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Giovedì 20 Ottobre 2016
ESTERO - LE NOTIZIE MAI LETTE IN ITALIA
In un paese dove il premier è da tempo donna, i responsabili di cantiere sono solo uomini
Poche le tedesche nell’edilizia
I costruttori fanno dei corsi per formare le dirigenti
da Berlino
ROBERTO GIARDINA
«I
o guadagno, ma mia
moglie è la regina
della casa», vecchio
modo di dire che faceva imbestialire giustamente
le donne, sposate o no. Forse
alcuni la ripetono ancora, spero di no. Le mogli comandavano, ma nell’ombra, su mariti
e figli. Una situazione che ha
ispirato decine di commedie
all’italiana. Il costume cambia, le cucine non sono più un
regno (o un ghetto) femminile.
Gli uomini si mettono ai fornelli, e sempre più si occupano
di tenere in ordine. E vanno
in congedo per badare ai figli
neonati.
Eppure, lamenta il supplemento immobiliare
della Frankfuter Allgemeine
Zeitung, le imprese edili in
Germania rimangono dominio
esclusivo dei signori uomini.
Benché a scegliere l’appartamento o la villa, da comprare
o da affittare, siano quasi sempre le donne. Sono loro a de-
di Maklerinen, le agenti che accompagnano
i possibili clienti nella
visita della casa da affittare e da comprare.
Anche se poi per firmare il contratto dovranno
convincere le accompagnatrici, mogli, fidanzate, amanti, figlie, madri.
Un controsenso.
cidere se vivere in centro
o nel verde in periferia,
e si occupano dei mobili,
e di tenere rapporti con
l’amministratore del condominio, ma nel settore
immobiliare non occupano quasi mai posizioni al
vertice. Le case automobilistiche hanno capito
da tempo che è Sie, lei,
a dire l’ultima parola sul
modello da acquistare, e
che decide in base ad altri
criteri, non solo sulla potenza del motore, e sulla
ripresa.
Nell’immobiliare si
è rimasti attaccati al
passato, in ogni settore, e
a tutti i livelli. La nuova
Cancelleria a Berlino, inaugurata una quindicina d’anni
fa, fu ideata da architetti uomini per cancellieri che erano
sempre stati uomini. Ma nel
2005 arrivò al potere la prima signora, Frau Angela, e
la nuova e imprevista padrona
di casa, decise che era meglio
continuare a vivere nel suo
appartamento, in uno storico
Manuela Better
palazzo nel cuore della metropoli. Nell’Ottocento, suo vicino,
nel palazzo di fianco, sarebbe
stato il filosofo Hegel.
A comandare nelle imprese edili sono gli uomini,
gli architetti e gli ingegneri
sono uomini, le agenzie immobiliari sono gestite da uomini.
Le donne le troviamo nel ruolo
Un sondaggio condotto per l’ associazione degli imprenditori immobiliari rivela: il
63% si augura che si dia
sempre più importanza
al tema «più donne in
posizioni di comando».
E per l’83%, giungere
alla parità tra uomini
e donne avrebbe un effetto
positivo sul bilancio dell’impresa. Adesso la quota rosa al
primo livello, è soddisfacente
appena nel 15% delle imprese
immobiliari. Si sale, è vero, di
livello in livello, fino a giungere al 44%, dati che sembrano contraddire l’articolo, ma
le donne al vertice si devono
confrontare con collaboratori,
con una squadra, in maggioranza maschile, e le loro decisioni ne sono inevitabilmente
condizionate.
Nell’immobiliare non si
registra una lotta Frau gegen Mann, donne contro uomini, ma si cerca di formare
équipe complete, e omogenee, in grado di anticipare
le richieste del mercato: il
settore lavora su tempi lunghi, e non è sempre possibile
correggere in tempo gli errori di valutazione. E bisogna
cominciare dalla base a formare il personale femminile,
elementi in grado domani di
giungere nei consigli di direzione o di sorveglianza. L’Associazione ha deciso di selezionare 50 future dirigenti,
e di affidarle a istruttori sia
uomini che donne, che le preparino a un compito dirigenziale. «È un primo passo, c’è
ancora molto da fare», commenta l’autrice dell’articolo
Manuela Better, che siede
nel consiglio direttivo della
Deka-Bank.
© Riproduzione riservata
LE RETRIBUZIONI SONO INFERIORI A QUELLE DEL 1995
In un’asta di Christie’s i famosi animali
Boom di partite Iva in Uk, +45%
ma il lavoro autonomo è un incubo
Delon vende
i bronzi Bugatti
DI
MAICOL MERCURIALI
L
avoro autonomo: una pista di decollo
verso la ricchezza oppure uno scivolo obbligato per cercare di ottenere
un’occupazione sottopagata? Se in
Italia ormai da anni sentiamo parlare del popolo delle (finte) partite Iva, anche nel Regno
Unito il fenomeno inizia a manifestarsi con
tutte le sue problematiche.
percorso professionale che potesse portare al
raggiungimento di una serenità e libertà economica non è in realtà praticabile. Dal muratore all’infermiere, dal consulente informatico
all’autista... In realtà sono dipendenti sotto
mentite spoglie.
In Inghilterra succede quello che vediamo tutti i giorni in Italia: aziende che,
«Il lavoro autonomo era un sogno. Ora è un incubo», è significativo
il titolo del Guardian, che nei giorni
scorsi ha dedicato al tema un approfondimento. Il quotidiano londinese
ha messo in luce un quadro desolante,
di come gli effetti pratici della società imprenditoriale si siano in realtà
concretizzati in un aumento del precariato.
Dal 2002 ad oggi il lavoro autonomo è cresciuto del 45% nel Regno
Unito. Ma, come sottolinea il giornale
inglese, per chi si mette in proprio oggi
le probabilità di diventare il prossimo
Richard Branson (il ricchissimo patron
della Virgin) sono davvero remote. Il punto
cruciale è quello del reddito: una partita Iva di
oggi è pagata meno rispetto al 1995: secondo
Resolution Foundation la retribuzione media
di un autonomo è diminuita di 60 sterline a
settimana (circa 67 euro). Per Adam Corlett,
analista economico della Fondazione, «dalla
crisi in poi i guadagni dei liberi professionisti
sono diminuiti drasticamente».
Ed è proprio qui che si spezza il sogno:
l’obiettivo di gestirsi, di rapportarsi solo con i
clienti e non con un capo, di intraprendere un
Alain Delon posa davanti ai Due grandi leopardi
(datate intorno al 1913) di Rembrandt Bugatti
Richard Branson
invece di assumere, preferiscono instaurare
un rapporto a partita Iva, scaricando così tutta
una serie di costi sul lavoratore-imprenditore
di turno, massimizzando i profitti della società e avendo molti meno vincoli nella gestione
del personale. Tanti nuovi piccoli imprenditori, quindi, lo sono diventati per scelta e non
per vocazione. E i sindacati inglesi mettono
le mani avanti: «Abbiamo bisogno di posti di
lavoro più dignitosi», ha affermato Frances
O’Grady, segretaria generale del Tuc, «non di
un ritorno alle pratiche di lavoro che abbiamo
visto in epoca vittoriana».
© Riproduzione riservata
I
l 22 novembre Christie’s
batterà all’asta 13 bronzetti opera dello scultore Rembrandt Bugatti
(1884-1916) che appartengono
a un collezionista d’eccezione,
l’icona del cinema Alain Delon, 80 anni. I celebri bronzetti di Bugatti raffiguranti pantere, leopardi, cervi, gazzelle,
di proprietà di Delon (valore
stimato dai 100 mila ai 500
mila euro ciascuno) rendono
particolarmente interessante
l’asta parigina anche in Cina
e in Giappone. Complessivamente andranno all’incanto
18 lotti e l’asta sarà una sorta di omaggio all’artista nato
nella famiglia dei costruttori
delle auto Bugatti. Delon ha
raccontato a Le Figaro la sua
passione per l’uomo Bugatti,
con il quale, dice quasi come
se l’avesse conosciuto, condivide la stessa attrazione per
i felini e lo stesso mal di vivere. Delon dice di identificarsi
in Bugatti perseguitato dai
fantasmi. L’attore francese è
stato uno dei suoi primi collezionisti grazie al suo grande
amico Alain Lesieutre, che
l’ha scoperto. Non è la prima volta che Delon vende i
suoi Bugatti, perché lui, dice,
«non ama le aste postume».
La prima, «I Bugatti di Alain
Delon», risale al 1988.
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