Incipit Medie 15

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Transcript Incipit Medie 15

Volando… Volandia
incipit di Roberta Lucato
«Mancano pochi giorni alla prova e questa elica di legno non è ancora stata sistemata! Forza, al
lavoro!»
L’ingegner Gianni Caproni era un giovane che non si arrendeva mai, con volontà e determinazione
riusciva a superare ogni ostacolo, grande o piccolo che fosse.
Niente lo fermava e niente l’avrebbe fermato anche quella volta.
Con i pochi soldi che aveva racimolato aveva deciso di costruire nientemeno che un aeroplano, una
macchina volante.
Rincorreva un sogno, un sogno fatto di ferro, legno e tela.
Molti ridevano di lui, che passava le giornate curvo sulla sua scrivania a disegnare, a fare calcoli, a
studiare libri di fisica, dimenticandosi persino di mangiare. Non lasciava la sua officina - un piccolo
capannone in mezzo a una brughiera dimenticata - nemmeno per andare a dormire. Trascorreva le
notti su un vecchio pagliericcio sistemato accanto al suo aeroplano, il “Ca 1”, così che quando si
svegliava, al mattino, la prima cosa che vedeva era la sua creatura volante.
Pochi, all’inizio, avevano creduto in lui. Anche i suoi compagni di lavoro, davanti a quei poveri
materiali ammassati sotto una tettoia, erano rimasti senza parole. E non certo per la bella sorpresa…
Gianni Caproni sapeva, in cuor suo, che ce l’avrebbe fatta.
Certo, bisognava lavorare, e lavorare sodo. Lo ripeteva a se stesso, scrutando il cielo dalla finestra
del suo studiolo.
Aveva grossi problemi da risolvere prima di tentare l’esperimento, ma soprattutto doveva ancora
scegliere il motore adatto e trovare un bravo pilota, disposto a rischiare la vita per un sogno. Il suo.
«Allora, questa elica?»
Il capo meccanico sbottò. «Calma, calma, prima dobbiamo completare l’intelaiatura dell’aeroplano.
Quanta fretta! E non continuare a fissarci mentre lavoriamo! Se vuoi stare qui, bene, ma stai zitto».
Ugo Tabacchi non era tipo da lasciarsi intimorire. Sapeva il fatto suo e non ammetteva
intromissioni, nemmeno da Gianni, che gli girava attorno nervosamente, agitando grossi disegni
spiegazzati sotto il suo naso.
L’ingegnere, contrariato, fece per andarsene.
«E va bene, fammi vedere quei fogli…»