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Topic: Vigilante uccise ladro in azione, per la Cassazione non fu un omicidio
volontario
Subject: Vigilante uccise ladro in azione, per la Cassazione non fu un omicidio volontario
Inviato da : ADMIN
Data invio: 21/10/2016 19:07:01
Vigilante uccise ladro in azione, per la Cassazione non fu un omicidio volontario
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Vigilante uccise ladro in azione, per la Cassazione non fu un omicidio volontario
Sarà celebrato a Taranto il nuovo processo d'appello a Crocefisso Martina, l'ex vigilante accusato
dell'omicidio di Marco Tedesco sulla Lecce-Brindisi nel 2007
Andrea Morrone
21 ottobre 2016 17:31
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LECCE – E’ da rifare il processo d’appello per Crocefisso Martina, il 49enne originario di
Torchiarolo, ex vigilante in servizio a Campi Salentina, condannato a quattordici anni di reclusione
per l'omicidio del 28enne Marco Tedesco. A stabilirlo i giudici della Corte di Cassazione, che hanno
annullato con rinvio la sentenza emessa dai colleghi della Corte d’assise d’appello di Lecce,
che avevano confermato la sentenza di primo grado. Un nuovo processo dunque sarà celebrato
dinanzi alla Corte d’assise d’appello di Taranto. Secondo i giudici, che hanno accolto il
ricorso dell’avvocato Antonio Savoia, quello di Tedesco non può essere considerato un omicidio
volontario.
Nel corso del dibattimento del processo di primo grado il pubblico ministero Carmen Ruggiero
(così come Antonio Maruccia in appello) evidenziò che i colpi esplosi da Crocefisso Martina
furono sparati ad altezza d’uomo, con la consapevolezza del pericolo e dell’eventuale
“danno― che avrebbero potuto causare alle persone presenti.
Secondo l’accusa esplodendo quei colpi di pistola Martina accettò tutte le possibili
conseguenze, tra cui quella di colpire i ladri. L’accusa aveva ricostruito, in maniera precisa e
dettagliata (attraverso riscontri oggettivi e testimonianze), le circostanze che provocarono la morte di
Marco Tedesco il 24 gennaio 2007. Un omicidio volontario per cui lo stesso pubblico ministero aveva
chiesto una condanna a quattordici anni di reclusione (si tratta, comunque, del minimo della pena per
quel tipo di reato).
Quel giorno Tedesco, insieme ad altri tre complici (di cui uno rimasto ignoto), aveva appena
derubato il bar di una stazione di servizio della Q8 sulla superstrada tra Lecce e Brindisi, all'altezza
dell'uscita per Campi Salentina. Fu una classica spaccata: i quattro, a bordo di una Y10 e di una Fiat
Panda, sfondarono con le auto l'ingresso del bar, per portar via le stecche di sigarette e il denaro
contante.
Il furto, l’ennesimo consumato ai danni dello stesso esercizio commerciale, si trasformò però in
tragedia. Scattò l'allarme e sul posto intervennero due guardie giurate: con Crocefisso Martina,
unico imputato, c'era Francesco Colofeo, di Lecce, che è stato già prosciolto e che si lanciò
all’inseguimento di due dei individui. Martina esplose sei colpi (nelle immagini delle
videocamere di sorveglianza si sentono cinque boati, ma il sesto potrebbe essere stato coperto dal
rumore assordante provocato dalla caduta del registratore di cassa), di cui solo il primo, secondo
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l’ipotesi accusatoria, a scopo intimidatorio, quando i malviventi si trovavano ancora
all’interno del bar.
Marco Tedesco fu raggiunto alla gola dal frammento di uno dei proiettili. Morì poco dopo. Due dei
complici della vittima in quella tragica giornata, sentiti come testi, hanno raccontato che stavano
cercando di fuggire quando sentirono i colpi. Un proiettile, sparato ad altezza d’uomo, centrò il
finestrino dell’auto. Un frammento di piombo, invece, spezzò la giovane vita di Tedesco.
Inizialmente l'imputato era stato rinviato a giudizio per omicidio colposo per eccesso di legittima
difesa dinanzi al giudice monocratico della sezione distaccata di Campi Salentina. Il giudice del
Tribunale di Campi, Stefano Sernia, decretò invece la sospensione del processo, chiedendo (in
un'ordinanza) all'allora sostituto procuratore Maria Cristina Rizzo (oggi procuratore della Repubblica
per i minorenni) di modificare il capo d'imputazione in omicidio volontario, rinviando pertanto gli atti
per competenza.
Secondo il giudice, infatti, Crocefisso non sparò in aria come ha sempre sostenuto, bensì ad
altezza d'uomo e quindi per uccidere. Inoltre, nel corso delle perquisizioni non fu ritrovata alcuna
arma in possesso dei complici della vittima (anche se, come detto, uno dei complici riuscì a fuggire
a bordo della Y10, mai ritrovata), mentre l’imputato dichiarò di aver aperto il fuoco per difendersi
(dopo che uno dei rapinatori aveva allungato il braccio verso di lui).
La difesa, dopo il deposito delle motivazioni, ha presentato appello in Cassazione. Il legale
dell’imputato, l’avvocato Antonio Savoia, ha sempre sostenuto con certezza l’assoluta
innocenza del vigilante. Una tesi fondata, a suo dire, su diversi elementi: l’inattendibilità dei
testi, l’impossibilità di stabilire quale fu l’arma da cui fu esploso il proiettile che uccise la
vittima, la mancanza di alcuna verifica sulla seconda auto, la possibilità che Tedesco fosse
all’esterno dell’autovettura, la convinzione assoluta che l’imputato sparò in aria a scopo
intimidatorio e la possibilità che il colpo mortale sia stato esploso da un’arma in uso ai
malfattori. Per questo l’avvocato Savoia aveva invocato l’assoluzione per Martina.
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