orizzonti medievali

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ORIZZONTI MEDIEVALI
COLLANA DI FILOLOGIA E LINGUISTICA ROMANZA

Direttore
Andrea F
Comitato scientifico
Francesco B
Franco C
Carlo D
Lucia L
Francisco R
Richard T
ORIZZONTI MEDIEVALI
COLLANA DI FILOLOGIA E LINGUISTICA ROMANZA
Dalla critica testuale alle analisi metriche, dalla ricerca
etimologica al folklore, dall’antropologia letteraria allo
studio della spiritualità: la grande tradizione, nata in epoca
romantica, che nei momenti più alti ha fatto della filologia
romanza una disciplina–guida, potrà essere continuata e
rappresentata in tutti i suoi aspetti, con lo sguardo rivolto
ora verso il centro dei nostri studi ora verso la periferia e
al di là dei confini.
La collana adotta un sistema di valutazione basato sulla revisione paritaria e anonima (peer review). I criteri di
valutazione riguardano la coerenza teorica, l’originalità
e la significatività del tema proposto, la chiarezza argomentativa, la compiutezza dell’analisi e la congruenza con
l’ambito di ricerca proprio della collana.
Francesco Benozzo
Studi di ecdotica romanza
Aracne editrice
www.aracneeditrice.it
[email protected]
Copyright © MMXVI
Gioacchino Onorati editore S.r.l. – unipersonale
www.gioacchinoonoratieditore.it
[email protected]
via Sotto le mura, 
 Canterano (RM)
() 
 ----
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: ottobre 
Indice
7
Premessa
9
Filologia al bivio: ecdotica celtica e romanza a confronto
43
Per un’ecdotica cartografica: il caso della lirica
trobadorica
79
Genealogia e stemmatica di un topos del ciclo bretone
97
Fenomenologia dell’originale di un romanzo cortese
155
Critica delle varianti e filologia arturiana d’autore:
la vicenda testuale del Tristan et Lancelot
183
Ecdotica del paesaggio letterario: sulle poesie
di Ceccardo Roccatagliata Ceccardi
207
Dall’edizione all’azione. Per una filologia come
scienza sociale
231
Riferimenti bibliografici
Premessa
A venticinque anni dalla pubblicazione del mio primo articolo filologico (l’edizione di un frammento inedito muratoriano,
comparsa negli «Atti e memorie della Deputazione di Storia Patria per le Antiche Provincie Modenesi»), e dopo numerosi libri
di “filologia militante”, caratterizzati spesso – come a me pareva
necessario che fosse – da un tono polemico, ma concepiti tutti,
nelle mie intenzioni, in favore di un futuro della filologia stessa
(cfr. in particolare Benozzo [2010; 2012; 2013a; 2013b; 2016]),
ho pensato di raccogliere – e in qualche caso aggiornare bibliograficamente – alcuni dei miei lavori ecdotici (ho escluso quelli
non espressamente di ambito romanistico, in particolare i saggi
di ecdotica e variantistica applicata alla poesia celtica antica e
alla letteratura inglese dell’Ottocento, e anche quelli già confluiti in qualche mia raccolta recente: alcuni lavori di ecdotica carducciana, o di critica del testo applicata ai cantautori contemporanei e al canto tradizionale).
La mia formazione è stata d’altronde, già prima della tesi di
laurea, di tipo strettamente ecdotico, fondata com’era sulle lezioni di maestri come Clemente Mazzotta e Elio Melli, e su una
specie di venerazione (dai cui eccessi ho poi preso le distanze,
talvolta con qualche punta di ironia) dell’opera di Contini, il cui
Breviario di ecdotica e i cui Esercizî di lettura – nelle loro diverse
versioni – recitavo praticamente a memoria, facendo a gara con
l’amico Marco Veglia – conosciuto proprio alle lezioni di Maz-
8
Premessa
zotta, nell’Aula Forti dell’allora Dipartimento di Italianistica –
su chi meglio conoscesse quei testi. La mia ricerca ha preso in
parte, nel corso degli anni, altre strade, che ho avvertito e avverto come più urgenti, e le cui motivazioni profonde – direi Urfilologiche anziché antifilologiche – sono illustrate anche nel
saggio che chiude questa silloge. Essendo il direttore di due riviste internazionali di filologia («Philology», da me fondata presso
Peter Lang, e i «Quaderni di filologia romanza» pubblicati a Bologna da Pàtron) mi sento anzi di dire che – non essendo a mia
conoscenza affetto da sindromi autodistruttive e autolesioniste –
la mia vocazione è ed è sempre stata precisamente quella filologica.
Ho avuto la fortuna di continuare a lavorare in ambito ecdotico anche nei lunghi anni trascorsi in Galles, ad Aberystwyth,
per il mio secondo dottorato (in Filologia celtica e comparata),
da un lato per la presenza di un supervisore di tesi come Patrick
Sims-Williams, della scuola filologica di Cambridge, e dall’altro
per l’amicizia e gli insegnamenti di David Trotter, che era allora
Head of Department del Dipartimento di lingue europee, dove mi
fece avere un contratto triennale in dialettologia antico-francese
e in letteratura arturiana.
Per le cure di Trotter è uscito nel 2015, poche settimane prima che ci lasciasse prematuramente, un fondamentale Manuel de
la philologie de l’édition, comparso nella serie dei «Manuals of
Romance Linguistics» dell’editore De Gruyter. Alla sua memoria
dedico questi miei studi.
.
Appennino modenese, settembre 2016
.
Filologia al bivio:
ecdotica celtica e romanza a confronto
Sono state da tempo, e con grande chiarezza, evidenziate
le differenze fondamentali tra i problemi editoriali in cui si
imbatte il filologo classico e quelli con cui ha a che fare il
filologo romanzo (cfr. Varvaro [1970] e Löfstedt [1976]). A
questa differenza (la stessa che esiste, con qualche minima
sfasatura, tra lo stesso romanista e il germanista) corrisponde, come è ovvio, una diversa «arte di pubblicare i testi antichi» (per riprendere l’espressione di Bédier [1928]). I manoscritti che conservano i testi celtici medievali, invece, per
caratteristiche interne, di datazione, di scarto rispetto ai presunti “originali”, di fenomenologia delle varianti, sembrerebbero dover porre in molti casi al celtista gli stessi problemi che hanno portato la romanistica, in particolare quella
di scuola italiana, a elaborare una tecnica ecdotica attenta a
dar conto tanto delle cosiddette varianti adiafore presenti nei
testimoni quanto della fisionomia dei singoli manoscritti1.
1
Per un approccio generale alle problematiche di allestimento e trasmissione dei manoscritti gallesi medievali, si veda Huws [2000]; una
panoramica critica sulle diverse scuole filologiche europee (nella quale
manca però proprio la filologia di area celtica) è Duval [2006]; la filologia celtica è assente anche in Pollock et al. [2015].
10
Studi di ecdotica romanza
Con questo intervento intendo mostrare come le esperienze di filologia testuale degli ultimi cent’anni sembrino non
essere state prese in considerazione dai celtisti, e come ci si
trovi spesso di fronte, anche con riferimento a capolavori riconosciuti delle letterature medievali, all’impossibilità di
leggere i testi secondo quei principi che dovrebbero far parte di un’ars edendi consolidata, per quanto, come è naturale, in continua evoluzione. D’altro canto, attraverso questo
raffronto, vorrei anche mettere in chiara evidenza come, nella
pratica ecdotica romanza degli ultimi anni, si stia assistendo,
nonostante le molte (forse troppe) affermazioni teoretiche del
contrario, a una specie di «rinuncia all’interpretazione», quasi che potesse esistere una seria critica del testo senza ermeneutica, o viceversa. La mia analisi parte da un testo capitale del medioevo, non solo di quello gallese, e dalla sua storia editoriale: il Canu Aneirin.
Il Canu Aneirin (‘Cantare di Aneirin’, comunemente citato come Y Gododdin, il Gododdin) è un poema eroico di
circa mille versi conservato nel manoscritto noto come
‘Llyfr Aneirin’ (‘Il libro di Aneirin’) [Cardiff, Central Library, ms 2.81], esemplato intorno al 1250 da due differenti
copisti, convenzionalmente denominati A (cc. 1-30) e B
(cc. 30-38)2. Va subito detto che B non segue sempre A in
senso lineare e consequenziale, e che talvolta riproduce, variandole, alcune strofe (tecnicamente awdlau, sing. awdl) di
A. Tuttavia non si tratta di due copie dello stesso testo contenute nel medesimo manoscritto (il che non porrebbe gros2
C’è chi ha identificato una terza mano, più antica di A: cfr. Klar O Hehir Sweetser [1984; 1985]; un’edizione diplomatica, non troppo
affidabile, è Evans [1908]; un facsimile a colori è pubblicato, ottimamente, in Huws [1989]. Sul ms si vedano anche Gresham [1952], Morgan [1973], Huws [1988], O Hehir [1988].
Ecdotica celtica e romanza a confronto
11
si problemi dal punto di vista editoriale). Invece, come accennato, la situazione è, per così dire, “mista “: B contiene
tanto varianti di strofe contenute in A quanto nuove strofe.
In questo modo, a una sequenza come
{[...] X ĺ XI ĺ XII ĺ XIII ĺ XIV [...]}
corrisponde, nella sezione di B una situazione “contaminata”
{[...] XXIX ĺ XXX ĺ XI ĺ XII ĺ XXXI ĺ XXXII [...]}
che ripropone talora la stessa strofa anche tre volte:
{[...] XLIII ĺ XIIII ĺ XIIIII ĺ XIIIIII ĺ XLIV ĺ XLV [...]}
Di fronte a questa situazione manoscritta, i criteri di edizione sono finora andati in tre direzioni:
1) nell’edizione canonica di Ifor Williams [1938], considerata quasi una ne varietur tra gli studiosi, viene pubblicato (e dirò poi in che modo) il testo nell’ordine di A, e le varianti B di awdlau presenti in A vengono stampate in sequenza, anche se si trovano 15 o 20 pagine più avanti nel
manoscritto;
2) nell’edizione di A.O.H. Jarman [1988] viene seguito
lo stesso ordine proposto da Williams, ma in qualche caso,
quando le varianti si riducono a due o tre versi, l’editore
crea una nuova strofa “assemblando” versi di A e versi di
B;
3) nell’edizione di John Koch [1997], di cui parlerò in
seguito, viene ipotizzata, a monte dei diversi copisti,
l’esistenza di redazioni differenti e separate, e l’esito è una
ricostruzione (anche linguistica) di originali andati perduti.