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Jaime Andrés De Castro
¡AFUERA TODOS SABEN VIVIR!
ANTEPRIMA GRATUITA
Matisklo Edizioni
¡Afuera Todos Saben Vivir!
“Comete”, collana di poesia
© 2016 Jaime Andrés De Castro
© 2016 Matisklo Edizioni
Prima edizione, ottobre 2016
ISBN: 978-88-98572-89-2
Anteprima gratuita
Associazione Culturale Matisklo
Via alla Rocca di Legino 1/7
17100 Savona (SV)
[email protected]
www.matiskloedizioni.com
Indice
Introduzione di Vera Bonaccini
¡Afuera Todos Saben Vivir!
Guerra de los pobres amantes
Los siento cuando tengo frío
Sufrir en condiciónes perfectas
Un perfecto perdedor
Se prenden las luces
Hablame
Zeta
Las noches solas de mi vida
Inventiva inadecuada
Me has llorado lagrimas encima
Piedras rojas
La otra parte
Años 0
Todavía es temprano, para volverse viejos
No dejarme saber
Un pensamiento egocéntrico
Prostitución mental
Te diré que fui una mala persona, habré mentido
Intentabamos escapar
Olvidate de ser
Sangre
A las 13 llega la muerte, preparate y no hagamos una
mala impreción
Dejame terminar
Los monstruos estan todos muertos
No sé escribir poesias de amor
Somos terriblemente muertos
Las palabras del incapaz
Los monstruos estan todos vivos
20 manos
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Krisi
Me hubiera debido drogar, pero no tenía plata aquél dia
Lo que fuiste ayer por la noche
El negro es el color de tu piel
Me has destruido
Nota dell'editore
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Introduzione
Vera Bonaccini
Quella nata negli anni '90 è stata probabilmente l'unica
generazione a non aver avuto dei vent'anni degni di essere
definiti tali: angosciati dalla crisi economica, traumatizzati dal
terrorismo, ossessionati dalla propria identità digitale, i
Millennials, così sono chiamati, sono stati definiti dai sociologi
la Generazione Perduta del ventunesimo secolo. Sono i figli
della crisi.
Krisi che ci toglie la benzina,
ci toccano le biciclette
e i crampi alle gambe
per le troppe pedalate,
Krisi nei panini al prosciutto
con la mozzarella di plastica,
l'insalata di carta velina,
i pomodori con tumori al volto.
Jaime è anche lui un figlio della crisi, scrive poesie e lo fa
maledettamente bene. L'ho conosciuto qualche anno fa,
quando entrambi facevamo parte di Nucleo Negazioni; l'ho
visto emanciparsi e crescere, l'ho visto compiere il miracolo
che riesce a pochi, quello del diventare grandi senza perdere la
capacità di dire il vero.
Perché questo fa Jaime: dice il vero. Lo dice in versi liberi
(di significato e forma) senza censura alcuna perché l'accomodare, il rendere facile, in questa poetica, semplicemente, e per
fortuna, non è contemplato.
Dice la verità Jaime; la verità di chi, nato negli anni '90, si
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è visto depredare il futuro senza potersi opporre, ottenendone
in cambio questi anni zero fatti di un nulla sempre più
asfissiante, di una televisione anestetizzata e anestetizzante, di
bombe fuori moda, di paure dorate in cui ci si rifugia perché
un'alternativa vera non esiste.
Ignoriamo il malessere,
non siamo mai partiti
per migliorarci,
ci hanno buttati qua in mezzo,
ci hanno raccolti da terra
quand’eravamo troppo stanchi
per capire questi nostri occhi.
Eppure, nonostante questa quotidianità distopica sia sconfinante e impossibile da arginare, nonostante la realtà sia cruda
e piena di spigoli d'acciaio, nelle poesie di Jaime c'è sempre una
nota di speranza, volontariamente malcelata dietro un cinismo
ironico degno di Diogene; un'affermazione netta della propria
identità e del proprio sentire che diventa una sorta di vessillo,
una risata cristallina capace di diradare una volta per tutte i
fumi dell'ipocrisia e delle convenzioni, ricordandoci che c'è un
oltre poco più distante del nostro naso e che non tutto è
sempre così schematizzato come ci tendono a raccontare, che
c'è ancora chi non riesce ad integrarsi e non ha alcuna
intenzione di rinunciare al proprio Sé.
Voglio inserirmi, anch'io,
ma non ho speranze
di concludere discorsi
sull’importanza del posto auto
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quando lavori in centro,
sulla scelta della cravatta giusta
per la cena coi giapponesi,
sullo sposare la donna perfetta
da poter zittire davanti a un pallone.
E poi c'è l'amore, salvifico e allo stesso tempo brutale nella sua
dolcezza, nel suo strapparti dal niente per disegnare un futuro
che non ti aspettavi, precario e incerto come tutto, ovvio, ma
reale e pieno di colori, fatto di “cene da ricchi fatte in casa su
un tavolo di finto legno”.
Ho creduto di nascondermi
quando tu mi conoscevi,
nelle tue mille fatiche
hai incontrato quelle che io non ho ancora affrontato,
mi hai scritto su un foglio riciclato
che mi avresti aiutato
a costruire una zattera
su cui vivere, durante uno tsunami.
“Pensate a come potremmo cambiare il mondo, se solo lo
volessimo”, mentre leggete questo libro; Jaime in un certo
senso vi dice come fare. Dopodiché, una volta finito, posatelo
da qualche parte, uscite di casa e cambiate il mondo. Il vostro
di mondo, per lo meno; sia mai che un pezzettino alla volta ce
la facciamo.
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Jaime Andrés De Castro
¡AFUERA TODOS SABEN VIVIR!
Guerra de los pobres amantes
Partiamo
con questa corsa agli armamenti,
indossiamo maschere a gas
per non rimanere intossicati
da veleni sconosciuti.
Vestiti d'oro,
mangia cibo in scatola,
non sentiremo altro
che aerei passarci sopra,
staremo nascosti come codardi
nelle trincee
scavate da altri.
Questo amore ci ucciderà
così come ha ucciso tutti,
non avremo riconoscimenti
e targhe in paese,
niente monumenti,
nessun ufficiale dovrà dare
tristi comunicazioni
ai nostri genitori,
preparati, questa guerra
ci vedrà come traditori della patria,
ricercati internazionali.
Arrivati,
questo amore saprà
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di sangue dal naso,
ci spoglieremo per il caldo,
ci cadranno i capelli
e non sapremo come riattaccarli,
ricordati di come i bambini
ci sfottevano,
ora che sei grande
sai come rispondere.
Puntami la tua arma sulla fronte,
fammi sentire il panico,
fammi urlare di terrore,
voglio avere paura di te,
accasciamoci nel fango,
strappami le pellicine dalle labbra,
baciami,
piangi,
lancia una bomba a mano
anche se ormai è fuori moda.
Solleveremo la nebbia
per mangiarci con gli occhi.
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Los siento cuando tengo frío
Vi sento quando ho freddo,
ruminare i vostri pasti
riscaldati nel microonde,
passare le mani, con delicatezza pornografica,
sulle curve delle auto di lusso
dei vostri sogni.
Vi sento nascondervi, tra i cespugli di cemento,
con le borsette stracolme di insulti,
i caffè del centro, bevuti
in tazzine dorate.
Le lastre di ghiaccio
vi hanno cancellato gli occhi stanchi
di tutte le mattine,
il fango dei parchi
creati per il jogging pomeridiano
dei giocatori di borsa,
vi avrebbe parlato di come la terra
conosca bene il piscio e lo schifo
del dover vivere
al di fuori dei palazzi in stile liberty,
al di fuori dei viaggi a sette stelle in Asia minore,
al di fuori dei santuari della fede prepagata,
ma si era troppo occupati
a cercare umanità nei diamanti,
si era troppo sciupati dalla fatica
per ascoltare le verità della falsità,
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si era troppo educati
anche solo per crearsi un mostro nuovo da condannare.
Vi sento quando ho freddo,
allontanarvi dai letti matrimoniali
condivisi per convenzione,
non rispondere ai vostri oppressori,
telefonare ai vostri oppressi
per incolparli di essere nati,
finché non riuscirete a prendere sonno.
Vi sento quando ho freddo
elaborare piani di fuga
con l'amore del vostro futuro suicidio,
incatenarvi ai piumoni, anche d'estate,
per ripararvi dalla nebbia di campagna,
per proteggervi dai polpastrelli neri.
Vi sento quando ho freddo
e non siete l'aiuto che si cerca
nelle notti in cui
darsi fuoco
sembra l'unica soluzione per scaldarsi.
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Sufrir en condiciónes perfectas
Spero in un'altra guerra,
ho voglia di avere paura
delle invasioni barbariche,
spero mi reclutino
per scavare trincee,
perdere battaglie,
asciugarmi gli occhi
sulle braccia insanguinate dei compagni.
Spero scoppi un'altra guerra
anche se non sono pronto
ai combattimenti aerei,
ai carri armati sulle case,
agli stupri come divertimento.
Soffrire in perfette condizioni,
con le paure a pesare sulla schiena,
accarezzarci le gobbe,
accoltellarci in pancia.
Nasceranno nuovi miti
da sfatare,
missili lanciati da altri
continenti oscureranno
le luci artificiali
delle nostre notti insonne,
cannibali mangeranno
i bambini che perderanno i genitori
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e le sante preghiere
verranno pronunciate sottovoce
con la testa piegata, baciando
un fucile ad alta precisione, dopo un “Amen”.
Spero nell'inizio della fine,
in quelle case che prendono fuoco,
in quei corpi che prendono fuoco
e scappano cercando vento, bufere di sabbia
per accecare il nemico,
spero, per poter dormire su un letto di tegole,
toccarmi le guance e sentirmi viscido, sporco, assassino.
Spero mi puntino una pistola
sulle labbra, così
da rendermi muto per sempre.
Spero bombardino dall'alto
le nostre città, i nostri monumenti
antichi, i disegni dei nostri
artisti, le parole dei nostri
poveri, così da non darci
la speranza di ricrearci
un nuovo orto
dove far crescere i nostri pomodori colorati coi pennarelli.
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Questa è un'anteprima gratuita di “¡Afuera Todos Saben Vivir!” di
Jaime Andrés De Castro.
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