Domenica XXIX T.O.

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Transcript Domenica XXIX T.O.

Riflessioni (n.245) sulle Letture della XXIX Domenica del T.O. (c)
16 ottobre 2016
A tutti gli Amici in Gesù Nostro Signore e Salvatore
A te che leggi, ti benedica il Signore e ti custodisca nella pace e nella perenne visione del Suo Volto
Perdona Signore e anche voi amici tutti gli errori e le imprecisioni, che involontariamente avrò scritto: queste righe vogliono essere solo una preghiera a Te Padre Misericordioso, a Te Verbo Redentore, a Te Spirito Consolatore. Non avanzo pretese di scienza che non posseggo, esse sono solo bisogno
dell’anima, la preghiera è consolazione e insegnamento.
Le cose che conosco della Verità sono poche, ma voglio parlarne con umiltà e devozione massima per conoscerle meglio. Lo Spirito Santo mi aiuti.
Signore so che Tu non hai bisogno di quello che diciamo di Te, ma queste mie parole saranno utili e benefiche sicuramente a me e forse a qualcuno
che le legge se Tu le arricchirai del Tuo Spirito Santificatore che invoco.
-Nihil amori Christi praeponere-
SIGNORE FACCI DONO DEL TUO SPIRITO SANTO COSÌ CHE IL TUO AMORE E IL TUO VOLERE SI RIVELINO A NOI
Prima Lettura - Dal libro dell'Esodo - Es 17, 8-13 - Quando Mosè alzava le
mani, Israele prevaleva..
In quei giorni, Amalèk venne a combattere contro Israele a Refidìm.
Mosè disse a Giosuè: «Scegli per noi alcuni uomini ed esci in battaglia contro
Amalèk. Domani io starò ritto sulla cima del colle, con in mano il bastone di Dio».
Giosuè eseguì quanto gli aveva ordinato Mosè per combattere contro Amalèk,
mentre Mosè, Aronne e Cur salirono sulla cima del colle.
Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva; ma quando le lasciava cadere,
prevaleva Amalèk. Poiché Mosè sentiva pesare le mani, presero una pietra, la collocarono sotto di lui ed egli vi si sedette, mentre Aronne e Cur, uno da una parte e
l’altro dall’altra, sostenevano le sue mani. Così le sue mani rimasero ferme fino al
tramonto del sole.
Giosuè sconfisse Amalèk e il suo popolo, passandoli poi a fil di spada.
Con l’aiuto del Signore Mosè per mezzo del
valoroso Giosuè alla guida di un gruppo di uomini
va ad affrontare il primo nemico dopo il ritorno in
patria dalla deportazione d’Egitto.
Il levare in alto le mani significa implorare
l’aiuto dell’Unico Dio che fa prevalere gli Israeliti
contro gli Amaleciti, i nemici pagani negatori del
Dio di Israele. Lo strano segno del prevalere al levar delle mani e dell’arretrare del proprio esercito
quando le abbassava era un modo semplice ma
efficace di conferma che Dio era con loro. Dopo le
peripezie della fuga dall’Egitto, gli stenti dei quarant’anni nel deserto, ora un’altra calamità si abbatte sul Popolo di Dio. Ma l’Eterno vuole, ancora
una volta, far intendere che mantiene e manterrà
la sua promessa di guidare e protegge il Suo popolo se esso Gli sarà fedele e smetterà di adorare gli
idoli dei pagani.
Ma anche noi oggi abbiamo i nostri Amalek nostri nemici che ci aggrediscono e gli idoli fallaci e
mendaci; ma più terribili di quelli e più pericolosi li
abbiamo dentro di noi e perciò difficili da individuare e da combattere. Ecco dunque la nostra
propensione ad attribuire ad altri i nostri malesseri e i nostri mali: non vogliamo metterci in crisi e
allora non v’è altra strada che attribuire agli altri i
nostri mali o a quel Dio che ci ignora, scambiando
così la causa con l’effetto.
Mandami
Signore Amoroso il Tuo
Spirito di Sapienza perché non abbia mai
ad attribuire a Te che sei l’Amore Perfetto i mali che mi vengono dalla mia cecità
e dalla mia cupidigia!
Salmo Responsoriale - Dal Salmo 120 - Il mio aiuto viene dal Signore.
Alzo gli occhi verso i monti:
da dove mi verrà l’aiuto?
Il mio aiuto viene dal Signore:
egli ha fatto cielo e terra.
Non lascerà vacillare il tuo piede,
non si addormenterà il tuo custode.
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Non si addormenterà, non prenderà sonno
il custode d’Israele.
Il Signore è il tuo custode,
il Signore è la tua ombra
e sta alla tua destra.
Di giorno non ti colpirà il sole,
né la luna di notte.
Il Signore ti custodirà da ogni male:
egli custodirà la tua vita.
Il Signore ti custodirà quando esci e quando entri,
da ora e per sempre.
Quando tutte le speranze che dovrebbero arrivare in soccorso dalla buona sorte e dagli uomini vengono meno cos’altro ci resta se non l’unico vero e certo
Aiuto che è quello del Cielo? Sperare nell’aiuto del
prossimo è troppo spesso un’illusione, una speranza
vana anche perché la sofferenza, specialmente quella
morale, si vive in piena solitudine. E allora chi può
comprendere i nostri disagi e lenire le nostre ferite se
non il Signore al quale non occorre raccontare nulla
perché conosce tutto fin nei risvolti più segreti e dolorosi? Come dice il Salmista
“… non si addormenterà il tuo custode …”
Quale altro conforto si può avere così efficace come
quello del Signore che non ci abbandona neppure nel
peccato? Figurarsi nel bisogno! La consapevolezza che
Egli è accanto a noi, ci consente di superare ogni dolore
e di attendere con speranza trepidante e certezza ferma, ad opera della fede soccorritrice, che tutto ciò che
appare inevitabile si risolverà nella cessazione della sofferenza se non altro per la paziente accettazione che ci
ispirerà il Signore Stesso: quante volte e a quante persone pensare e dire nel proprio intimo «Signore sia fatta la Tua Volontà» ha impedito di impazzire o di morire!
Ricordiamo che il nostro Dio non ha assicurato a
nessuno che non avrebbe avuto dolori, disillusioni, lutti
e quant’altro accade nella vita terrena, ma a tutti ha
promesso il Suo Aiuto per sempre.
Tutti amiamo la vita e le tante cose belle che essa
può offrirci, come scrive Sant’Agostino nel “De Trinitate” (VIII 2, 3.4.):
“Dio Bene supremo”.
“Ancora una volta comprendi, se lo puoi. Tu non ami certamente
che il bene, perché buona è la terra con le alte montagne, le moderate colline, le piane campagne; buono il podere ameno e fertile, buona
la casa ampia e luminosa, dalle stanze disposte con proporzioni armoniose; buoni i corpi animali dotati di vita; buona l’aria temperata e
salubre; buono il cibo saporito e sano; buona la salute senza sofferenze né fatiche; buono il viso dell’uomo, armonioso, illuminato da un
soave sorriso e vivi colori; buona l’anima dell’amico per la dolcezza di
condividere gli stessi sentimenti e la fedeltà dell’amicizia; buono
l’uomo giusto e buone le ricchezze, che ci aiutano a trarci d’impaccio;
buono il cielo con il sole, la luna e le stelle; buoni gli Angeli per la loro
santa obbedienza; buona la parola che istruisce in modo piacevole e
impressiona in modo conveniente chi l’ascolta; buono il poema armonioso per il suo ritmo e maestoso per le sue sentenze. Che altro aggiungere? Perché proseguire ancora nell’enumerazione? Questo è
buono, quello è buono. Sopprimi il questo e il quello e contempla il
bene stesso, se puoi; allora vedrai Dio, che non riceve la sua bontà da
un altro bene, ma è il Bene di ogni bene.”
Signore, Bene Buonissimo, riparami dal
fuoco del mio stesso essere che non accetta i
dolori della vita ma pretende tutti i beni materiali che fanno dimenticare Chi me li ha donati e il Fine Ultimo della mia esistenza. Meglio mille e mille volte soffrire e non dimenticarTi che gioire della vita carnale lontani da
Te.
Seconda Lettura - Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timoteo - 2
Tm 3, 14-4, 2 - L’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.
Figlio mio, tu rimani saldo in quello che hai imparato e che credi fermamente. Conosci coloro da cui lo hai appreso e conosci le sacre Scritture fin
dall’infanzia: queste possono istruirti per la salvezza, che si ottiene mediante la fede in Cristo Gesù.
Tutta la Scrittura, ispirata da Dio, è anche utile per insegnare, convincere,
correggere ed educare nella giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e
ben preparato per ogni opera buona.
Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù, che verrà a giudicare i vivi e i
morti, per la sua manifestazione e il suo regno: annuncia la Parola, insisti
al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta
con ogni magnanimità e insegnamento.
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La salvezza passa necessariamente attraverso la
conoscenza di Dio cui possiamo accostarci attraverso la
Sua Parola, se non letta direttamente, almeno ascoltata. Ma questo apprendimento non è immediato né facilissimo: occorre pazienza e desiderio di apprendere
per giungere alla Fonte della nostra vita.
La conoscenza di Cristo attraverso il Vangelo e le altre Scritture diviene presto appassionante e una continua riscoperta che irrefrenabilmente ti spinge a sapere
di più … E più si conosce, più si ama l’Amico che ha sacrificato la Sua vita per te come per tutti gli uomini e le
donne del mondo.
Dalla conoscenza delle Scritture si ha l’accesso per
entrare nella confidenza del Signore che non parla con
parole umane ma con pensieri e sentimenti del tutto
diversi da quelli abituali: allora un’altra vita si para davanti ai nostri occhi che da soli non bastano più a vedere l’Invisibile e l’Ineffabile: l’anima dilata i suoi mille occhi e orecchi per vedere e sentire
“Sta scritto infatti: Quelle cose che occhio non vide,
né orecchio udì,
né mai entrarono in cuore di uomo,
queste ha preparato Dio per coloro che lo amano.”
come ci dice Paolo (1 Corinzi 2, 9). Dunque amare Dio
significa conoscereLo e conoscerLo vuole dire amarLo.
Ma conoscere Dio significa anche muoversi nel giusto. La forza morale del Suo insegnamento infatti supera ogni barriera di convenzioni o di prevenzioni, ti rende libero è aperto ad accogliere e ad amare senza preconcetti, nella bellezza superiore dell’Amore che Gesù
ha mostrato ai tanti che ha conosciuto nelle sua vita
umana. Ma anche noi che non Lo abbiamo conosciuto
nella Sua Vita umana, Lo conosciamo nello spirito
quando ci abbandoniamo nelle Sue Mani e ci sediamo
alla sua Tavola.
Infine la conoscenza della Parola di Dio ti rende subito testimone e capace di insegnare agli altri nelle occasioni più imprevedibili e inimmaginabili, per una misteriosa forza che è nata dentro di te senza che te ne
sia accorto, lasciandoti meravigliato di te stesso! San
Paolo dice addirittura:
“… insisti al momento opportuno e non opportuno,
ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e
insegnamento.”
Un’ altra vita o Signore di Bontà Meravigliosa m’hai fatto conoscere da quando sei
venuto a bussare al mio cuore, alla mia anima, al mio essere intero: ho vacillato, non ho
capito chi era, ma ho compreso che qualcosa
di stravolgente stava prospettandosi davanti
a me e non ho volto indietro il mio sguardo,
ma mi sono immerso in Te Signore come in
un’acqua trasparente che lascia intravvedere
i meravigliosi fondali del mare … e in quelle
meraviglie, in quei colori, in quelle fantasiose
forme d’infinita vita Ti ho riconosciuto dopo
un’intera vita passata da esule in terre ostili e
opache, nell’incertezza persino dell’esistere.
Canto al Vangelo - Ebr 4,12
Alleluia, alleluia!
La parola di Dio è viva ed efficace,
discerne i sentimenti e i pensieri del cuore.
Alleluia.
Dal vangelo secondo Luca - Lc 18, 1-8 - Dio farà giustizia ai suoi
eletti che gridano verso di lui...
In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai:
«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo
per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e
gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”.
Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non
temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà
tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”».
E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E
Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte
verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro
giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la
fede sulla terra?».
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Se un giudice poco solerte nell’amministrare la
Signore la giustizia che Ti chiedo sia
giustizia alla fine, per eliminare i fastidi che gliene derivano, dà giustizia a chi la merita, non farà molto di
più Dio che è la Giustizia stessa e che vigila su ciascuno di noi ogni attimo della nostra vita?
Se la vita possiede il valore che le attribuiamo noi
stessi e se è una sorta di banco di prova, tutte le ingiustizie e i mali che abbiamo subito meritano, forse
esigono giustizia difronte al Giudice Supremo, anche
se ognuna in sé può essere considerata un’inezia difronte all’eternità e al Bene cui siamo destinati. Le
grandi ingiustizie patite, però, come potranno essere
dimenticate e annullate se non dalla Graziosa Volontà Divina visto che in terra è impossibile sanarle e
considerato che le medesime ferite provocate spesso
non trovano guarigione?
La frase interrogativa che pronuncia Gesù nel finale della pericope
“Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la
fede sulla terra?”
lascia intendere che senza la fede che lo Spirito
Santo ci dona non solo perderemo la giustizia ma anche l’apertura delle porte del Cielo …
soddisfatta dalla Tua infinita Saggezza e dal
Tuo Amore, ma prima di essa mantieni e
rafforza la fede che m’hai donato affinché
resti dentro di me come una fiamma inestinguibile e splendente della Tua Gloria
Inebriante!
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di Andrea Mantegna
(Isola di Carturo, 1431 – Mantova, 1506)
Figura 1 - Cristo Morto ; Data 1475-1478 ca. Andrea Mantegna; Pinacoteca di Brera, Milano; tempera su tela, cm 68 x 81.
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Di Andrea Mantegna nel passato abbiamo commentato diverse opere; oggi scelgo un famosissimo dipinto: il “Cristo Morto” della Pinacoteca di Brera. Esso
fa parte delle opere successive alla prima produzione
nella quale il pilastro dell’Umanesimo del Quattrocento
del Nord Italia si era particolarmente impegnato nello
studio della storia che resta comunque l’humus sul
quale è germogliato il suo genio creativo. Ma
quest’opera, divergendo da quei contenuti storici si
precisa piuttosto su intonazioni di fede profonda come
nel caso presente.
La data del dipinto è incerta e sembra quasi sicuramente che l’opera non abbia avuto committenti ma
che l’artista l’abbia dipinta per se stesso, tanto è vero
che abbiamo notizia che alla sua morte fosse ancora
nella sua bottega.
Colpisce immediatamente il forte scorcio prospettico dai piedi verso il capo di Gesù, disteso, ormai morto,
adagiato su una lastra di pietra coperta parzialmente
da un sudario bianco ove il Corpo Santo è stato lavato e
profumato per la sepoltura; nell’angolo superiore a destra si scorge infatti un vasetto, quello dell’unguento
profumato con il quale si usava onorare i defunti prima
della sepoltura. Ma lo scorcio prospettico è fortemente
forzato nel rimpiccolimento dei piedi, che posti in primo piano sarebbero dovuti apparire molto più grandi e
così l’ingrandimento del volto che per la maggiore distanza doveva apparire invece molto più piccolo. E così
anche le gambe appaiono più corte del dovuto mentre
il torace è fortemente dilatato e le braccia più lunghe
del naturale ad esprimere lo sforzo terribile che hanno
dovuto sostenere sulla croce.
Tali forzature prospettiche fanno sì che anche il Volto e il collo sembrino non appartenere al corpo stesso,
ma staccati da esso. Un insieme di anomalie prospettiche volute per raggiungere una drammaticità straordinaria esaltata dal colorito cadaverico, dalla crudezza
dei particolari come le piaghe sulle mani, sui piedi e sul
costato.
L’espressione del Santo Volto mantiene ancora
qualche traccia delle inumane sofferenze patite; accanto a Lui la Madre Santa si asciuga le lacrime e un’altra
donna -forse la Maddalena- anch’essa con una espressione di dolore irrefrenabile, serra fortemente le mani
contro il petto: entrambe hanno un colorito pallido,
simile al colorito cadaverico del Dio-Olocausto e i volti
fortemente rugosi, troppo per Maria (che forse avrebbe dovuto avere circa cinquant’anni) rivelano senza nascondimenti
l’esigenza di far apparire in pieno la tragedia appena consumata dall’uomo ribelle e malvagio contro il proprio Dio Redentore.
L’inquadratura
ristretta con la luce
che entra unicamenFigura 2 - Cristo Morto; dettaglio.
te dal lato destro con
forza ma che non va oltre il gruppo delle tre figure e
non penetra nell’ambiente confinante di cui si scorge
sul fondo un’apertura buia conferisce all’insieme figurativo un’atmosfera estremamente tragica non solo per
la morte e il dolore che aleggiano in quell’atmosfera
stagnante, ma anche per lo struggente sentimento di
partecipazione che suscita.
Le forme aspre, tipiche della pittura-scultura di
Mantegna contribuiscono ad innalzare il pathos profondo dell’immagine che certamente risente delle tensioni dell’epoca: esse sfoceranno prima nella drammatica morte del Savonarola (1498) e poi nella Riforma luterana (1517) con la divisione dell’unica Chiesa di Cristo.
Giorgio Obl OSB
-Nihil amori Christi praeponere14 ott 2016 - Questo
e altri scritti sono
pubblicati sul sito
www.giorgiopapale.it
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