La rassegna di oggi

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RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – lunedì 17 ottobre 2016
(Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono
scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)
ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE (pag. 2)
La notte dei bancari: 500 gli esuberi in Fvg (Piccolo)
La corsa all'assegno antipovertà fa esplodere la spesa sociale (Piccolo, domenica 16 ottobre)
Tassa di soggiorno, 4,1 milioni per il Fvg (Piccolo)
CRONACHE LOCALI (pag. 6)
La Flc-Cgil: a rischio la qualità della ricerca e dei corsi (M. Veneto Ud, domenica, 2 art.)
Polizia stradale, l’appello dei sindacati: no alla chiusura di uffici (M. Veneto Udine)
Spi-Cgil, confronto sulla riforma della sanità (M. Veneto Pordenone)
Dagli anziani ai minori, più risorse al welfare (Piccolo Trieste)
Amianto, la Procura archivia l’esposto contro Altran (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
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ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE
La notte dei bancari: 500 gli esuberi in Fvg (Piccolo)
di Christian Benna - La lunga notte dei bancari è appena cominciata. Perché i ventimila esuberi
previsti in Italia per il prossimo triennio - almeno 500 in Friuli Venezia Giulia - sono l'anticamera di
una stagione buia. Negli ultimi tre anni i lavoratori del credito che hanno appeso il badge al chiodo,
accompagnati alla pensione o salutati in addii volontari, sono stati 12mila secondo la Federazione
autonoma bancari. Nel quinquennio appena trascorso oltre 4mila sportelli sono stati cancellati, e dal
2006 a oggi i prepensionamenti volontari sono stati 60 mila. Ma questi tagli comparivano ancora
sotto la voce razionalizzazione: ultima coda delle politiche di espansione e di accorpamenti delle
banche italiane nel tentativo di rafforzarsi concentrando attività e funzioni. Ora è il tempo della
mannaia dura e pura. La barca prende acqua, si gettano in mare le "zavorre". Nelle filiali si respira
un'aria pesante per quella gallina dalle uova d'oro che era la banca negli anni Novanta e primi
Duemila, e che oggi si ritrova piegata da una crisi economica che ha generato una valanga (200
miliardi di euro) di crediti deteriorati e difficilmente recuperabili, scossa dagli scandali e messa
all'angolo dai modelli del fintech e della finanza online. In pratica il bancario, re del posto fisso e
seduto su salari ben più alti della media, deve cedere lo scettro e andare in pensione. Dal 2011 a
oggi solo in Fvg sono state cancellate il 10% delle filiali sul territorio. Il numero dei dipendenti
procede in picchiata da 7.018 a 6.456. Ed è solo l'antipasto. Nell'epoca dei tassi zero la banca non
riesce più a fare soldi. E lo scenario economico non aiuta certo a risollevare la redditività.
Aumentano le commissioni, in qualche istituto spuntano balzelli per finanziare i piani salvabanca,
ma non basta. La soluzione adottata da tutti è ridurre il numero dei dipendenti, extrema ratio per far
quadrare i bilanci. I sindacati stimano attorno ai 500 gli esuberi in regione. Ma il dato è
approssimato per difetto visto che nei prossimi mesi verranno presentati i piani industriali di
Unicredit e Monte dei Paschi di Siena, che hanno rispettivamente 120 e 55 sportelli, frutto di
passate acquisizioni sul territorio. Molte sede centrali che erano di base a Trieste hanno già
traslocato. A Trieste restano 115 sportelli, un quarto rispetto alla provincia di Udine e quasi la metà
di Pordenone, dove si concentreranno i tagli. Ma è convinzione diffusa che anche nel capoluogo
regionale gli sportelli diminuiranno ancora. Con l'eccezione di Banca di Cividale - che a fronte un
piano di razionalizzazione degli sportelli meno redditizi, ha però intenzione di crescere nell'area
triestina, oggi ferma a 3 filiali contro le 8 di Udine - la maggior parte degli istituti si prepara a una
stagione di ristrutturazione. A breve Unicredit presenterà il nuovo piano industriale che si annuncia
ancora nel segno di lacrime e sangue, con il timore diffuso tra i sindacati che alcune delle 20 filiali
cittadine potrebbero chiudere e altre funzioni essere spostate altrove. E si parla di 100-150 esuberi
in tutta la regione. Sul tavolo anche la vertenza Bnl, che ha appena comunicato la chiusura di 100
filiali in Italia, 700 uscite e il taglio del 30% degli incentivi. Tutte ancora da verificare le ricadute su
Trieste, ma nelle sei filiali ora si trema. CariFvg del Gruppo BancaIntesa, una novantina di filiali,
prevede invece una decina di uscite con accordi per prepensionamenti. Anche Friuladria, 100
sportelli in regione, ha annunciato l'uscita di 39 risorse per il biennio 2016/2017. E sul Mediocredito
Fvg restano i dubbi per il futuro. Tuttavia non si parla di licenziamenti collettivi, che a oggi in
regione riguardano solo le banche austriache come Hypo Adria (200 esuberi), e Kaerntner
Sparkasse; l'addio è fatto di accompagnamenti alla pensione e uscite volontarie. Ma a forza di
ridurre filiali e personale, le banche oggi si trovano in difficoltà a sostenere i costi dei
prepensionamenti. Gli istituti hanno chiesto al governo la possibilità di utilizzare i fondi destinati
alla cassa integrazione per sostenere quest'ultima ondata di uscite magari utilizzando lo scivolo
dell'Ape. Si vedrà se il piano verrà accolto, ma senza grandi risorse a disposizione c'è il rischio che
prima o poi vadano in scena licenziamenti anche nelle banche nazionali. La mannaia sui dipendenti
come soluzione anticrisi potrebbe riguardare anche gli istituti più piccoli. E in attesa di capire quale
esito avrà il secondo atto della riforma bancaria del credito cooperativo, nei 210 sportelli regionali
delle Bcc ci si prepara a una stagione di probabili accorpamenti.
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«Rischiamo la fine dei dinosauri»
«Siamo una categoria in via di estinzione, e presto molti di noi dovranno cambiare mestiere per
evitare di fare la fine dei dinosauri». Prova a scherzare pur sull'onda dell'amarezza Guido Fasano,
segretario provinciale di Udine di Fabi e componente del comitato direttivo della Federazione
autonoma bancari. Dopo la scorpacciata di sportelli inglobati dalle banche negli ultimi dieci anni,
«oggi gli istituti scoprono che per recuperare redditività si devono ridurre i costi tagliando le filiali.
Un'operazione che evidentemente si compie sulla pelle dei lavoratori e delle loro famiglie». Certo,
la rivoluzione digitale impone un nuovo modello di banca online, e la lunga stagione dei tassi bassi
costringe il credito a cercare altrove le speranze di fare utili. «Ma è evidente che il prezzo più alto
del cambiamento sarà tutto in conto dei dipendenti. Senza contare che le operazioni di
dimagrimento precludono la possibilità di occupazione anche per i più giovani». Le province di
Udine e Pordenone, secondo i sindacati, saranno le più colpite dai piani di ristrutturazione, mentre
Trieste verrà toccata solo marginalmente perché - come sottolinea dal capoluogo regionale
Elisabetta Faidutti della Fisac Cgil - «il personale bancario è stato già ridotto all'osso negli ultimi
anni». Ogni giorno che passa c'è un terremoto in arrivo. Il piano esuberi di Bnl, cui seguirà
probabilmente quello di Mps, senza contare l'ipotesi di fusione tra Pop Vicenza e Veneto Banca che
porterà a un'ulteriore riduzione dei posti di lavoro. Quindi la preoccupazione che serpeggia tra i
rappresentanti dei lavoratori è che le risorse per i piani di accompagnamento alla pensione o per le
uscite volontarie verranno a mancare. E allora, i casi di licenziamenti collettivi, come quello che sta
scuotendo i dipendenti friulani di Hypo Bank, non saranno più isolati. Insomma, altro che scivolo.
Lo spettro degli impiegati Lehman Brothers che escono dagli uffici abbracciati agli scatoloni
comincia a girare per le province del Fvg. «A oggi è difficile definire una mappatura degli esuberi dice Gabriella Rusca della segreteria regionale First Cisl - perché diversi piani industriali devono
essere ancora annunciati e quelli messi in pista mancano al momento di definizione sui territori
come è il caso di Bnl. I prepensionamenti hanno un costo e bisogna capire quanto siano sostenibili
per i bilanci aziendali. L'impatto occupazionale rischia di essere molto pesante». Al posto della
filiale, almeno di quelle ritenute poco redditizie, spunteranno gli Atm automatici, ecco la banca
robotizzata dove si potrà fare tutto o quasi, dai versamenti ai bonifici e al prelievo. Le altre
operazioni andranno online, magari con qualche algoritmo in grado di organizzare anche il nostro
portafogli investimenti o la gestione del mutuo. «In realtà - continua Rusca - il rapporto
interpersonale rimane decisivo nell'attività bancaria. Se davvero supereremo quota 500 esuberi in
Fvg ci saranno poi problemi di gestione della clientela. Molti si affrettano a dire che abbiamo la
densità più alta di sportelli d'Europa. Ma è un dato non corretto: Germania, Spagna e Francia ci
superano. La verità è che le aziende hanno bisogno di ridurre i costi. E lo fanno tagliando il
personale in quei territori che un tempo erano di conquista e di espansione». Per Elisabetta Faidutti
di Fisac Cgil le banche continueranno a proclamare esuberi, ma, in provincia di Trieste, il fenomeno
sarà marginale perché i tagli sono stati fatti e ripetutamente negli ultimi dieci anni. «Le assunzioni
sono ridotte al lumicino, chi è andato in pensione non è stato sostituito. Il capoluogo è stato
spogliato delle grandi direzioni, spostate in Veneto o altrove. C'è davvero poco da tagliare. Anche
se temiamo la progressiva razionalizzazione degli sportelli anche in città». (ch.b.)
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La corsa all'assegno antipovertà fa "esplodere" la spesa sociale (Piccolo, domenica 16 ottobre)
di Marco Ballico - I numeri dei beneficiari sono cresciuti: superano quota 32mila. E la spesa pure:
quella potenziale per il 2016 sfiora i 53 milioni. Maria Sandra Telesca, l’assessore regionale alla
Sanità, precisa subito che il costo reale a fine anno sarà inferiore. Ma ammette che sì, il sostegno al
reddito peserà sulle casse della Regione per una decina di milioni in più di quanto previsto dalle
simulazioni di fine 2015. A poco meno di un anno dall’avvio del provvedimento (la prima candelina
si spegnerà il prossimo 22 ottobre) il report interno aggiornato al 30 giugno rivela da un lato il
“successo” di una delle misure più innovative dell’era Serracchiani e, dall’altro, un crescente
fabbisogno di risorse. Il report precedente risaliva al 23 marzo quando risultavano accolte 10.785
domande a coprire nuclei familiari per un totale di 29.493 persone. Al primo semestre le domande
sono salite a 12.218 e i componenti coinvolti a 32.555. Nel dettaglio degli ambiti di emissione, il
maggior numero di richieste accolte è quello di Trieste (3.716), a seguire Udine (2.520), Basso
Isontino (916), Pordenone (809), Alto Isontino (780), Cervignano (426), Latisana (426), Cividale
(367), Sacile (302), Azzano Decimo (294), Codroipo (272), Maniago (272), Tarcento (260), San
Vito al Tagliamento (201), San Daniele (180), Gemonese (174), Carnia (149), Muggia-San Dorligo
(123) e Duino Aurisina (31). Quanto invece ai componenti coinvolti nelle domande, sempre per
ambito, il dato più elevato è ancora quello di Trieste (8.363), quindi Udine (7.122), Basso Isontino
(2.737), Pordenone (2.598), Alto Isontino (1.981), Cervignano (1.242), Latisana (1.157), Azzano
Decimo (984), Cividale (983), Sacile (949), Maniago (847), Codroipo (791), Tarcento (661), San
Vito al Tagliamento (648), San Daniele (484), Gemonese (399), Carnia (282), Muggia-San Dorligo
(268), e Duino Aurisina (59). In sostanza da fine marzo a fine giugno, a confrontare le somme, si
sono aggiunte 1.433 domande e 3.062 persone interessate. Numeri che, proiettati a fine anno, fanno
esplodere la spesa potenziale a 52,8 milioni di euro, con i picchi di Trieste (16,2 milioni) e Udine
(11,1 milioni) e Basso Isontino, Pordenone e Alto Isontino che superano i 3 milioni di euro. La
stima, tuttavia, non spaventa Telesca. «Si sale sopra i 50 milioni di euro solo sulla carta dato che il
calcolo viene effettuato su una proiezione di erogazione nell’arco dei dodici mesi - spiega
l’assessore alla Sanità -. In realtà non mancano i beneficiari che nel corso dell’anno escono dal
provvedimento perché nel frattempo hanno trovato il modo di superare una situazione di difficoltà
momentanea o perché, secondo legge, si arriva al momento dell’interruzione». A fine ottobre,
infatti, a un anno dal via della misura approvata con la legge regionale 15 del 2015, per i beneficiari
della prima ora scatterà l’obbligatorio stop di due mesi, al termine del quale, nel caso in cui i
requisiti non fossero mutati, in primis un Isee non superiore ai 6mila euro, l’erogazione potrà
riprendere per ulteriori 12 mesi. Peraltro, se pure i 53 milioni rappresentano una fotografia
potenziale, è ormai certo che il sostegno al reddito costerà molto più del previsto. Almeno 10-12
milioni in più. Telesca parla di 43 milioni sul 2016 di costo reale, un terzo in più delle aspettative,
con conseguenti interventi correttivi nei mesi scorsi. «Eravamo partiti con il primo stanziamento di
10 milioni, quindi lo spostamento di una ventina di milioni da altri capitoli, ma non sono bastati ricostruisce l’assessore -. In variazione siamo dovuti intervenire per aggiungere risorse in modo da
coprire l’intero anno. Non sono previste altre sorprese». E in futuro? «C’è la legge, di certo non la
abroghiamo. In Finanziaria faremo tutti i ragionamenti con le cifre sul tavolo e le risultanze dei patti
di inclusione che sono contestuali al provvedimento. A venirci incontro c’è inoltre la misura
nazionale del Sia, Sostegno all’inclusione attiva, che verrà integrato al nostro Mia e contribuirà con
circa 10 milioni di euro». Nell’attesa di pesare a fine anno l’impatto dell’integrazione al reddito, gli
importi di inizio corsa restano confermati almeno fino al 31 dicembre 2016. Gli aventi diritto
vengono divisi in scaglioni a seconda del loro Isee e del numero di figli a carico. L’assegno mensile
(erogato a scadenze bimestrali) varia così da un minimo di 70 euro per chi ha un Isee superiore ai
5mila euro ed è senza minori a un massimo di 550 euro per chi ha invece un Isee inferiore ai mille
euro e due o più minori.
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Tassa di soggiorno, 4,1 milioni per il Fvg (Piccolo)
Nelle casse del Friuli Venezia Giulia dalla tassa di soggiorno potrebbero arrivare 4,1 milioni di
euro. A fare i conti è uno studio della Fondazione Think Tank Nord Est di Venezia che ha preso a
riferimento alcuni principali comuni turistici e il relativo numero di presenze registrate nel 2015,
applicando poi una tariffa «media», ovvero simile per tipologia turistica (mare o montagna) a quelle
adottate in Veneto. Dall'analisi emerge che gli incassi maggiori riguarderebbero ovviamente le
località balneari e i comuni capoluogo. Lignano Sabbiadoro, che si conferma località regina per le
presenze turistiche in regione, risulterebbe la località con l'incasso più cospicuo, stimato intorno a
1,5 milioni di euro. Grado potrebbe contare su un tesoretto di circa 500 mila euro. Importi rilevanti
andrebbero poi a rimpinguare anche le casse dei capoluoghi di provincia: a Trieste potrebbe arrivare
1 milione di euro, a Udine 500 mila, a Pordenone 150 mila ed a Gorizia 70 mila euro. Anche in
alcune piccole città d'arte, come Aquileia o Cividale del Friuli, l'adozione dell'imposta porterebbe
una cifra ragguardevole: rispettivamente 130 mila euro e 50 mila euro. Guardando invece le località
montane Tarvisio potrebbe incassare 120 mila euro, Forni Avoltri 70 mila euro, Forni di Sopra 40
mila euro ed Arta Terme 30 mila euro. «È evidente che un settore strategico come quello turistico
può avere anche benefici dalle risorse che si incamererebbero con l'introduzione di una nuova tassa
- afferma il Presidente della Fondazione Think Tank Nord Est, Antonio Ferrarelli - Fondamentale è
però che la tassa sia veramente tassa di scopo, ovvero utile per promuovere il turismo, creare servizi
e sinergie nell'offerta, in pratica una risorsa per incrementare le presenze e non da usare per
tamponare i bilanci». Dell’introduzione ha discusso nei giorni scorsi anche la giunta regionale del
Fvg. Le posizioni sinora emerse nelle varie città e nello scenario politico del resto sono
diversificate. L’assessore comunale al turismo di Trieste, Maurizio Bucci ha minimizzato
sull’incidenza della tassa relativamente alla richiesta turistica, mentre il suo “omologo” di Udine,
Alessandro Venanzi che si è detto contrario a qualsiasi nuova imposizione. Fuori dal coro il sindaco
di Gorizia, Ettore Romoli che senza timori annuncia di essere pronto a rinunciare a qualsiasi gabella
sul soggiorno.
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CRONACHE LOCALI
La Flc-Cgil: a rischio la qualità della ricerca e dei corsi (M. Veneto Ud, domenica 16 ott.)
di Giacomina Pellizzari - Il turnover bloccato al 60% ha provocato la riduzione del 22% del
personale docente. Con punte, è il caso di Trieste, del 35%. L’assegnazione del Fondo di
finanziamento ordinario (Ffo) resta ai minimi termini e gli atenei di Udine e Trieste perdono in
competitività sulle lauree magistrali. Questa la tesi del ricercatore e rappresentante della Flc-Cgil,
Sergio Zilli, che domani, alle 11, a palazzo Antonini, modererà il confronto con la presidente della
Regione e vice segretario nazionale del Pd, Debora Serracchiani, e la presidente della commissione
Cultura alla Camera, Manuela Ghizzoni. In questo contesto sarà nuovamente sollecitata la
perequazione dei finanziamenti ministeriali che penalizza soprattutto Udine, università da sempre
sottofinanziata. Nonostante le rassicurazioni ricevute dall’ateneo friulano, il regolamento necessario
per l’applicazione della legge 2/2011 non è ancora stato approvato. Pur comprendendo che la
Regione non potrà sostituirsi al ministero, gli atenei continuano a sollecitare quel provvedimento.
«Si continua a distribuire i fondi su base storica» aggiunge Zilli facendo leva sul lavoro da fare
anche sul fronte del diritto allo studio. Favorire gli accessi all’università consente di far lievitare il
numero dei laureati ed evitare che in Europa, l’Italia diventi il fanalino di coda. «Il problema di
Udine e di Trieste - continua Zilli - è che non riescono a mantenere gli studenti iscritti al triennio e
ad attirare altri da altre università per coprire il buco che si viene a creare nelle lauree magistrali». Il
ricercatore che siede nel Cda dell’ateneo giuliano, critica i corsi interateneo e solleva il caso di
Architettura e delle sedi periferiche. «Se viene mantenuto il polo di Pordenone c’è da chiedersi se è
necessario anche quello di Gorizia dove l’università di Udine partecipa a un corso interateneo pur
avendo attivanto il 3+2 in Architettura ai Rizzi». A preoccupare la Cgil è la situazione che si è
venuta a creare a Pordenone dove «il Consorzio registra la perdita della Provincia e la defezione
della Cciaa. Senza contare - aggiunge Zilli - che il sindaco si è già espresso a favore dell’Itis».
Domani, insomma, gli argomenti non mancheranno anche perché «se ai tempi della Gelmini e della
sua contestatissima riforma la politica era chiara, ora non lo è più. A uno a uno, si stanno
concretizzato le previsioni fatte allora». E ancora: «Vogliamo capire cosa vogliono fare coloro che
si sono opposti alla riforma Gelmini per il sistema universitario che, negli ultimi tre anni, non ha
ricevuto alcun interesse dall’attuale Governo». Zilli non usa mezzi termini per dire che «la ministra
non brilla di potere, basti pensare che dopo aver annunciato il rientro di 500 professori dall’estero,
la commissione che esaminerà i curricula sarà nominata da Renzi». E se quello di domani sarà solo
il primo di una serie di confronti che la Cgil organizzerà per analizzare la situazione nelle tre
università regionali (Udine, Trieste e la Sissa), Zilli si dice preoccupato per «la formazione che
ricevono gli studenti, una formazione diversa rispetto a quella garantita anni fa». Allo stesso modo
solleva il problema del reclutamento dei giovani ricercatori visto che il contratto triennale di tipo A
non viene più conteggiato per la definizione dei punti organico. Sono diventati contratti che ogni
università può gestire in proprio solo se ha i fondi per farlo. La Cgil è preoccupata anche per il
futuro della ricerca: «Le università - conclude Zilli - saranno destinate a lavorare solo per soddisfare
le richieste delle industrie».
Domani il confronto sul futuro degli atenei italiani
Come invertire la rotta imboccata da diversi anni dal sistema universitario, che a causa dei tagli
segna un progressivo arretramento dell’Italia rispetto agli altri Stati europei? Questo l’interrogativo
sul quale si confronteranno domani, a Udine, la presidente della Regione Debora Serracchiani, la
presidente della commissione Cultura della Camera dei Deputati Manuela Ghizzoni e Francesco
Sinopoli, della segreteria nazionale Flc-Cgil, protagonisti della tavola rotonda “Quale università per
quale Paese”, organizzata dalla stessa Flc, il sindacato scuola, università e ricerca della Cgil. Il
dibattito, moderato dal ricercatore Sergio Zilli, esponente Flc e componente del tavolo di
coordinamento tra le università regionali, si terrà dalle 12 alle 14 a palazzo Antonini, in via Petracco
8. «Questa iniziativa – spiega il segretario regionale della Flc Adriano Zonta – risponde
all’obiettivo di rilanciare un dibattito sul ruolo e sul futuro dell’università. Non solo nel Paese, ma
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anche in questa regione, che si è dotata di una legge specifica per sostenere il proprio sistema
universitario, forte di tre atenei (Trieste, Udine e Sissa) e di una rete di centri di ricerca che vanno
posti in stretta relazione con un apparato economico fortemente incentrato sul manifatturiero». Da
qui la necessità di riflettere sui deficit dell’università italiana rispetto al resto d’Europa: il numero di
laureati più basso, un rapporto studenti/docenti in costante crescita, il diritto allo studio meno
garantito, i tagli nei finanziamenti alla ricerca, alle strutture e al personale. «Deficit, questi, –
conclude Zonta – che rendono più precario anche il futuro delle università regionali».
Polizia stradale, l’appello dei sindacati: no alla chiusura di uffici (M. Veneto Udine)
di Laura Pigani - L’organico cala, ma non i servizi sulle autostrade e sulla viabilità extraurbana
principale garantiti dalla Polizia stradale nel territorio provinciale. I sindacati di categoria sono sul
piede di guerra, soprattutto perchè – in vista della convenzione in fase di rinnovo tra ministero
dell’Interno e concessionarie autostradali – temono che le pattuglie normalmente impiegate sulle
strade regionali possano essere “dirottate” in via esclusiva in A4 e A23 con la conseguente possibile
chiusura – secondo il Consap – del distaccamento di Tolmezzo e un ricollocamento del personale
dalla sezione di Udine a quella di Palmanova. Carenza di organico Insomma, la coperta è una sola e
se si tira da una parte, l’altra rimane scoperta. Al momento il personale è formato da 126 unità,
distribuite nei vari reparti. Più nel dettaglio a Udine lavorano in 40 «anzichè 55» fa sapere il
Consap. A Palmanova sono in 42 («invece di 55»), a Tolmezzo in 12 («anzichè 20»), mentre ad
Amaro sono in 32, numero che rispecchia l’organigramma, «ma è tuttavia insufficiente visto
l’aumento delle attività svolte». La sezione di Palmanova e quella di Amaro si occupano dei servizi
in autostrada, mentre le sezioni di Udine e Tolmezzo sono invece utilizzate sulla grande viabilità.
Autostrade prioritarie «Con l’organico a disposizione, anche se inferiore rispetto a quello previsto in
pianta – assicura il dirigente della sezione di Udine della Stradale, Paolo Cestra –, riusciamo a
svolgere tutti i compiti previsti. L’importante è farlo tenendo conto del benessere del personale e in
piena sicurezza. La polizia stradale è preposta allo svolgimento di servizi in via esclusiva in
autostrada e secondariamente sulla viabilità nazionale. Questo – spiega – in virtù di una
convenzione sottoscritta nel 1965 (ribadita nel 1992 e successivamente rinnovata ogni 5 anni),
quando è nata l’autostrada, tra ministero e concessionarie autostradali. L’accordo teneva conto del
fatto che l’autostrada è un sistema di mobilità portante in Italia, con una funzione strategica anche
per l’economia». Nei tratti regionali vi transitano circa «200-250 mila veicoli al giorno e la loro
sicurezza rappresenta la nostra priorità. Su tutta l’altra viabilità concorrono ai controlli anche
l’Arma, la Guardia di finanza e la polizia locale». È chiaro, mette le mani avanti il comandante, che
qualora per motivi contingenti (per esempio malattie) non ci dovesse essere personale sufficiente a
organizzare i servizi in A4 e A23, «necessariamente saranno chiamati in supporto uomini dalle
sottosezioni di Udine e Palmanova». Consap preoccupato E proprio il fatto di dover «lasciare
scoperta la viabilità extraurbana» preoccupa non poco il Consap perchè ciò significherebbe
«lasciare incustodito il 70% dell’utenza stradale» spiega il segretario provinciale Ettore Predan.
«Utilizzare le già carenti risorse umane delle sezioni stradali di Udine e di Tolmezzo per
indirizzarle in ambito autostradale – prosegue il sindacalista – ci sembra più una scelta mirata alla
realizzazione di un progetto di chiusura di certi uffici, come il Distaccamento di Tolmezzo, e alla
ricollocazione della sezione di Udine a Palmanova». Predan paventa per il personale «turnazioni
incostanti e non omogenee, utili a far fronte di volta in volta alle richieste delle società
concessionarie». E lancia un appello «al sindaco Furio Honsell e alla presidente della Regione
Debora Serracchiani «affinchè gli uffici non siano chiusi o accorpati». Sede Polstrada di Udine Non
è stato rinnovato il contratto di affitto (in scadenza ad aprile 2017) per la sede di viale Venezia. Una
sede considerata «non idonea» dallo stesso dirigente Cestra, che la giudica «non più consona alla
dignità del lavoro». In attesa che sia realizzata la cittadella della sicurezza alla Cavarzerani, che
dovrebbe inglobare anche la Stradale, Cestra si è mosso per «una soluzione temporanea», d’intesa
con il prefetto. «Sono in corso di valutazione alcune ipotesi con Comune, Regione e ministero
dell’Interno» conclude il dirigente. Il Consap, però, teme che il mancato rinnovo del contratto per la
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vecchia sede sia un modo per «favorire l’accorpamento con la sezione di Palmanova».
Spi-Cgil, confronto sulla riforma della sanità (M. Veneto Pordenone)
Domani alle 15.30, alla bastia del castello di Torre, si terrà la seconda assemblea organizzata dal
sindacato dei pensionati Spi Cgil e dalla Cgil sulla sanità: “Che cosa c’è, che cosa manca: la parola
ai cittadini”. Si tratta di un momento di confronto durante il quale si potranno esprimere valutazioni,
proposte e domande al direttore generale dell’Azienda per l’assistenza sanitaria Giorgio Simon e ai
responsabili del distretto urbano e dei diversi dipartimenti (cure intermedie, prevenzione, salute
mentale e neuropsichiatria infantile, cure palliative), nonché alla vicepresidente della commissione
sanità del consiglio regionale Renata Bagatin, su come deve essere l’assistenza sanitaria pubblica
sul territorio, con la certezza della continuità assistenziale nel ritorno al proprio domicilio
dall’ospedale. Un confronto pubblico che riporta l’attenzione sulla riorganizzazione della sanità in
corso. Dalle liste di attesa alle visite in intramoenia, dalla prevenzione a tutto campo alle iniziative
di contrasto ai diversi fattori di rischio e devianze, dall’assistenza territoriale e domiciliare alle
persone in difficoltà e non auto sufficienti, alla necessità di far rinascere i consultori familiari e al
nuovo e fondamentale ruolo che dovranno assumere i medici di famiglia e i pediatri, attraverso la
costituzione dei raggruppamenti funzionali: ecco alcuni dei temi in agenda.
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Dagli anziani ai minori, più risorse al welfare (Piccolo Trieste)
di Silvio Maranzana Uno “scossone” al bilancio di previsione del Comune per quest’anno. È stato
dato dalla giunta di Roberto Dipiazza, nella seduta del 10 ottobre, con l’approvazione di una
variazione di bilancio che supera i quattro milioni di euro e ha tre assi portanti: welfare, teatri e
sport. Il primo campo di intervento è il welfare che, rispetto a quanto inizialmente previsto nella
consiliatura precedente, riceve un altro milione e 150mila euro. «Siamo già alla seconda obbligata
variazione per quel che riguarda i fondi per il mio assessorato - sospira amaro l’assessore ai Servizi
e alle politiche sociali Carlo Grilli - un milione in prima battuta, più di un milione adesso. Magari
fosse finita, siamo ancora sotto di un milione abbondante. Ho instaurato un buon rapporto con la
Regione sulla quale ora sto facendo pressing: i soldi che ancora mancano dovrebbero arrivare da lì,
ma ad oggi non c’è ancora l’ufficialità del trasferimento. Sto aspettando ansiosamente». Lo hanno
ribattezzato “il mite Grilli”, non ha mai esagerato in battaglie di tipo ideologico, ma sullo stato in
cui ha trovato le casse del suo assessorato, nel giro di qualche mese soltanto si è già lamentato più
di una volta. «Sono qui per lavorare e non per fare politica - il suo credo, ripetuto anche ieri - non
mi interessa nemmeno chi c’era prima di me, fatto sta che hanno lasciato il Comune senza soldi per
i ragazzi ospitati nei centri diurni e nelle comunità alloggio. Ho trovato il bilancio scoperto specifica - su spese che erano già state impegnate riguardo le rette dei meno abbienti nelle case di
riposo, i centri diurni e i centri residenziali per disabili. Mancavano anche specifiche voci di
bilancio». Il giudizio complessivo è tranchant: «Sono state fatte scelte che sono andate a incidere
pesantemente in modo negativo sulla vita dei cittadini». La delibera fa dunque riferimento alla
relazione dell’area Servizi e politiche sociali con la quale è stata segnalata l’urgenza di disporre di
maggiori spese correnti. Sono stati di conseguenza decisi i seguenti incrementi di stanziamento di
competenza e di cassa destinati all’erogazione di interventi economici urgenti e indifferibili a
soggetti bisognosi di sostegno. In particolare, l’incremento di 50mila euro sul capitolo
“Trasferimenti a famiglie a cura del servizio residenzialità (assistenza, beneficenza, servizi diversi
alla persona)”; incremento di 450mila euro sul capitolo “Trasferimenti per il servizio residenzialità
(disabili)”; incremento di 420mila euro sul capitolo “Contratti di servizio pubblico per interventi a
favore di minori a cura del servizio domiciliarità”; incremento di 80mila euro sul capitolo “Altri
servizi per interventi a favore di minori a cura del servizio domiciliarità”. Lo stesso documento
della giunta riporta anche variazioni per maggiori entrate e maggiori spese ed elenca somme già
versate o in procinto di esserlo da parte della Regione, dell’Azienda sanitaria e della Fondazione
Crt: «L’inserimento a bilancio consente la tempestiva realizzazione degli interventi». Alcuni di
questi interventi riguardano ancora l’ambito socio-assistenziale. Si va dai 3.177 euro per il pranzo
dei centenari ai 27.052 per trasferimenti a famiglie ai fini dell’abbattimento di barriere
architettoniche ai 2.068 euro per trasferimenti a famiglie per sostegno gravissimi. Inoltre, 29mila
euro sono stati ricevuti dalla Fondazione Crt per controllo gara di gestione e ben 608.989 euro dalla
Regione per quota del fondo sociale da destinare ad assunzioni a tempo determinato. Recentemente
Grilli ha criticato anche la nuova misura nazionale di Sostegno per l’inclusione attiva di contrasto
alla povertà (Sia). «La misura è certamente una boccata di ossigeno, è la via più facile per aiutare le
persone in difficoltà - ha commentato - ma non è accompagnata da un reale sistema che favorisce
l’inserimento lavorativo, visto che di questo si tratterebbe. È un provvedimento zoppo che crea
dipendenza nei destinatari».
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Amianto, la Procura archivia l’esposto contro Altran (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
di Tiziana Carpinelli «L’ipotesi criminosa» formulata «non ha trovato alcun riscontro», né nelle
«dichiarazioni» delle persone coinvolte né nelle «risultanze delle intercettazioni». Per questo
motivo è stato archiviato dalla Procura della Repubblica di Gorizia, su decreto del Giudice per le
indagini preliminari Rossella Miele, l’esposto che Anna Maria Cisint - all’epoca dei fatti consigliere
comunale di opposizione a Monfalcone - aveva presentato dopo l’avvenuta transazione tra Comune
e Fincantieri, in ordine alla rinuncia di costituzione di parte civile nei processi per le morti da
asbesto. Rinuncia che, da contropartita, aveva registrato la somma di 140mila euro, impegnata
dall’ente nella realizzazione del Cirma, Centro interdipartimentale per la ricerca multidisciplinare
sull’amianto. Esce dunque a testa alta dalla vicenda che nel luglio 2015, sul piano politico, le era
molto costata, attirandosi anche i rimbrotti dei colleghi dem, il sindaco uscente Silvia Altran. E con
lei l’azienda navalmeccanica. Per il gip Miele «all’esito delle indagini espletate», non sono emersi
«elementi idonei a sostenere l’accusa in giudizio». Di qui l’archiviazione del procedimento e la
restituzione degli atti al pubblico ministero. Ad avviare le indagini preliminari era stato lo stesso
procuratore capo Massimo Lia, coi sostituti Laura Collini e Ilaria Iozzi, chiamati a verificare la
veridicità delle accuse (mosse contro Altran) di cui agli articoli 319 e 321 del codice penale, cioè
corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, nonché nei confronti di Fincantieri per l’illecito
amministrativo di cui all’articolo 25 comma 2 del decreto legislativo 8 giugno 2001 numero 231,
relativo a “Concussione e corruzione, induzione indebita a dare o promettere utilità”. Nell’attività
protrattasi per diversi mesi la Procura, oltre ad ascoltare varie persone informate sui fatti, aveva
anche acquisito tabulati del traffico telefonico, disposto intercettazioni e ottenuto dall’Inps i dettagli
delle assunzioni di lavoratori svolte da Fincantieri nell’ultimo anno. Anche in quest’ultimo caso,
come scritto dai pm, non era stato possibile «ricavare elementi di per sè dirimenti». Sicché la
Procura aveva chiesto l’archiviazione. La vicenda finita oggi in una bolla di sapone era partita da un
esposto di Cisint, sottoscritto anche da altri cittadini. Stando agli atti il consigliere d’opposizione
aveva «dichiarato che, per quanto a sua conoscenza, la scelta effettuata dal Comune, in persona del
sindaco Altran, di revocare la costituzione di parte civile del processo Amianto-bis a fronte del
versamento da parte di Fincantieri di una somma molto esigua, fosse in realtà frutto di un accordo
criminoso, ovvero di un pactum sceleris, concluso tra Comune e Fincantieri». Sempre secondo la
“versione” offerta «Altran avrebbe indotto la sua giunta ad adottare la delibera con cui veniva
disposta la revoca della costituzione di parte civile ottenendo in cambio da Fincantieri l’offerta di
un numero indeterminato di posti di lavoro di cui poter disporre, e ciò anche in vista delle prossime
elezioni amministrative». Cisint «precisava di essere venuta a conoscenza della sussistenza di
questo accordo per averlo appreso nel mese di ottobre 2015» da un «suo amico» che nel
«parcheggio del cimitero di Monfalcone avrebbe raccontato di aver ricevuto tale rivelazione» da
una terza persona legata all’azienda. Chiamato in seguito a riferire a chi di dovere, l’«amico» ha
tuttavia «negato fermamente di aver mai avuto» con tale persona «colloqui negli ultimi uno o due
anni e che, in ogni caso, nessuna confidenza era mai stata fatta da lui alla Cisint circa eventuali
rivelazioni», pur confermando il ritrovo al parcheggio. Sentito, anche il “terzo” ha negato incontri
recenti o chiamate, nonché l’esistenza di un accordo corruttivo. E il successivo esame dei tabulati
delle utenze telefoniche dei due soggetti «ha riscontrato la loro versione», scrive sempre la Procura
nella richiesta di archiviazione. Da queste e altre testimonianze acquisite i pm hanno ritenuto
«infondata la notizia di reato» e inidonei gli elementi acquisiti per sostenere l’accusa in un
eventuale giudizio. L’archiviazione è stata depositata in cancelleria il 30 agosto scorso, ma è stata
resa nota solo ieri dal sindaco, che ha dichiarato di aver ricevuto personalmente gli atti venerdì
scorso. Un esito per lei importante in chiusura di campagna elettorale.
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