la moglie sorella La verità. La menzogna. La mezza

Download Report

Transcript la moglie sorella La verità. La menzogna. La mezza

SARA
la moglie sorella
La verità. La menzogna. La mezza verità.
Una donna mente. Eppure della sua figura di
bugiarda nulla ci rimane, né la sua colpa né la sua
innocenza. Sara mente perché Abramo, padre della
moltitudine dei fedeli e radice spirituale delle tre
religioni monoteistiche, le ordina di mentire.
È una storia di responsabilità negate e ruoli
subiti, di paura e desiderio, in cui una donna afferma
il falso ed un uomo è il bugiardo.
Dimentichiamo per un attimo la poderosa
grandezza teologico-mitica che possiede la figura di
Abramo
nella
Bibbia.
Pensiamolo
adesso
semplicemente come un uomo preso dal sentimento
che più è terreno: la paura.
Nel capitolo 12 del libro della Genesi Abramo
viene scelto da Dio e invitato a lasciare la sua terra
per dirigersi verso Canaan. Allora «Venne una carestia
nel paese e Abram scese in Egitto per soggiornarvi
[...]. Ma quando fu sul punto di entrare in Egitto disse
alla moglie Sarai:1 Vedi, io so che tu sei donna di
aspetto avvenente. Quando gli Egiziani ti vedranno,
penseranno: Costei è sua moglie, e mi uccideranno,
13
mentre lasceranno te in vita. Dì dunque che tu sei mia
sorella, perché io sia trattato bene per causa tua e io
viva per riguardo a te».
Gli eventi accadono secondo le previsioni del
patriarca: «quando Abram arrivò in Egitto, gli
Egiziani videro che la donna era molto avvenente. La
osservarono gli ufficiali e ne fecero le lodi al faraone;
così la donna fu presa e condotta nella casa del
faraone».
Abramo teme di morire per causa di Sara.
Perdere la vita o mentire, soffocando così gelosia e
dignità. Tra le due vie Abramo preferisce quella della
menzogna.
Fin qui la nostra empatia ci costringe a guardare
con indulgenza ad un uomo che cede la moglie per
aver salva la vita. Ma Genesi poco dopo ci sgomenta:
«Per riguardo a lei egli [il faraone] trattò bene Abram,
che ricevette greggi e armenti e asini, schiavi e
schiave, asini e cammelli».
Non siamo al corrente di eventuali proteste di
Sara nei confronti del “consiglio” del marito o delle
avance del faraone, ed è improbabile che avesse – a
rigor di storia - diritto di parola in merito ai propri
destini sessuali. Il Testo Sacro poi, in questo contesto,
ne ignora sentimenti ed opinioni. Nulla sappiamo di
ciò che lei pensasse riguardo a questo triste baratto.
Quel che invece è lecito dedurre è che Abramo non
rinunciò ai cospicui doni ricevuti per riguardo a lei.
14
E Sara? Oltre all’umiliazione di essere rinnegata
come moglie e ceduta a suon di cammelli da uno
pseudofratello, diviene involontaria causa di terribili
flagelli. Difatti, secondo una logica giustizialista a dir
poco singolare agli occhi di qualsivoglia teodicea
proporzionalista, Dio - che assiste dall’alto a cotanta
iniquità - pensa bene di colpire «il faraone e la sua
casa con grandi calamità, per il fatto di Sarai, moglie di
Abram». Non sappiamo di quali flagelli si tratti, ma
basta dare una scorsa a quelle inflitte all’Egitto
durante l’avventura mosaica per averne un’idea.
Continua la Bibbia: «Allora il faraone convocò
Abram e gli disse: “Che hai fatto? Perché non mi hai
dichiarato che era tua moglie? Perché hai detto: è mia
sorella, così che io me la sono presa in moglie? E ora
eccoti tua moglie: prendila e vattene!”».
Sarebbe lecito pensare: Abramo, hai avuto
quello che meritavi! Restituisci le asine e gli schiavi, e
ringrazia il cielo di essere ancora vivo! Ed invece il
faraone «lo affidò ad alcuni uomini che lo
accompagnarono fuori dalla frontiera insieme con la
moglie e tutti i suoi averi».
A parte la paradossalità degli eventi, legati da
una concatenazione causale che lascia più di una
perplessità, è evidente che la menzogna proferita da
Sara è in realtà un tassello dei piani strategici del
marito. La donna non sceglie né pianifica. È triste
ammetterlo, ma in questo passaggio di Genesi Sara
15
non sembra avere più valore degli asini con i quali
viene risarcita ad Abramo.
Quanto all’entità della menzogna in sé, ecco
che il patriarca è in vero meno bugiardo di quanto
sembra: Sara è realmente sua sorella, anche se solo da
parte di padre. Come lo sappiamo? Basta scorrere
Genesi fino al capitolo 20.
Tra l’Egitto e la terra di Canaan si trova il
Regno di Gerar. Il suo re, Abimelech, non sembra
essere meno lussurioso del faraone invaghito di Sara.
Anche lui, essendo giunto Abramo nel suo territorio,
gli sottrae la bella moglie. Il patriarca, avendo
sperimentato l’efficacia della menzogna già collaudata
in Egitto, ci riprova: «è mia sorella», dice al re di
Gerar.
Intanto che una sterilità diffusa e preventiva –
visto che il re non si è ancora congiunto carnalmente
con Sara – devasta la casa di Abimelech,
l’Onnipotente avverte il malcapitato scomodandosi di
persona: «Dio venne ad Abimelech di notte, in sogno,
e gli disse: “Ecco, stai per morire a causa della donna
che tu hai presa; essa appartiene a suo marito”.
Abimelech, che non si era ancora accostato a lei,
disse: “Mio signore, vuoi far morire anche la gente
innocente? Non mi ha forse detto: è mia sorella? E
anche lei ha detto: è mio fratello. Con retta coscienza
e mani innocenti ho fatto questo».
16
Il Midrash Haggadol,2 commentando questi
versetti, pone in relazione l’avvertimento divino al re
con un passo dei Salmi sulla protezione del giusto:
«Chiunque proceda con perfezione e con rettitudine,
il Santo Benedetto Egli Sia lo salva da ogni
trasgressione e gli angeli lo preservano affinché non
pecchi come è detto “Poiché i suoi angeli comanderà su di
te per sorvegliarti in ogni tua strada”» (Salmi 91, 11).3
Abimelech non è un empio, e la menzogna di
Abramo non può ricadere su di un uomo
intimamente onesto. Nonostante non sia un pio
devoto ad YHWH, è pur sempre un uomo lontano
dal pensiero della congiunzione carnale illegittima,
così come lo sono gli uomini del suo popolo. Dio
decide dunque di proteggerlo dal peccato e dalle sue
conseguenze.
Alla richiesta di spiegazioni da parte del re,
Abramo risponde con una sincerità disarmante: «Io
mi son detto: certo non vi sarà timor di Dio in questo
luogo e mi uccideranno a causa di mia moglie. Inoltre
essa è veramente mia sorella, figlia di mio padre, ma
non figlia di mia madre, ed è divenuta mia moglie.
Quando Dio mi ha fatto errare lungi dalla casa di mio
padre, io le dissi: Questo è un favore che tu mi farai:
in ogni luogo dove arriveremo dirai di me: “è mio
fratello”».
Dunque Abramo mente a metà: Sara è sì sua
sorella, l’affermazione è vera. Sennonché, omettendo
di aggiungere «è anche mia moglie», scatena sui
17
malcapitati che si invaghiscono di lei le ire del
Signore.
Abimelech, pur di sedare la rabbia divina e
allontanare qualsivoglia castigo, non solo dona ad
Abramo schiavi e greggi, ma aggiunge mille pezzi
d’argento per riabilitare Sara e risarcire il marito.
In fin di storia Abramo rimpingua le tasche,
Abimelech vede tornare la fertilità in casa per
l’intercessione delle preghiere del patriarca, e Sara
riprende la sua vita con il fratello/coniuge.
È facile intuire come la condotta matrimoniale
di Abramo, esempio di virtù e protagonista del patto
tra Dio e Israele, abbia provocato ai commentatori
biblici più di un imbarazzo. La fantasia dei glossatori
ha spesso interpretato i passi in questione
deresponsabilizzando Abramo o limitandone la colpa
tramite stratagemmi esegetici. Così fa l’autore del
Sepher Hayashar4 il quale ci racconta di come il casto
patriarca, che mai osò ammirare direttamente la
moglie, avendone visto casualmente il volto riflesso
nell’acqua e rimanendo così sbalordito dalla sua
bellezza,5 tentò di proteggerla dai lussuriosi egiziani
trasportandola chiusa in una cassa. Purtroppo alla
dogana si accorsero dell’inganno e dell’avvenenza di
Sara, che fu condotta di forza a palazzo per
soddisfare i desideri del faraone.
Genesi Rabbah racconta invece del pianto
ininterrotto e doloroso del patriarca allorché Sara,
creduta sorella di Abramo, viene trascinata nella
18
camera nuziale del faraone. Mosso a compassione,
Dio invia un angelo ad impedire al perfido peccatore
egiziano, a forza di schiaffi invisibili, di commettere
qualsivoglia atto sessuale. Soltanto a Sara era
permesso di vedere l’angelo che a suon di ceffoni
libera la donna dagli assalti del faraone. Non solo: la
lebbra invade la reggia e a Sara non rimane che
spiegare finalmente tutto. Messo così al corrente del
lagame matrimoniale tra la donna ed Abramo, il
faraone libera Sara e risarcisce Abramo con doni
preziosi.
Ecco la versione dell’accaduto raccontata
dall’Apocrifo su Genesi di Qumran, a narrare è lo stesso
Abramo: «Sara disse al re: “È mio fratello”, affinché
io potessi aver beneficio grazie a lei. Io, Abramo, fui
risparmiato grazie a lei. Non fui ucciso. Piansi io,
Abramo, amaramente quella notte, e con me Lot mio
nipote, perché Sara mi era stata portata via con la
forza. Quella notte pregai, supplicai e chiesi pietà e
dissi nella mia afflizione, mentre scorrevano le mie
lacrime: “Sia tu benedetto, Dio Altissimo, mio
Signore, per tutto l’universo. Perché tu sei Signore e
Padrone di tutto e domini tutti i re della terra, per
giudicarli tutti. Ora io presento il mio lamento di
fronte a te, mio Signore, contro il Faraone Zoan, re
d’Egitto, perché mia moglie mi è stata tolta con la
forza. Fammi giustizia nei suoi confronti e mostra il
tuo braccio potente contro di lui e contro la sua casa.
Non possa questa notte macchiare mia moglie,
separata da me; e ti conoscano così, mio Signore.
19
Perché tu sei il Signore di tutti i re della terra. E piansi
e tacqui. Quella notte, gli inviò Dio uno spirito
vendicatore, per affliggere lui e tutti i membri della
sua casa [...]. E non poté avvicinarsi a lei, né avere
con lei rapporti sessuali, nonostante il fatto che stette
con lei due anni. Alla fine dei due anni si aggravarono
e si intensificarono i castighi e le piaghe contro di lui
e contro i membri della sua casa. E mandò a chiamare
tutti [i saggi] d’Egitto, e tutti i maghi, insieme con
tutti i medici d’Egitto per vedere se potevano curare
da quella piaga i membri della sua casa. Ma tutti i
medici e i maghi e tutti i saggi non poterono curarlo,
perché lo spirito li attaccò tutti e fuggirono. [...] Mi
chiamò a sé il Faraone e mi disse: “Che cosa mi hai
fatto riguardo a Sara? Mi avevi detto: “È mia sorella”,
mentre è tua moglie; così io l’ho presa per me come
sposa. Ecco qui tua moglie, prenditela! Vattene. Esci
da tutte le città d’Egitto! Ma ora prega per me e per la
mia casa affinché sia schiacciato da noi questo spirito
maligno”. Io pregai e imposi le mie mani sulla sua
testa. La piaga fu rimossa da lui; fu scacciato [lo
spirito] maligno e visse».6
E alla corte di Abimelech? L’Onnipotente, oltre
a rendere sterili le donne, fa sì che vengano occlusi gli
orifizi intimi di maschi e femmine, provocando loro
dolori insopportabili.
Insomma, nelle interpretazioni postbibliche
Abramo è sì bugiardo, ma è vittima sfortunata degli
eventi e soffre molto per ciò che capita a Sara. Di
20
certo non gli manca né il sostegno divino, né la solita
cospicua ricompensa. Ad essere puniti sono coloro
che tentano di congiungersi con lei, e mai il prediletto a
cui si deve la brillante idea di omettere l’esistenza del
legame coniugale.
Da parte cristiana, tra i grandi assolutori di
Abramo troviamo Agostino che, nel De Mendacio,
intende sottrarre a tutti i lettori bugiardi potenziali
qualsiasi legittimità nell’ispirarsi ai protagonisti del
libro della Genesi.
A parere dell’autore, nessuno tra i giusti del
Testo Sacro mente intenzionalmente, tantomeno
Abramo.
Seguiamo Agostino nel suo ragionamento.
Innanzi tutto non è la stessa cosa nascondere la
verità e dire una menzogna: «Sebbene infatti tutti
coloro che mentono vogliono nascondere la verità,
non tutti coloro che vogliono nascondere la verità
dicono menzogne, essendo numerosissimi i casi in cui
per nascondere la verità non si mente ma si tace
soltanto. In questo senso non mentiva il Signore
[Gesù] quando affermava: Avrei molte cose da dirvi ma
voi adesso non siete in grado di portarle. Taceva la verità,
non diceva il falso, giudicando i discepoli non ancora
capaci d’ascoltare ciò che era vero».7
Simile è nella forma, a parere di Agostino, il
comportamento di Abramo negli episodi che
abbiamo raccontato: «Egli infatti non disse: Non è mia
21
moglie, ma soltanto: È mia sorella; e ciò era vero poiché
gli era così strettamente imparentata da poterla
chiamare sorella senza incorrere nella menzogna.
Questo confermò più tardi quando la donna fu a lui
ricondotta da quel tale che gliel’aveva prelevata.
Rispondendo a quell’uomo, disse: Veramente è mia
sorella per parte di padre, sebbene non per parte di madre,
cioè: Non appartiene alla famiglia di mia madre ma
solo a quella di mio padre. Quando dunque la chiamò
sorella, senza dire che era sua moglie, tacque una
parte della verità, ma non disse alcunché di falso».8
Oltretutto, nel commento al primo libro della
Bibbia, Agostino scrive: «Non ne consegue che,
avendo Sara trascorso alcuni giorni in casa del re
dell’Egitto, si debba pensare che fosse stata anche
oltraggiata, accoppiandosi con lui; poiché era costume
dei re di accogliere a letto le loro donne a turno e
nessuna entrava dal re se non dopo che il proprio
corpo le veniva curato con lozioni e profumi. Mentre
si compivano questi preparativi il Faraone fu colpito
dalla mano di Dio perché la rendesse intatta al marito,
che l’aveva affidata allo stesso Dio senza dire ch’era
sua moglie, ma senza mentire ch’era sua sorella, al
fine di prendere le precauzioni che poteva prendere
in quanto uomo, e al fine di affidare a Dio ciò da cui
non poteva guardarsi, per evitare che, se avesse
rimesso nelle mani di Dio anche ciò da cui poteva
guardarsi, desse l’impressione che non credeva in
Dio, ma piuttosto che tentava Dio».9
22
In età moderna la storia di Abramo e delle sue
bugie riguardo a Sara ha ricevuto il senso di una
metafora ampia e profonda, che coinvolge il popolo
semita nel suo rapporto alla terra e all’identità.
È solo una tra le tante interpretazioni che la
matura riflessione ebraica propone, ed a noi riguarda
da vicino, poiché la menzogna è in essa il cardine tra
il mancato protagonismo storico del popolo ebraico
ed il suo esilio.
L’autore della lettura filo-sionista dell’avventura
di Abramo è l’israeliano Abraham B. Yehoshua, il
quale nota come il patriarca menta riguardo a Sara
appena fuori dalla terra sacra. Messo piede al di là, su
suolo egiziano, Abramo inizia a fingere: «essere in
esilio significa dover mentire» è la conclusione di
Yehoshua. Commentando le parole dello scrittore e
sintetizzandone il senso, Lawrence Kushner afferma:
«È chiara l’implicazione: gli ebrei che vivono fuori di
Israele non possono essere attori della storia. Privati
della possibilità di una reale azione politica, essi, come
tutti i non-attori, sono condannati a mentire, a
imbrogliare le carte, a blandire, a essere conniventi».10
Sono parole forti per essere quelle di un Rabbino
americano che commenta uno scrittore israeliano.
Significano che la perdita dell’identità politica e
territoriale spersonalizza l’individuo e indebolisce il
popolo nelle sue certezze e responsabilità: Abramo,
non più se stesso fuori dalla terra che sente sua, non è
più l’autore della propria storia, al modo in cui una
23
intera realtà culturale e religiosa non lo è più una
volta perso il contatto con la nazione d’appartenenza.
Abramo mente per sopravvivere, come spesso accade
per necessità a coloro che trascorrono l’esistenza da
non-attori, esiliati e profughi, lontani per forza dalla
verità della propria terra.
24