Un Sì o un No al tempo della caduta

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Transcript Un Sì o un No al tempo della caduta

Un Sì o un No
ai tempi della caduta delle ideologie
di Antonio M. Cervo
Se un marziano atterrasse per caso sulla Terra e volesse mettersi ad ascoltare un
attimo quelli che sbandierano il Sì o il No in vista del prossimo 4 dicembre, di chi
si fiderebbe?
Essere chiamati a votare oggi, in un senso o in un altro, senza avere più punti di
riferimento autorevoli, ma soprattutto credibili, fa sentire spesso molti
effettivamente come “marziani” strattonati dai “pifferai magici” di turno dei talk
show o dei comizi, dove l’unico fine pare che sia quello di usare tutti i sofismi
possibili per carpire il voto.
Per molti tutti ciò è “carta conosciuta”, dato che in prossimità delle votazioni da
sempre ci si ricorda di una scarpa data prima e dell’altra dopo le urne oppure di
elemosine promesse ai cittadini, mascherate da “sussidi sociali”. Per altri versi,
però, alcuni appuntamenti elettorali suonano diversamente e hanno il sapore
dell’appuntamento con la Storia, spesso per la delicatezza di ciò di cui si parla, a
tal punto da creare, soprattutto in chi è conscio dell’importanza del proprio voto,
una sensazione di diffuso disorientamento di fronte alla paura di svenderlo al
“miglior offerente”, che sappia esporre, nel modo più allettante, i propri
argomenti.
E’ questo il voto ai tempi della caduta delle ideologie.
Il filosofo Zygumnt Bauman, già una decina di anni fa, aveva scritto delle “società
liquide” con cui, spesso senza accorgersene, ci ritroviamo quotidianamente a
fare i conti a più livelli: si tratta dell’era del “consumismo morale” dei valori “a
uso del fine”, della globalizzazione delle idee, dove non esistono più punti di
riferimento certi perché, alla fine, ogni idea è uguale a un’altra, e dove tutti si
sentono sospinti ad aderire ai venti di modernismo del momento, più per la
paura di restare fuori dai giochi che per la bontà in sé degli argomenti. Di questa
“società liquida” abbiamo un assaggio evidentemente anche in politica, in cui la
mancanza di bussole fa sì che la destra si confonda con la sinistra, addirittura
scodellando, senza neanche nasconderlo più di tanto, disegni di legge proposti
anni prima dagli uni ed ora appannaggio degli altri, oltre alla prassi in voga di
molti politici di transitare da un partito a un altro allegramente perché, al di là
del malcostume in sé, sono scomparsi tutti i “perché” della Politica.
Dunque, se il nostro caro marziano di prima constatasse ciò, forse capirebbe
come tutto si sia alla fine ridotto a un gioco di forme e non di contenuti, dove
vince chi “fa audience” nei mass media, mentre lo spaesamento di noi cittadini
diventa disarmante di fronte alla prova dei fatti per un Sì o per un No, proprio
quando non si sa più bene a chi guardare, essendo tutti ………… simili, gli uni agli
altri.
Questi rischi in passato molto probabilmente sarebbero stati meno evidenti. La
forza coagulante delle ideologie che fondavano i principali partiti, infatti, non
erano solo i canali della Cultura politica ma risposte di idee e contenuti, al di là
dei limiti e delle differenze inevitabili di ognuna, in grado però di orientare,
educare e stimolare il cittadino verso modelli di Società differenti ma credibili,
perché garantite da valori di riferimento irrinunciabili.
In quest’ottica, le crociate dei partiti di fronte alle grandi battaglie referendarie
del passato (ad esempio, il divorzio) fotografano la sfilata di “modi di essere” e
di leggere la realtà che, dal PCI al MSI, passando per la DC e per il PLI, non erano
solo “ricette socio-economiche” diverse ma riferimenti a valori di appartenenza
e modelli sociali stabili, più o meno affidabili nella diversità.
La caduta delle ideologie è stata salutata da alcuni
positivamente, perché ha il merito di far
polarizzare di meno certe sfide elettorali,
liberando la collettività da “modi di pensare
precostituiti”, nella speranza di poter parlare solo
il linguaggio del buon senso e dell’obiettività.
Eppure, forse proprio la caduta delle ideologie ha
dato forma, col passar del tempo, a “carrozzoni Enrico De Nicola firma la Costituzione Italiana
27 dicembre 1947
partitici” senza idee, dove gli uni e gli altri
sembrano spesso interscambiabili, e dove viene la tentazione di pensare se il
crollo di contenuti non abbia finito per plasmare una nuova jungla di sofismi, in
cui tutto si gioca sull’ “appeal” mediatico di chi ci vuole persuadere per un Sì o
per un No.
Dunque, questi mesi diventano il campo di battaglia fra “buoni” e “cattivi”, fra chi
è per il “rinnovamento”, come se “a priori” tutto ciò che sia nuovo sia anche
buono, o per la “vecchia politica”, fra araldi dell’efficienza istituzionale e
“parrucconi” attaccati al diritto costituzionale libresco, fra chi parla di “ rapidità
decisionale” e chi è consapevole che la celerità delle decisioni non esclude la loro
intelligente ponderazione nel rispetto degli equilibri costituzionali.
Discutere oggi delle ragioni del Sì o del No può essere, come dicono in molti,
un’opportunità, proprio in quanto liberi dai “cliché” delle ideologie, a patto di
non tornare ai manicheismi delle “vecchie repubbliche”.
L’auspicio, dunque, è quello di valorizzare tutte le positività dello stare nel XXI
sec. e di scongiurare le sue negatività, parlando di contenuti e meno di forme.
Perché si comprenda se la mancata elezione diretta dei senatori, prelevati dai
consessi locali, sia un “deficit” di democrazia diretta o meno; se la sostituzione
dell’unico, lineare modello di legiferazione con un altro, che crea una decina di
diversi modelli decisionali, sia oggettivamente ispirato al “totem” della
semplificazione, anziché essere un nuovo ginepraio per il Parlamento; se
l’innalzamento della soglia per la raccolta delle firme di iniziativa popolare sia
un’occasione di efficienza o un limite alla partecipazione collettiva verso la “cosa
pubblica”; se il Sì o il No, che di fatto sarà in “tandem” con la nuova legge
elettorale - che prevede di attribuire alla lista vincente un premio di
maggioranza considerevolissimo - sia il volano di un Parlamento efficace o
piuttosto la consegna alla forza politica di turno di poteri sproporzionati in
grado di pilotare da una parte o da un’altra il Paese.
In vista di un voto più consapevole e scevro da suggestioni riguardo alle regole
costituzionali che non sono e non possono essere le regole solo di “alcuni”
perché “la Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va
avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove.
Perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile. Bisogna
metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse,
la propria responsabilità.” (Piero Calamandrei)