Il Pd privatizza la sua città

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Giovedì 20 Ottobre 2016
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A Bologna ok alle ronde, ai volontari antrigraffiti, all’assistenza sociale nel convento
Il Pd privatizza la sua città
Il Comune, a corto di soldi, si fa aiutare dai cittadini
DI
L
CARLO VALENTINI
a città fai-da-te. La esperimenta il Pd nella sua
roccaforte, Bologna. Un
tempo guai a parlare di
iniziative individuali, l’ideologia
collettivista lo impediva. Poi il
muro (di Berlino) è crollato, le
circoscrizioni rosse si sono sbiadite fino a diventare contendibili da parte degli avversari, i problemi di convivenza all’interno
della città sono aumentati.
Che fare? Via libera ai comitati spontanei, con le ronde che
presidiano il territorio di loro
competenza, le squadre antigraffiti che ripuliscono i muri,
le comunità che distribuiscono
viveri e pasti a chi è indigente,
gli imprenditori che si occupano
dei musei. Il sindaco Virginio
Merola (diventato battagliero
dopo un primo mandato soporifero) e la sua giunta stanno
promozionando il volontariato
sociale: poiché il bilancio comunale non consente di fare di più
perfino le ronde, che quando era
la Lega a proporle venivano bollate come reazionarie, tornano
utili e sono salutate con entusiasmo. Cambia il nome, non più
ronde ma passeggiate sociali, e
ci si avvale della tecnologia, cioè
di WhatsApp, ma il concetto è
lo stesso: gruppi di volontari in
strada contro il degrado.
Il Comune ha scelto 12 associazioni e i quartieri hanno
già incominciato ad utilizzare i
Guardian Angels. Ronde? Per
evitare polemiche arriva la
precisazione: «Sono semplici
camminate di persone che controllano il territorio, in modo
da avere degli occhi in più per
strada». Se non è zuppa è pan
bagnato. Tanto che nel Pd c’è
chi contesta quello che ritiene
un voltafaccia e si è dimesso. È
Amedeo Bianchi, ex presidente di commissione al quartiere
San Vitale: «Avallare passeggiate anti-degrado aggrava il
problema sicurezza, perché
rende più gravoso il lavoro di
chi l’ordine pubblico lo vive con
professionalità ogni giorno sulla
strada».
Mentre l’associazione
commercianti, col plauso del
Comune, ha organizzato due
pattuglie di vigilantes che percorrono i portici e allontanano
i venditori abusivi. «Abbiamo
voluto fare qualcosa di concreto - scrive l’associazione in un
documento- non solo denunciare, anche intervenire». Del resto
quando il Comune ha sgomberato due campi nomadi è stata
inviata (in via del Lazzaretto e
in via Fattori) una task force di
cui facevano parte anche i volontari delle associazioni El Ihsan e Planimetrie Culturali. Gli
economisti sottolineerebbero la
stretta collaborazione tra pubblico e privato. Il Comune ha
poi ringraziato pubblicamente:
«Forti del patto di collaborazione
siglato con l’amministrazione le
due associazioni hanno fornito
una preziosa collaborazione nella riqualificazione e rigenerazione degli spazi degradati».
Inoltre gli assessori vogliono utilizzare pure il web.
Il teorico delle ronde informatiche è l’assessore alla Sicurezza,
Riccardo Malagoli: «Stiamo
discutendo di un piano di partecipazione attiva della cittadinanza tramite WhatsApp Il Comune è fortemente impegnato
sulla sicurezza e molto attento
a modalità che possano coinvolgere gli stessi cittadini nell’attività di prevenzione, anche
attraverso l’attivazione di un
contatto costante via WhatsApp
tra loro rappresentanti e le forze dell’ordine».
Privati in campo anche
per cancellare i graffiti sui
muri del centro storico perché
il Comune è carente di imbianchini. S’è formato il comitato
Piazza Verdi, animato da Otello Ciavatti, laurea in pedagogia, ex-assessore provinciale Pd.
Dice: «Siamo un gruppo di volontari che amano questa città
e che mettono a disposizione il
proprio lavoro per ridipingere i
muri deturpati e riportarli alla
loro bellezza originale».
Il Comune e la Sovrintendenza (quest’ultima un po’ riluttante) hanno dato il placet e
quelli del comitato, con vernici
e pennelli, coprono le scritte e
ripuliscono i muri. Però tra una
pennellata e l’altra controllano
anche cosa succede attorno:
«Siamo stati pure minacciatidice Ciavatti- perché in un solo
giorno abbiamo contribuito a
individuare il responsabile di
un furto di biciclette, segnalato
una rissa e indicato la presenza
di una banda di spacciatori».
Accanto a Ciavatti vi è
Tony Strepiti, soprannominato il «maestro dei portoni» perché riesce a rimettere a nuovo
anche i più deturpati, e chi si è
detto disposto ad aiutare. «Diamo a tutti – spiega Ciavatti- la
possibilità di seguire corsi di
formazione per assimilare le
competenze necessarie per svolgere al meglio il lavoro». Commenta Milena Naldi, ex-Sel, a
lungo presidente del Quartiere
San Vitale: «Ogni volta che vedo
una parte della città riassumere la sua configurazione originaria provo un’immensa gioia,
Si potranno ottenere risultati
eccezionali se si riuscirà a dare
continuità al progetto di ripulitura dei muri».
I cittadini puliscono e il
Comune ringrazia. Adesso il
sindaco ha firmato con Ciavatti anche un «patto di collaborazione per la cura integrativa
e la micropulizia del giardino
pubblico San Leonardo». Nella
delibera è scritto che poiché il
regolamento del Comune « disciplina la collaborazione tra
cittadini e amministrazione per
la cura e la rigenerazione dei
beni comuni urbani e l’accesso
a specifiche forme di sostegno»
al Comitato viene assegnata
la gestione del giardino per la
sua «cura, raccolta bottiglie,
svuotamento cestini, nonché
per segnalare eventuali comportamenti scorretti da parte
dei frequentatori «.
Ronde pro-sicurezza (la
città è nella parte alta della
classifica per numero di reati),
gruppi anti-graffiti ma anche
solidarietà per gli indigenti. La
macchina assistenziale del Comune è allo stremo, la Caritas
fatica a rispondere all’exploit
delle richieste, ecco allora che
il convento degli Agostiniani,
situato nel cuore della città
universitaria e problematica,
arruola volontari e ogni giorno alle 14 distribuisce vivande
e pasti caldi a chi si mette in
fila, col Comune che manda i
vigili urbani all’ingresso. Il coordinatore di questo sforzo che
supplisce alle carenze pubbliche
è padre Domenico Vittorini,
che ha preso alla lettera l’auspicio all’accoglienza di Papa
Francesco e del vescovo Matteo Maria Zuppi, mandato a
Bologna a scuotere una diocesi
tradizionalista e statica. Dice
padre Domenico: «Siamo delle
vedette nel cuore della zona uni-
versitaria e del centro. I poveri
non vanno mica nelle periferie,
cercano la piazza, i quartieri
centrali delle città, dove c’è più
ricchezza e qualcuno può darti
qualcosa. Qui da noi non occorre iscriversi, basta bussare alla
porta. In fila ci sono giovani,
anziani, donne africane, immigrati che hanno perso il lavoro,
che per loro è un doppio danno,
economico ma anche sociale perché rischiano di perdere il permesso di soggiorno. Il disagio,
oggi, ha anche una nettissima,
pericolosissima dimensione psicologica. E poi vi è il problema
della solitudine, c’è un desiderio
incompiuto di stare insieme, la
richiesta inevasa di spazi in cui
incontrarsi».
Ogni giorno si presentano
in 150. E lui li sfama, cucinando
e distribuendo il cibo che riceve
da associazioni, ristoranti, privati. Un altro pezzo di città in
cui il privato surroga il pubblico. E in questo caso è un frate
a dare una mano alla giunta
pidiessina.
La città fai-da-te si arricchisce anche di strutture border
line tra privato e pubblico
grazie a tre imprenditori che
hanno investito e costruito
una manifattura delle arti, il
Mast di Isabella Seragnoli (a
capo di un impero del packaging), un centro di formazione
e innovazione, l’Opificio Golinelli di Marino Golinelli
(Alfa Wassermann, farmaci),
un museo della moda (ancora da inaugurare) di Alberto
Masotti, fondatore della Perla
(abbigliamento intimo). Un mosaico che fa storcere il naso agli
irriducibili, che parlano di una
città privatizzata.
Twitter: @cavalent
© Riproduzione riservata
IL PATTO DI STABILITÀ BLOCCA I SOLDI DELLA PROVINCIA: INTERVIENE IL VICEMINISTRO MORANDO
Adesso Renzi va in soccorso di Trento
Ma l’amministrazione ha già impugnato la legge di Roma
DI
T
GAETANO COSTA
rento è sotto. Di parecchio.
Secondo la Corte dei conti, il
debito complessivo della Provincia autonoma ammonta
a un miliardo e 700 milioni di euro,
al quale s’aggiungono 500 milioni di
residui. Denaro, quest’ultimo, di cui il
presidente della Provincia, Ugo Rossi, esponente del Partito autonomista
trentino tirolese (Patt), teoricamente
dispone, ma che non può toccare a
causa del Patto di stabilità. Per sbloccare la situazione, e per consentire a
Rossi di coprire parte degli ammanchi,
è pronto a intervenire il governo. L’amministrazione, però, ha già impugnato
la legge di Roma.
La Provincia non ha versato i
residui di cassa alle controllate come
l’Università, l’Azienda sanitaria e la
Cassa del Trentino. Secondo l’ente, tali
avanzi non devono essere considera-
ti come un debito, ma i soldi vanno
comunque versati. E non sono pochi.
L’Università aspetta 202 milioni.
L’Azienda sanitaria ne deve ricevere
160. Poco meno, 150 milioni, spettano
alla Cassa del Trentino. La Provincia
deve provvedere al pagamento in base
alle convenzioni sottoscritte in passato, ma è tutto bloccato dal Patto di
stabilità, la legge che regola i bilanci
degli enti locali secondo le direttive
dell’Unione europea che, come ha annunciato il presidente del Consiglio,
Matteo Renzi, nel 2017 farà eccezione per le spese sull’immigrazione e gli
investimenti sul rischio sismico.
Per la Corte dei Conti, quelli
accumulati dalla Provincia di Trento
sono debiti di cassa, vale a dire somme
che servono a finanziare pagamenti
che, negli scorsi anni, non sono stati
elargiti. I soldi ci sono. Ma non possono essere spesi. Il presidente Rossi,
in merito al Patto di stabilità, ha ri-
cevuto rassicurazioni dal viceministro
dell’Economia, Enrico Morando. Il
quale, lo scorso fine settimana, ha fatto
visita a Trento prima di promuovere il
sì al referendum costituzionale in Val
di Non.
Morando è stato ricevuto da
Rossi, dal presidente del Consiglio
delle autonomie, Paride Gianmoena, e da quattro parlamentari del
centrosinistra autonomista, Giorgio
Tonini, Michele Nicoletti, Franco
Panizza e Vittorio Fravezzi. «La
soluzione tecnica al problema dell’utilizzo degli avanzi della Provincia e dei
Comuni trentini ancora non c’è, ma si
troverà», ha detto Morando al Corriere
delle Alpi. «Se si manifestano problemi, come si stanno manifestando dentro
la transizione da qui al 2020, bisogna
mettersi con pazienza a risolverli. E noi
abbiamo intenzione di farlo», ha proseguito il viceministro. «Se avessimo già
la soluzione ve la direi, ma non ce l’ab-
biamo ancora».
Nonostante i buoni propositi di
Palazzo Chigi, martedì la Provincia di
Trento ha impugnato, davanti alla Corte costituzionale, una serie di modifiche
alla legge sugli equilibri di bilancio per
«impedire che sia lo Stato a intervenire,
unilateralmente e con legge ordinaria,
sui bilanci di Provincia e Comuni, a
fronte di un contributo che, attraverso
il Patto di garanzia, il Trentino ha già
dato al risanamento dei conti pubblici».
«Anche se abbiamo avuto ampie rassicurazioni», ha spiegato Rossi, «non da
ultimo quelle del viceministro Morando riguardo all’intenzione di Roma di
trovare un accordo che risolva le questioni tecniche sul tappeto da qui al
2020, quando entrerà a regime il nuovo
sistema basato sul pareggio di bilancio, questa impugnativa rappresenta
un atto dovuto». Un atto cui, oltre a
Trento, provvederà anche la Provincia
autonoma di Bolzano.