi
ultimi anni.
Si impone:
- la revisione del quadro normativo in materia di distribuzione del gas;
- la rivitalizzazione del settore che vede scadute le concessioni dal lontano
31/12/2012 con pesanti ripercussioni sugli investimenti, gli ammodernamenti e
la strategia industriale in generale del settore;
- il riconoscimento del patrimonio comunale, definito con criteri omogenei;
- la semplificazione delle procedure previste per le gare d'ambito
Un servizio pubblico che spesso ci è stato invidiato non può continuare a
lungo a mantenere i livelli di efficienza e di eccellenza, che lo hanno sempre
caratterizzato, se non ritrova certezza del diritto e delle scelte imprenditoriali
sempre più necessarie ed urgenti.
Staffetta Quotidiana, 27 ottobre 2016