Continua la lettura - Parrocchia San Francesco

Download Report

Transcript Continua la lettura - Parrocchia San Francesco

XXX Domenica Tempo Ordinario - Anno C
“Dinnanzi a Dio come persone a cui manca sempre qualcosa”
Il Vangelo di questa domenica di ottobre è introdotto e preparato dalla prima
lettura del Siracide; una selezione di versetti che si aprono con l’affermazione
che Dio non fa preferenze di persone. In realtà non è proprio cosi, infatti alla
fine del testo leggiamo “la preghiera del povero attraversa le nubi né si quieta
finche non sia arrivata”. Meravigliosa la preghiera del “povero”; ha due
caratteristica: ha una potenza particolarmente efficace e non si quieta finché
l’Altissimo non interviene. Le nubi si aprono… stupenda e vera
comunicazione tra il cielo e la terra, tra il mondo degli uomini poveri e il Dio
dei poveri.
Da qui partiamo per la comprensione del brano evangelico. Il confronto di due
preghiere: una che arriva al cielo e l’altra che non arriva al cielo. Di fatto Gesù
racconta di due uomini che vanno a pregare nel tempio. Un pubblicano: una
persona molto discussa, disonesta, una persona che fa del male, collabora
col potere romano per espropriare e lucrare ingiustamente. Per lui non c’è
salvezza, le porte del cielo sono chiuse, il cuore di Dio nei suoi confronti è
indurito. Alla fine vedrà la sua preghiera esaudita, entrerà in rapporto con Lui.
L’altro è un fariseo: una persona per bene, una persona sulla quale non si
può dubitare della sincerità. Elenca una serie di cose che realmente fa:
digiuna due volte la settimana, paga la decima di quello che possiede, non
ruba, non è adultero, non fa le cose che invece fa il pubblicano. E’ un uomo
vero! Il problema è che lui non prega, l’altro si; eppure entra in preghiera nel
modo giusto, in maniera biblica, lodando e ringraziando Dio. Ma mentre a
parole si rivolge a Dio, il fariseo in realtà è centrato su se stesso, stregato da
una parola di due sole lettere, che non si stanca di ripetere, io: io ringrazio, io
non sono, io digiuno, io pago. Ha dimenticato la parola più importante del
mondo: tu. Entra in preghiera senza la consapevolezza di quello che gli
manca, senza la consapevolezza della sua piccolezza, del suo essere fragile
e limitato. Di fronte a Dio enumera le sue qualità, i suoi successi, le cose
belle che sa fare e non si rende conto che Dio ha molto altro da donargli.
“Io non sono come gli altri”: il mondo gli appare come un covo di ladri, dediti
alla rapina, al sesso, all'imbroglio. Una slogatura dell'anima: non si può
pregare e disprezzare (E. Ronchi). Non si può lodare Dio e demonizzare i
suoi figli. Paralisi dell’anima!
Dall’altra parte il pubblicano ha coscienza di sé, sa che gli manca tutto, sa di
essere nell’errore. Questo è il suo possesso. Questo è un ottimo punto di
partenza. Il fariseo pensa di avere e invece non ha nulla, il pubblicano non
avendo nulla ha tutto ciò che gli occorre per essere salvato. Il pubblicano ha
l’amore del Padre, il fariseo è posseduto dall’amore per sé.
Insegnamento intenso sulla preghiera: pregare è dare del tu a Dio. Vivere e
pregare percorrono la stessa strada profonda: la ricerca mai arresa di un tu,
un amore, un sogno o un Dio, in cui riconoscersi, amati e amabili, capaci di
incontro vero (E. Ronchi)
“Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima
presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri”. Con questa parabola
Gesù ha il coraggio e l’audacia di denunciare che la preghiera può separarci
da Dio, può renderci “atei” di fatto, mettendoci in relazione con un Dio che
non esiste. “Sbagliarci su Dio è il peggio che ci possa capitare, perché poi ci
si sbaglia su tutto, sull'uomo, su noi stessi, sulla storia, sul mondo” (Turoldo).
Buona Domenica a voi tutti.