GIOVANNI MIRA

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GIOVANNI MIRA
Si è spento il - 6 luglio scorso ad Alzano-Lombardo, presso Bergamo, Giovanni
Mira, un altro dei vecchi compagni della lotta antifascista. Era professore di lettere,
subito indirizzato dalla formazione mentale e dalla particolare preparazione agli studi
storici. Scoppiata la guerra del 19 15 fu interventista. Appartenne a quella corrente
di democratici e salveminiani che dette alla storia d ’Italia dei tempi successivi un
apporto rilevante.
Uomo di forte coerenza morale partecipò come combattente di prima linea alla
guerra. Pagò cara la sua coerenza: una grave ferita da scheggia di granata ad una
gamba lo tenne a lungo in ospedale e poi lo tormentò per tutta la vita.
Fondò ed organizzò col compianto Dall’A ra, anch’egli mutilato di guerra, l ’Associazione mutilati ed invalidi, con l’intento di farne politicamente una cosa v iv a :
speranze presto deluse. Tornò alla scuola, come professore di storia e filosofia al
Liceo Parini di Milano. Divenuto antifascista avanti-lettera in seguito alle espe­
rienze della guerra e del primo dopoguerra, fu subito impegnato nella lotta politica
seguendo la corrente che faceva capo ad Amendola. N e fu il rappresentante nel
Comitato delle opposizioni di Milano formatosi dopo il delitto Matteotti, parteci­
pando a tutte le iniziative aperte o clandestine che a Milano si intrecciarono prima
attorno al giornale « Il Caffè » e più tardi misero capo a Carlo iRosselli ed ai suoi
amici.
Trasferito per punizione da Milano a Catania rifiutò il trasferimento e lasciò la
scuola con un documento che è una delle più belle testimonianze di una genera­
zione fortemente impegnata perchè moralmente solida.
Non era uomo di partito, nè adatto alla vita di partito: ma la sua opposizione
non si riduceva al moralismo generico. La lotta seria e radicale contro il fascismo
aveva condotto anche Mira, come altri giovani del suo tempo, a scoprire le linee
di una nuova democrazia con l’ alternativa capace di guidare una lotta antifascista
che non riconducesse la vita politica italiana ai regimi prefascisti.
Le leggi eccezionali respinsero Giovanni Mira fuori della vita attiva. Si dedicò
agli studi storici, assumendo vari impegni editoriali, e trasportando, come si poteva
l’indirizzo antifascista nelle attività culturali della sua Milano. In quegli anni, subito
dopo il ’30, pubblicò un’ opera storica importante, « Autunno 19 18 », la narrazione
degli avvenimenti che portarono all’armistizio, e la trattazione dei problemi politici
nazionali ed internazionali scaturiti dalla guerra.
Trasferitosi a Roma durante l ’ultima guerra sfuggì agli arresti; collaborò dopo
la liberazione di Roma con gli amici al governo, che lo nominarono commissario
all’Opera Nazionale Combattenti. Dopo il 25 aprile Parri lo volle con sè insieme
con Vincenzo Torraca alla segreteria della Presidenza del consiglio. Era una testi­
monianza di continuità ideale che Parri chiedeva ai vecchi compagni.
Dopo, tornò al lavoro modesto ed oscuro conforme al suo temperamento schivo
e riservato. Ebbe la carica di vice direttore del Touring Club, nel quale aveva lavo­
rato da giovane a fianco del Bertarelli, fondatore del sodalizio: amava fervidamente
questo paese variopinto e multamene, ed il Touring era per lui lo strumento di que­
sta conoscenza. Riprese il lavoro storico e scrisse col Salvatorelli quella « Storia
d’ Italia nel periodo fascista » che è -rimasta un testo classico.
Di quello che Giovanni Mira fu come educatore, sono testimoni le parole di
uno che, giovane nel 1944, ebbe la ventura di incontrarlo allora a Roma, Glauco
della Porta, che fu poi sindaco della città: « N el 1944 Giovanni Mira, allora Com­
missario dell’Opera Nazionale Combattenti, mi chiamò a collaborare con lui quale
Capo della Segreteria, e segretario del Comitato che sostituiva il Consiglio d’Am ­
ministrazione, e -del quale facevano parte i rappresentanti dei partiti del C .L .N .
A vevo allora 25 anni, e Mira, posso ben dirlo, mi ha, senza averlo dato a
vedere, formato. Spesso facevo con lui delle -lunghe chiacchera-te, ed il suo vigore,
la sua bontà, in breve il suo umanesimo, mi hanno, giorno per giorno, arricchito.
Una cosa debbo in particolare a lu i: il senso dello Stato, il dovere civico di
servire la collettività, che ho portato, per quel che potevo, nel servizio alla supre­
ma magistratura di Roma.
Il ricordo di -Giovanni Mira è, e resterà sempre, nel mio cuore come quello di
un padre buono, giusto, affettuoso, che in ogni cosa dava, egli per primo, l’esempio ».
[La testimonianza è apparsa su Mondo Economico, a. X X I, n. 33-34, 20-27 agosto 1966].