Tempo di Natale – 29 dicembre

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Transcript Tempo di Natale – 29 dicembre

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Tempo di Natale – 29 dicembre
Prima lettura (1 Gv 2,3-11)
Figlioli miei, da questo sappiamo di avere conosciuto Gesù: se osserviamo i suoi comandamenti.
Chi dice: «Lo conosco», e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e in lui non c’è la verità.
Chi invece osserva la sua parola, in lui l’amore di Dio è veramente perfetto. Da questo conosciamo
di essere in lui. Chi dice di rimanere in lui, deve anch’egli comportarsi come lui si è comportato.
Carissimi, non vi scrivo un nuovo comandamento, ma un comandamento antico, che avete ricevuto
da principio. Il comandamento antico è la Parola che avete udito. Eppure vi scrivo un comandamento nuovo, e ciò è vero in lui e in voi, perché le tenebre stanno diradandosi e già appare la luce vera.
Chi dice di essere nella luce e odia suo fratello, è ancora nelle tenebre. Chi ama suo fratello, rimane
nella luce e non vi è in lui occasione di inciampo. Ma chi odia suo fratello, è nelle tenebre, cammina
nelle tenebre e non sa dove va, perché le tenebre hanno accecato i suoi occhi.
Il peccato della simulazione
San Tommaso (S. Th. II-II, q. 111, a. 1, corpo)
Come si è detto, la virtù della veracità esige che uno si mostri all’esterno con segni sensibili quale è realmente. Ma sono segni esterni non soltanto le parole, bensì anche i fatti. Come quindi è contro la veracità che uno esprima con le parole ciò che non pensa, cadendo nella menzogna, così è
contro la veracità che uno esprima con segni consistenti in opere o cose il contrario di ciò che egli è
in se stesso, nel che consiste propriamente il peccato di simulazione. Quindi la simulazione è una
certa menzogna attuata mediante il segno dell’azione esteriore. Ora, poco importa che uno menta
con le parole o con altre opere, come sopra si è detto. Quindi, avendo noi già dimostrato che qualsiasi menzogna è peccaminosa, ne segue pure che qualsiasi simulazione è un peccato.
Testo latino di S. Tommaso (S. Th. II-II, q. 111, a. 1, corpo)
Respondeo dicendum quod, sicut dictum est, ad virtutem veritatis pertinet ut aliquis talem se
exhibeat exterius per signa exteriora qualis est. Signa autem exteriora non solum sunt verba, sed
etiam facta. Sicut ergo veritati opponitur quod aliquis per verba exteriora aliud significet quam quod
habet apud se, quod ad mendacium pertinet; ita etiam veritati opponitur quod aliquis per aliqua signa factorum vel rerum aliquid de se significet contrarium eius quod in eo est, quod proprie simulatio dicitur. Unde simulatio proprie est mendacium quoddam in exteriorum signis factorum consistens. Non refert autem utrum aliquis mentiatur verbo, vel quocumque alio facto, ut supra [q. 110 a.
1 ad 2] dictum est. Unde, cum omne mendacium sit peccatum, ut supra [q. 110 a. 3] habitum est,
consequens est etiam quod omnis simulatio est peccatum.
Vangelo (Lc 2,22-35)
Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, [Maria e Giuseppe] portarono il bambino [Gesù] a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è
scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in
sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. Ora a
Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione
d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe
visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio
e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore,
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che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele».
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a
Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come
segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima – , affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».
La presentazione di Gesù al tempio
San Tommaso (S. Th. III, q. 37, a. 3, corpo)
Come si è già detto, Cristo volle nascere sotto la legge per riscattare coloro che erano sotto la
legge [Gal 4,4], e perché nelle sue membra la giustificazione della legge si adempisse spiritualmente [Rm 8,4]. Ora, nella legge vi erano due precetti sui neonati. Uno generale, che valeva per tutti:
terminati cioè i giorni richiesti per la purificazione della madre, si doveva offrire un sacrificio per il
figlio o la figlia, secondo la prescrizione di Lv 12 [6]. E questo sacrificio era offerto sia in espiazione del peccato, nel quale la prole era stata concepita ed era nata, sia per una certa consacrazione del
bambino, che per la prima volta veniva portato al tempio. E così qualcosa era offerto in olocausto, e
qualcosa in espiazione del peccato. – Il secondo precetto invece era solo per i primogeniti, sia degli
uomini che dei giumenti. Il Signore infatti si era riservato tutti i primogeniti di Israele, poiché nella
liberazione di Israele aveva colpito tutti i primogeniti dell’Egitto, sia degli uomini che del bestiame,
lasciando salvi soltanto i primogeniti degli Israeliti [Es 12,12-13]. E questa legge è data in Es 13
[2,12], prefigurando Cristo, che è il primogenito tra molti fratelli, come è detto in Rm 8 [29]. – Essendo dunque Cristo nato da una donna, primogenito e volontariamente soggetto alla legge, S. Luca
fa notare che per lui furono osservati questi due precetti. Primo, quello riguardante i primogeniti
[Lc 2,22]: Lo portarono a Gerusalemme per offrirlo al Signore; come sta scritto nella legge del Signore: “Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore”. Secondo, quello che riguardava tutti
[24]: e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o di giovani colombi.
Testo latino di S. Tommaso (S. Th. III, q. 37, a. 3, corpus)
Respondeo dicendum quod, sicut dictum est [a. 1], Christus voluit sub lege fieri, ut eos qui sub
lege erant redimeret, et ut iustificatio legis in suis membris spiritualiter impleretur. De prole autem
nata duplex praeceptum in lege traditur. Unum quidem generale quantum ad omnes, ut scilicet,
completis diebus purificationis matris, offerretur sacrificium pro filio sive pro filia, ut habetur Lev.
12 [6 sqq.]. Et hoc quidem sacrificium erat et ad expiationem peccati, in quo proles erat concepta et
nata, et etiam ad consecrationem quandam ipsius, quia tunc primo praesentabatur in templo. Et ideo
aliquid offerebatur in holocaustum, et aliquid pro peccato. – Aliud autem praeceptum erat speciale
in lege de primogenitis tam in hominibus quam in iumentis, sibi enim Dominus deputaverat omne
primogenitum in Israel, pro eo quod, ad liberationem populi Israel, percusserat primogenita Aegypti
ab homine usque ad pecus, primogenitis filiorum Israel reservatis. Et hoc mandatum ponitur Ex. 13
[2.12 sqq.]. In quo etiam praefigurabatur Christus, qui est primogenitus in multis fratribus, ut dicitur
Rom. 8 [29]. – Quia igitur Christus, ex muliere natus, erat primogenitus; et voluit fieri sub lege,
haec duo Evangelista Lucas circa eum fuisse observata ostendit. Primo quidem, id quod pertinet ad
primogenitos, cum dicit [Luc. 2,22], tulerunt illum in Ierusalem, ut sisterent eum Domino, sicut
scriptum est in lege Domini, quia omne masculinum adaperiens vulvam sanctum Domino vocabitur.
Secundo, id quod pertinet communiter ad omnes, cum dicit [Luc. 2,24], et ut darent hostiam,
secundum quod dictum erat in lege Domini, par turturum aut duos pullos columbarum.